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Capitolo 12

                                  

Chantal

Sono tornata da un mese e stò riprendendo in mano la mia vita.

Ho fatto la cazzata più grande andandomene in Svezia, ma solo ora lo riconosco. Ora che ho quasi venticinque anni e che ho capito veramente chi è mia madre Annelie.

Appena ho messo piede in casa, la prima cosa che ho fatto è stato parlare con mio padre e Caterina chiedendogli non solo scusa, ma anche il loro perdono.

Ho versato tutte le lacrime che mi sono rimaste, le altre le ho versate in Svezia, soprattutto quando Caterina mi ha abbracciata, dicendomi che mi ha sempre voluto bene come fa una madre e che mi ritiene sua figlia.

Le uniche parole che mi ha detto mio padre sono state:
"Sapevo dov'eri ancora prima che tu me lo dicessi. Non ti ho mai detto niente perché volevo che vedessi e capissi da sola chi è Annelie"

E solo adesso lo capisco dandogli ragione.

Sono cambiata, non sono più la ragazza arrogante e presuntuosa, anche se era solo un modo per proteggermi.

Sono seduta in salotto a leggere quando mia sorella entra in casa, appoggia per terra il borsone del calcio mettendosi seduta davanti a me.

"Sei stata a quel colloquio?" domanda curiosa

"Sì entro domani mi fanno sapere" le rispondo

"E' una bella opportunità se riesci ad entrare lì" puntualizza

Annuisco sorridendole e facendole il gesto d'incrociare le dita.

"Ti piace parecchio giocare a calcio" sentenzio

Lei ride.

"Molto, è un modo per sfogarmi soprattutto quando Pietro mi fa incazzare" precisa

Pietro è un bravo ragazzo e sono felice vedendoli insieme, sono una coppia bellissima.

La sera della festa, che Leonie ha organizzato per il mio ritorno ho sperato fino all'ultimo che Cristian venisse.

Anche se Pietro mi aveva fatto capire che non sarebbe venuto.

Avrei voluto il suo perdono, l'ho ferito e ne sono consapevole.

Ero talmente soggiogata da Annelie che non capivo che lui era la mia salvezza.

Quando mi sono resa conto di quello che avevo fatto, di averlo perso per sempre mi sono sentita morire, non sapendo che fare e rendendomi conto di amarlo pazzamente ne ho parlato con mia madre e Annelie ha cercato da prima di metterlo in cattiva luce ma io non volevo ascoltarla e allora lei ha fatto una cosa che una madre non dovrebbe mai fare ad una figlia...

In alcuni momenti mi sono sentita una pezzente.

"Dovresti trovarti uno sport anche tu per sfogarti. Un tempo ti piaceva il tennis, perché non ricominci?" mi dice mia sorella

"Ci penserò" le rispondo

Poi non so perché di getto gli dico:
"Qualche giorno fa ho visto Cristian"

Lei mi guarda fissa e con voce seria mi chiede:
"Chantal tu lo ami ancora? Sei tornata per lui?"

Abbasso lo sguardo sulle pagine del libro sentendomi sotto accusa per poi rialzarlo e le confesso diretta:
"Non l'ho mai dimenticato"

"Sei tornata per stravolgergli la vita?" domanda risentita

"No! Assolutamente" ribatto

Ma lei come se non mi credesse continua a dirmi:
"Lui ha sofferto per colpa tua. E' tornato a pezzi quel giorno dalla Svezia e noi tutti abbiamo raccattato quei pezzetti, aiutandolo. Lo sai quanto ti voglio bene Chantal, ma voglio bene anche a lui e non voglio vederlo soffrire di nuovo per colpa tua"

Il suo sguardo è severo e la voce arrabbiata, anche lei è cresciuta ed è forte di carattere.

"Sono consapevole di quello che ho fatto, non credere che anch'io non abbia sofferto per questo. Ma... vorrei parlargli, ho bisogno di farlo e gliel'ho detto quando l'ho visto, ma lui non ha voluto ascoltarmi" le dico con voce irritata mista a tristezza

"Ti aspettavi che ti buttasse le braccia al collo?" chiede cinica

"No, non me lo aspettavo non sono stupida" le rispondo

"Lascialo in pace Chantal. Cristian ha la sua vita è felice con la sua ragazza che ama, ricambiato alla grande" puntualizza alzandosi dalla poltrona

Le sue parole sono schegge nell'anima.

"Vado a farmi una doccia"

E senza aspettare una mia risposta si chiude in bagno.

Chiudo gli occhi sospirando e rivedo i suoi occhi azzurri che mi guardano severi dalla visiera del casco.

Quel colloquio a cui tenevo non è andato in porto e stamattina Silvia De Angelis mi ha chiamata chiedendo di passare da lei, ci vedo lo zampino di mio padre.

Passo a salutarlo trovando a dare ordini a Pietro e Antonello che mi salutano e contraccambio guardandomi attorno in cerca di Cristian, ma di lui neanche l'ombra e non chiedo, soprattutto perché c'è mio padre.

Salgo al sesto piano dove c'è l'agenzia di Silvia, busso alla porta ed è proprio lei che mi apre salutandomi e facendomi entrare. Nella stanza seduto sul divanetto c'è anche suo marito Nicholas, lo saluto con gentilezza e lui contraccambia.

A dire la verità lui mi ha sempre messo soggezione, timore. Ha sempre lo sguardo serio ma, sia mio padre, che Cristian lo hanno sempre descritto come un ragazzo divertente e simpatico.

Mi accomodo davanti alla scrivania di Silvia e lei subito diretta mi dice:
"Tesoro avrei bisogno di un volto giovane, fresco e bello come il tuo per la mia nuova collezione. Ti va di lavorare per me?"

La guardo sgranando gli occhi.

"Oddio ne sarei onorata signora De Angelis. Ma non sono una modella" le faccio presente

"Intanto mi chiamo Silvia e la signora non esiste e poi per la questione della modella stai tranquilla, perché tu sei perfetta. Devi solo stare davanti ad una macchina fotografica, per il resto te lo insegno io" mi informa senza remore

"Non so proprio cosa dire" le dico emozionata, anche al pensiero che potrei vedere Cristian tutte le volte che verrò qui

"Devi solo rispondere si o no, è semplice"

La voce divertita di Nicholas mi fa voltare verso di lui che mi sorride e devo dire che è veramente un bell'uomo.

Sorrido a mia volta per poi accettare e Silvia si alza abbracciandomi contenta.

"Puoi iniziare da domani?" chiede speranzosa

"Certo" le rispondo svelta

"Benissimo, ti aspetto per le dieci" puntualizza

Li saluto avviandomi alla porta, nel mentre bussano e Silvia risponde:
"Avanti"

Appena la porta si apre la voce di Cristian invade il mio cervello.

"Scusa Silvia c'è Nicholas?" chiede bloccandosi appena si accorge di me

"Sono qui che c'è?" chiede il capo alzandosi

Ci guardiamo fissi senza emettere una parola.

"Cristian!" lo richiama lui

A quel punto Cristian, come se si ridestasse guarda il capo.

"Ho bisogno delle chiavi della stanza delle stampanti private. Marlene non c'è oggi" lo informa

Nicholas estrae dalla tasca dei pantaloni un mazzo e glielo porge, lui le afferra per poi salutare prima loro e poi rivolge appena lo sguardo su di me dicendo:
"Ciao Chantal" e richiude svelto la porta alle sue spalle

Saluto e ringrazio Silvia ed esco dalla stanza.

Mi avvio velocemente all'ascensore trovandoci Cristian, mi dà un'occhiata veloce e svelto dice:
"Ok prendo le scale"

Ma lo fermo chiamandolo.

"Cristian aspetta, ho bisogno di parlare con te"

Nel mentre si volta le porte dell'ascensore si aprono e con dolcezza lo invito ad entrare.

Sospira e titubante entra, preme il pulsante del piano e appena questo inizia la salita, io svelta lo blocco.

"Che cazzo fai" sbraita

Cercando di arrivare alla tastiera ma io lo blocco dicendogli di getto:
"So perfettamente di essere stata una stronza colossale e me ne pento tutti i giorni e so che me ne pentirò in eterno Cri"

"Non chiamarmi in quel modo" sentenzia mentre mi guarda furioso

I suoi occhi azzurri sono scuri di rabbia e quella rabbia la sento tutta.

Non mi faccio intimorire, né dallo sguardo, né dalla sua postura rigida.

"Ho bisogno del tuo perdono per andare avanti"

Mi guarda adesso sconvolto dalle mie parole.

"Non sono più quella stronza, ne ho pagato le conseguenze nell'anima. Cristian ho veramente bisogno che tu sappia tutto" lo imploro con voce triste, il nodo alla gola è duro da digerire

"Perché dovrei sapere?" domanda pacato

Forse le mie parole, la mia supplica hanno fatto effetto, il suo sguardo non è più severo o almeno lo è meno.

Faccio un profondo respiro per poi dirgli la verità.

"Sono tornata per raccontarti tutto, sei l'unico che deve sapere"

Mi guarda allibito mentre io riattivo il pulsante che lo porterà al suo piano.

Non emette una parola, ma i suoi occhi sono fissi nei miei e il mio corpo, il mio cuore fremono.

Le porte si aprono, lui esce, si volta e mi chiede:
"Hai sempre quel numero?"

Annuisco restando senza respiro.

"Ti chiamo io" mi dice serio

Le porte dell'ascensore si chiudono mentre lui si volta allontanandosi e io torno a respirare.

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