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10. Sogni Smentiti

In poco tempo mi faccio una doccia ed esco dal bagno, Giacomo mi ha portato i vestiti, appoggiandoli sul letto, e poi è sparito. Sento la sua voce e quella, come tremolante, di un altro uomo.
Mi vesto poi, curiosa di sapere cosa dicono, appoggio prima l'occhio l'orecchio destro alla porta.
Non vedo bene, ma la scena che si presenta è comunque abbastanza strana. Vi sono 3 uomini di cui uno è il "Dio" che si stanno parlando. In italiano. Riesco a seguire la conversazione, ho qualche nozione di quella lingua. Giacomo è seduto e, a giudicare dall'altezza e dalla magrezza esasperata del tizio che è in piedi di fianco a lui, l'altro dovrebbe essere Smily, quello sadico.
Chi possa essere il terzo non lo so, è molto più vecchio, circa sui 60 anni e meno curato di entrambi i suoi interlocutori, che sembrano comandare il discorso.
-...Don...con tutto il rispetto che porto al vostro nome e quello del vostro grande padre..ascoltatemi vi prego.-
Giacomo muove la mano per invitarlo a esprimersi, le sue dita sono cariche di anelli, non ho modo di osservarli meglio. Poi dice:-Smily..versa un bicchiere-
Immagino che l'altro eseguisca subito l'ordine, perchè quando torno ad guardare stanno bevendo e il signore anziano sta esprimendo tutta la sua soddisfazione con salaci commenti.
-Vedi, caro Frank..io non posso lasciarti uccidere il signor Baruim..sono in affari con lui..ma stai certo che farò giustizia. Il gran colpo.- pronuncia queste parole con enfasi e questo mi preoccupa abbastanza.
Cosa vuole fare?
È vero che quando sono di fianco a lui sembra che tutto il male che ho possa scomparire, ma questo non è un buon motivo per lasciare rapinare..o altro.. Io tengo a lui, tuttavia devo decidere se lui, l'attrazione del male o la giustizia.
-Ma..Don..-
-Niente ma. La seduta è conclusa. Non preoccuparti Frank..per coloro che mi saranno fedeli fino alla fine avranno ciò che si meritano.-
-Allora aspetto ordini. Le bacio le mani, Don.-
Non so se lo faccia davvero ma di una cosa sono certa.
Mafia! Immagino italiana. Dal momento che parlavano così.
Mi assale un turbine di emozioni sconosciute, sottolineate da paura e terrore. La mafia. È molto di più che una semplice associazione di killer su commissione. La mafia. Un'altro oceano che ci separa.
Non posso però stare molto in questa scomoda posizione, ripiegata su me stessa, quindi mi alzo e apro la porta. Nella sala bianca c'è solo il mio salvatore che mi dà le spalle. Al rumore che faccio camminando si gira e mi chiede:-Pronta per una giornata con un killer?-
-Si! Che faremo?-
-Segreto..-si mette un dito sulla bocca e si alza dalla poltroncina.
È vestito molto elegantemente, con un vestito bianco e le scarpe nere, di vernice. Orologio d'oro, un anello d'oro con uno strano simbolo, come un leone ruggente, sta giocchicchiando con un braccialetto del medesimo materiale. Meraviglioso..
Lo mette accuratamente in un cofanetto rosso smaltato, poi se lo infila nella tasca destra dei pantaloni.
Sarà un regalo per la sua ragazza, impossibile che uno..come lui non abbia una donna..anche solamente per andarci a letto. Sono un po' triste, non che lo volessi per me ma mi ha ricordato un ciondolo che porto sempre, quando sono in libera uscita, che era di mia madre. L'unico ricordo che ho.
Si gira verso di me.
-Che facciamo? - gli chiedo impaziente di quel lungo silenzio. È bello quando parla.
-Andiamo a far colazione intanto, poi devo sbrigare una faccenda. Niente di grave.- aggiunge vedendo la mia faccia.
Faccenda! Dovrà ammazzare qualcuno, altroché!
Che vuoi, mi dico, dopotutto è un killer e un mafioso, la sua bontà è stata un miracolo passeggero. Domani tornerà a uccidere. Come se non fosse successo nulla. Ma non voglio rinunciare all'idea che mi sono fatta di lui, non so perchè.
Forse perché volevo pensare che lui potesse innamorarsi di me?
Lo penso ancora.
Ma la verità è un'altra.
Io sono innamorata di lui.
Io.
Non lui.
Per lui non sono nessuno, anzi. Al massimo sono una pedina sacrificabilissima per i suoi giochi politici.
-Ehi..Stai bene? Hai una faccia..- è sempre gentile.
-No..non è niente.- sbatto gli occhi più volte, e lo respingo leggermente, non voglio che veda le lacrime.
Un solo giorno.
Devo viverlo al meglio. 

Usciamo. Mi guida verso una macchina sportiva, nera.
-Sai guidare?- mi chiede.
-No. Non ho la patente.- che razza di domanda è?
-Allora dovrò guidare io..-
Lo dice come se fosse spazientito.
-Non ti piace?-
-No. Io adoro la velocità, ma in queste dannate strade ci sono troppi controlli..-
Sorrido. Questo è il "Dio" che ho conosciuto. Il ragazzo che disprezza qualsiasi forma di legge, almeno di quelle che non approva.
Entriamo in macchina. Apre il cruscotto. Ci sono due pistole e una chiave. Per loro è normale, mi dico.
-Mi passi la chiave?-
Eseguo. Ha in mano una valigetta marrone.
La apre. Ci sono vari pezzi. Li ricompone. Un M16.
-A cosa ti serve quello? Non siamo mica in guerra!- gli chiedo stupita.
Ok per le pistole, danno un aria terribilmente figa ma addirittura un mitragliatore! Ne ho visti parecchi durante la mia carriera in accademia e mi ricordo quanto fossero pesanti e scomodi.
Mi sembra esagerato.
-Cosa intendi fare con quello?-
-Devo portarlo a riparare.-
-E allora la faccenda che dicevi poco fa?-  chiedo spazientita anche se un po' sollevata.
-Quella?! Non uso mai armi così rumorose..-
Estrae da sotto la giacca una colt con la canna molto lunga e intarsiata d'oro e d'argento.
Uno strumento di morte degno di un "Dio", per quanto sia falso.
-Ah.. allora avevo ragione quando pensavo che la faccenda consisteva in un omicidio..- commento asciutta, sono prossima alle lacrime. Non potrò cambiarlo. Non posso. D'altronde chi sono io per poterci riuscire? Nessuno.
Ci sediamo e ingrana, un sibilo, poi il motore parte rombando. Imbocca una strada fra i campi. Non parla. Ma è teso, la bocca si assottiglia in modo speciale. Prorompe all'improvviso, come suo solito.
-Pensi che se potessi non cambierei vita? Io sono ricco, l'avrai notato, avevo già pensato di chiedere un'ammenda alla polizia, ma non sono mai riuscito a trovare il coraggio necessario per farlo. Perché se io entro là dentro, sono morto. Non si lasceranno scappare l'occasione di eliminarmi.-
-Il fenomenale "Dio" ha paura?- chiedo apposta per irritarlo. Lui non è invincibile. Le sue parole hanno smentito un altro dei miei sogni assurdi, e la realtà mi ha fatto male, come un ago pungente.
-Paura? Si, può essere...ma non vedo perché non dovrei averne. Sono un uomo, un ragazzo. Non un "Dio"- conclude quasi sussurrando con quell'aria misteriosa che ha catturato la mia attenzione dal primo momento.
Non rispondo. Non avrebbe senso. Intanto siamo arrivati a una villetta che sorge isolata. Fuori una macchina nera, elegante. Giacomo si ferma in derapata. -Scendi. E prendi una pistola, non si sa mai.-

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