Prologo
Un lungo e buio corridoio distanziava la ragazza da un brusio di voci sovrapposte. Un gruppo di persone la stava cercando e minacciando di ucciderla. «L'accusata è scappata, trovatela!» sentì in lontananza, con un tono abbastanza forte da superare il suo respiro affannato. Lei aprì un'altra porta, anch'essa in legno e ferro battuto, e piombò in tutta fretta all'interno di una sala, tetra, senza luce, dava l'idea di essere antica. Si guardò intorno e, a piccoli passi, vide avvicinarsi un ragazzo dal volto familiare.
«Excidiusrector, sei tu?», gli chiese, mentre uno scintillio di speranza le attraversava gli occhi. «Ti prego, aiutami!», con impazienza gli corse incontro e lo abbracciò.
«Se scoprissero che sto dalla tua parte farei la tua fine». Lui non ricambiò, le prese il mento con due dita e le sollevò la testa. Gli occhi completamente neri della ragazza incrociarono i suoi bianchi. Piano piano i loro nasi si sfiorarono.
«Salvami e ti prometto il trono», fu allora che sul viso di lui iniziò a crearsi un leggero sorriso.
«Farò l'impossibile per riportarti qui», le accarezzò i lunghi capelli corvini, «mia cara Jane».
Lei, senza capire, strabuzzò gli occhi. «Che significa?», fece un passo indietro, ma le forti braccia di Excidiusrector la bloccarono, finché la porta non venne spalancata e il gruppo di persone, munito di fiaccole e di mantelli col cappuccio, trovò la ragazza. «No!».
«Prendetela!», la indicò un uomo.
«No!», si dimenò. «Eri in combutta con loro!» alla fine riuscì a liberarsi, ma una scia di fuoco uscì dalle mani del ragazzo, che legò insieme i polsi di Jane. Lei urlò dal dolore che le ustioni le provocarono. Excidiusrector la condusse nelle mani degli uomini e la trascinarono via. «Traditore!», continuò a gridare.
Giù per le scalinate di quel che sembrava una fortezza un muro separava Jane da qualcosa di molto pericoloso. Inciso, sopra le pietre, un grosso simbolo – sagoma di un triangolo capovolto con al centro una X e una V in basso – prese fuoco e il muro scorse lateralmente, per dare visione ad un ampio terreno bruciato. Una puzza di zolfo accolse gli ospiti, mentre gli uomini spinsero la ragazza all'interno. Ormai non urlava più, la sua espressione trasmetteva ferocia, osservava con sfida tutto intorno a sé. Poi, delle fiamme ardenti si alzarono, invadendo lo spazio. Si attorcigliavano tra loro, giocavano nell'aria e assunsero una forma con due corna ben conosciuta, il diavolo. Gli uomini si riunirono in un cerchio, lasciando Jane al centro. Uno di loro sollevò due oggetti, un pugnale e uno scrigno, e iniziò a recitare una formula. «Il Consiglio ha deciso, per i crimini e i massacri esercitati sugli angeli caduti, ti maledico nel nome dell'Inferno». La figura di Satana imprigionò con catene ardenti tutto il corpo di Jane, mentre l'uomo si avvicinava con il pugnale. «Con questo elemento ti prelevo l'anima, condannata a vivere in un essere mortale fino a morte e ritorno, nei secoli dei secoli a venire». I lamenti della ragazza vennero interrotti quando la lama si conficcò nel suo petto.
«Fermi!», un ragazzo biondo, dal viso angelico, irruppe nella stanza. «Vi ordino di lasciarla andare!», ma quando vide la scena credé fosse troppo tardi, Jane stava assumendo un colorito biancastro e si stava privando delle sue energie, incanalate tutte nell'elemento. Il giovane alzò lo sguardo, sulla creatura di fuoco.
«Padre, fatelo per me».
«Inconcepibile, Quintogenito», rispose l'uomo. «La sua sposa non apparterrà più a questo mondo, il suo corpo molto presto verrà segregato».
«Non è lei la responsabile!».
«Ci siamo già occupati di bandire la Dea», continuò l'uomo.
«T-torneremo», rise sadicamente la condannata. «E quando succederà vi distruggeremo, tutti!», con le ultime forze guardò il Grande Sovrano, che bruciava e illuminava l'area. Fece il suo ultimo grido, quando l'uomo incappucciato estrasse il pugnale e lo alzò in aria, sprigionando una forte luce accecante e scintille che risalivano dal centro della Terra.
Il corpo cadde inerme, ancora avvolto dalle catene, e il pugnale venne ritirato nello scrigno.
«Dove la porterete e che fine faranno gli Elementi!?», domandò impaziente il giovane. Di colpo scattò per raggiungere la ragazza, ma altri uomini incappucciati lo fermarono.
«Placati, Quintogenito», posò lo scrigno a terra e prese un grosso libro che gli era stato porto, la copertina era di legno molto chiaro. «Le coordinate saranno in questo Manoscritto e, ovviamente, andrà in mano agli Arcturians. Non andarla a cercare, ti ho cresciuto meglio di così», il cerchio si dissolse, portando via con sé i resti di un sacrificio. Poco prima che il ragazzo avesse potuto ribattere, le fiamme esplosero e lo scaraventarono dall'altra parte del muro.
«Eccoti, Quinta Fiamma», con il suo aiuto, il Quintogenito riuscì ad alzarsi. «Giornata brutta con paparino?», bisbigliò.
«L'hanno presa! Devo andare sulla Terra a cercarla! Scegli i combattenti più forti, io contatterò Fulgormane e le dirò del libro».
Il biondo emanava una strana aura negativa e i suoi occhi si incupirono.
«Non essere ridicolo, sappiamo entrambi quanto era dannosa. Moglie o non moglie, quella cosa andava uccisa!».
«Io voglio salvarla, Excidiusrector. Solo se dovesse rivelarsi es-sere una minaccia anche per l'altro Mondo seguirò il tuo consiglio», il ragazzo biondo era determinato a intraprendere quel cammino.
«Andiamo a scoprirlo», gli diede una stretta di mano amichevole.
«Ne sei convinto? Ci vorranno millenni».
«Da qualche parte dobbiamo pur cominciare, radunerò quanti più uomini potrò», anche Excidiusrector sembrava voler affrontare una tale avventura.
«Non tornerò qui finché non l'avrò trovata».
Il Quintogenito era sull'orlo di una crisi.
«Potremmo cambiare, diventare come loro, ma sarà nostro compito non perdere mai di vista il nostro obiettivo».
Con un cenno dassenso i due diedero il via ad una caccia infinita tra i mortali.
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