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𝐗𝐗𝐕𝐈. 𝐋𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐀𝐥𝐩𝐡𝐚𝐠𝐚


Verso le una di notte del ventitré dicembre Casey sgusciò fuori dalla propria stanza in punta di piedi. Ben attento a non fare il minimo rumore, nonostante la goffaggine causata dal ventre ormai prominente, riuscì in qualche maniera a scendere le scale fino in fondo e ad arrivare in salotto. Irene e Dominic erano già lì ed era presente anche la loro madre, Cora.
Tutti e tre erano in pigiama, proprio come lui, e altrettanto tesi. Era chiaro che la signora Tarren non fosse dalla parte del marito. Chi mai lo sarebbe stato, d'altronde?

Non che Cora si fosse mai apertamente schierata a favore del giovane Leroin, ma non lo aveva mai neppure trattato male o guardato come se fosse un orrendo insetto spiaccicato sul parabrezza. Insomma... lei e Casey non avevano avuto quasi mai alcun tipo di interazione, ma a volte al ragazzo era capitato di scorgere negli occhi della donna un velo di apprensione e tanto dispiacere nei suoi riguardi. Col tempo lui si era reso conto di quanta paura Cora nutrisse del compagno e di quanto ancora, forse, in fondo al cuore lo detestasse. Non doveva esser stato semplice per lei rimanere accanto a un individuo del genere per così tanti anni.

Ad ogni modo, dopo cena Cora era salita al piano di sopra ed era entrata in camera dell'Indigo dicendo di voler parlargli. Un po' confuso e spiazzato, Casey aveva deciso di ascoltarla ed era stato così che Cora Tarren, tesa, gli aveva chiesto di farle un favore, ovvero di non coricarsi né di addormentarsi; di attendere fino alle una di notte e poi scendere in rigoroso silenzio, senza farsi sentire, in soggiorno. Quando lui le aveva chiesto il motivo di una richiesta così singolare, Cora non aveva aggiunto altro e aveva risposto semplicemente di dover parlare con lui di una cosa della massima importanza.

Ebbene, ora era lì ed era proprio curioso di sapere cosa ronzasse in testa a quei tre, specialmente a Cora. «Spero abbiate avuto una ragione valida per farmi restare sveglio fino ad ora» li apostrofò burbero, squadrandoli uno ad uno. Era stanco e aveva davvero un gran sonno, cosa che dunque lo rendeva più irritabile e scontroso del consueto, ed era tutto dire.

I due rampolli guardarono la madre e lei, alla fine, parlò a nome anche loro. Si avvicinò e disse a Leroin di sedersi, dato che la chiacchierata sarebbe stata lunga e poco piacevole.

Casey, reticente, obbedì. «Di nuovo con la storia della fuga?» tirò a indovinare, ricordando fin troppo bene la sgradevole conversazione, anzi lite, avuta con Dominic il giorno prima.

«Casey, cerca di capire, per favore» esordì Cora, il tono di voce posato e calmo, ma sotto quella patina v'era apprensione. «Per te restare qui è diventato ormai troppo pericoloso. Non conosci Simon come lo conosciamo noi. Se vuole fare una cosa la farà e non baderà né alle conseguenze né a spese. Non hai visto che la punta dell'iceberg, credimi.»

«Che ci provi a uccidermi» sputò fuori il giovane, d'impulso. «Gli darò un assaggio di quanto pericoloso possa diventare il sottoscritto.»

«Simon è più forte di te e non avresti scampo. Progetta di colpire non appena saranno nati i tuoi figli, quando sarai più vulnerabile e incapace di reagire. Il parto è tra le cose più difficili e dolorose da sopportare e da superare, Casey. Non sarà uno scherzo, te lo dice una che è stata lasciata da sola in una stanza in preda alle doglie e con due gemelli da far venire al mondo. Nessun cesareo né epidurale o chissà cos'altro. Mi è stata concessa un'ostetrica e non era neppure granché. Fu un'esperienza terribile, Casey, e fu un miracolo che non ebbi bisogno di recarmi in ospedale e non andai incontro a complicazioni.»

Irene e Dominic puntarono lo sguardo a terra, costernati. Probabilmente non avevano mai saputo di quella storia e Cora, per la prima volta, stava vuotando il sacco. Non doveva esser piacevole sapere di aver in qualche maniera fatto passare l'inferno alla loro stessa madre, anche se in fin dei conti non era stata colpa di nessuno dei tre, se non di Simon che doveva aver preteso che i suoi figli nascessero in casa. Solo da un decennio, infatti, tra gli Alphaga si era fatta strada l'abitudine ben più salutare e sicura di affrontare il parto in ospedale e correre molti rischi in meno rispetto a un travaglio fronteggiato fra le mura domestiche. Era per questo che spesso, in passato, la mortalità fra i puerperi e i nascituri era stata molto alta e frequente. Una delle tante ragioni per cui ora si ritrovavano a dover fare i conti con il rischio di andare incontro all'estinzione: la testardaggine, anzi il cieco orgoglio di credere di essere più forti degli umani, di non aver bisogno di ricorrere alle loro identiche abitudini anche quando si trattava di mettere al mondo un figlio. Le strutture ospedaliere vere e proprie e fatte su misura per la loro specie, non a caso, erano sorte solo verso la metà degli anni settanta del novecento. Ovviamente persone specializzate come medici e infermieri esistevano sì e no sin dagli albori della loro specie, da quando essa si era sviluppata nell'Antica Grecia, e nei millenni di progressi se n'erano fatti tanti, ma poi aveva iniziato a dilagare quel senso di superiorità nei riguardi degli umani, considerati sì e no una razza inferiore a quella Alphaga, più primitiva e rozza, ingrata nei confronti della natura e del mondo che li ospitava, ed era stato a quel punto che si era stabilito di non seguire le orme umane fino in fondo e di rispettare le antiche usanze.

Come si era purtroppo visto, tuttavia, tale chiusura mentale era costata la vita a migliaia e migliaia di persone innocenti, persone che avevano avuto molta meno fortuna rispetto a Cora.

La donna prese posto accanto al giovane Leroin, prendendogli una mano. «La tua è una situazione delicata, più rischiosa della mia. Sai meglio di me cosa potrebbe succedere. Simon semplicemente vuole che ciò avvenga ad ogni costo.» Spostò la mano sul suo ventre. «Vuole portarteli via, Casey. Non solo a te, ma anche a noi, alla sua stessa famiglia. Qualunque cosa abbia in mente, non andrà a finire bene neanche per loro.»

Casey trattenne il fiato e si scostò d'istinto, come a voler proteggere non solo se stesso, ma anche le creature che portava in grembo. A quanto pareva Dominic non aveva esagerato né aveva sparato idiozie. C'era davvero in ballo la sopravvivenza di tutti e tre. «Cosa dovrei fare, allora? Insomma, non posso semplicemente montare in auto e andarmene. Io e Irene stiamo anche indagando sulla famiglia di Noah per vederci chiaro. Simon c'entra qualcosa con la morte dei Rivera, ne siamo sicuri.»

Cora e i figli si scambiarono un'occhiata seria e grave. «Casey, a volte è meglio lasciare il passato esattamente dove sta. A volte è meglio non andare a disturbare i morti» ribatté la signora Tarren.

L'Indigo sbuffò una risata sarcastica e replicò, sarcastico e tagliente: «I morti se ne stanno nelle tombe e di certo non riaffiorano come margheritine ad ogni luna piena».

«Non parlo di zombie. Parlo di segreti e faccende troppo grandi per te, troppo pesanti per le tue spalle. Forse un giorno potrai sapere tutto, ma per il momento è meglio che tu abbandoni Caverney Town per mai più fare ritorno. Ti prego, so che non hai validi motivi per fidarti di noi, specialmente di me, ma vogliamo che tu sopravviva e che queste due creature crescano lontane da tutto quanto. Libere, capisci?»

Leroin, col cuore in gola, li guardò uno ad uno, soffermandosi di più su Irene che lo pregava con gli occhi di riporre fiducia in loro. Irene lo aveva aiutato da quando era tornato lì dentro. Non si era mai schierata con Simon, anzi aveva fatto l'esatto contrario. Di Irene poteva fidarsi.
Annuì un paio di volte. «V-Va bene, allora. Farò tutto quello che mi direte di fare.»

Cora sorrise in un modo che univa mestizia e dolcezza in un'unica espressione che faceva male al cuore. «Hai molto più coraggio tu, così giovane e ancora inesperto, di quanto ne abbiamo avuto noi assieme in tutti questi anni.» Gli sfiorò un punto del viso fra il mento e la guancia, una delicata carezza. «Questa casa perderà molta luce una volta che sarai partito.»

Lui la scrutò e capì al volo. «Tu non ci seguirai» realizzò, un po' turbato. Fra lui e Cora non vi era alcun tipo di stretto legame, certo, ma Casey non odiava neppure quella donna come odiava invece Simon e, di certo, non gli garbava l'idea che rimanesse alla mercé dell'aggressivo e spregiudicato consorte.

Cora esitò, poi rispose: «Farò quel che avrei dovuto fare sin da quando conobbi quel mostro che ora dorme di sopra. Quel che andava fatto molto tempo fa. Se all'epoca avessi agito, se avessi avuto un po' di sano coraggio e di spina dorsale, avrei mandato al diavolo il volere della mia famiglia e avrei consegnato i resti di Simon alla terra e ai vermi. Molte vite innocenti sarebbero state risparmiate e tante famiglie non avrebbero sofferto come hanno invece fatto per colpa di Simon e delle sue discutibili conoscenze.» D'altronde era per colpa di Simon Tarren se lei, alla fine, non aveva quasi avuto più alcun tipo di contatto e rapporto con i genitori e, soprattutto, con sua sorella. Cora quasi non ricordava più che aspetto avesse Louise e solo tramite terzi era al corrente che lei fosse ancora viva, e tale dettaglio non era affatto scontato. Louise e suo marito, Mitchell, avevano dovuto fronteggiare un grave e doloroso lutto; avevano perso il loro unico figlio e non v'era sofferenza più grande di quella, specialmente se la dipartita era avvenuta in modo violento e atroce, ed era così che quel ragazzo era purtroppo venuto a mancare. Simon aveva impedito a Cora persino di presentarsi al funerale del nipote e Louise, poco ma sicuro, non aveva perdonato alla sorella quell'assenza.

Simon aveva distrutto la vita a Cora, ma lei non gli avrebbe permesso di fare la stessa cosa a Casey, il quale le domandò: «E Irene? Lei verrà con me, invece?»

Cora fu ben lieta che il ragazzo avesse scelto di non fare domande riguardo all'altra questione. Per lei era doloroso rivangare il passato e quello non era il momento adatto per spiegare, per approfondire certi argomenti. «Sì, lei verrà con te. Anche Dominic lascerà per sempre Caverney Town, ma credo che lo farà per conto proprio. Vuole restare qui per aiutarmi con Simon.»

Casey finalmente comprese l'espressione amareggiata di Irene: temeva di perdere il fratello e trattandosi di un'azione avventata e folle come il voler annientare Simon Tarren, la sua non era una paura stupida e infondata. Quel mostro sarebbe stato capace persino di uccidere la propria stessa famiglia al completo, se solo ne fosse valsa la sorte dei suoi piani futuri. Al posto del cuore, probabilmente, possedeva una nera e fredda cavità oltre la quale si stagliava il nulla assoluto. L'Indigo deglutì. «Quando dovrei partire?»

«Prima che arrivi l'alba, perciò ti suggerisco di iniziare a fare i bagagli, Casey. Simon si sveglia presto al mattino e capirà in fretta che sei fuggito di nuovo, per giunta insieme a sua figlia.»

Casey esitò. «Ci darà la caccia, non è vero? Se non doveste riuscire ad annientarlo, tornerà alla carica e non si fermerà finché non ci avrà rintracciati.»

«Purtroppo sì, lo farà, quindi sarà meglio che io e Dominic non sbagliamo a prendere la mira» ironizzò Cora. 

Il ragazzo non era ancora granché convinto, ma quale altra scelta avevano? Restare era a quel punto inaccettabile. Non avrebbe permesso a Simon di ucciderlo né di allungare le zampe sui suoi figli. Simon non prendeva mai niente senza uno scopo, che si trattasse di esseri viventi o oggetti.

Leroin si alzò, attento a farlo lentamente per scongiurare eventuali giramenti di testa.

«Irene, aiutalo a prepararsi» disse Cora alla figlia. La ragazza, dunque, avvolse un braccio attorno alle spalle di Casey e insieme a lui tornò al piano superiore.

Non appena furono rimasti da soli, Dominic guardò la madre. «Ti prego, mamma, permetti a me di distrarlo. Non voglio ti faccia del male» la implorò e dal tono che usò, fu chiaro che ne avessero già discusso più volte.

Cora scosse il capo. «No, Dominic. Non voglio che se la prenda con te, e credimi che lo farebbe senza problemi. Non tollera che gli altri si ribellino alla sua autorità, tanto meno quando si tratta di te e Irene. Preferisce vedervi morti, piuttosto che contro di lui.»

«Ma io sono più forte e resistente» insisté il giovane Tarren. «Lui ormai sta invecchiando. Potrei batterlo senza problemi.»

«Prima che tu lo batta, potrebbe anche mutilarti o ferirti così in profondità che non faresti in tempo ad esser soccorso. Seguiremo il piano che ho stabilito. Ora vai a riposare, dall'alba in poi sarà una lunga giornata.»

Dominic le si avvicinò e le strinse una mano. «Allora fallo anche tu, mamma. Dovrai essere in forze più di quanto dovrò esserlo io.»

«Andrò a dormire solo quando avrò visto Casey uscire dalla porta di questa casa maledetta. Voglio assicurarmi che niente vada storto» ribatté Cora, addolcendo il tono. «Quel ragazzo è troppo importante, è tutto quello che resta del passato del nostro popolo, Dominic. Un popolo un tempo grande e molto più numeroso. Ora viviamo da reietti, ma prima che il genere umano distruggesse il nostro habitat vivevamo tranquilli e al sicuro.»

Dominic batté le palpebre. Sua madre non gli aveva mai parlato del passato meno recente della loro specie e ammetteva di non aver mai seguito molto le lezioni a scuola che si erano incentrate su tale argomento. Lui e quell'istituzione mai erano andati granché d'accordo, a dire il vero, perciò erano svariate le cose che non sapeva su chi erano stati una volta, tanto tempo addietro.
Casey, invece, da che ne sapeva era sempre stato un po' un secchione, per quanto al tempo stesso ne avesse combinate di tutti i colori al liceo.

«Che cosa accadde, di preciso?» chiese il ragazzo, volendo saperne di più.

«Quello che accadde e accade tutt'ora a molte specie nel mondo: siamo stati condannati a estinguerci perché in minor numero e non così assetati di sangue come gli esseri umani. Eravamo una delle tante specie abitanti dei boschi e delle montagne e... per farla breve, era come se a un certo punto, in tempi molto antichi, una porzione della razza umana avesse preso una strada differente e si fosse evoluta assimilando molte caratteristiche di altri animali, tanto che alla fine tutti gli Alphaga acquisirono capacità innate come, ad esempio, quella di mutare forma in base alla specie animale dalla quale i vari clan avevano estrapolato le peculiari caratteristiche.» 

Dominic non riusciva a capire alcuni punti, però. «Ma perché alcuni fra i primi umani subirono questa sorta di... non lo so, cambiamento genetico? Cosa provocò la scissione dai loro simili?»

La signora Tarren si strinse nelle spalle. «Nessuno lo sa con assoluta certezza. Taluni dicono che furono gli sciamani dei vari clan, per un motivo o l'altro, a decidere di comune accordo di fondere la natura umana a quella animale tramite riti ancestrali. Altri invece pensano che si trattò solamente di una mutazione genetica causata da fenomeni tuttora ignoti. Io credo che la verità si trovi semplicemente nel mezzo.»

«E come si arrivò, poi, alla divisione in Alfa, Beta e Omega? Insomma... perché gli Omega maschi possono procreare esattamente come accade alle femmine? Come fanno alcune donne Alfa a generare dei figli con altre donne Beta e Omega?»

«Neppure su questo ci sono delle certezze, ma come ben sai le femmine Alfa sono divise in due categorie e una di esse, quella cui appartiene anche tua sorella, non possiede tale particolarità. L'altro gruppo, come dovresti sapere, viene invece definito Transitivo. Come avviene in alcune specie animali in cui un esemplare femminile può assumere i tratti distintivi del sesso opposto, così le Alfa Transitive nascono con un apparato riproduttivo solo in apparenza femminile in cui dove dovrebbero esserci le ovaie, lì invece si trovano testicoli interni. In quanto a come possono procreare con altre donne Omega...»
Dominic, sentendosi di colpo in imbarazzo e avendo capito bene il resto, agitò una mano. «Sì, il resto mi è chiaro. Hanno il batacchio retrattile o roba simile, ecco.»

«Precisamente.»

Il discorso sulle donne Alfa standard, invece, era diverso e non così felice. Più della metà di loro risultava spesso avere difficoltà a portare avanti una gravidanza ed era ancora più frequente che non avvenisse alcun concepimento. Anche se tanti preferivano fare come se nulla fosse e fingere che non vi fosse alcun problema, da quando la loro medicina aveva fatto progressi spesso le coppie composte da due Alfa ricorrevano a trattamenti specifici pur di avere un figlio. In tempi molto meno recenti, invece, quando anche fra di loro vi erano le caste e Alphaga come i Beta e gli Omega erano spesso trattati come schiavi e conducevano un'esistenza al servizio della classe di genere dominante, gli uomini Alfa, quando proprio non riuscivano a concepire un erede con le loro spose, ripiegavano sugli schiavi Omega che venivano in poche parole costretti a portare avanti la gravidanza e poi a cedere il frutto del loro grembo ai loro padroni, solo per poi tornare a condurre un'esistenza miserabile fatta di soprusi, abusi e interminabili giornate di duro lavoro.

Un piccolo, sporco segreto che poi, con il tempo, era poi emerso.

Qualcuno avrebbe potuto dire che le cose erano cambiate, che ormai tutti godessero di pari diritti, ma ciò che Dominic aveva dovuto fare a Casey dimostrava l'esatto contrario. Senza contare che gli Omega, ancora, tendevano a essere considerati inferiori, troppo delicati e fragili per certe occupazioni. Le generazioni più anziane ancora sostenevano che l'unico compito cui potesse e dovesse aspirare un Omega fosse di sposarsi e generare figli, di badare alla casa e preparare i pasti.

La specie Alphaga era forse fra le più ipocrite e retrograde che esistessero.

«Perciò... l'esistenza di quelli come noi rimane un mistero» snocciolò Dominic, un po' deluso. Sua madre era una donna abbastanza acculturata e sveglia ed era sicuro che almeno lei fosse in possesso delle risposte delle quali lui era alla ricerca sin dall'infanzia.

Cora annuì. «Lo è anche quella degli altri esseri viventi. Nessuno può davvero sapere fino in fondo cosa accadde all'inizio dei tempi e perché avvenne.»

«Beh, sappiamo però tanto altro. È già qualcosa.»

Un paio di cose Dominic le ricordava, per quanto non fossero che sprazzi di rimembranze del periodo scolastico, ma non bene come sua madre che proseguì spiegandogli che un clan in particolare, a un certo punto, almeno due millenni prima, si fosse eretto sopra tutti gli altri e dopo strenue lotte intestine e scontri sanguinosi fosse riuscito a fare l'impensabile: riunirli tutti quanti sotto un unico, grande popolo governato dalla stirpe Leíron. Alcuni sostenevano che gli Alphaga in realtà fossero tutto ciò che rimaneva della brulicante vita ospitata sulla leggendaria isola di Atlantide, altri invece dicevano che la maggior parte dei clan fossero nati in Grecia, chi fra gli Ateniesi, chi fra gli Spartani e così via, solo per poi osare espandersi e cercare nuove terre da colonizzare e in cui sentirsi più al sicuro.

Quel che era certo, era che il clan dei Gigli, i Leíron, riuscì a perdurare attraverso le epoche e a governare sugli Alphaga d'Europa. L'epicentro del potere da loro esercitato, comunque, aveva trovato stabile sede soprattutto in Germania, almeno fino al giorno in cui, nel tardo ottocento, i Leíron dovettero affrontare moti di ribellione e guerriglie sanguinose in molti dei territori sotto il loro controllo, eventi che causarono il declino della loro stirpe che venne costretta a rifugiarsi in Francia e poi, più tardi ancora, a emigrare nel Nuovo Mondo per ricominciare da zero e fuggire dai loro oppositori assetati di sangue e potere.

Era stato così che pian piano i Leíron erano sprofondati nell'ombra. Del loro dominio così esteso ormai non ne rimaneva più alcuna traccia e le tante lotte sanguinose avevano condotto a una terribile riduzione della popolazione. Sostenevano che i Leíron fossero diventati i Leroin per un semplice errore compiuto da un componente di tale famiglia, ma era molto più plausibile che avesser scelto volutamente di invertire alcune lettere del cognome nella speranza di non essere riconosciuti, complice la damnatio memoriae alla quale erano stati condannati. Ciononostante erano tanti, ancora, a rimpiangere il periodo in cui i Leíron erano stati potenti e avevano avuto come principale obiettivo proteggere i loro simili e garantire loro prestigio, cultura e benessere.

Alcuni sovrani non erano stati impeccabili, i Leíron un tempo erano stati famosi per la durezza con cui avevano impartito la legge e stabilito l'ordine sociale. Uno di loro, il principe assiano Demetrius, cugino di re Axel che all'epoca aveva trasferito la corte e il centro del proprio potere in Svezia, si era dimostrato oltremodo crudele e sanguinario, tanto da esser giunto a cancellare dalla storia del loro popolo una delle famiglie che a quei tempi era considerata di lignaggio di poco inferiore ai Leíron: i Rozenheim. Loro, infatti, furono i primi ad accendere la scintilla delle sommosse che avrebbero infine causato la disfatta della famiglia reale e vennero per questo puniti con la morte. Demetrius era la prova vivente che gli Omega non fossero affatto buoni e remissivi come i conservatori insistevano nel voler dipingerli; provava che anche un Omega era capace di scendere in battaglia e falciare un soldato dopo l'altro a suon di fendenti. Taluni sostenevano che il principe assiano fosse persino dotato di poteri fuori dal comune e per questo era stato soprannominato il Principe Negromante che aveva forse fatto un patto con forze oscure e terribili in cambio della ferocia e dell'imbattibilità in tempi di guerra.

Eppure, alla fine, egli morì sulla soglia dei trent'anni in un'imboscata, proprio mentre era in viaggio per raggiungere il cugino in Svezia. Non giunse neppure a prendere la nave che avrebbe dovuto condurlo da re Axel, ma era comprovato che suo figlio Ahren e suo marito, Sebastian, proveniente da una nobile famiglia austriaca, si fossero salvati; Ahren, tuttavia, di genere Alfa, venne a mancare sulla soglia dei vent'anni e la stirpe assiana dei Leíron, in tal modo, quasi come per una legge di contrappasso, a sua volta venne per sempre interrotta.

Axel invece regnò a lungo e così pure fecero i suoi eredi fino alla caduta del loro autentico impero.

Le lotte intestine avevano distrutto in parte la specie Alphaga, ma a condurla sull'orlo dell'estinzione erano state le rivoluzioni industriali e tecnologiche, come ben si sapeva. Gli umani avevano piegato la natura un tempo stata indomabile e questo aveva indotto la salute degli Alphaga a subire un netto tracollo e una diminuzione considerevole dell'aspettativa e della qualità della vita di molti, specialmente gli Omega che erano biologicamente più fragili ed esposti; i cambiamenti climatici di quegli ultimi anni, poi, rischiavano di significare per tanti di loro il colpo di grazia. Avevano cercato di cambiare stile di vita, di ambientarsi e provare a vivere fra gli umani anche all'infuori delle città e delle comunità, anzi riserve, sotto il controllo Alphaga, ma con scarsi risultati.

Gli antichi avi di Casey, quasi fino all'ultimo, non avevano voluto saperne di arrendersi e avevano giurato di proteggere il loro popolo e indurlo a rimanere al passo con i tempi, a cambiare per sopravvivere, e tutti li avevano visti come una guida, un esempio da contemplare e imitare, finché alla fine purtroppo non avevano dimenticato quanto i Leíron avevano fatto per la gente comune. Le sommosse, infatti, erano state scatenate in gran parte dalle famiglie aristrocratiche, non dal volgo, e alla fine i capricci dei nobili avevano condotto sull'orlo dell'estinzione una grande fetta di loro simili, costringendo nel frattempo i pochi Leíron sfuggiti al massacro a vivere in esilio in Francia e infine in America.

Era quella la storia degli Alphaga, nonché della famiglia di Casey ora rimpianta.

Dominic rimase a bocca aperta. Che gli Alphaga avessero alle spalle una storia travagliata non era un mistero neanche per lui, ma ignorava il disastro vero e proprio che lo sgretolamento del potere dei Leíron aveva causato.

Cora abbozzò un sorriso triste e nostalgico. «Il clan cui appartiene lo stesso Noah fu uno dei pochi che scelse di seguire i Leroin e di rimanere loro fedele finché il padre di Casey non ebbe degli screzi piuttosto gravi con gli ultimi Rivera.» Sospirò. «È stato tuo padre a ucciderli, lo fece insieme a quello di Casey. Li sentii parlarne, una volta, e si vantavano di averli fatti soffrire come ben pochi altri hanno fatto in questa vita. Erano stati massacrati, e non parlo solo dei genitori di Noah. Non vennero risparmiati neppure i suoi nonni di ambo le parti e da ciò che udii quella sera, quei mascalzoni alla fine erano arrivati a mettere le grinfie sul resto dei parenti più stretti dei Rivera, nonché quelli da parte della madre di Noah. Loro erano umani, ecco perché Noah è un ibrido. Credo che uno dei crimini peggiori dei Rivera, secondo Simon, fosse proprio di aver mescolato il sangue Alphaga a quello umano ritenuto ancora da tanti inferiore e debole.»

Dominic rabbrividì. Che razza di uomo era, veramente, suo padre? Quanto marcio era il sangue che gli scorreva nelle vene che, probabilmente, aveva finito per corrompere anche lui come una sorta di malattia ereditaria.

Cora si umettò le labbra e il ragazzo si accorse che stava piangendo, pur senza far rumore.

«N-Non mi aspettavo di veder ricomparire Noah, non dopo tutti questi anni. Pensavo che almeno lui sarebbe rimasto fuori da tutta questa faccenda. È proprio vero che il destino non fa che rincorrerci finché non ci arrendiamo e non decidiamo di seguirlo di nostra spontanea volontà» disse la donna fra i singhiozzi, asciugandosi invano le guance.

Dominic la prese per le spalle delicatamente, guardandola negli occhi. «Che vuoi dire, mamma? Di che stai parlando?»

Lei per alcuni istanti non riuscì a parlare. «S-Sono stata io a portarlo via, a fare in modo che qualcuno lo trovasse e se ne prendesse cura. Qualcuno che non avesse a che fare con questa città.»

«Aspetta un attimo... furono i suoi genitori a nasconderlo! Come avresti potuto, tu, prendere il figlio dei Rivera e...»

«Eppure è ciò che ho fatto. I suoi genitori fuggirono cercando di attirare lontano dalla casa Simon e l'altro essere malefico, qualcuno di cui neppure voglio pronunciare il nome.» Nella voce di Cora era chiaro il disgusto. «Li seguii entrambi e quando finalmente ebbi il coraggio di intervenire era ormai troppo tardi. Trovai sua madre sulla via che conduceva alla loro dimora, era stata aggredita poco dopo il marito. Lui era morto, ma lei era ancora agonizzante, le sue ferite erano profonde e innumerevoli. Ricordo che mi chinai per provare a capire cosa stava cercando di dirmi e lei mi scongiurò di salvare suo figlio, di allontanarlo per sempre da Caverney Town. Mi rivelò dove aveva nascosto il bambino e quando corsi alla casa dei Rivera trovai il piccolo proprio dove sua madre aveva detto, ossia nel rifugio antiaereo che si trovava sotto le fondamenta ed era stato poi riconvertito in una stanza supplementare. Credo avesse allertato in fretta e furia i parenti e detto loro che avrebbero trovato lì il bambino, ma penso avesse già capito che erano ormai tutti condannati.»

Se chiudeva gli occhi, Cora poteva ancora sentire il proprio cuore battere freneticamente per la paura di venire sorpresa dal marito e dall'altro assassino dei Rivera; rivedeva se stessa scavalcare la porta scardinata e fiondarsi nel seminterrato per recuperare il piccolo Gabriel, così Noah avrebbe dovuto chiamarsi se solo la storia fosse andata diversamente.
Cora aveva rinvenuto il neonato che era stato sistemato nella culla da viaggio in vimini, tenuto al caldo dalle apposite coperte e lasciato in compagnia di un simpatico lupo di pezza. Gabriel l'aveva guardata e le aveva sorriso in maniera buffa, ignaro di cosa fosse accaduto ai genitori e che ben presto sarebbe divenuto l'unico superstite di una strage di famiglia. La giovane signora Tarren, in lacrime, lo aveva preso fra le braccia ed era fuggita con lui dalla dimora. 

«Lo avrei portato davanti alla porta di casa di qualcuno che abitava nella città vicina, se solo non fossi stata sul punto di esser scoperta. Decisi di lasciare il piccolo Gabriel sul ciglio della strada che conduce a Caverney Town. Lo nascosi, sperando che la coperta in cui lo avevo avvolto lo tenesse al caldo, e pregai ogni giorno perché qualcuno lo avesse infine trovato udendo il suo pianto causato dalla fame o dalla paura. Mi spezzò il cuore abbandonarlo lì, ma ebbi paura, Dominic, troppa paura, e ho vissuto con questo peso sulla coscienza per anni. Non immagini quanto sono stata sollevata quando avete detto chi fosse realmente Noah. Non sai quanto piansi, quella notte, dopo aver scoperto che quel bambino si era infine salvato e aveva condotto una vita sicura e lontana dalle grinfie di quei due delinquenti.»

Dominic avvertì un urgente bisogno di sedersi e così fece. «Cristo» sussurrò. «Perché fecero a quelle persone una cosa simile? Quale screzio ebbero per arrivare a questo punto? Possibile che tutto fosse stato causato dal fatto che Amos Rivera avesse sposato una donna umana?»

«Quella non era che una scusa» fece Cora, la bocca contorta in una smorfia di ribrezzo e sdegno. «I Rivera erano ancora buoni amici con i Leroin, Dominic, e anche per tale motivo, anni dopo, il nonno di Casey andò su tutte le furie quando il padre di suo nipote, un giorno, tornò pretese senza tanti fronzoli che un giorno Casey divenisse il tuo compagno. Non voleva che i suoi consanguinei avessero nulla a che fare con i Tarren, e non posso biasimarlo per questo. Penso sospettasse che dietro alla morte dei Rivera vi fossero Simon e l'uomo che aveva preso Lidia Leroin con la forza.»

«C'è altro, però, vero?»

«Sì» ribatté gravemente la donna. «Non quello che potresti pensare, però. Non è una storia così scontata. Vedi... Noah, se solo fosse vissuto qui e avesse continuato a chiamarsi Gabriel Rivera, sarebbe diventato un giorno il Custode di Casey, una specie di guardia personale, un protettore, ma non con un ruolo così banale e materiale. Un tempo tutti i membri della casa reale erano spalleggiati da un Custode e l'ultimo era proprio un antenato di Noah, un certo Miguel Rivera. I Custodi avevano il compito di proteggere i membri della casa reale a costo della vita, di dispensare loro fidati consigli e guidarli quando magari erano in dubbio e brancolavano nel buio o non erano sicuri di fare un determinato passo. Furono leali fino all'ultimo con i Leíron e dicono che l'ultimo sovrano, Emrik, fu lui stesso a insistere perché Miguel, insieme al resto della famiglia Rivera, seguisse quella reale in Francia per evitare lo sterminio. Per ovvie ragioni posso supporre che i Rivera a loro volta optarono per emigrare in America. Caverney Town fu una delle prime città Alphaga a fiorire nel Nuovo Mondo e da quel che si vocifera, i Rivera e i Leroin lavorarono assieme per fondarla.» Cora si alzò, camminando per il salotto. Sulla sua vestaglia da notte lunga e svolazzante di un bianco perlaceo si riflettevano vagamente le luci intermittenti dell'albero di Natale. «Il nonno di Casey disse che se mai avesse avuto un nipote o una nipote, sarebbe stato allora un Rivera a venir di certo nominato suo Custode in virtù dell'antica tradizione mai del tutto scomparsa. Le storie parlano di alcuni Custodi e membri reali che alla fine si rivelarono destinati a lavorare fianco a fianco, due facce della stessa medaglia. Date le circostanze, forse non erano semplici leggende. Non può esser stato un semplice caso che Noah abbia alla fine ritrovato Casey e abbia deciso su due piedi di proteggerlo e aiutarlo. Lo conosceva appena, eppure si è gettato alla cieca in un mondo che non conosceva e di cui ignorava i pericoli.»

La donna si fermò a poca distanza dal camino, sorridendo mestamente. «Il fatto che poi anche le loro anime si siano ritrovate e intrecciate, invece, è un semplice caso. Si sono innamorati e questo nessuno avrebbe potuto prevederlo. Non c'è modo di manipolare gli eventi affinché una data cosa si verifichi.» Fece una pausa. «Per il loro bene, tuttavia, non dovranno mai sapere tutto questo e tu dovrai mantenere il segreto finché vivrai, Dominic. Te lo sto affidando in caso accadesse qualcosa quando tuo padre si sarà svegliato. Questo è il momento giusto per riscattarti e dimostrare che sei davvero pentito delle tue azioni e non sei per niente come Simon. Sai essere migliore di lui, devi solo capirlo e farlo comprendere a chi ti circonda.»

Dominic, scosso, si umettò le labbra. «M-Ma... se Casey sapesse la verità, magari...»

«Un gran bel sogno destinato tuttavia a morire sul nascere. Il tempo di principi e re è terminato. Casey appartiene al presente e gettare sulle sue spalle gli errori e le responsabilità dei suoi antenati sarebbe ignobile e crudele. Merita una vita tranquilla.» Cora tornò da lui e gli prese le mani, stringendole con dolcezza. «Quando sarà il momento di partire anche per te, convinci anche la sua famiglia ad andarsene da qui. Casey avrà bisogno di sua madre e di suo nonno, delle persone che gli vogliono bene. Glielo devi, Dominic.»

Il ragazzo guardò altrove, pensando a quante responsabilità di colpo gravassero sulle sue, di spalle. Era abbastanza forte da sostenerle tutte? Abbastanza coraggioso e caparbio? Non lo sapeva e aveva paura di scoprirlo. Sospirò. «Vedrò cosa posso fare.» In un gesto simbolico, di umiltà e anche affetto filiale, nonché di rispetto, baciò il dorso di entrambe le mani a sua madre e si alzò. Non appena fu sul punto di uscire dal salotto, però, si fermò e sbarrò gli occhi; il sangue nelle sue vene divenne simile a ghiaccio, il tempo parve arrestarsi. Con orrore fissò Casey e Irene agitarsi nel tentativo di sfuggire alla ferrea presa di suo padre che artigliava loro un braccio ciascuno.

Irene pareva sentirsi chiaramente in colpa, mentre Casey era un concentrato di rabbia e odio nei confronti di Simon.

«Bene, bene. Pare che ci fosse una riunione di famiglia e che io sia stato l'unico a non esser stato informato in tempo» esordì l'Alfa più anziano con un insopportabile sorrisetto di vittoria che campeggiava sulle sue labbra. «Mi dispiace» singhiozzò Irene, per poi bloccarsi e trattenere un grido quando suo padre le strinse con più violenza il braccio. «A te penserò dopo, piccola serpe in seno» le sibilò, lanciandola pressappoco sul pavimento come se fosse stata un sacco dell'immondizia. Avvolse l'avambraccio attorno alla gola di Casey. Il ragazzo si agitò di nuovo, le dita conficcate nel braccio dell'uomo. «Nessuno lascerà questa casa, a meno che non sia io a deciderlo» continuò Simon. «Potete anche sfidarmi, se lo volete, ma vi assicuro che questo piccolo bastardo si ritroverebbe col collo spezzato prima ancora di poter rendersene conto.»

Dominic capì che faceva sul serio solo quando, non appena ebbe fatto alcuni passi in direzione loro, suo padre accentuò la stretta letale attorno al collo esile dell'Indigo che si fece sfuggire, suo malgrado, un flebile e strozzato grido.

Gli occhi di Tarren senior corsero a Cora e la fissarono con talmente tanto di quel disprezzo e furia, che era un miracolo se la donna non fosse ancora stata incenerita sul posto. «Racconta di nuovo quel che hai detto a nostro figlio, Cora. Dimmi ancora una volta come hai tradito tutti salvando il piccolo Gabriel Rivera.»

Cora, per la prima volta, sembrò tirare fuori gli artigli e tenergli testa rispondendo, con assoluto gelo: «Ho solo fatto quel che potevo per mandare all'aria i vostri folli piani, i tuoi e quelli del tuo perverso amico. Ora lascia andare Casey! Hai già rovinato abbastanza la sua vita!»

«Credo proprio di non volerlo fare. Casey rimarrà qui e non appena sarà giunto al settimo mese verrà liberato, ma solo secondo la mia personale visione di libertà, trattandosi di uno della sua risma. I suoi figlioletti a quel punto saranno abbastanza sviluppati da poter sopravvivere anche senza rimanere dentro l'incubatrice.»

«Sadico figlio di puttana!» ruggì Irene. Prima ancora che qualcuno potesse rendersi conto di cosa stava succedendo, Dominic vide sua sorella brandire l'attizzatoio come se fosse una spada, giungere alle spalle del padre e colpirlo dritto in testa con l'arma improvvisata, fendente che permise a Casey di scappare per raggiungere l'altro giovane Tarren e gli altri. «Andiamocene! Tutti fuori! Via, via, via!» urlò la ragazza, spingendo in avanti la madre.

Dominic, allora, aiutò Casey a tenere il passo mentre scappavano lungo il corridoio, diretti alle porte di quella casa maledetta per raggiungere l'auto che li avrebbe condotti alla libertà.

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