quarantaquattro - 𝚌𝚘𝚗𝚜𝚒𝚐𝚕𝚒 𝚍𝚊 𝚕𝚒𝚗𝚍𝚊
𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛
Quando quel giorno di tanto tempo fa andai da Linda, parlammo di molte cose.
Pensieri che adesso, mentre Seb mi fa appoggiare il capo sul suo petto, mi appaiono perfino futili.
La sua mano, dolce e pacata, districa ogni mio nodo con cura massaggiandomi la cute con estrema delicatezza, quasi fossi fatto di cristallo. E intanto canticchia qualche nota. Ha una voce così bella che lo ascolterei per ore intere. Vorrei alzarmi e andargli a prendere la chitarra, chiedergli se ha voglia di suonarmi qualcosa. So anche che lo farebbe volentieri, ma il sonno mi sta prendendo.
E mentre sprofondo nel mondo di Morfeo, torno con la mente a quella mattina.
«Mamma ti ha già detto del trasferimento?» avevo domandato alla mia terapeuta, con un cipiglio sul volto.
«Mi ha accennato qualcosa, sì.» ha fatto lei, scrivendo chissà quale diavoleria sul tablet.
«Scusa per la franchezza, ma tu non dovresti essere la mia terapista? Perché non ti sei opposta?» ho sbuffato, incrociando le braccia al petto.
«Di solito gli strizzacervelli non consigliano ai propri pazienti di non andarsene a zonzo? Come farai a seguirmi da così lontano?»
Linda sospirò. Scommisi che si stesse trattenendo dall'alzare gli occhi al cielo.
«Lo sai che qui non usiamo il termine “strizzacervelli”.» puntualizzò.
«E poi tu non prendi le medicine che ti prescrivo e, da quello che mi racconti, deduco che ultimamente le cose siano un po' stressanti per te.» aggiunse, picchiettando il pennino sul bordo dell'iPad.
«Per questo ti farà bene cambiare aria, potrai finalmente studiare e magari renderti conto che seguire la terapia è la scelta giusta.»
«Non voglio.» mi impuntai.
«Perché? Non vuoi ricominciare da capo? L'idea ti fa paura?» mi chiese allora lei.
«Oppure è per questo ragazzo? Sebastian, giusto?»
Un brivido mi scosse per intero al solo suono del suo nome.
«Seb non c'entra. Lascialo fuori da questa storia.»
«Curioso. Ti metti subito sulla difensiva se viene nominato, ma allo stesso tempo non riesci a far a meno di parlare di lui.» sorrise lei, in quel suo modo criptico, da psicologa.
«Cos'è che ti spaventa tanto?»
Deglutii.
«Hai paura di perderlo?»
«Io... Forse.» bisbigliai. Un quadro che raffigurava due amanti mi fissava dall'altro capo della stanza.
«L'abbiamo fatto.» ammisi dopo qualche secondo di silenzio, scandito solo dal ticchettio dell'orologio appeso al muro.
«Cosa?» indagò.
«Sesso.» mormorai, vergognandomi un pochino.
«Lui è fidanzato, ma noi l'abbiamo fatto comunque.» continuai.
«Ed è stato bello, cazzo! Liberatorio e Seb era così dolce e mi ha fatto sentire...» mi fermai, preso alla sprovvista da quanto mi stesse battendo forte il cuore. Mi chiesi se fossi completamente impazzito. Linda tossicchiò ed era il suo modo di dirmi di andare avanti.
«Mi fa sentire... Amato? Credo. Non lo so.» sospirai.
«A me lui piace, ma Seb non prova lo stesso...»
«Come fai a dirlo?»
«Lo so e basta!» esclamai, più cocciuto di un mulo. Quel quadro alle sue spalle mi stava palesemente giudicando.
«Linda, è così sbagliato desiderarlo?» le dissi allora.
«L'amore non è mai sbagliato, Isaac.»
Mi guardò da dietro il tablet, con le gambe accavallate e il tono di chi aveva fatto ogni esperienza possibile. Mi pareva così matura...
«I tuoi sentimenti sono importanti.»
«Credi che andrò all'Inferno?» domandai. Era da un po' che quel pensiero raccapricciante mi tormentava.
«No, non credo.» rispose senza alcuna esitazione.
«Ma i traditori di solito ci vanno.»
«Non ho mai sentito di qualcuno che ci è finito perché amava troppo, Isaac.» rise.
«E da quello che mi hai raccontato, Sebastian non sembra troppo preso dalla sua ragazza.»
«No infatti.» distolsi lo sguardo.
«E poi sono quasi convinto che lei punti al patrimonio.»
«Allora dubito che ti faranno entrare all'Inferno.» ghignò e per un istante mi parve di scorgere la vera Linda. Chissà come aveva vissuto, cosa l'aveva portata a diventare una psicologa. Non doveva essere facile avere a che fare con gente problematica come me ogni singolo giorno.
«Grazie.» sorrisi.
«Avevo bisogno di sentirmelo dire.»
«Sono qui per questo. È il mio lavoro.» annunciò picchiettando sull'iPad. Ed ebbi la certezza che fosse davvero orgogliosa della sua professione.
«Linda?» la chiamai.
«Sì?»
«La fatina ti sta ancora facendo le boccacce.» e gliela indicai. Lei era lì, seduta sul suo spazzolino gigante, che volteggiava nella stanza quasi ne fosse la padrona. Linda fece spallucce, mi disse di non darci peso e mi ricordò di prendere le medicine.
«Non prometto nulla, ma prenderò in considerazione l'idea di farlo.» mi arresi, dopo il suo lungo discorso.
«È davvero il massimo che posso fare.» la fissai.
«Bene. Sono fiera di te.»
«E forse cambiare aria mi farà bene, dopotutto.» mi grattai la nuca.
«Quindi partirai?»
«Non lo so, però dovrei farlo per la mamma.»
«Perché non per te stesso?» indagò.
«Perché io mi odio, Linda.» sputai senza problemi, con quel tono cattivo che riservavo solo alla mia persona.
«Forse è per questo che Seb non mi ama. Voglio dire, se non piaccio nemmeno a me stesso, quante possibilità ho?» sbuffai. Azzardai un'occhiata all'orologio.
«Pare che l'ora sia scaduta.» le feci notare, alzandomi dalla poltroncina.
Mi avvicinai, le strinsi la mano e lei promise di mandarmi un'email con il prossimo appuntamento.
Ma proprio quando stavo per andare verso la porta, Linda mi impedii di sparire dalla sua vista.
«Isaac!» mi chiamò. Mi voltai, interdetto. Non aveva mai usato quella voce così squillante e gioviale nei miei riguardi.
«Sebastian ha mai detto di odiarti?» domandò.
Ci pensai.
«No?»
«Allora come fai a sapere che non prova nulla per te?» chiese materna.
«Buttati.»
«È il tuo consiglio da terapista?» sogghignai, un po' per il nervosismo un po' per l'imbarazzo dato da quella situazione surreale.
«No, l'ora è finita.» puntò il pennino verso l'orologio.
«Questo è il mio consiglio da Linda.» e si portò una mano al petto, come a indicarsi.
«Grazie.» risi, un tantino agitato.
«Ci penserò.» arrossii
«Alla prossima, Linda.»
«Arrivederci, Isaac.»
Aveva ragione lei a quanto pare: io e Seb condividiamo qualcosa. È fragile, instabile e traballante, ma ci desideriamo l'un l'altro. E lo facciamo in quel modo speciale e spericolato che è solo nostro.
Probabilmente finiremo davvero con il tagliarci la gola, come dice Sebastian, con il farci male a vicenda, però questo momento è semplicemente perfetto. Con quella luce chiara che entra dalla finestra e il suo bel viso illuminato dai tiepidi e arancioni raggi del tramonto.
Ha le palpebre serrate, il volto talmente tanto rilassato da sembrare in pace. E la sua è una bellezza angelica, morbida quanto sono affilati i suoi occhi ardenti di passione.
Mi metto seduto, gli accarezzo la guancia. La sua lieve barba ispida mi fa il solletico sotto i polpastrelli.
«Se mi svegli così diventa subito un buongiorno.» ghigna d'un tratto, afferrandomi il polso. Apre un occhio, si lecca le labbra piene passandoci su la lingua rossa e poi, dopo averle inumidite, mi tira a sé. Mi ritrovo a un soffio dal suo viso, ma non faccio in tempo a formulare mezzo pensiero coerente che mi bacia.
Un bacio piccolo, a stampo, non ha nulla di sessuale, ma: «Zack, sei tutto rosso.» mi prende in giro, a un respiro da me.
E mi rendo conto che Seb mi ha davvero fottuto il cervello.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro