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𝚗𝚘𝚟𝚎

Isaac rabbrividì. Il tono di Sebastian non prometteva nulla di buono, era basso, sensuale, ammiccante.

«Rilassati, Zack.» ridacchiò Sebastian.

“Come se fosse facile!” pensò Isaac.

«Sai, dovresti lasciarlo perdere. Chiunque sia sicuramente è un idiota per averti ridotto così.» continuò, giocherellando con alcune ciocche dei capelli di Isaac. Si rigirò fra le dita quelle bagnate. Sorrise. Gli era sempre piaciuto il blu.

Sebastian aveva finalmente allentato la presa, eppure Isaac non aveva il coraggio di abbassare il mento. Sebastian gli stava fissando il collo e una parte di lui, quella senza vergogna, adorava quello sguardo. Ne era già ubriaco.

Desiderava di più, molto di più, ma prima che potesse colmare la distanza, all'improvviso Sebastian lo mollò, gli sfiorò la nuca, gli circondò la gola con una mano. E premette sul pomo d’Adamo, lasciandolo senza fiato. Ne disegnò il contorno con il pollice, lo solleticò con l'unghia. Non fu doloroso, né durò a lungo, ma Isaac si sentì ribollire il sangue.

Sebastian gli stava lanciando un messaggio silenzioso e Isaac - merda! - riuscì a decifrarlo parola per parola, a capirlo. E la cosa lo terrorizzava, perché provava esattamente lo stesso: Sì, so che sei un maschio. No, non mi importa affatto.

«Mandalo a fanculo.» gli ordinò.

Isaac scosse il capo, stordito. «Non riesco a rinunciare.» confessò. Forse balbettò.

«Anche se ti ha fatto questo?» ruggì Sebastian.

Una nota di preoccupazione gli infiammava la voce. D'un tratto Sebastian gli agguantò un fianco. Lo teneva tanto stretto da graffiargli la schiena. E cazzo se a Isaac piacque vederlo così: provato, agonizzante, con il respiro bloccato.

Le dita di Sebastian erano artigli, i suoi occhi felini dei laghi privi di misericordia. Quello sguardo era terribile: lo lacerava, lo pugnalava, lo ammazzava.

«Non sai cosa mi ha fatto.» ribatté Isaac, facendo un passo indietro. Sebastian stavolta lo lasciò andare.

«Mi basta vederti così per capirlo.» ringhiò, girandogli attorno. Posò gli occhi sulla sua schiena bianca. Sospirò. Gli aveva lasciato dei segni rossi sulla pelle e, anche se nessuno dei due osò palesare quel pensiero, entrambi trovavano eccitante da morire l’idea che lo avesse marchiato.

«Scusa.» sussurrò Sebastian, passando un dito sulla schiena disastrata. «Ti fa male?» chiese, andando verso l’armadietto per tirarne fuori del disinfettante e dei cerotti.

«Non sto sanguinando.» gli fece notare Isaac.

«Zack, o me ne prendo cura o te ne faccio altri.» sbottò Sebastian versando l’acqua ossigenata su del cotone. Lo tamponò. Isaac arrossì. All’improvviso era tornato il calore. Assurdo, visto che stava tremando.

«E se volessi farteli io?» lo sfidò Isaac con fare innocente, lasciandosi coccolare.

«Ti direi di farli dove non ci sono i tatuaggi, perché voglio poterli vedere.» ridacchiò.
Poi rimasero in silenzio per qualche istante, mentre Sebastian apriva i cerotti e li applicava.
Si sentiva un po' in colpa: quelli più che dei graffi parevano dei lividi e avevano la forma della sua mano. Doveva fargli molto, molto, male, eppure Isaac non si stava lamentando, al contrario: fremeva, impaziente, sotto le sue dita, saltava di eccitazione quando lo sfiorava. “Non è che è un po' masochista?” si chiese Sebastian, leccandosi le labbra.

«Con quello da quanto va avanti? Perché non me l’hai detto prima?» domandò, quando finì di medicarlo.

Isaac non rispose direttamente alla domanda, si limitò a esternare i suoi pensieri: «Sei così felice con Chloé… Perché dovresti interessarti a me?»

«Sei il mio interesse numero uno, Isaac.» sussurrò Sebastian, accarezzandogli le ferite. «E vieni prima di qualunque ragazza, idiota.» aggiunse, mormorando l’ultima parola in un italiano fluente.

«Sì, vabbè. Non c’è bisogno di leccarmi il culo. Non ti dico chi è.» ribatté Isaac, incrociando le braccia al petto.

«Tanto lo scopro.» Sebastian lo abbracciò da dietro, felice che Isaac non lo stesse rifiutando.

«Vuoi farmi pedinare dai tuoi uomini?»

«Perché lasciare a loro il divertimento?» rise. «O non ti piace l’idea che sia io a seguirti ovunque? Paura che faccia fuori il tuo fidanzatino?»

«Non dici sul serio.» Isaac scosse la testa. Il sangue gli stava affluendo in zone strane e dovette stringere le gambe.

«Non ti sembro serio?»

«Nah. Julia mi piace e respira ancora.» lo provocò. Sebastian sbarrò gli occhi.

«Lei è un caso particolare… E poi tu sei gay, no?»

«Questo l’hai deciso tu.» Isaac si girò per fargli la linguaccia.

«Nessuna preferenza quindi?» Sebastian alzò un sopracciglio, tornando a sfiorargli la pelle martoriata, stavolta con molta più delicatezza e cura.

«Immagino di no.» mentì Isaac, sciogliendosi fra le sue braccia come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Sebastian sospirò. Solamente Isaac aveva l'assurdo potere di farlo impazzire e calmare con una frase.

«Se ti piace questo tizio, Julia che c’entra? Chiodo schiaccia chiodo?»

Sebastian era stufo marcio di quella conversazione. Non gli piaceva affatto l’idea che Isaac fosse preso da qualcun altro, però più parlavano più i suoi occhi tornavano a brillare. E Sebastian temeva ancora che Isaac potesse fare cazzate, quindi ingoiò l’amaro e stette al gioco, ignorando la tensione e l’erezione che gli premeva nei pantaloni.

Isaac era un uomo ed era tremendamente virile a volte, ma cazzo quanto era bello sentirlo premuto contro l’addome, avere i suoi palmi spalmati sui pettorali. “Mi sarei dovuto levare la maglietta.”

«Ma che hai? Sei geloso?» chiese Isaac, con quel fare ingenuo che lo faceva impazzire.

«Da lui ti fai toccare?» rigirò la domanda.

«Te ne importa?» ghignò.

Sapevano entrambi che Isaac era troppo timido per osare anche solo pensare di avere quel tipo di rapporto con qualcuno. La sua unica eccezione era Sebastian. Magari proprio perché in fondo sapeva di non avere speranze con lui. O forse perché Sebastian era bravo a prendersi ciò che desiderava. E per un attimo Isaac si paralizzò, diventando bordeaux. “Sebastian non mi desidera.” si corresse.

«Ti stai divertendo?» ridacchiò Sebastian, sentendosi ubriaco.

«E tu?»

«Da matti.» alzò gli occhi al cielo, con velata ironia.

Il modo in cui Isaac lo fissava era alquanto piacevole, inebriante. Nuovo. Nessun altro lo guardava così. Isaac non lo osservava come un mero pezzo di carne, non lo toccava con fare lascivo e sbavando. Si prendeva il suo tempo, lambiva la sua pelle, lo assaporava con gli occhi. Lo scaldava. Rimetteva in moto il suo cuore.

“Anche se è impossibile che mi voglia come io voglio lui.” Si lamentò. “No, non si può fare. A che sto pensando? Siamo due mas-” si fermò. Fu allora che una realizzazione lo colse. Perché non c’era arrivato prima?

Il sesso non era mai stato un problema per Sebastian. Aveva avuto sia uomini che donne, anche se con i primi doveva stordirsi con le droghe per non vomitare. Il suo corpo era un’arma che aveva usato per anni. Appena due mesi prima, se suo padre gli ordinava di andare con uno dei suoi partner in affari, Sebastian apriva le gambe. Non gli fregava nulla. Aveva smesso di ascoltarlo solo di recente.

«Se Chloé ti piace così tanto, non devi toccare nessun altro.» gli aveva detto Isaac, un pomeriggio. Si conoscevano da appena un paio di settimane e tanto gli era bastato per aprirsi con lui. Odiava mostrarsi debole, ma con Isaac gli veniva naturale come respirare.

«Non so quali siano le tue ragioni, scusa se mi metto in mezzo o ti sembro indelicato, ma tu la ami, no?» Isaac schiacciò tre pulsanti in successione. Lo batté in un secondo, la scritta K.O. lampeggiò sullo schermo della TV. Poi si stiracchiò, posando il joystick, soddisfatto. Sebastian aveva smesso di prestare attenzione al gioco già da almeno tre minuti buoni, troppo preso da Isaac, da come si muoveva e parlava.

«E so che in fondo detesti ubbidire a quell’uomo.»

«È più facile se sto zitto.» aveva risposto Sebastian, il tono meccanico.

«Ma sei felice?» aveva ribattuto Isaac.

«Non importa che lo sia.»

«A me importa!» aveva esclamato, la voce così alta da sovrastare il frastuono del suo cuore. «Giuro che prima o poi vengo da te e faccio tipo kamikaze.» borbottò infine, irritato da morire. Sebastian sapeva che stava scherzando, che Isaac non era nemmeno in grado costruirla una bomba, ma il pensiero che potesse davvero mettersi in mezzo lo lusingava e terrorizzava allo stesso tempo.

“Non farti più toccare” gli aveva detto Isaac e Sebastian lo prese alla lettera. Era così fottuto che se quel ragazzo gli avesse ordinato di ammazzarsi, lui sarebbe corso a prendere un fucile.

E poi non voleva toccare nessun altro. Gli saliva la bile al solo pensiero e dopo quella conversazione si era deciso a ribellarsi. Suo padre quella sera l’aveva chiamato, ma lui era andato all’appuntamento con la pistola carica.
Dopo essersi liberato dell’ospite, aveva preso la macchina,  guidato come un pazzo, sentendosi per la prima volta davvero libero. Vivo. Eppure ogni passo che faceva non sembrava essere il suo, quasi stesse ancora giocando con Isaac ai videogiochi, seduto sul divano. Nemmeno le urla riuscivano a scalfirlo.

Prima di rendersene davvero conto, aveva massacrato senza esitazione un intero clan. E lasciò lì i corpi, sparsi per tutta New York, per dimostrare a suo padre che no, non stava affatto scherzando. Il mattino dopo era tornato a casa ancora sporco. Si diresse in cucina, tranquillo, finalmente in pace. Suo padre stava guardando il telegiornale, paralizzato. Erano morte trenta persone, una più una meno. Sebastian li aveva attirati uno dietro l’altro con la promessa di un servizietto. Li aveva spronati a denudarsi e solo allora aveva tirato fuori la pistola. E c’erano cascati tutti. Che idioti. Suo padre non aveva più osato chiedergli di prostituirsi dopo quella volta.

E Isaac, lui… Sebastian era corso a casa Spider il giorno stesso. Aveva in mente un chiodo fisso: voleva che Isaac gli dicesse che era stato bravo, che lo toccasse, ora che nessun altro aveva più il permesso di farlo. Ma il suo Zack lo accolse con un sussulto e uno sguardo triste, spaventato. Lo abbracciò non appena lo vide. Gli disse che aveva visto il telegiornale, che era sollevato di non aver letto il suo nome tra i morti, che era felice che lui non c’entrasse nulla.

Sebastian non era riuscito a ricambiare l’abbraccio. Isaac era troppo buono per lui e quella consapevolezza lo colpì in pieno stomaco. Cominciò a piangere. Il peso di quello che aveva fatto gli bloccò il respiro. Non disse mai a Isaac la ragione di quelle lacrime.

In quel momento aveva deciso di rinunciarci. Non perché fosse un maschio, ma perché non si meritava affatto l’affetto di Isaac.

Voleva sentirsi dire che era stato bravo? Ma che cazzo gli era passato per il cervello? Isaac non conosceva il suo mondo. Se avesse saputo la verità, non l’avrebbe mai perdonato. Mai.

No, Isaac non poteva essere suo o l’avrebbe rovinato. Era meglio farsi da parte. Sì, si sarebbe limitato a guardarlo da lontano, a supportarlo. Sarebbe diventato la spalla su cui Isaac avrebbe pianto, la persona che l’avrebbe fatto ridere. Merda, avrebbe perfino fatto da testimone al suo cazzo matrimonio, se questo l’avesse fatto felice!

Ma eccolo lì: appena un paio di mesi dopo a struggersi.

“Isaac è mio” stava diventando un pensiero ricorrente e, merda, se si stava trasformando in un mostro sempre più avaro.

Voleva di più. Pretendeva di più. Non se ne faceva nulla di un ruolo marginale, voleva far parte della sua cazzo di vita più di ogni altra cosa.

Tanto nessuno sarebbe mai stato degno di Isaac, quindi perché cazzo avrebbe dovuto condividerlo? Lui non era meglio di altri, ma Isaac era irraggiungibile per chiunque, quindi perché non prendere quella farfalla e tarparle direttamente le ali? Chiuderla in una gabbia così da poterla ammirare per sempre?

Sapeva anche che quei pensieri erano malati, che non andavano bene, che Isaac l’avrebbe odiato se avesse saputo che quando lo guardava a volte se lo immaginava piegato a novanta e altre ancora inginocchiato davanti a lui.

No, non importava quanto ci girasse intorno, Sebastian non aveva mai visto il sesso di Isaac come un problema. Al contrario, lo intrigava. E Isaac, il suo Isaac, era gay. Gay. Gli piacevano gli uomini. Uomini come lui. Sapendo questo, no che non poteva fermarsi.

«Seb? Ti sei incantato?» domandò Isaac, completamente ignaro.

Sebastian gli accarezzò dolcemente una guancia, prendendolo alla sprovvista. Ma sì, che importava se Isaac amava un altro? Poteva sbarazzarsene. Suo padre l’avrebbe coperto. “I soldi comprano tutto, no?”

«Andiamo a letto?» gli soffiò sulle labbra.

«Cos- cambi argomento?»

«Oh, scusa mi sono espresso male.» Sebastian ghignò. “Mi dispiace, Zack. Ti voglio. Non me ne frega niente, se il vero me non ti piacerà, se mi odierai, tu sarai mio. Sei già mio.” «Intendevo dire: vieni sul letto con me?»

Isaac quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Ma che diavolo gli era preso all’improvviso!? Sapeva che Sebastian non gli stava facendo delle avances, ma cavolo se le sue parole erano fraintendibili!

«Sono bagnato.» obiettò, pizzicando i pantaloni del pigiama. Aveva combinato un bel macello.

Sebastian alzò un sopracciglio. Sorrise.

«Ah sì?»

Aspettò qualche secondo. Isaac realizzò. Tornò a essere rosso come un papavero. Così Sebastian si guadagnò uno schiaffetto sul braccio e Isaac guizzò fuori dalla sua presa come un’anguilla.

«Riservalo per Chloé!» gonfiò le guance, imbronciato.

«Geloso?» ridacchiò allora Sebastian, mente l’altro marciava fuori dalla stanza.

Sebastian si dovette tappare la bocca con una mano per non scoppiare a ridere. “Che carino...”
Si voltò. Sapeva che sarebbe toccato a lui pulire, perché Isaac probabilmente nemmeno ci stava pensando, ma era anche certo che quella notte lo avrebbe tenuto stretto fra le sue braccia.

E prese il mocio.

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