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𝐕𝐈𝐈𝐈. 𝐌𝐨𝐭𝐡𝐞𝐫𝐟𝐮𝐜𝐤𝐞𝐫 𝐀𝐥𝐟𝐚


Quando Noah fece finalmente ritorno da un colloquio di lavoro, grande e terribile fu la sua sorpresa nel non vedere da nessuna parte Casey. Guardò ovunque nell'appartamento, ma senza risultati. Preoccupato e teso come una corda di violino, si sbrigò a riaccendere il cellulare, maledicendosi per averlo spento in vista del colloquio per evitare interruzioni o interventi poco consoni. Il cuore gli balzò in gola non appena vide almeno tre chiamate da parte del ragazzo e tanti messaggi scritti, più uno in segreteria.

Li lesse e tutti, nessuno escluso, rivelarono un'escalation di tensione e di paura, ribadendo solo quanto Casey avesse cercato di contattarlo invano. Era successo qualcosa di grave, era evidente, e l'ultimo messaggio lo mise davvero in allarme. Non resse oltre e lo chiamò subito. Nel frattempo uscì di nuovo e si diresse all'ascensore, maledicendolo perché come al solito faceva lo stronzo e non partiva.

«Avanti, Cas, rispondi» sussurrò. La mano che reggeva il cellulare tremava e l'ascensore era lento fin quasi a essere insopportabile. Appena si fermò e le porte si riaprirono, l'uomo sgusciò fuori come una scheggia. Richiamò di nuovo Casey, non volendo arrendersi all'idea che non fosse nelle condizioni di rispondere, che gli fosse successo qualcosa di orribile. Si accese una sigaretta, tentando di restare tranquillo, ma era impossibile. Con i retroscena che ormai conosceva bene, poteva esser accaduto di tutto e non voleva neanche pensare a Casey di nuovo tra le grinfie di quel bastardo. Il solo pensarci bastava a gonfiargli il petto di rabbia. Dominic non gli faceva paura, ma solo venir voglia di fracassargli la faccia di pugni e se ne fregava se era un Alfa o come diavolo si diceva. Non gli avrebbe permesso di far di nuovo del male a Cas più di quanto già non gliene avesse fatto.

Era un miracolo che quel ragazzo fosse riuscito a sfuggirgli e soprattutto a non lasciarsi sopraffare dall'umiliazione e tante altre conseguenze di gravi abusi. Era un sopravvissuto, proprio come lui, anche se in maniera diversa.

Chiamò una terza volta e finalmente ottenne risposta. «Casey, dove cavolo sei?» sbottò mentre si accingeva a salire di nuovo in auto.

«Noah, sono... sono al parco» rispose il ragazzo dall'altro capo, il tono di voce strano, forzato.

Noah deglutì. «Cas, lui è con te?»

Si udì una sorta di spostamento e la voce cambiò. Più scura e rauca. «Noah, giusto?»

L'uomo serrò le dita attorno al cellulare. «Dominic» sibilò.

«Indovinato.» Noah riusciva quasi a immaginarlo mentre sorrideva con la faccia da schiaffi che Casey gli aveva descritto all'inizio. «Ti spiacerebbe raggiungerci, così da poter parlare a tu per tu? Non ho nulla contro le telefonate, ma mi piace guardare negli occhi la gente. Rende le chiacchierate più intime e sincere.»

Noah non seppe cosa lo trattenne dall'insultare quello stronzo. Sapeva solo di dover andare, di lasciare Cas da solo con quel delinquente non se ne parlava proprio. Gli aveva fatto del male già troppe volte. «Va bene. Sarò lì tra un quarto d'ora. Spero tu abbia pronta una bella dentiera, Dominic, perché sto per buttarti giù tutti quei bei dentini!» Mise giù e ci mancò poco che nella foga scagliasse per terra il cellulare.

Accese il motore e partì subito alla volta del parco, sperando che nel frattempo Dominic non torcesse neanche un capello a Casey. Tuttavia, dopo millenni in cui l'uomo si era macchiato di tutto ciò che la macabra e perversa fantasia umana poteva partorire, sapeva benissimo che quindici minuti fossero più che sufficienti a compiere uno scempio. Il fatto che Casey avesse dentro di sé due creature alle quali Dominic teneva molto, non offriva a quel povero ragazzo nessuna garanzia di uscire illeso dall'incontro. C'erano tanti modi per rendere la vita maledetta a una persona.

Sbuffò, desiderando di essere uno dei personaggi dei tanti film che aveva visto, uno di quelli che avevano sempre a portata di mano una pistola o un'arma in generale. Cazzo, montavano in auto e subito tiravano fuori da chissà dove una dannata Colt! Lui invece con sé non aveva neppure un taser!

«Ti prego, fa' che stia bene» sussurrò, svoltando a destra e maledicendo il semaforo dell'incrocio. Perché doveva sempre scattare il rosso quando passava lui? Dannazione!
Diede un colpo secco al volante. «Cazzo! Ce l'hai davvero con me, allora!» Si guardò attorno e vide che non c'era nessuno, né autovelox o altre diavolerie. «Vaffanculo» quasi ringhiò, mandando a quel paese il semaforo. Fece pressione sull'acceleratore e ripartì. Non aveva tempo per rispettare il codice stradale.

Il viaggio gli parve durare un'eternità, proseguire al rallentatore, e non appena fu nei pressi del parco assottigliò lo sguardo in cerca di Casey e dell'altro figlio di puttana. Trovò un posto comodo dove parcheggiare e, nel dubbio, darsela a gambe il più in fretta possibile insieme a Cas. Spense il motore e scese.

Finalmente individuò i due, ma fu una brutta sorpresa la sua quando si rese conto che non erano da soli. Col cuore in gola si avvicinò, ancora e ancora: Casey se ne stava seduto su una panchina, mentre un giovane uomo prestante con un soprabito grigio e i capelli biondi attendeva in piedi a non molta distanza. Insieme a lui v'erano due giovanotti più o meno della sua stessa età e una ragazza. Anche lei era bionda e sembrava la solita stronza uscita da chissà quale concorso di bellezza; abiti costosi anche nel suo caso, occhiali da sole scuri e rossetto pervinca sulle labbra piene simili a quelle dell'altro biondone. Sì, decisamente gli stava già sulle palle e doveva essere sicuramente la sorella di Dominic. La somiglianza era sfacciata.

«Ma da dove cazzo sono spuntati fuori?» borbottò, in parte irrisorio.

Quando ormai fu abbastanza vicino, quello che subito aveva capito esser Dominic lo guardò e piegò gli angoli della bocca in un sorriso puramente di circostanza e finto. C'era qualcosa di  ambiguo nei suoi occhi azzurri. «Pensavamo ti fossi perso. Un altro po' e ce ne saremmo andati senza salutarti!»

Noah si trattenne dallo scattare e dal caricargli un bel pugno sul muso. Ricacciò indietro un ringhio poco cordiale e gli fu di fronte. Per un attimo il suo sguardo si posò su Casey, il quale lo guardava in maniera indescrivibile, ma l'emozione principale era molto vicina al terrore. Forse fu proprio quell'occhiata a dare a Noah la forza e la sfrontatezza di prendere di petto la situazione. «Mi fa piacere sapere che stavate per andarvene. Devo chiedervi di farlo senza Casey, a meno che non vogliate vedervela con me.»

Vide la donna socchiudere le palpebre, come se la sua risposta l'avesse indispettita. Dominic, da sbeffeggiante, divenne serio come una statua. «Mettiamola così...», disse lentamente. «Casey ormai mi appartiene di diritto. Porta in grembo mio figlio, una creatura che ha nelle vene il sangue della mia famiglia. Tu non sei compreso nel quadro generale che si prospetterà una volta nato il bambino».

Noah strinse i pugni e capì che Casey non doveva aver detto che in realtà portava in grembo due gemelli. Non era certo se fosse un bene o un male. «Non mi sembri uno adatto a crescere un bambino e i figli sono di chi li ama e li protegge, non di chi li genera. A farli non ci vuole chissà quale impegno ed empatia, sai? È il dopo a contare e ho una certa esperienza in merito a genitori degenerati e crudeli» sibilò. «Casey non vuole avere niente a che fare con voi e non è costretto a fare nulla. Siamo in un Paese libero, se non lo avessi notato, perciò ora lo lasci andare e la fai finita di fare il cazzone. Chi se la prende con il prossimo, ne abusa e lo maltratta, è solo una creatura ripugnante e un vigliacco.»

Dominic sbuffò una risata ironica. «Le regole del vostro Paese non sono le nostre regole. Hai superato i confini di un mondo che non comprendi e di cui non meriti né sei tenuto a far parte, Noah. Fossi in te farei un passo indietro, prima di farti seriamente male. Mi bastano due mosse in croce per farti rimpiangere la tua parlantina da grand'uomo. Cerchiamo di mantenere un comportamento civile e di non arrivare a tanto, ti va?»

«Non mi fate paura e tu non puoi permetterti di parlare di civiltà, quando hai tenuto un ragazzo segregato in casa tua, dopo averlo violentato e costretto a ogni genere di umiliazione! Lo stai costringendo ad affrontare una gravidanza che non desidera e che lo spaventa! Siamo oltre la civiltà, Dominic o come cazzo ti chiami! Sto parlando con una bestia e ti tratto come tale!» Noah, stufo di quei salamelecchi, prese una mano a Casey, lo fece alzare senza esser brusco e insieme cominciarono ad avviarsi. Tuttavia riuscirono solo a fare al massimo un paio di passi. L'uomo percepì di colpo una sorta di pizzicore sul collo, come se una vespa particolarmente grossa e aggressiva lo avesse punto. Si fermò, i muscoli delle gambe intorpiditi, e si domandò perché fosse appena spuntato un secondo Casey da chissà dove. Udì il ragazzo dirgli qualcosa, ma era lontana e ovattata. Cercò di parlare, ma la sua voce era sedimentata in gola, troppo impastata per uscire. Sembrava cemento fresco.
Si sentì mancare e così, senza alcun preavviso, capitolò a terra. Tutto si fece sfocato, arrivò il buio e infine anche i suoni vennero ridotti a un pesante e denso silenzio.

Silenzio.

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