13. Convalescenza
Michele aveva lasciato Simone rientrare per primo nella stanza di Mattia. Voleva che i due fratelli si parlassero, tanto ci sarebbe stato tempo per lui, per loro.
Prese il suo cellulare e chiamò Giulio, che rispose al terzo squillo.
«Michele, dimmi? Ci sono, novità?»
«Sì, Giulio: si è svegliato. Sembra stia bene, considerando la botta che ha preso. Adesso c'è Simone con lui.»
«Meno male, il pensiero di Mattia in coma mi stava facendo ammattire. Oggi non ne ho azzeccata una in ufficio.»
«Mi dispiace, fratellino, per averti coinvolto!»
«Non dirlo neanche per scherzo. Siamo tutti vicino a te e al tuo ragazzo. Mamma nel pomeriggio passerà da casa tua per riempirti il frigo e darti una sistemata allʼappartamento.»
«Non è necessario, davvero. Ci penserò io quando torno.»
«Buono fortuna! Se riesci a convincere mamma a non fare una cosa, fammi sapere come hai fatto.»
Il maggiore fece una breve risata: «Va bene, va bene. Spero che Zeus non faccia troppo casino e non la spaventi.»
«Michele?» la voce di Simone lo stava chiamando.
«Giulio, adesso vado. Puoi avvisare tu gli altri? Ti richiamo più tardi. Grazie.»
«Okay, ci penso io. Saluta Mattia da parte nostra.»
«Va bene» rispose il più grande riattaccando il cellulare.
Michele entrò in stanza con cautela. Mattia era sempre pallido e con gli occhi chiusi. «Amore?» chiamò mentre si avvicinava al letto e Simone usciva per lasciare loro un poʼ di privacy.
«Lele...» disse piano il ragazzo aprendo gli occhi «mi dispiace, non pensavo... Io...»
«Shh, piccolo, non parlare; stai tranquillo, va tutto bene.»
Mattia iniziò a singhiozzare e il cuore di Michele perse un paio di battiti per quella scena.
«Amore, non fare così, guarirai. Non ti devi preoccupare. Ora riposati. Io non ti lascio. Rimango qui!» disse lʼuomo mettendosi seduto al bordo del letto del più piccolo e abbracciandolo in modo da non fargli male.
Mattia si strinse a lui cercando di nascondere il viso nel suo collo, ma quel movimento dovette causargli dolore, tanto da fargli fare una smorfia.
«Mat, guardami» chiese gentilmente Michele scacciando le lacrime dalle sue guance con i pollici. «Ti amo, starai bene. Non ti devi preoccupare... Okay?»
«Ma io, voi... Vi ho fatto stare male. Simone...»
«Davvero, amore mio, sei sveglio, questo è lʼimportante. Il resto lo affronteremo insieme» concluse il maggiore sfiorandogli le labbra secche. «Vuoi bere?»
«No, mi hanno già dato del ghiaccio; volevano anche che mangiassi, ma ho lo stomaco chiuso. Quanto sono stato privo di sensi?»
«Quasi due giorni...» I due giorni più brutti della propria vita, pensò lʼuomo, ma non lo disse, anzi sorrise al suo ragazzo.
«Adesso vedi di riposare. Io mi metto su quella sedia lì, e resto vicinissimo a te.»
«Non ti puoi sdraiare vicino a me?»
«No, amore, hai ancora troppi fili e macchinari attaccati e rischierei di farti male. Mi metto sulla sedia, però, ti starò accanto il più possibile. Promesso.»
Mattia annuì poco convinto; chiuse gli occhi mentre Michele fece quello che gli aveva promesso e lo prese di nuovo per mano.
***
Mattia alla fine si era arreso al sonno. Aveva male ovunque. Sia Michele che Simone lʼavevano assicurato che non erano arrabbiati con lui, ma si sentiva in colpa. Aveva deciso di fare un giro con un nuovo skateboard arrivato in negozio e qualcosa era andato storto. Un gruppo di ragazzi in bici gli aveva tagliato la strada e lui era caduto a terra. Poi non ricordava nulla. Solo nero. Piano aprì gli occhi e cercò con lo sguardo il suo ragazzo, ma in stanza non cʼera nessuno. Era solo. Prese a tremare leggermente quando la porta si aprì e udì le voci di suo fratello e Michele, che stavano entrando in stanza.
«Non era necessario che tornassi così presto, Simo. Ci penso io qui.»
«Sei rimasto tutta la notte con lui, devi riposare pure tu un poʼ. Dai, Michele, se crolli non sarai utile a nessuno. E hai mangiato qualcosa?»
Stava per rispondere al cognato quando si accorse che Mattia era sveglio. «Amore!»
Il più giovane, che era rimasto in silenzio, gli sorrise debolmente. «Come ti senti stamani? Vado a chiamare un dottore?»
«No, rimani, qui, rimanete entrambi. Ho bisogno di voi! Mi dispiace tantissimo: sono stato uno sciocco.»
«Shh, te lʼho già detto, piccolo. Devi stare tranquillo e pensare solo a rimetterti in forma.»
«Ha ragione Lele, tu non ti devi agitare» soffiò Simone accarezzandogli una guancia. «Al resto pensiamo noi.»
«Grazie.»
«Vuoi dellʼacqua, amore? Oppure vuoi mangiare qualcosa. Sento se posso prenderti una fetta di torta dalla caffetteria, o dei biscotti. Qua sotto cʼè un piccolo supermercato sempre aperto.»
«No, grazie.»
«Mat, amore, non puoi fare così...»
La porta si aprì di nuovo e in stanza entrò il dottor Sangallo, seguito da un infermiere. «Buongiorno, Mattia, come andiamo oggi?»
«Buongiorno, dottore» rispose Simone «si è appena svegliato.»
«Perfetto, adesso, noi ci faremo un tour dell'ospedale... Abbiamo diverse analisi ed esami da effettuare. Poi potrai mangiare. Prometto di fare il più presto possibile. »
«Non ho fame» ribadì ostinato Mattia.
«Per adesso non ha importanza, con tutte le medicine che ti abbiamo somministrato... Però quando torniamo non vorrei essere costretto a rimetterti la flebo. Michele, Simone, mentre aspettate che faccia le analisi perché non andate alla caffetteria? Sicuramente troverete qualcosa di buono anche per il nostro paziente...» disse Sangallo facendo un occhiolino ai due uomini. A Michele quell'uomo stava simpatico e gli ispirava fiducia. Grazie a ciò comprendeva molte più cose su Maurizio. Andrea era in buone mani.
«D'accordo» rispose Simone «piccoletto, mi raccomando. Non fare troppi capricci...»
«Non sono un bambino» rispose imbronciato il più giovane. Michele sorrise sfiorandogli una mano e gli disse con dolcezza: «Quando torni mi troverai qui, okay?»
Mattia sembrò tranquillizzarsi, ma cercò con la mano quella del suo ragazzo e solo dopo avergliela stretta si lasciò portare via dalla stanza.
Simone e Michele lo accompagnarono fino a un certo punto, poi furono costretti a proseguire per la caffettiera.
«Scusa, Simone, ma Mattia ti sembra normale?»
«In che senso?» chiese il ragazzo continuando a camminare.
«Secondo me ha tipo un senso di colpa nei nostri confronti per quello che è accaduto. Continua a scusarsi e a dire che gli dispiace. Non so, forse mi sbaglio, ma sarebbe il caso contattare uno psicologo.»
Simone si fermò all'improvviso «Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?»
A quel punto anche Michele si fermò e guardò il cognato.
«Io e Mat siamo andati per diverso tempo da uno psicologo, Mauro Nelli, quando i nostri genitori sono morti. Ci era stato assegnato dall'ASL, ma era un tipo in gamba e poi abbiamo proseguito con lui anche dopo il termine del percorso della terapia del lutto. Lo chiamo subito, spero eserciti ancora.»
«Ma quanti anni ha?»
«Non so, adesso una cinquantina, però è un tipo alternativo e non mi stupirei se avesse cambiato vita e mollato la professione. Era un motociclista, veniva in studio coi pantaloni di pelle. A Mattia piaceva molto.»
Michele non disse nulla e riprese a camminare, ma aveva lo sguardo serio. «Non credo ti debba preoccupare, mio fratello è innamorato perso di te. Avrà pure battuto la testa, ma da come ti cerca con lo sguardo e dai gesti che fa credo che si ricordi bene chi tu sia...»
Il maggiore annuì senza dire niente, uscendo dall'ospedale e dirigendosi verso la caffetteria. Una volta dentro il locale i due uomini decisero di prendere alcuni croissant salati e delle spremute. Mangiarono in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Prima di tornare in ospedale, Michele saldò il conto per entrambi con molte proteste da parte di Simone, e prese un paio di muffin per il più piccolo.
Una volta rientrati in ospedale, scoprirono che Mattia non era ancora tornato in camera. Il cellulare di Simone prese a vibrare e il ragazzo fu costretto a rispondere. Michele sedette in sala d'attesa dopo aver posato i muffin in camera. Era molto stanco. Chiuse un attimo gli occhi e in pochi attimi di assopì.
***
«Signor Meriggio...»
La voce fece sobbalzare Michele, che si svegliò di colpo. Si guardò intorno confuso e poi vide di fronte a sé il dottor Sangallo. «Mi scusi, ma Mattia ha chiesto di lei. Si è agitato molto quando è rientrato in camera e non l'ha trovata.»
Michele si passò una mano sugli occhi, ancora stanco; la schiena gli faceva male per la posizione in cui si era addormentato. «Arrivo subito, mi sciacquo un attimo il viso» disse alzandosi e cercando le toilette. Stava per andarsene quando si voltò di nuovo verso il dottore. «Mi scusi, ma gli esami come sono andati?»
«Direi bene, visto la botta che ha preso... Lo terremo comunque in osservazione per una settimana per evitare ricadute.»
«Grazie, dottore.»
«Signor Meriggio, Michele, posso darti del tu?»
«Sì, certo.»
«Maurizio mi ha chiesto più volte come sta Mattia e come stai tu. Non mi ha detto perché vi conoscete. Però il tuo pastore tedesco è mio ospite da un giorno almeno...»
«Mi dispiace per l'impiccio, Zeus si sente solo. Ed è abituato a stare con Andrea, ma se le dà fastidio faccio venire mio fratello a prenderlo. Ad ogni modo spero di tornare a casa stasera. Può dire a Maurizio di riportarlo quando vuole, me ne occuperò io.»
L'uomo gli sorrise. «Ma, no, era per dire che per qualsiasi cosa puoi chiedere a me. Mio figlio ha sempre desiderato un cane, e anche Andrea, e credo che Zeus sia una soluzione eccezionale per accontentarli un po' e fargli capire quali responsabilità comporta gestire un animale. Poi Zeus è un cane davvero ben educato.»
«Beh, lo spero, l'ho fatto addestrare da piccolo» disse Michele per poi congedarsi e andare in bagno. Inoltre non voleva dare spiegazioni al dottore sui particolari della sua conoscenza di Andrea e Maurizio.
Quando tornò nella camera del compagno, Mattia stava parlando al cellulare con qualcuno, mentre Simone era seduto sul bordo del letto.
«D'accordo, ci proverò» disse il ragazzo e chiuse la chiamata.
«Ciao amore.»
«Ciao. Stai bene?»
«Io? Certo, perché me lo chiedi?» risposte Michele dandogli un bacio a fior di labbra.
«Hai una faccia, dovresti andare a casa a riposare. E poi Zeus è tutto solo.»
«Non ti preoccupare, più tardi vado a casa e poi Zeus è con Andrea e il suo ragazzo.»
«Mhmm...»
Simone osservava il fratello, sembrava dubbioso. «Su, sputa il rospo, piccoletto!»
Michele guardò i due ragazzi attendendo che Mattia parlasse. «Ho fatto le analisi, e devo restare qui una settimana. Simone ha pensato che sia necessario rivedere il nostro vecchio psicologo. Ti ricordi che te ne avevo parlato in Grecia.»
«Sì, ma non vedo il problema. Tutto quello che serve per farti stare bene... non preoccuparti delle spese.»
«A proposito di quello, il dottor Sangallo dice che le terapie e tutto il resto sono pagati dal marito di Nadia, è vero?»
«Sì, amore, nostro cognato ha voluto che fosse così. E a proposito ti saluta tutta la mia famiglia; volevano venire ma gli ho chiesto di aspettare che ti sentissi meno stanco.»
Mattia era commosso. Simone gli accarezzò una mano e gli mormorò: «Vado a farmi un giro. Va tutto bene, Te l'ha detto anche Mauro. Dai!»
Il ragazzo annuì e quando Simone se ne fu andato allargò le braccia perché Michele gli desse un abbraccio. «Non ho più la flebo. Stringimi, ti prego. Ho avuto paura di non vederti mai più...» e prese a singhiozzare. Michele se lo accostò al petto, anche lui con gli occhi lucidi.
«Lo so amore, ma non è successo. Ho pregato tanto che non ti accadesse nulla. Adesso sei sveglio. Cerca di stare tranquillo. Non ti devi sentire così male per avermi fatto preoccupare, è normale. Non è colpa tua. Io ti amo, questo è il rischio che si corre e va bene così. Sarebbe stato peggio se non ti avessi mai conosciuto.»
Mattia tirò su col naso e Michele cercò un fazzoletto sul comodino. «Ma ti vedo distrutto e anche Simone. Io...»
«Shhh, la devi smettere di tormentarti, amore. Per noi il solo fatto che tu sia sveglio è un dono indescrivibile. Non importa se ti sembriamo stravolti, davvero. Hai mangiato i muffin?»
Mattia scosse la testa. «Aspettavo arrivassi tu. Quando sono rientrato in camera e non c'eri mi sono preoccupato....»
«Lo so, scusa, mi ero addormentato,» ammise il più grande arrossendo un po'.
«Vai a casa a riposare, Lele, io sto bene. Rimarrà Simone con me e poi ci rivediamo più tardi. Ma col lavoro come ti sei organizzato?»
«Ho preso dei giorni di aspettativa, tranquillo. I colleghi sono stati tutti molto carini.»
«Menomale, invece la nuova cliente che ha Simone allo studio gli sta dando il tormento...»
«Mi dispiace per Simo. Dai, non pensiamoci adesso, mangiamo questi muffin e poi vado a ripescare quel furfante di Zeus, che a quanto pare si è accasato dal dottor Sangallo.»
«Dal dottore?»
«Sì, non ti ho detto che Maurizio è il figlio di Sangallo.»
«Ah, il mondo è davvero piccolo....» ridacchiò Mattia. Le lacrime ormai erano quasi asciutte. Michele gli allungò i dolcetti e li mangiarono abbracciati.
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