𝐗𝐈. 𝐍𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐚𝐧𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐥𝐮𝐩𝐢
Casey invano cercò di far rinvenire Noah. Purtroppo lo avevano stordito con la stessa sostanza che una volta era stata usata anche su di lui, in una delle sue tante e infruttuose fughe. La cosa strana era che solitamente, per gli umani, quella roba risultava pressoché innocua e inutile. Solo gli Alphaga crollavano come sacchi di patate non appena il loro organismo veniva a contatto con quella sostanza.
Non ebbe il tempo di riflettere su tale stranezza, perché due mani forti e salde afferrarono le sue spalle, lo fecero rimetter su e stare fermo: uno dei due tirapiedi di Dominic gli impediva di fuggire e poco importava quanto lui stesse scalpitando, quanto cercasse di divincolarsi come un'anguilla. Era più debole di loro, sempre lo era stato. C'era una ragione se erano gli Alfa a comandare e non quelli come lui o i Beta. Dicevano che molto, molto tempo addietro fossero esistiti addirittura altri due sottogeneri della loro specie, i Gamma e i Delta, ma con l'andare dell'evoluzione e delle generazioni si erano estinti o erano stati inglobati, parlando di caratteristiche e di peculiarità, dagli altri sottogeneri più dominanti e numerosi.
Guardò ancora una volta Noah, quell'uomo dal cuore buono che aveva cercato di difenderlo e salvarlo, e la sua rabbia esplose come un vulcano in eruzione: ringhiò e mollò un calcio nei gioielli di famiglia di Andreas, riuscendo finalmente a liberarsi. Nemmeno gli Alfa erano insensibili a colpi bassi come quello, anzi erano ancora più sensibili. Chiese perdono a Noah e cominciò a correre fin quasi a farsi esplodere i polmoni. Era sicuro che avrebbero lasciato in pace McKay, troppo impegnati a dare la caccia a lui.
Il suo cuore a dir poco rimbalzava nel petto per quanto andava veloce, ma niente era più forte dei sensi di colpa che provava nell'aver lasciato indietro Noah, non con quando un angolo della sua mente dubitava della riuscita di un piano così mal concepito. Sapeva, tuttavia, che Noah si sarebbe ripreso presto. Non era lui il bersaglio dei Tarren, anzi di Dominic, e per quanto gli riguardava non aveva alcuna intenzione di tornare in quel posto infernale, di esser di nuovo tenuto segregato nello scantinato, incatenato come un prigioniero medievale, o in una stanza e legato al letto come un animale, pronto a soddisfare le perverse attenzioni di quel maniaco.
Prima o poi i Tarren si sarebbero stancati di stargli alle calcagna, dovevano solo mettersi in testa che lui mai si sarebbe arreso. Mai!
Guardò alle proprie spalle e vide Andreas e l'altro, Trevor, rincorrerlo mentre Dominic e sua sorella se ne stavano comodamente seduti sulla panchina, ai loro piedi il povero Noah privo di conoscenza. A scuola Casey e i pochi amici ormai lontani anni luce da lui, erano stati soliti chiamare quei due la coppia demoniaca. Erano gemelli e già solo per questo molto più legati l'uno all'altra rispetto ai normali fratelli. Certe volte, però, i loro comportamenti avevano fatto pensare a molti che ci fosse qualcosa ben oltre il rapporto fraterno tra i due rampolli più grandi di Daffodil Manor. Non che il resto della famiglia fosse anche solo lontanamente gradevole, ma i fratelli Tarren erano il risultato di quando una coppia di genitori non voleva mai saperne di prender a sculacciate i figli capricciosi e li viziava in continuazione. A furia di aver detto loro sempre di sì avevano cresciuto due bastardi che forse erano anche incestuosi.
Correre stava cominciando a sfiancarlo parecchio, ma fermarsi non era un'opzione, non era fattibile.
Che stupido era stato a uscire senza neanche avvertire Noah, e tutto per colpa di quella dannata visita e di improvvise e sciocche remore! Non avrebbe mai dovuto guardare dentro quello schermo e, per quanto orribile, al momento odiava ancora di più quei... quei parassiti che crescevano nel suo corpo. Chissà cosa avrebbe detto suo nonno, se avesse saputo tutta la verità, fino in fondo, e che lui addirittura portava in grembo due esseri col sangue dei Tarren nelle vene. Sua madre non glielo aveva riferito, sapendo benissimo come avrebbe reagito. Casey l'aveva implorata di non dirgli nulla, di inventargli una scusa qualsiasi per giustificare la sua assenza improvvisa. Quando Lidia Leroin, infatti, aveva telefono a casa Tarren per capire come mai in giro alcuni avessero preso a chiacchierare e a sostenere che fra suo figlio e Dominic vi fosse una sorta di tresca, c'era voluto un bel po' per convincere quel bastardo viziato a passargli sua madre per parlarle da solo e rassicurarla. Dominic aveva acconsentito, benché recalcitrante, e Casey, in lacrime, si era assicurato che nessuno si trovasse a origliare fuori dalla porta della stanza in cui era stato confinato prima di riferire a Lidia la verità: che non si era trattato di una fuga d'amore, di un romantico ritiro o roba simile, ma di un autentico rapimento e, come se non bastasse, che vi fosse di mezzo anche una gravidanza per nulla desiderata e che era stato forzato a portare avanti. Le aveva detto, senza riuscire a smettere di piangere, che lo avevano segregato in una camera da letto, che ogni giorno trascorso lì fosse un autentico inferno. Aveva ammesso, in un momento di estrema fragilità, di avere paura. Aveva confessato tutto: di esser stato vittima di una violenza carnale da parte di Dominic, di aver invano cercato di denunciare la cosa e, ancora, di aver scoperto di portare in grembo il figlio di quell'essere abominevole e aver cercato di risolvere la questione da solo, senza coinvolgere lei e il nonno, ma di aver anche fallito. Non era vero che era montato in auto con Dominic Tarren per seguirlo nel suo lussuoso maniero e lasciarsi alle spalle tutto il resto. Non aveva mai acconsentito a quanto era accaduto fino ad allora e la gente chiacchierava senza sapere un bel niente di cosa fosse realmente successo, di quanto fosse grave la situazione.
Aveva sentito Lidia singhiozzare. Era riuscito quasi a figurarsi quella donna – così minuta e dalla bellezza un po' sfiorita da pesanti turni di lavoro e una vita tutt'altro che facile e comoda – tenersi aggrappata al telefono nell'udire le sue parole impossibili da digerire. Lidia, poi, si era un po' ripresa e gli aveva detto che avrebbe cercato di aiutarlo, di farsi ascoltare dalle autorità locali, ma Casey, invece, sapendo che se la sua famiglia avesse anche solo provato a infastidire i Tarren poi ne avrebbe pagato aspramente le conseguenze, le aveva assicurato che avrebbe cercato di andarsene da lì per conto proprio, senza coinvolgere lo sceriffo che era comunque colluso fino al midollo e colpevole di negligente omertà. Le aveva giurato e spergiurato di poter farcela da solo e le aveva infine fatto promettere di non dire nulla al nonno, a Milton.
Sua madre era la sola a essere al corrente della reale situazione, a parte i Tarren, odiati dal nonno di Casey sì e no da sempre. L'odio era comunque reciproco e le sue radici erano profonde.
I Leroin e i Tarren si odiavano dall'albore dei tempi, sin da quando la città era stata fondata, forse persino da ancor prima della fondazione.
Già, quello era il suo cognome: Leroin. In realtà apparteneva solo alla sua famiglia materna, di suo padre non gli era mai stata fatta parola. Non sapeva chi fosse e non gli interessava, perché altrimenti sarebbe andato a cercarlo col solo scopo di farlo fuori. In fin dei conti forse la colpa era anche dei suoi geni, non solo quelli della famiglia di sua madre.
Si chiedeva, comunque, se sua madre avesse mantenuto la promessa. Se avesse mantenuto il silenzio con Milton o alla fine avesse ceduto e vuotato il sacco. Considerando che ancora il nonno di Casey non si era presentato a Daffodil Manor armato di un fucile e con intenzioni tutt'altro che pacifiche, forse Lidia aveva scelto di aspettare, di avere fiducia in lui, e Casey non intendeva venir meno ancora una volta alla promessa che aveva fatto. Non sarebbe tornato in quel posto, nossignore. Piuttosto sarebbe andato all'inferno ancora vivo.
«Fermati subito!» gli urlò dietro Andreas.
«Col cazzo» sibilò Casey, accelerando, i muscoli delle gambe in fiamme. Non si sarebbe stupito nel ritrovarsi letteralmente gli arti inferiori in fiamme tra un altro paio di secondi.
L'uscita del parco era lì, mancavano pochi metri ormai. Udì all'improvviso qualcosa che una manciata di istanti dopo riconobbe esser uno sparo bello e buono e un dolore lancinante alla gamba lo assalì; perse del tutto il controllo su di essa, rovinò a terra e atterrò di lato, nonostante la speranza di crollare in avanti e magari provocare qualche danno irreversibile all'unica parte del corpo invece sacrosanta per Dominic e gli altri. Un trauma di quel genere, progenie di Alfa o meno, avrebbe di certo ucciso le creature. Sarebbe stato un destino decisamente migliore di quello che si prospettava loro di fronte in compagnia di quella famiglia di bastardi.
«Cazzo!»
Si odiò nel capire che stava singhiozzando per il dolore come un bimbo che si era sbucciato il ginocchio. Si tenne con entrambe le mani la gamba ferita. Il sangue era appiccicoso che gli impregnava le mani e abbeverava il suolo gli fece ribrezzo e salire quasi un conato di vomito in gola. Forse, però, si sentiva male per il trauma in sé per sé. Non era granché bello farsi sparare. Onestamente nei film pareva tutt'altra cosa, ma in realtà era un vero schifo.
Dei passi lo raggiunsero e in un soffio Andreas gli fu appresso. «Smettila, ti rimetterai presto» cercò di zittirlo, ma era evidente che sotto quell'apparente fermezza vi fosse del leggero panico. Probabilmente Dominic aveva detto loro di non fare nulla che potesse magari nuocere al feto, anzi ai feti, e avevano fallito. Vani furono i tentativi di Casey di respingere l'Alfa dai capelli scuri e di allontanarsi. Provò pena per se stesso a strisciare come un lombrico sull'erba. Andreas sbuffò, lo afferrò e prese su come avrebbe fatto con un bimbo. «Adesso si torna a casa, fiorellino.»
«Giuro che me la pagherete tutti» ringhiò e pianse Casey. «Lasciami andare, figlio di puttana!»
Di nuovo provò a divincolarsi, sperando di cadere a terra e di avere la forza di scappare ancora, ma non ottenne risultati. Era come procedere nelle sabbie mobili, anzi peggio. Il tirapiedi approfittò della sua momentanea immobilità, lo riportò indietro di peso e Cas rivolse un'occhiata di puro disgusto e odio alla coppia di fratelli.
Dominic si avvicinò. Pareva ben oltre il termine furioso. Sollevò una mano e gli menò l'indice in faccia. «Ti avevo avvertito cosa sarebbe successo, se di nuovo avessi tentato di scappare» disse gelido. Casey, per puro impulso, approfittò della vicinanza per mordergli l'indice, veloce come un'aspide. «Va' all'inferno!», ruggì rabbioso, sputandogli infine dritto in faccia, sulla guancia.
Tarren sussultò appena, storse la bocca e si ripulì con il fazzoletto di stoffa che Andreas gli tese immediatamente; rivolse dunque un'occhiata penetrante e furibonda al ragazzo, ma quando fu vicino al mollargli un ceffone il suo polso venne intercettato subito da sua sorella, la quale gli rivolse uno sguardo apprensivo per farlo calmare. «Ricorda quello che ti ho detto, Nic» lo ammonì gentilmente, seppur con una certa nota di freddezza.
Dominic strinse le labbra. «E va bene. Portatelo in macchina, svelti. Prendete anche l'altro, voglio farci una bella chiacchierata.»
«Se lo tocchi... TU PROVA ANCHE SOLO A TOCCARLO E GIURO CHE STAVOLTA MI GETTO DALLA FINESTRA!» sbottò Casey, agitandosi tra le braccia di Andreas come un pazzo.
Tarren si fermò e si voltò. «Non va decisamente incontro ai miei gusti, tranquillo» ribatté sarcastico. «Sono solo curioso, tutto qui. Voglio... beh, voglio soltanto scambiare due paroline con lui, nient'altro. Giusto per capire cosa abbia spinto un malfidato cronico come te a fidarti su due piedi di un uomo che a malapena conosci. Dev'essere davvero speciale!»
Casey ringhiò, ignorò il dolore alla gamba e fece uno scatto in avanti, deciso a spaccare la faccia a Dominic, ma di nuovo le due guardie del corpo del rampollo Tarren lo tennero fermo, anche se dovettero faticare più del consueto. Esausto e dolorante per la ferita e il sangue che aveva perso, Leroin si fermò e in parte si accasciò nella stretta salda degli Alfa che lo affiancavano. I suoi occhi, tuttavia, promettevano una tempesta che lui si sarebbe assicurato di far ricadere su ogni singolo Tarren. Potevano anche costringerlo a dare alla luce quei due mostriciattoli, ma ci avrebbe pensato poi lui a farla pagare a quella famiglia di stronzi nel peggior modo possibile. Era disposto persino a soffocare le creature che lui stesso avrebbe presto partorito, se necessario. Meglio morti che parte di casa Tarren, e sarebbe stata una vendetta niente male.
Venne condotto via, verso l'altra parte del parco, e poi oltre il marciapiede. Sulla strada c'era un'auto scura e fu fatto salire a forza sui sedili posteriori; subito dopo gli vennero fermati i polsi e le caviglie con del nastro isolante color asfalto. Ormai conoscevano tutti i suoi trucchi, purtroppo, e sapevano che se lo avessero lasciato libero di muoversi, avrebbe tentato di nuovo la fuga, forse gettandosi persino fuori dal finestrino o dalla portiera mentre la macchina era in movimento. D'altro canto Casey era un po' matto e sopra le righe, da lui ci si poteva aspettare di tutto.
«Dov'è Noah?» chiese scostante il ragazzo.
«In macchina coi Tarren» rispose Trevor, l'altro sgherro di Dominic. Era robusto e minaccioso quanto il suo collega, ma a differenza di Andreas la sua espressione era davvero da gran bastardo. Andreas, se non altro, a primo acchito traeva in inganno, aveva un viso pulito, quasi da uomo della porta accanto, ma Trevor, coi suoi occhi neri come il carbone e glaciali, un po' faceva paura a Casey. Gli si leggeva in faccia che gli sarebbe bastata una sola, ottima scusa per fare la festa a uno come lui, un esile Indigo con il vizio di parlare troppo e nessuna intenzione di obbedire come un cagnolino da salotto.
Casey aprì e richiuse i pugni nervosamente, lo fece per tenere a bada l'esasperazione e la voglia di picchiare le due guardie del corpo dei Tarren e rischiare, in tal modo, di peggiorare le proprie condizioni. La gamba ferita sanguinava ancora, aveva imbrattato di sangue il sedile posteriore di nera pelle e sembrava non avere intenzione di fermarsi.
Si augurò di morire dissanguato. La prospettiva di sopravvivere fino al ritorno a casa Tarren e assistere agli effetti del trattamento pessimo che Dominic aveva in serbo per Noah... era semplicemente inaccettabile e orribile. Sentiva che non si sarebbe perdonato mai e poi mai se fosse accaduto qualcosa di male a quell'uomo che era stato gentile con lui e lo aveva aiutato senza fare troppe domande e senza riserbo alcuno.
Si concentrò sul finestrino. Con gli occhi dorati pieni di lacrime che mai avrebbe versato, guardò al di là del vetro la libertà andarsene via lontano, chilometro dopo chilometro.
Stava per fare ritorno nella tana dei lupi e sapeva, sentiva che non ne sarebbe uscito più. Non vivo, almeno. In fin dei conti era solo una misera, piccola e insignificante volpe.
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