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undici ~ 𝚙𝚎𝚗𝚜𝚊𝚟𝚘 𝚏𝚘𝚜𝚜𝚒 𝚙𝚒𝚞̀ 𝚜𝚊𝚕𝚊𝚝𝚘

𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛

Ho appena fatto una cazzata, vero?
Mi domando, giusto un attimo prima di venire inglobato dall'abbraccio da orso di Sebastian.

Maledizione. La mia kryptonite!

«Sapevo che avresti scelto me.» mormora lui, con una tale soddisfazione che vorrei quasi fare dietrofront.

«Quanto sei pieno di te da uno a dieci?» ribatto divertito, alzando un sopracciglio.

«Undici.» confessa.
E mentre lo dice mi dona un tenero bacio sul lobo dell'orecchio.

Quello schiocco gentile mi rimbomba per tutto il corpo, regalandomi una piacevolissima pelle d'oca. È un suono dolce, tranquillo. Credo che l'avrei percepito perfino da sordo.

Seb riesce sempre a toccarmi l'anima; ogni suo gesto mi emoziona così tanto che mi pare di morirci. È riuscito a rendermi suo schiavo senza il minimo impegno, però non so quanto sia sano lasciarsi trascinare da questa impetuosa corrente. Posso davvero rischiare di annegarci?

«Sei un idiota.» sbuffo, provando inutilmente a mascherare l'imbarazzo.

«Certo: il tuo idiota preferito.» sogghigna.

Non sa nemmeno quanto cazzo ci ha preso.

Uffa! Perché gli permetto di avere questo ascendente su di me?
Non faccio che chiedermelo, eppure eccomi qui: avvolto attorno al suo dito calcolatore, ma con uno stupido sorrisetto in faccia. Sarò masochista?

Mi aggrappo alle sue possenti spalle, sentendomi impacciato da morire, mentre lui si prende un momento per slegarmi il codino che mi ero fatto prima di uscire. Si mette l'elastico al polso, poi mi guarda di sottecchi.

Deglutisco. Voglio davvero diventare il suo scopamico? Lasciargli fare ciò che desidera?

Stringo le labbra in una smorfia di disappunto: so benissimo che sto mentendo a me stesso. Ciò che mi preme davvero, che vorrei capire, è: sono così orribile da aggregarmi alla schiera dei suoi amanti? E mi spaventa conoscere la risposta.

So che dovrei fermarlo, che la cosa giusta da fare sarebbe tracciare una linea netta e ordinargli di darmi aria. Sebastian è estremamente cosciente della situazione e, allo stesso tempo, ne ignora le conseguenze. È talmente abituato a usare il suo corpo che-

«Piantala.» dice d'un tratto, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ci stai rimuginando troppo. Devi concentrarti solamente su di me.» continua accarezzandomi la schiena.
«Darmi tutta la tua attenzione, fino all'ultima goccia.»

«Ma-»

«Non devi proteggermi da nulla.» si impunta.
«È una cosa che voglio fare. Hai capito? Io lo voglio. Ti voglio.»

Mi afferra il viso per il mento, costringendomi a un contatto visivo a cui non ero minimamente preparato. Mi guarda intensamente, studia ogni mio respiro.

È possibile che il battito del cuore sia così forte da poterlo sentire fino all'estremità degli arti? O è quello di Sebastian che avverto attraverso i polpastrelli? Cazzo, non ci sto capendo più nulla.

«Stai tremando, ma non è perché hai paura, vero?» domanda.
«Non vedi l'ora di avermi per te, ho indovinato?»

«Seb-»

«Calma, sono solo io.»

«Il problema è che sei tu.» ammetto, osservandolo mentre si inumidisce le labbra.

«Avresti voluto qualcun altro?» mi domanda allora, con un cipiglio infastidito sul volto.

China la testa, donandomi un bacio a stampo, piccolo e timido. Quando respiro il suo profumo, mi rendo conto che non poteva essere nessun altro.
Sono completamente perso, in balia di quest'uomo così complicato, arrogante e incredibilmente affascinante; per questa ragione non appena schiude le labbra, mi faccio avanti puntando alla sua lingua.

L'unica luce è data dall'acquario delle meduse, posto poco più avanti. Ha sempre i neon attivi e i raggi bluastri illuminano solo metà del bel viso di Seb, rendendolo tanto misterioso che mi sento tremare.

Lui cammina all'indietro, portandomi con sé. Passo dopo passo, superiamo l'acquario, trovandoci immersi nell'oscurità.
Facciamo quasi cadere uno sgabello, ma non ce ne preoccupiamo perché il nostro obiettivo è lì vicino.

Ci ritroviamo sul divano, io sopra di lui: era la superficie morbida più vicina all'ingresso e nessuno dei due voleva aspettare un secondo di più per raggiungere il letto.

Seb è tremendamente impaziente: mi mordicchia il labbro inferiore, forzandomi ad aprire la bocca per permettergli di possederla. Inspiro fra i denti, quando lui mi solleva la maglia per toccarmi l'addome.

«Aspetta.» borbotto staccandomi.
«Io... Non sono molto, e-ecco...» balbetto imbarazzato, quando le sue dita cominciano a risalirmi lungo la pancia.

«Molto?» ripete inclinando il capo.

Si allunga poi verso destra e d'un tratto la luce di un'abat-jour mi rivela il suo viso angelico.

«Ecco, f-formoso? Immagino.»

«Ok.» fa spallucce.
«E?» mi sprona a continuare, eppure non so davvero cos'altro aggiungere. Deglutisco, sentendomi un vero stupido.

«Non ce le ho.» sussurro con un filo di voce.
«È inutile toccarmi lì.»

«Io non faccio mai niente di inutile.» sbuffa, guardandomi male.

«Ma non ho il sen-» mi interrompo, mi si spezza il fiato. Cosa diavolo sto dicendo?

Sono un maschio, cazzo! È ovvio che non abbia l'attrezzatura giusta. Stiamo facendo un enorme errore. Merda.

Merda!
Sebastian è etero, perché diavolo lo sto costringendo a sfiorarmi!? Sono come uno di quei mostri? Lo sono? Cazzo. No.

No. No. No.

«Le tette, dici?» conclude Sebastian, regalandomi uno dei sorrisi più belli del suo repertorio.

Annuisco, gravemente rosso. Mi sa che sto andando a fuoco.

«E allora?» ribatte lui.
«Io voglio toccarti lo stesso. Posso?» chiede.

«Ma-»

«Zack, non ti rendi davvero conto di quanto tu sia attraente?» domanda di punto in bianco.
«Onestamente non so come cazzo tu sia riuscito a rimanere single per tutti questi anni. Cioè guardarti.»
Mi prende per le guance, pizzicandomele tra le dita.
«Hai due fantastici occhi verdi, un fisico talmente asciutto che posso stringerti senza alcuna fatica, due bellissime gambe, delle braccia candide e morbide.» comincia a elencare d'un tratto.
«E anche degli splendidi capelli, un profumo dolce e-»

«Ho capito!» esclamo, tappandogli la bocca con entrambe le mani.
Di tutta risposta lui caccia fuori la lingua e, per la sorpresa, lo lascio libero. Cazzo!

«Cosa stavo dicendo?» ghigna agguantandomi un polso per portarselo alle labbra.
«Ah già! Le tette. Beh, non mi interessa davvero.» fa spallucce, baciandomi piano il dorso.
«A te invece? Ti disturba che io non ce le abbia?»

«No.» soffio.

«Allora siamo d'accordo.»

Seb mi osserva con uno strano luccichio negli occhi, poi abbassa lo sguardo e afferra il bordo della mia maglia, chiedendomi di spogliarmi per lui.

«È davvero necessario?» ribatto, fremendo.

«Voglio vederti.» mi supplica, con quello sguardo da cucciolo che mi fa impazzire.

Ma scuoto la testa. All'improvviso ho paura. Sono terrorizzato, perché da questo momento cambia tutto.

Non è solamente il seno il problema. Il fatto è che l'unica cosa femminile che posseggo è il mio viso e, benché lo detesti, immagino che sia la sola cosa di me che potrebbe piacergli.

Se una volta avermi visto nudo, Seb si accorgesse che gli uomini gli fanno ribrezzo e mi dicesse che non può farcela, mi si spezzerebbe il cuore. Mi vergognerei del mio corpo o peggio mi odierei.

«Sai già come sono fatto...» distolgo lo sguardo, a disagio.

Mi fissa in silenzio, forse domandandosi perché ora sono così restio.

«Se vuoi metterla così...» sbuffa alla fine, freddo come il ghiaccio.

Non faccio in tempo a chiedergli cos'abbia in mente o se si sia offeso, perché agisce prima che possa farlo: d'un tratto si abbassa e infila la testa fra il tessuto caldo della maglia e la mia pelle.

«Seb!» esclamo, già in panico, ma di tutta risposta lui caccia fuori la lingua e inizia a torturarmi.

Comincia lentamente, tracciando una linea retta dall'ombelico fino a poco più giù. Sfiora con le labbra il bordo dei miei pantaloni, ma non osa oltre, preferendo dirigersi verso l'alto. E io tento malamente di ignorare il mare di campanelli d'allarme che mi suggeriscono che ne potrei diventare presto dipendente.

Mi pizzica i fianchi, costringendomi ad alzarmi sulle ginocchia per dargli lo spazio di cui ha bisogno. E muovendomi lungo le sue cosce, tocca delle parti di me che sto davvero faticando a contenere.

Non riesco a vederlo, però da come si muove non credo che toccarmi gli dispiaccia. Artiglio le sue spalle con le dita e mi accovaccio, per quanto possibile, sul suo corpo.

Percepisco la tensione di ogni singolo muscolo eppure, per quanto rimanga rigido, mi pare di essere malneabile come burro sotto le sue dita.

Seb è bollente, la sua lingua sfuggente guizza da un punto all'altro, tracciando linee informe che sembrano non finire più.

E poi mi pizzica il bacino per farmi stringere a lui, come se quel contatto già intimo non gli bastasse affatto.

Io invece resto immobile, facendomi coccolare, guardando il mio riflesso nello specchio appeso al muro. Ho i capelli completamente scompigliati e la mia faccia esprime chiaramente il bruciante desiderio che provo.

«Rallenta un attimo.» gli dico, lui risponde mordendomi piano.

Serra i denti, imprigionando un lembo di pelle, per poi iniziare a succhiare. Lambisce il mio petto come se non desiderasse altro che divorarmi e trattengo un gemito, quando mi sfiora nuovamente il basso ventre.

Cazzo, sono fradicio.

«Va tutto bene?» mi soffia contro, dandomi i brividi.

«Sì... Cioè no!» mi mordo il labbro per la gaffe, lo sento ridacchiare.

«Sei ancora convinto che tutto questo sia inutile?» mormora e - porca troia! - mi sta respirando sul petto.
«Allora, Isaac?»

Sbarro gli occhi ma non riesco a ribattere. Mi ritrovo a stringere il tessuto dei suoi vestiti, fremendo ansioso, mentre boccheggio alla ricerca di una goccia di ossigeno.

«Zack?» mi chiama, prendendosi palesemente gioco di me.

Cazzo. Voglio che lo faccia.
Che mi tocchi.
Che mi veneri.
Che mi ami.

«Muoviti.» mi sfugge d'un tratto, con una voce talmente grave che non pare appartenermi, facendolo sobbalzare per la sorpresa.
«Sebastian, toccami

Alzo lo sguardo sullo specchio. Merda. Quell'espressione sprezzante e sadica è davvero mia?

Lui non mi risponde, ma all'improvviso schiude la bocca su un capezzolo e tira fuori la lingua. Comincia a muoversi come se stesse baciando la sua amante e mi riscopro ubriaco di lui, di queste nuove emozioni e della strana sintonia che si sta creando fra noi.

Per provare un po' di sollievo, attorciglio le gambe alla sua schiena e mi struscio sfacciatamente contro il suo corpo, invitandolo a non smettere. E Seb non smette.

Anche lui è duro e ha tutta l'intenzione di andare fino in fondo.

Porca troia, è implacabile. Continua a mordere e succhiare, quasi volesse mangiarmi, gustandomi, e mi ritrovo grondante di sudore.
In balia di lui, di questo istante.

Nel bel mezzo di quel piacere, però, una sensazione fastidiosa inizia a farsi largo nel mio cuore. Mi pizzica e mi scombussola, fino a quando sento di non poter più resistere e mi decido ad aprir bocca.

«Seb...»

Il senso di colpa arriva all'improvviso, è un fulmine a ciel sereno. Devo fermarlo e questa consapevolezza mi brucia l'anima, perché credo di essere già dipendente dal suo tocco. Ma devo farlo, prima che mi riempia di chiazze violacee, perché poi sarà troppo tardi per dirglielo.

«C'è una cosa che non ti ho detto...» confesso, mentre lui mi schiocca un altro bacio.

«Sarebbe?» mormora sul mio corpo.

Deglutisco, lo spingo per le spalle e lui fa capolino da sotto la maglia. Ha le labbra un po' gonfie, forse a causa dei baci che ci siamo scambiati prima, e il respiro affannato di chi sta dando il massimo.

Non posso continuare, se non ammetto che amo come mi tocca, che il mondo è imperfetto se non c'è lui al mio fianco e che ho capito che esiste il Paradiso lo stesso giorno che l'ho incontrato.

«Non sono proprio etero.» dico d'un fiato.

Mi aspetto delle risate o il silenzio di chi medita una risposta sensata, ma Sebastian - essendo Sebastian - mi stupisce: «Ma non mi dire.»

Lo dice con una semplicità disarmante, come se ne fosse consapevole da sempre. E magari proprio perché sono piuttosto confuso, gli lascio slacciare i miei pantaloni.

Abbassa la cerniera, mentre lo accuso: «Lo sapevi.»

«Sto letteralmente per infilarmi nelle tue mutande, Isaac.» mi fa notare e il mio cuore perde un battito, perché l'ha detto come se fosse normale, perfino naturale.

«No, intendevo, molto prima di tutto questo.» gesticolo sentendomi di nuovo in panico, ma lui mi afferra una mano e se la porta fra i capelli.

«Va bene.» sorride, guardandomi negli occhi mentre mi cala i jeans insieme ai boxer. Li abbassa di poco, il tanto che basta per espormi a lui e all'aria fredda della stanza.

«Sto facendo coming-out, stupido!» esclamo, sconvolto dalla sua calma.
«Non sei un po' troppo tranquillo?» gli domando.
«Insomma, ti sto dicendo che potrei sviluppare sentimenti per un altro uomo...» mi interrompo, imbarazzato.

«E io ti sto dicendo che va bene.»
Inclina la testa verso la mia mano, facendosi accarezzare. Socchiude gli occhi, godendosi il momento e continua dicendomi: «Zack, tu sei tu, qualunque siano le tue preferenze.»

Mi mordo il labbro inferiore con forza. Credo di star per piangere. Questo è esattamente quello che speravo mi dicesse, solo che prima non lo sapevo.

Mentre percorre la mia lunghezza con un dito, mi sento mancare. Seb continua a sorridere spensierato e contento ed è una reazione così positiva che tra poco ne morirò.

«Cazzo, Seb.» abbasso il capo.
«Mi sento così stupido a non avertelo detto prima.» ammetto, impacciato.

«Non sei stupido e non eri neanche obbligato a dirmelo.» ride.
«Ma sono sollevato che tu l'abbia fatto.»

Ricambio il suo bel sorriso, sentendomi finalmente in pace. Credo di potermi dichiarare, mi sento pronto per farlo e mi dico che è ora o mai più.

Questa botta di inatteso coraggio, però, viene troncata sul nascere quando Sebastian mi spinge sul divano. Prima che possa metabolizzare cosa cavolo stia accadendo, china la testa, tirando fuori un guizzo di lingua. Ho fatto appena in tempo ad alzare la schiena per mettermi seduto.

«Seb!» urlo, stordito.

Mi ha appena leccato l'uccello, proprio sulla punta, e pure senza pensarci due volte. Nessuna traccia di esitazione, al contrario da come lo fissa pare che voglia davvero metterselo in bocca.

«No! È sporco!» esclamo nel panico. Faccio per alzarmi, ma mi tiene giù.
«Vado a lavarmi! Dammi un secondo. Ci metto poco e-»

Infastidito, stringe piano la base nella mano e - merda - ho un mezzo infarto.

«A, tu sei un maniaco della pulizia.» fa lui, irritato perché per fermarlo gli ho tirato una ciocca di capelli e non ha apprezzato molto il mio gesto brusco.
«B, hai un buon sapore.» continua.
«C, sono certo che ti piacerà. Vuoi altri punti a favore o ti bastano? Potrei arrivare fino alla lettera zeta.» alza gli occhi al cielo.

Deglutisco.

In realtà non ho davvero un motivo per interromperlo. È da cretini ammetterlo, ma mi vergogno terribilmente. Ed è irrazionale che sia preoccupato che mi prenda in bocca, perché è così che funzionano i preliminari. Lo so, cazzo, però il fatto è che non pensavo che accadesse tanto in fretta.

Non fare il bambino, Zack.
Mi dico, prendendo una grossa boccata d'aria.
Puoi farcela.

«Fammi almeno fare una doccia se devi leccarlo. È tutto... bagnato e gocciolante.» provo a persuaderlo, perché preferisco che Seb abbia un buon ricordo delle mie parti intime e sono sudato, maldestro e fin troppo duro. Se mi toccasse ora gli verrei in bocca in cinque secondi.

«No.» si impunta.

«No?» gli faccio eco, stranito.

«No.» ripete.
«Potresti cambiare idea e odio il pensiero che ti scarichi da solo nella doccia.» fa il broncio.

«Non lo farò.»

«Non ti credo. Voglio dire, non mi hai neanche permesso di guardarti.»

«Per l'amore del cielo, Seb!» mi lamento.
«Sono arrivato fin qui, giuro che non mi tirerò indietro.»
È l'unica cosa di cui sono davvero certo: nonostante sia nel pallone, desidero con tutto il cuore diventare una sola cosa con lui. Ho paura, ma non scapperò.

«Allora rimani con me.» sussurra.
«E toccami, Zack.»
Il suo respiro caldo mi solletica il prepuzio. Mi schiocca un bacio sull'involucro di pelle che lo avvolge e mi lancia uno sguardo eloquente: vuole essere incoraggiato, non interrotto.

«Ma-»

«Niente ma. Toccami.» il suo è praticamente un ordine.
«E smettila di pensare. Stacca il cervello.»

«Ma se ti facessi ciò che voglio, sarei come-» mi fermo. Oh merda. Non dovevo dirlo, si è irrigidito di colpo.

Sono un maledetto insensibile. Cazzo.

«Scusa, io-» sono anche a corto di parole.

«Piantala.» sospira.
«Senti, non so cosa ti stia passando esattamente per la testa, ma sono abbastanza certo che sia qualcosa di stupido.»

«Ehi!»

«Non mi è mai diventato duro con loro.» ammette.
«Ma con te è diverso. Perché non lo capisci?» sbotta.

«Seb...»

«Siamo due amici che si trovano attraenti.» puntualizza.
«E il nostro rapporto non cambierà mai, Zack. Non importa cosa farai.» mi promette.
«Perché ti voglio bene.» si morde il labbro.

«Anch'io te ne voglio.» mormoro.

«Lo so.» sorride.
Poi si sporge un pochino per aggiungere: «Da te accetterei tutto. Capito? Tutto

«E se ti dicessi che voglio farti del male?» insisto.

«È il tuo kink?» domanda senza alcun pudore.
«Solamente accennandolo sei diventato più rigido. Guarda che vena.» si prende gioco di me, sfiorando con l'unghia la mia parte più sensibile.

«Lo so che è sbagliato, ok? Lo so!» esclamo, colto in fallo.

«Nah, non lo è.» fa spallucce.

Trattengo a stento un gemito, quando riprende a giocherellare con il mio corpo, imprigionandomi il cazzo con un movimento brusco quando veloce.

«Mi piace l'espressione che hai fatto prima. Cos'hai immaginato?» chiede.
«Bondage? Candele? Frustini o-»

«Cazzo, ma sei un esperto o cosa?» sbotto imbarazzato.

«In realtà no. Ho solo letto qualcosa in qualche romanzo.» ghigna.
«Ma posso imparare per te.»

Oh no. Quello sguardo è terribilmente pericoloso per il mio cuore. Quante volte ancora ha intenzione di rubarmelo?

«Porca puttana...» borbotto, sentendomi sconfitto.
«Va bene. Hai vinto. Fai come ti pare.»

Sospiro, accarezzandogli una guancia per fargli capire che può muoversi come più desidera.
Sebastian recupera il suo solito ghigno strafottente, si inumidisce le labbra. Con delicatezza, preme la bocca sulla punta e mi accarezza la pelle in eccesso con la lingua.

«Seb...» mormoro, sentendomi svenire. La nostra chiacchierata non ha per nulla frenato le mie fantasie. Ogni suo gesto è una scarica di brividi tiepidi, potenti quanto la più crudele delle droghe.

E continua a trafiggermi con quei suoi occhi da predatore, rendendomi debole. Gusta il mio sapore, imprigionando ogni singola goccia di presperma fra i denti.

Allargo le cosce, dandogli spazio, e sposto la mano sulla sua nuca, suggerendogli di farsi avanti.

Socchiude le palpebre.

Fa ciò che desidero, spingendosi verso di me.

L'unico suono nella stanza sono i nostri respiri, bisognosi. E mi sento pulsare tutte le vene, ho la mente annebbiata, il sangue mi è fluito in una sola zona.

Seb stringe le mie ginocchia fra i palmi e si lascia scivolare le mie gambe sulla schiena. Ho caldo. Sono teso come una corda di violino. Ed è così bello...

Lui si posiziona meglio fra le mie cosce.

Spalanca le fauci.

Trattengo il fiato, quando schiude le labbra e mi avvolge il prepuzio, nascondendolo alla mia vista.

Mi porto la mano libera alla bocca, trattenendo un gemito, sentendomi morire. Sono creta fra le sue dita.

Seb è cattivo. Si approfitta della mia mancanza di autocontrollo, introducendosi più in profondità, con l'obbiettivo di celare metà della mia lunghezza fra le sue belle labbra carnose.

La sua lingua è bollente, la bocca accogliente, ma Seb sembra star facendo fatica, perché non c'è abituato. Immagino sia la prima volta che non lo obbligano, che qualcuno non lo tiene fermo per spingersi in lui.

Io non voglio che sia una brutta esperienza. Seb non sa come muoversi, ma prova ad arrivare fino alla fine. Per me.

«La mano.» gli suggerisco.
«Puoi usarla?»
Mi esce un filo di voce, perché Sebastian velocemente si fa indietro e non me lo aspettavo, ormai sono sensibile.

«Così?» mi chiede, cingendo la base con la sua grande mano.

Annuisco, sentendomi in trance. Ha dei piccoli calli sotto le dita, per via di tutto il lavoro di manutenzione per le tavole da surf, e mi stimolano un po' troppo.
«Muovila.»

Seb lo fa, guardandomi assorto. Incantato da come mi sto contorcendo per lui. Sembra averci preso gusto, perché d'un tratto mi avvolge nuovamente nel caldo abbraccio della sua bocca e inizia a muoversi su e giù, assecondando i movimenti del palmo.

Non chiude gli occhi nemmeno per un istante, continua a osservare come il mio petto si alza e si abbassa, perché ora ha perfino il controllo sul mio respiro, mentre la fronte mi si imperla di sudore e mi lascio sfuggire dei gemiti lascivi.

Ha iniziato a succhiare voracemente, come se avesse fame di me. La sua lingua si è fatta più audace, non si limita a leccarmi, punta direttamente a quelle vene che, al limite, corrono fino al glande.

«Spostati.» mormoro, avvertendo una familiare sensazione scaldarmi lo stomaco.
«Sto per venire...»

Sentendo queste parole, Seb aumenta il ritmo, quasi volesse ingoiarmi.

Faccio per tirarlo indietro, sfruttando la presa fra i suoi capelli, ma non sono abbastanza veloce. E non ho nemmeno chissà quanta energia. Gli vengo in bocca. La tensione scivola via insieme alle preoccupazioni.

Lui mi osserva stranito. Confuso da ciò che abbiamo appena combinato. Una goccia di sperma gli sfugge dalle labbra e gli bagna il mento.

Quando si stacca, mi guarda sornione.
«Pensavo fossi più salato.» mi dice, sorridendomi complice. Mi dà un ultimo bacio sulla punta e, con mia estrema sorpresa, cattura con la lingua un rivolo biancastro che stava per cadere al suolo.

Merda. Gli è piaciuto davvero.
Realizzo.

«Quand'è il mio turno?» domando in un attimo di pura follia.

«Quando vuoi.» ghigna.
Si alza, mettendosi a cavalcioni e, d'un tratto, appoggia la fronte sulla mia.
«Prima però posso chiederti un bacio?» bisbiglia, consapevole del casino che abbiamo appena fatto.

Mi viene da ridere.
«Tutto quello che vuoi.» gli rispondo.

Inclina la testa e fa per riprendere a lavorarmi le labbra, ma uno squillo ci fa sobbalzare, rompendo la magia. Seb impreca, ma pare intenzionato a ignorarlo.

«Il cellulare...» gli faccio notare, lui scuote la testa.

«Chissene.»

Allora volto la testa, negandogli il bacio. Mi guarda risentito, tuttavia gli spiego: «Forse è Cloé.»

«Se ne farà una ragione.» insiste.

«Sebastian!» mi impunto. Sta palesemente ragionando con il cazzo, non con il cervello.
«È la ragazza che ti piace.» gli ricordo, prendendolo per il mento. Stavolta sono io a costringerlo a un contatto visivo a cui non era preparato.
«Muovi il culo.»

«Ma che cazzo! Sembra la tua di fidanzata!» sbotta all'improvviso, facendomi prendere un colpo. Sbarra gli occhi l'attimo dopo, rendendosi conto di aver alzato la voce.
«No, scusa. Non volevo urlare.» mi dice, dispiaciuto.
«Hai ragione tu, scusami.» si massaggia una tempia, assorto nei suoi pensieri, mentre la sua espressione si fa più cupa.

«È tutto ok, Seb.» lo rassicuro. Non mi sono offeso. È vero che non sono abituato agli sbalzi d'umore che sta avendo ultimamente, ma non posso prendermela per una cosa simile.

«Torno subito.» sospira, alzandosi dal divano per recuperare il telefono dal tavolino. Si muove verso la televisione, distanziandosi un po'.

«Fai con calma.» gli dico, ma so già che mi pentirò amaramente di aver messo di nuovo Cloé prima di noi due.

Anche se magari cercavo solo una scappatoia: in fondo so che Sebastian non prova esattamente ciò che sento io. Sarà il modo del mio subconscio di proteggermi, per quanto sia doloroso assistere a questa telefonata.

«Pronto?» risponde e so già di averci preso: è Cloé. La voce di Seb è troppo dolce perché possa essere qualcun altro.
«Aspetta, stai piangendo?»
Ho una fitta al petto. Sono stato io a indurlo ad accettare la chiamata - quindi so che è assurdo che mi senta così - ma avverto già la bile corrompermi le viscere.
«Ora?» borbotta e penso che forse gli ha chiesto di correre da lei. È quello che un ragazzo innamorato farebbe.
«Ma sono qui con Isaac e-»

«Vai.» lo interrompo.

«Un attimo.» le dice, poi mette in muto. Mi guarda come se l'avessi tradito, però non ne ha alcun diritto. È me che sto tradendo e lo sto facendo solo per lui.

«Hai detto che ti saresti dichiarato, no?» il mio tono risulta più acido del previsto.

Seb non ribatte, scuote solo la testa e toglie il muto da cellulare.
«Dammi cinque minuti.» taglia corto.
«Arrivo.»
Chiude la chiamata, poi ritorna da me con due falcate.

«Congratulazioni.» gli dico, provando a sorridere. Non mi riesce bene.

«Zitto.»
Si siede sul divano, al mio fianco.
«Non voglio sentirmelo dire da te.» mi spiega, stringendo i pugni così forte da conficcarsi le unghie nei palmi.

Si lascia scivolare verso di me e appoggia la guancia sulla mia spalla. Per istinto, allungo una mano, accarezzandogli la chioma scompigliata e lui me lo lascia fare, grato di quel contatto.

«Perché?»

«Non mi dichiaro.» annuncia, deciso.

«Come mai? Vi piacete.» ribatto.

«Cloé è stata la mia salvezza, Zack.» la sua è una sentenza improvvisa e non capisco cosa voglia dire. Non so come rispondergli e forse anche lui ne è consapevole, perché dopo un attimo di silenzio aggiunge: «Le sono grato. Mi ha aiutato ed è stata al mio fianco in un periodo molto, molto brutto. È riuscita perfino a darmi un po' di sollievo e calore. Era quello di cui avevo bisogno allora.»

«Ma?» lo sprono, vedendo che non continua.

«Non so, credo di essere stufo marcio di piazzare cerotti su una ferita che rimane aperta.» alza la testa e i nostri sguardi si incontrano ancora una volta.
«Capisci?» mi chiede, facendosi avanti per baciarmi.

«Non proprio.» gli dico, indietreggiando con il capo.

«Lo immaginavo.» mi soffia sulle labbra.

«Pensavo che amassi Cloé.»

Quindi perché vuoi baciarmi anche se sai che lei sta piangendo da qualche parte, aspettando te?

«La adoro.» conferma.

«Allora perché la tratti così?» sbotto.

«È complicato.» confessa.

«No. Non lo è.» sussurro.
«Tu la ami. È semplice. Lei prova lo stesso per te, no?»

«Posso davvero permettermi di amare qualcuno nelle mie condizioni?» sorride amaramente.
«Cloé è una medicina: amara, difficile da mandare giù, eppure so che mi farà bene.» gli sfugge un respiro stanco mentre intreccia le sue dita con le mie.
«Ma sai, ho scoperto l'esistenza di una droga estremamente dolce. So che dovrei lasciar perdere, che non mi soddisferà mai, tuttavia... Non so. Forse voglio ammalarmi, esserne dipendente. Secondo te è da stupidi?»

Il suo ragionamento è talmente vago e contorto, che non riesco a seguirlo, però qualcosa nel suo tono calma la tempesta nel mio cuore, perché lascio che mi baci un'ultima volta.

«Sì.» rispondo infine.
«Sei stupido e veramente tremendo.» mormoro, con ancora il sapore delle sue labbra sulle mie.
«Vai. Cloé sta piangendo.»

«Anche tu.»

Non me ne ero accorto.

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