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6. Che sapore ha la felicità?

Michele aveva deciso di portare Mattia al Boscoincittà, un parco pubblico gestito da privati. Il parco era un'area verde urbana molto vasta che si trovava nella stessa zona della città in cui abitava il ragazzo.

«Conosci Boscoincittà?» chiese Michele mentre si spostavano nel traffico milanese un po' pigro della domenica mattina.

«Sì, certo, ci vado spesso.»

«Oh, mi dispiace! Preferisci che ti porti da qualche altra parte?»

«No, mi piace. Ci sono boschi, radure, corsi d'acqua, un laghetto e un'antica cascina. Ci fanno sempre molte attività e c'è pure uno spazio per lo skateboard.»

«Ho scelto quello perché non dovevamo spostarci molto e poi perché ha un'area cani attrezzata per Zeus.»

Il pastore tedesco, sentendo il suo nome, abbaiò. «Buono, bello, siamo quasi arrivati. Non gli piace molto viaggiare il macchina, sospetto che soffra il mal d'auto...» disse Michele quasi fra sé.

«Se me lo avessi detto prima, sarei venuto io da te e saremmo andati da qualche parte a piedi vicino a casa tua.» farfugliò Mattia nervoso.

«Non ha importanza, mi faceva piacere passare a prenderti» rispose l'altro stringendo la mano del ragazzo che era ancora sulla sua coscia. Un peso caldo che gli diceva che lui era lì al suo fianco.

«Va bene» acconsentì Mattia voltandosi per controllare Zeus; di certo non voleva che il cane si sentisse male.

«Ehi, non te l'ho detto perché te ne preoccupassi, okay? Sta bene, lo porto sempre con me quando faccio dei giri, è abituato.»

Mattia quindi si rilassò e si godette il tragitto. Il sole di aprile non era ancora caldo, ma brillava di aspettativa.

Ci misero un po' per trovare un posto dove parcheggiare la macchina. Sembrava che tutta Milano avesse avuto la loro stessa idea. Alla fine trovarono un posticino non troppo lontano e riuscirono ad arrivare al parco. Si diressero nella zona adibita agli animali, dove c'erano degli spazi recintati in cui lasciare il proprio cane libero di scorrazzare.

«Ci mettiamo lì?» disse Michele indicando un grosso albero quasi al centro del prato dell'area recintata in cui si trovavano.

«Mi sembra perfetto.»

L'uomo aveva portato con sé uno di quei cesti da picnic ultramoderni e una coperta con la parte superiore in morbido pile e quella inferiore in un rivestimento apposito per non sentire freddo o umido. Dispose il tutto vicino al tronco dell'albero in modo che si sarebbero potuti appoggiare contro di esso, se lo avessero voluto. «Ecco fatto! Hai già fame? Ho portato dei sandwiches di pollo e anche della verdura cruda.»

«Sei super organizzato. Io ho con me solo i muffin, ma li ha fatti Simo. Lui è un mago in cucina. Io vorrei iscriverlo a Bake-Off, ma dice che non sopporterebbe tutta quella pressione... Mangiamo fra un po', però...»

«Sediamoci, dai, Zeus non può scappare e per adesso ha la sua palla!»

«Da quanto ce l'hai?»

«Cinque anni, l'ho preso a novembre, quando ho compiuto trentacinque anni.»

«Quindi ora ne hai quaranta» disse Mattia sedendosi di fianco a lui e facendo aderire il proprio corpo a quello di Michele.

«Sì, compiuti, ti spaventa la cosa?»

«No, io preferisco gli uomini più grandi. Simo mi prende in giro dicendomi che è dovuto al fatto che abbiamo perso nostro padre in giovane età...»

«Ed è così?»

«Mhm, non direi. I miei coetanei molto spesso sono immaturi e io ho vissuto situazioni che mi hanno fatto crescere in fretta.»

«Capisco» disse Michele mettendogli un braccio intorno alle spalle e Mattia si accoccolò al suo fianco. «E quanti anni hai?»

«Ventitré, quasi ventiquattro a giugno.»

Michele rimase in silenzio e Mattia non riuscì a capire se aveva detto qualcosa di sbagliato o meno. «Andrea dove l'hai conosciuto?»

«Al parco; non questo, un altro. Era fine estate, ero con degli amici che fanno skateboard a livelli professionali e lui stava pattinando con il padre. Ci siamo piaciuti e siamo andati via insieme.» Mattia sentì Michele irrigidirsi e avrebbe voluto guardarlo in faccia, qualcosa però gli disse che era meglio non farlo. «Una volta a casa mia lui era agitato, turbato, se n'è andato senza spiegarmi nulla.»

«Dovevo averlo lasciato da poco.»

«Oh, io non so molto di voi... Cioè, dopo quella volta l'ho rivisto che era passato Natale; sembrava confuso e abbiamo parlato. Mi ha raccontato di due persone che amava e... Non sapevo che il Michele a cui si riferiva fossi tu. Quando ti ho conosciuto, insomma... sono passati mesi.» La voce del ragazzo era incerta e ancora non osava guardare il maggiore.

«Lo so, ci siamo già chiariti su quello, stai tranquillo.»

«Deve essere stato importante per te» constatò Mattia. Il calore di Michele gli dava comunque coraggio. L'uomo non aveva smesso di stringerlo nonostante la conversazione scomoda.

«Sì, lo è stato, mi ha fatto capire che per me è ancora possibile amare... Non che non lo sapessi prima, ma sai, l'età... Io, insomma, non credevo...» sospirò e strinse l'altro più vicino. «Andrea mi ha fatto comprendere che non devo arrendermi e che posso ancora credere che sia possibile avere una relazione vera, duratura...»

«Ma ti ha spezzato il cuore...»

«È stato un dolore necessario. Se ora mi ha portato qui, con te, è servito a qualcosa, no?» asserì Michele convinto.

Mattia gli regalò un sorriso ampio, mostrando all'uomo le due fossette che aveva sulle guance. Michele non seppe resistere e mise un dito in una di essa. «Andrea viene alcune volte a portare fuori Zeus, io non ci sono mai durante il giorno, e loro si erano affezionati l'uno all'altro... Ti dà fastidio questo?»

«Dipende da te.»

«Da me?»

«Certo, se tu provi qualcosa per lui» disse prendendo fiato e cercando di ignorare la fitta al petto che stava provando. «Se tu provi ancora qualcosa per lui... Noi forse...»

«Ehi, se provassi qualcosa per Andrea noi non saremmo qui...» e concluse prendendo con delicatezza il mento di Mattia che era ancora rifugiato nel suo abbraccio e lo baciò con calma. Avevano parlato fin troppo e di cose personali, per essere un primo appuntamento, o un secondo.

Le loro labbra erano ancora le une sulle altre quando Zeus piombò su di loro con la sua palla in cerca di attenzioni. «Ehi, bello! Certo che sei un gran rompiscatole!» I due uomini risero e infine si misero a giocare con il pastore tedesco, che per quanto fosse cresciuto era un cucciolone birbante.

***

Dopo pranzo avevano deciso di fare una passeggiata. Michele era andato velocemente alla macchina per riporre il cestino e la coperta e, al suo ritorno, aveva trovato Mattia e Zeus che si rincorrevano felici. Il cuore aveva perso un battito. Più di uno, a dir la verità. Lui non sapeva riconoscere bene la felicità: che colore aveva, che sapore, quale odore?

Nella sua vita ne aveva avuta ben poca. Però doveva avere il colore dei riccioli di Mattia, il sapore dei suoi baci e l'odore della sua pelle... Un brivido gli percorse la schiena pensando a quando avrebbero fatto l'amore.

«Lele, siamo qui!» il ragazzo l'aveva individuato e lo stava chiamando, dopo aver rimesso il guinzaglio a Zeus; quei due sembravano essersi trovati.

Michele gli sorrise andandogli incontro. «Gli piaci. A Zeus, intendo.»

«E al padrone no?» disse Mattia avvicinandosi a lui senza però prenderlo per mano o a braccetto. Non sapeva cosa Michele pensasse di certe manifestazioni in pubblico. Anche lui col tempo aveva imparato che era meglio tenere un profilo basso, perché di imbecilli era pieno il mondo e non si poteva mai sapere con chi si aveva a che fare davvero. Certo con gli amici o persone di cui si fidava non si nascondeva, ma adesso era in un parco pubblico con un uomo che non conosceva bene.

«Hai ancora dei dubbi in proposito?» rispose Michele intrecciando le loro mani. Quelle del ragazzo erano fredde e decise di metterle nelle tasche del suo giubbotto insieme alle sue.

«Era per sapere... Sai, quando ero in Irlanda non facevo che pensare a te. Poi ci siamo incontrati ed è successo quello che è successo e mi sono sentito spaesato. Ti confesso che provo un po' di timore ancora adesso...»

Michele fermò bruscamente la loro camminata dando uno strattone involontario al guinzaglio di Zeus, che si lamentò. Fece voltare Mattia in modo che si trovassero uno di fronte all'altro: «Sono stato un coglione, lo ammetto e me ne dispiaccio, ma non dubitare del fatto che tu mi piaccia. Okay?» Gli occhi scuri dell'uomo erano seri e Mattia annuì, pentendosi di aver esternato una sua sciocca paura.

«Ceniamo insieme o devi andare a casa da Simone?»

«Mi piacerebbe cenare con te, ho portato anche un cambio nel caso si facesse tardi e dovessi rimanere a dormire, sempre che ti vada bene.»

«Sarebbe perfetto. Anche se domani mi alzo alle sei e mezza, ma tu puoi fare con comodo...»

«Non ti preoccupare, anch'io mi devo alzare presto. Ho diverse commissioni da fare e devo passare in facoltà» concluse mentre riprendevano a camminare, le mani sempre unite, al riparo nel giaccone del più grande.

***

Se ne stavano sul divano dopo cena, i corpi intrecciati e Zeus accucciato ai loro piedi. Michele aveva le mani nei riccioli di Mattia e li accarezzava con delicatezza. Gli piaceva l'effetto che trasmettevano alle sue dita, come tornavano al loro posto se ne allungava uno. Il ragazzo bofonchiava qualche cosa di incomprensibile, ma era evidente che si stesse rilassando. Sembrava quasi che facesse le fusa come un gattino. La TV stava trasmettendo un film degli Avengers, ma nessuno dei due prestava attenzione.

«Sei stanco?» chiese Michele.

«No, sto benissimo, ma se vuoi andare a dormire sono pienamente d'accordo!»

«Quanto entusiasmo ricciolino.»

«Ehi, mi piace passare il mio tempo con te!»

Michele sorrise, Mattia non smetteva mai di dirgli che gli piaceva la sua compagnia e lo faceva stare bene.

«Andiamo» disse Michele facendo in modo che l'altro si alzasse.

«Portò fuori un attimo Zeus e torno subito.»

«Vengo con te.»

«Meglio di no» soffiò Michele direttamente sulle sue labbra. «Fuori fa freddo e tu lo soffri il freddo, no?» disse baciandolo con passione.

«Aspettami a letto» sussurrò al suo orecchio, facendogli venire la pelle d'oca.

Mattia annuì ammaliato dallo sguardo di Michele, che lo guardava come se lo volesse spogliare.

«Va bene, ti aspetto di là, non metterci troppo...» rispose Mattia mordicchiandosi un labbro e voltando le spalle all'uomo. Michele non poté fare a meno di notare il suo fondoschiena mentre spariva nella zona notte.

«Dai, Zeus, muoviamoci, non possiamo far attendere troppo il nostro giovane ospite.»

Il pastore tedesco abbaiò il suo assenso. Non ci volle molto per fargli fare un giretto e tornare in casa. Michele decise di metter Zeus a dormire in salotto: «Scusa, bello, ma non so come andrà a finire stanotte e non voglio spettatori... Mi capisci, vero?» disse piano l'uomo accarezzando il cane, che si mise accucciato in salotto senza protestare troppo.

Michele chiuse le finestre e la porta e poi andò in camera. Le luci erano spente a eccezione di quella dell'abat-jour dalla parte del ragazzo. Mattia stava guardando il cellulare e appena vide l'uomo sorrise, mostrando le sue adorabili fossette.

«Zeus?»

«L'ho lasciato di là... Non si sa mai.»

Mattia lo osservava da sotto le coperte, curioso. «A volte mi spiazzi, non so mai cosa aspettarmi...»

Michele, che si trovava di fronte a lui, davanti al letto, si tolse con disinvoltura la felpa che aveva indossato una volta rientrato in casa dopo la giornata fuori. Mattia non si perdeva una mossa dell'uomo. Si morse un labbro, cercando di calmare il suo cuore. Il maggiore intanto era rimasto in canottiera mostrandogli per la prima volta il busto tornito. Era bello Michele, e decisamente in forma.

«Vado un attimo in bagno, arrivo subito, ricciolino...»

Mattia boccheggiò non sapendo cosa aspettarsi, ma vedere Michele quasi a torso nudo l'aveva colpito molto. Qualcosa nelle parti basse non era rimasto indifferente al piccolo spogliarello del commesso. Mattia era un po' confuso; come doveva interpretare quei segnali di Michele?

«Eccomi» disse l'uomo rientrando in camera con la stessa tuta che aveva indossato due sere prima. Si mise sotto le coperte insieme al più giovane e si avvicinò per stringerlo, facendo aderire i loro corpi.

«Hai sonno?» chiese Michele strusciandosi con fare malizioso sul ragazzo, che sentì subito caldo.

«No, io... Lele?»

«Sì?» soffiò l'altro posando con decisione le labbra su quelle del giovane, che schiuse subito le proprie per permettere alla lingua del più grande di lambire in modo sinuoso il suo palato. Il bacio si approfondì con rapidità e Mattia aveva la sensazione di star prendendo fuoco. Le mani di Michele erano fra i suoi ricci e il bacino dell'uomo si scontrò col suo. Lo strato dei vestiti che indossavano era insufficiente per nascondere le loro eccitazioni crescenti. Dopo una strusciata più decisa del commesso, Mattia mugolò più forte e cercò di riprendere fiato.

«Lele...» lo supplicò, «mi stai facendo impazzire, così...» disse assaltando le sue labbra sottili e dandosi una spinta per inchiodare il commesso al materasso. Ormai era sopra di lui. Quei baci l'avevano incendiato come un fiammifero. Si mise a cavalcioni su di lui guardandolo con uno sguardo lussurioso.

«Adesso, nel caso volessimo proseguire: sopra o sotto?» chiese facendo scorrere le mani sul petto dell'altro. Voleva sentire la consistenza della sua pelle, assaggiare il suo sapore. Il profumo di sandalo che Michele portava lo stordiva.

«Per me va bene tutto, sono versatile, e tu?»

Mattia boccheggiò a quella affermazione e si avventò di nuovo sulla sua bocca. Michele a tentoni spense la luce e non parlarono più.

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