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Soluzione

Armin si girò e rigirò nel letto per tutta notte, tormentato da mille pensieri e altrettante immagini.
Ripercorse mentalmente le ultime settimane, da quando aveva conosciuto Eren in poi, soffermandosi su ogni ricordo. Cercò di rivivere i momenti passati insieme a lui, soffermandosi ad analizzare i comportamenti di entrambi nei confronti l'uno dell'altro.

Più ci pensava, più giungeva a una conclusione: loro due non erano mai stati nient'altro che amici.
Quindi, agli occhi di Eren, la scenata di quella sera doveva essere sembrata senza alcun senso.
Probabilmente aveva riso di lui subito dopo, magari con gli amici presenti alla festa. O con la stessa Mikasa, a cui l'aveva trovato avvinghiato appena qualche ora prima.
L'idea lo mandava fuori di testa.
Si chiese più volte se quella tra loro due fosse una storia che andava avanti da molto, perché non gliene avesse mai parlato, se valesse la pena continuare a frequentarlo anche dopo aver visto quella scena.
Sicuramente non sarebbe stato giusto intromettersi, ma non avrebbe mai permesso a quella ragazza di portargli via la sua amicizia.
Non l'avrebbe permesso a nessuno, perché l'unico che avrebbe deciso le sorti del loro rapporto dopo quella sera, sarebbe stato Armin stesso.
Avrebbe dovuto essere cauto, trovare una motivazione valida per il proprio comportamento e alla fine scusarsi.

Non riusciva a prendere sonno, così prese il cellulare dal comodino, gli auricolari dal cassetto, li infilò nelle orecchie e iniziò ad ascoltare Ed Sheeran, il suo cantante preferito.
Si concentrò sulle note della chitarra, sulla voce dolce e sui testi, cercando di estraniarsi dalla realtà.
Funzionò per la durata di qualche canzone, dopodiché, insieme al silenzio, tornarono anche i pensieri.
Armin sbuffò, saltò fuori dal letto con i nervi a fior di pelle e si avviò in cucina.
Aprì la credenza, la chiuse, la aprì di nuovo. Non stava cercando qualcosa, ma quel gesto automatico lo aiutò a calmarsi. Bevve un bicchiere d'acqua e si diresse sulla sua poltrona preferita, quella dei suoi genitori. Vi si accoccolò avvolgendosi nella coperta appoggiata allo schienale e portando i piedi al petto nel tentativo di scaldarsi.
Le tapparelle della finestra del salotto rimanevano alzate anche di notte, così il ragazzo poté godersi un po' la bellezza delle stelle e perdersi nella loro luce lontana.
Lo sguardo passò poi al profilo delle montagne in lontananza, a quello dei tetti e infine ai lampioni ai lati della strada.
Fino a che non si fermò su una figura che camminava al centro della strada a passo sostenuto.
Lì per lì Armin non ci fece caso, non aveva idea di che ora fosse ma era pur sempre venerdì sera, era normale trovare gente in giro durante la notte.
La osservò per un po', giusto perché non aveva nient'altro su cui concentrarsi in quel momento. Era alta, quasi sicuramente di un ragazzo, la camminata era un po' dinoccolata.
Sembrava dirigersi proprio verso casa sua e appena passò sotto al lampione più vicino, ad Armin quasi non venne un colpo.

- Eren -

Saltó giù dalla poltrona facendo cadere la coperta sul pavimento e iniziò a girare per il salotto, apparentemente senza un perché: sembrava impazzito.
Passò qualche secondo e sentì bussare alla porta, con un tocco quasi impercettibile.

Armin guardò a destra e sinistra, non sapeva cosa pensare: perché Eren era lì in piena notte? Cosa voleva? Ma soprattutto, come si sarebbe dovuto comportare?

Ripensando alla scenata della festa, si sentì in imbarazzo all'idea di parlargli. Contemporaneamente, l'immagine di Eren incollato a Mikasa lo metteva in agitazione più del necessario.

Eren bussò di nuovo.

"Non apre... Starà dormendo di sicuro" pensò il ragazzo fuori dalla porta.
Aveva freddo, non avrebbe resistito a lungo in piedi nel bel mezzo della notte senza aver ricevuto una risposta da dentro quella casa così silenziosa.
Era consapevole del fatto che l'indomani non avrebbe trovato le stesse forze di parlare ad Armin che aveva in quel momento.
Aveva pensato a lungo al suo strano comportamento, sul marciapiede davanti all'immensa casa di Jean, imbambolato a fissare il punto in cui Armin era sparito, con le braccia lungo i fianchi e i capelli scompigliati dal vento che si era alzato quella sera, ed era giunto alla conclusione che la causa fosse il loro ultimo incontro.
Non che ne avesse la certezza, ma era l'unica spiegazione plausibile, dal momento che non si erano visti per qualcosa come due settimane e nel frattempo non si era neanche fatto sentire.

Eren fece per appoggiare per un'ultima volta le nocche del pugno chiuso alla porta, quando questa si aprì leggermente.
Gli occhietti stanchi di Armin fecero capolino dallo spiraglio che aveva aperto. Non sembrava particolarmente sorpreso di vederlo, ma l'aspetto era quello di una persona appena alzata dal letto.

- E-Eren? -

Armin parlò piano, probabilmente per non rischiare di svegliare il nonno, e la sua voce suonò dolce alle orecchie del moro, lo portò a sperare che sarebbe andato tutto bene.

- Ehi, Armin... - disse anche lui a bassa voce, quasi non volesse disturbarlo.
Seguì qualche secondo di silenzio, in cui i due per la prima volta dopo giorni si guardarono negli occhi, riuscendo di nuovo a sostenere lo sguardo dell'altro.

- Vuoi entrare? -

- Sì, grazie -

Armin aprì la porta e lasciò entrare Eren, che non si era fatto ripetere l'invito due volte.
Si avvicinarono insieme al divano che dava le spalle alla libreria e vi si sedettero, non troppo vicini, fissando la parete di fronte a loro.
Il silenzio era interrotto solamente dal ronzio del frigorifero proveniente dalla cucina.

Armin si nascondeva dietro alla facciata del ragazzo mezzo addormentato, ma in realtà aveva il cuore a mille, voleva disperatamente dire qualcosa, chiedergli scusa e alla fine saltargli al collo, ma tutto quel che riuscì a fare fu aprire la bocca e richiuderla per un paio di volte, esattamente come aveva fatto con la credenza poco prima.
Poi, il miracolo: Eren si schiarì la gola.

- Ehm... Bella festa eh? -

Mentalmente si tirò uno schiaffo in fronte. Armin quasi non ci era stato a quella festa, che ne poteva sapere di quanto fosse bella?

- Mh mh -

Era evidente che Eren non aveva neanche preso in considerazione l'idea che Armin potesse essere stato ferito dalla vista di quel bacio, e da un lato era un bene: scoprendo i suoi sentimenti probabilmente non l'avrebbe più voluto frequentare, soprattutto dal momento che aveva una ragazza.

- Armin, io... Sono venuto qui per chiederti scusa -

Il biondo sgranò gli occhi, incredulo. Lui si stava scusando?!

- Sono stato un idiota. Quel pomeriggio alla libreria non sarei dovuto scappare in quel modo e... avrei voluto scriverti e vederti dopo ma non so perché non ho osato farlo -

Quindi era questo che pensava?

- Eren, che stai dicendo? Sono io a dovermi scusare con te... Ero stanco questa sera e non so cosa mi abbia preso -

In quell'istante, nel cuore di entrambi, si dissolse un peso enorme, un macigno che si portavano dietro da giorni e che era sembrato insormontabile fino a quel momento.
Contemporaneamente, entrambi tirarono un rumoroso sospiro di sollievo e si rilassarono sul morbido schienale del divano. Rendondosi conto della scena indubbiamente buffa, si guardarono e scoppiarono a ridere, come non succedeva da un po'.

- Zitto, che svegli tuo nonno! - disse Eren quando la risata di Armin sembrò non volersi fermare.

Il biondo riprese fiato e senza pensarci, spinto dall'impazienza, buttò le braccia al collo di Eren, che dopo lo stupore e l'incertezza iniziale ricambiò la stretta.
Fu solo in quel momento che si resero conto di non essersi mai abbracciati. E la sensazione era bellissima: in quel momento erano una cosa sola, perfettamente incastrati, l'uno con il volto nell'incavo del collo dell'altro, le orecchie accarezzate dal respiro reciproco.
Sarebbero rimasti così per sempre.

Dopo un tempo che sembrò infinito, i ragazzi si allontanarono, anche se di poco.

- Quindi è tutto ok? - chiese Eren con un sorriso speranzoso.

- Puoi dirlo forte! - rispose Armin in tono forse fin troppo entusiasta.

- Ho fame -

Armin sorrise: sì, andava tutto bene. Non come avrebbe voluto lui, ma era tutto a posto, si erano chiariti quasi senza il bisogno di parlare.

- Ho io qualcosa per te - disse alzandosi dal divano, diretto verso la cucina. Non aveva fatto un passo che si sentì prendere per un polso. Si voltò ed Eren lo stava guardando con un accenno di sorriso, leggermente imbarazzato.

- Grazie, Armin -

Come risposta, ricevette un sorriso ancora più grande.

Armin tornò dopo un paio di minuti con in mano un pacco di biscotti al cioccolato e due bicchieri di latte, e fu gratificante il luccichio negli occhi di Eren a quella vista.
I due rimasero a inzuppare biscotti e a chiacchierare sul divano fino all'alba, come se tra loro non ci fossero mai stati malintesi da risolvere.

Il signor Arlert si alzò di prima mattina, come ogni giorno, e andò a controllare il nipote in camera sua, per accertarsi che stesse bene, ma non lo trovò.
Non si allarmò, non era raro che Armin si addormentasse davanti al caminetto, ed era sicuro che lo avrebbe trovato lì.
Ciò che trovò una volta in salotto, però, lo lasciò di sasso per un momento, e lo fece sorridere teneramente un attimo dopo, insieme a una leggera scrollata del capo.
In silenzio, si diresse in cucina per preparare la colazione non per uno, bensì per due ragazzi, gli stessi che ora dormivano abbracciati sul divano, accanto a un pacco di biscotti quasi finito e a due tazze vuote.

~•~

Lunedì mattina, quando Sasha vide in lontananza Armin, mollò la mano di Connie e quasi lo spinse via.

- Ehi, ma che... ? -

- Arriva Armin! -

Connie aguzzò la vista e guardò nella direzione indicatagli dalla ragazza: effettivamente si trattava del loro amico, ma non sembrava solo.

- Non è Eren quello là? -

Anche Sasha guardò con più attenzione: il ragazzo aveva ragione, erano Eren e Armin, insieme, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia!

- E non mi dice niente? Ma io lo ammazzo! -

- Beh, cosa doveva dirti? -

- Non so, anche solo "Ciao amica mia, con Eren va tutto bene, non stare più a preoccuparti come una povera scema" -

- Perché, eri preoccupata? -

Sasha rivolse a Connie uno sguardo stupito: - Tu no?? -

- Naa, si sapeva che prima o poi sarebbero tornati trotterellando mano nella mano... E comunque se eri così preoccupata perché non ti sei fatta sentire tu da Armin? -

- Avevo paura che chiedendogli come stesse riguardo a Eren l'avrei mandato in crisi... -

Intanto gli altri due ragazzi erano arrivati a pochi passi da loro, senza quasi degnarli di uno sguardo, impegnati com'erano in una conversazione su libri fantasy o chissà che genere strampalato.

- Buongiorno eh - disse loro Sasha quando si fermarono davanti a loro.

-Oh ragazzi, ciao - fece Armin, mentre Eren si limitò a fare un breve cenno con la mano.

- Roba da pazzi - sussurrò la ragazza tra i denti, per poi afferrare l'amico biondo per il colletto della giacca e costringerlo a voltarsi, tutto questo sotto agli occhi divertiti di Connie.

- Armin, perché non mi hai detto che ora va tutto bene con Eren? Perché, a giudicare da come siete arrivati stamattina, mi sembra che la situazione sia tutt'altro che spinosa, o mi sbaglio? -

Armin era visibilmente imbarazzato, si chiese perché fare una scenata simile davanti al diretto interessato.

- Ehm... Non ne ho avuto il tempo -

Sasha gli rivolse uno sguardo interrogativo, mentre Armin si voltò a guardare Eren, come in cerca di aiuto.

- Eren è stato da me tutto il weekend -

- Oh - fu la risposta dell'amica: quelle parole la riempirono di gioia, era felice che le cose fossero tornate a posto e sperava anche in qualcosa di più, ma avrebbe avuto tutto il tempo in classe per torturare l'amico e farlo confessare.
Mollò la presa, ma continuò a fare la sostenuta.

- Bene. Anche noi dobbiamo dirvi una cosa -

Connie sembrò cascare dalle nuvole e iniziò ad agitarsi, sapendo bene a cosa si riferiva la ragazza: avevano rimandato fin troppo a lungo, prima o poi sarebbe arrivato il momento di dirlo ai loro amici.

- Io e Connie... Stiamo insieme ora -

- Woow e chi l'avrebbe mai detto? - fece Eren con finto entusiasmo.

Sia Connie che Sasha ci rimasero un po' male: non credevano di essere stati così poco cauti nell'avvicinarsi l'uno all'altra.

- Ehi aspetta - saltò su Armin - da quando? -

- Non so, poco più di una settimana... Perché? -

In tutta risposta, Eren e Armin si misero a fare calcoli su quante settimane fossero passate dalla sera in cui li avevano fatti conoscere.
E alla fine Eren, con un ghigno soddisfatto, si rivolse all'altro: - Mi sa che qui qualcuno ha perso una scommessa -

- Già... Beh, una volta a testa -

- Ma che... Avete mica scommesso su di noi? - si intromise Connie.

- No! - rispose all'unisono la coppia incriminata, per poi scoppiare a ridere.

Né Connie né Sasha ebbero cuore di arrabbiarsi per una cosa del genere: erano felici di aver finalmente svelato il loro piccolo segreto ai loro amici, ed erano altrettanto felici di vedere questi ultimi di nuovo a divertirsi come qualche tempo prima.

La giornata trascorse monotona, tra scuola e compiti, è così anche la settimana.
Ormai si avvicinava Natale e, anche se mancava ancora qualche tempo, iniziava a percepirsi aria di vacanze, neve e regali.

- Armin, cosa vuoi per Natale? - chiese un giorno Eren dopo scuola, mentre accompagnava l'amico a casa.

- Niente -

- Come niente? Tutti vogliono qualcosa per Natale -

- Tu cosa vuoi? -

- Mica lo dico a te! -

- E allora io non lo dico a te -

- Uff, sei noioso -

- Non lo pensi davvero - gli disse Armin con un sorriso furbo.

- Come fai a esserne così sicuro? -

- Perché mi stai sempre appiccicato - gli rispose con lo stesso sorriso e un occhiolino.

Eren arrossì terribilmente, ma fortunatamente Armin non se ne accorse.

- Ad ogni modo, io un'idea per un regalo da farti ce l'ho già - riprese il biondo.

- Ecco, sono spacciato -

Arrivarono davanti a casa Arlert e il ragazzo salì i gradini che lo separavano dal portone. Si voltò ed Eren lo raggiunse in cima alle scale per poi avvolgerlo tra le sue lunghe braccia. Ormai era diventata un'abitudine per loro salutarsi con un abbraccio. Un'abitudine di quelle belle, rassicuranti, che portano calore e mancano quando non vengono rispettate.

- A domani -

- A domani -

Armin aspettò che l'amico sparisse dietro alle case prima di entrare e chiudersi la porta alle spalle con un sorriso.

~•~

Il telefono squillava insistentemente sul comodino della camera di Eren, senza risposta. Se qualcuno avesse potuto rispondere, dell'altro capo avrebbe sentito lo scroscio della doccia.
Squillò una volta, due, tre, quattro, poi finalmente una risposta.

- Connie? -

- Eren, dev'essere successo qualcosa -

- Di che stai parlando? -

- Non lo so, Sasha non mi risponde, l'ultima volta che l'ho sentita stava correndo da Armin, poi non mi ha più risposto! -

Al nome di Armin, Eren si allarmò e nella sua mente iniziarono a scorrere gli scenari peggiori. Non avrebbe potuto sopportare che gli succedesse qualcosa.

- Chiamo Sasha -

- Eren aspetta, non... -

Ma la chiamata era già stata chiusa, da un Eren tremante che si affrettò a cercare il contatto della ragazza nella sua rubrica. Appena lo trovò, chiamò senza neanche pensarci su.

Come Connie prima di lui, non ricevette risposta. Ma poco gli importava, avrebbe passato la serata al telefono se necessario, finché non gli avesse risposto. Ma in quel caso avrebbe perso la pazienza prima e sarebbe corso a casa dell'amico nella speranza di trovarlo lì.
E infatti così fece, uscì da casa dieci minuti dopo nonostante i suoi stessero per cenare. Non li sentì neanche quando gli chiesero dove stesse andando a quell'ora e perché. Uscì di corsa e imboccò la strada che lo separava da Armin, con il cuore in gola.

Arrivò con il fiatone, suonò il campanello e fu accolto dal sorriso un po' teso del nonno dell'amico.

- Eren, ciao - sembrava agitato.

- Signor Arlert, buonasera. Armin sta bene? -

Il vecchio esitò: a un occhio attento sarebbe risultato evidente che stesse cercando di nascondere qualcosa ma che fosse costretto a mentire e stesse cercando il modo migliore e meno doloroso per farlo.

- Va tutto bene, vai pure a casa figliolo -

Ciò che non convinse Eren fu l'assenza del sorriso con cui solitamente nonno Arlert accompagnava la parola "figliolo".

- Ho... Ho tempo. Posso entrare? -

- È meglio che tu vada a casa, ragazzo -

In quel momento, alle sue spalle passò Sasha di corsa, che alla vista di Eren cercò di nascondersi dietro alla porta della cucina.

- Sasha! - il ragazzo entrò in casa, senza aspettare l'invito e anzi ignorando il consiglio che gli era appena stato dato.

- Sasha che sta succedendo? Perché non mi rispondete? Dov'è Armin?! -

Anche Sasha sembrò titubante e la sua incertezza le costò la fuga di Eren, che non avendo ottenuto risposta si era fiondato di corsa verso la camera dell'amico.

Entrò spalancando la porta e in quel momento nessuno avrebbe potuto dire chi tra i due ragazzi stesse provando più terrore.

- Armin! Che diavolo ti è successo?! -

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