Sei dentro me
Come previsto, il sogno di Eren continuò a fare capolino nei suoi pensieri durante tutta la giornata.
Non visualizzava immagini particolari, era più una sensazione. Lo invadeva senza preavviso e gli scaldava il cuore, facendolo sentire leggero, come in un'altra dimensione.
E a questa sensazione, inspiegabilmente, era sempre associato il pensiero di Armin.
Eren si trovò a sorridere, da solo in camera, ricordando le buffe scene della sera precedente.
Il modo in cui Armin ballava e rideva. La mano di Armin che avvolgeva la sua e lo trascinava sulla pista da ballo. Il petto ancora nudo di Armin che gli si stringeva addosso durante una canzone per i suoi gusti un po' troppo sdolcinata. Gli occhi brillanti di Armin che catturavano il suo sguardo riflettendo il guizzare delle luci stroboscopiche. I capelli di Armin che gli scorrevano tra le dita, al buio.
Aspetta, che?!
L'aveva dimenticato, ma era più che sicuro che questo particolare non facesse parte del sogno: prima di dormire si era trovato ad attorcigliare le proprie dita tra le ciocche morbide e biondissime del suo amico, sdraiato su un fianco sulla parte opposta del divano.
Bah. L'alcool fa fare cose strane, si sa.
Decise di seguire l'impulso irrefrenabile di scrivergli un messaggio. Non che di solito rimanesse lì a rimuginare se fare o no una cosa.
Era un tipo impulsivo lui.
wei armin, passata l'hangover?
Il biondo trasalì sentendo il cellulare vibrare sul comodino. La testa sembrava ancora sul punto di esplodere, i nervi erano a fior di pelle, non tanto per il post sbornia, quanto per tutte le paranoie che non avevano smesso di martellargli il cervello da quando Sasha era andata via a metà pomeriggio.
Con lei ne aveva parlato, era stato costretto. Come sempre, d'altronde.
- Ti conosco fin troppo bene, non mi nascondi nulla e lo sai. Sputa il rospo! - l'aveva incalzato una volta tornati in mansarda, dopo pranzo.
- Va bene, tanto non penso di riuscire a sfuggirti, no? - aveva iniziato rassegnato mentre si rannicchiava con le gambe contro il petto in un angolo del divano.
- E' una cosa che ho fatto stanotte, ma non era mia intenzione. Non so cosa ho visto in quel momento, so solo che prima di addormentarmi mi sono avvicinato a Eren... e l'ho baciato -
La voce si era ridotta a un sussurro pronunciando le ultime parole. Il volto di Sasha si era illuminato, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa era stata preceduta da Armin.
- Quando mi sono svegliato non riuscivo a crederci, non l'avevo assolutamente premeditato o pensato prima d'ora. E la cosa bella è che in quel momento mi è sembrata la cosa più naturale del mondo -
- Direi che è un segnale, no? -
- S-Segnale di cosa? -
- Del fatto che in fondo non lo consideri solo un amico -
Armin era arrossito e, senza riuscire a incrociare lo sguardo di Sasha, ci aveva pensato su qualche secondo, poi aveva risposto: - Ma no, non è come pensi tu... Insomma, lui non sa neanche che sono gay. O almeno non gliel'ho mai detto -
- Potrebbe non essere necessario -
- Che intendi dire? - questa volta aveva sollevato la testa e per un attimo gli era parso di intravedere un luccichio divertito negli occhi dell'amica.
- Vi ho osservati ieri sera, sembrava vi conosceste da sempre! Il modo in cui scherzate insieme è adorabile e anche il fatto che ti abbia fatto ubriacare lo è stato - aveva condito la frase con un occhiolino, che aveva avuto l'effetto di mettere ulteriormente in imbarazzo Armin.
- Ah, lascia stare... Tu piuttosto, con Connie? - era il suo turno di indagare un po', visto come si era svolta la serata tra quei due, e quello di Sasha di avvampare a sua volta, presa alla sprovvista. Aveva cercato di fare la disinvolta, guardandosi intorno mentre chiedeva cosa mai intendesse con quella domanda.
- Nemmeno tu mi freghi. Non credo sia stato un caso che vi siate svegliati abbracciati -
- Veramente era lui ad abbracciare me -
- Come se cambiasse il fatto che avete passato la serata insieme e siete entrati in sintonia da subito. E tu mi sei sembrata felice, o sbaglio? - le labbra gli si erano piegate in un sorriso rassicurante.
- E' molto simpatico, lo ammetto. Abbiamo riso un sacco ieri! Lui batteva la spalla di chiunque si trovasse davanti, per poi scappare facendo finta di niente... dovevi vedere le facce della gente quando si voltava e non trovava nessuno- a questo ricordo era scoppiata a ridere, allegra.
- Sasha rassegnati, è il tipo per te! Vi immagino temibili insieme - aveva sospirato Armin, decidendo comunque di non insistere sull'argomento.
Avevano trascorso un paio d'ore a guardare un film mangiando patatine, poi la ragazza aveva salutato lui e il nonno ed era corsa a casa a finire di studiare per il giorno dopo.
... in fondo non lo consideri solo un amico...
Quelle parole continuavano a tormentare Armin, si insinuavano nelle pieghe del cervello, logorandolo dolcemente e inesorabilmente, come un fastidioso tarlo che scava gallerie infide e intricate in un vecchio mobile di legno.
Possibile che questo dubbio non gli avesse ancora sfiorato la mente? Aveva pensato più volte a quanto Eren fosse un bel ragazzo, ma si era fermato lì. Era un fatto innegabile e chiunque avrebbe potuto constatarlo.
Non aveva mai dato troppa importanza al batticuore che lo accompagnava quando era in sua presenza, né alle farfalle nello stomaco quando i loro sguardi si incontravano, o a quanto fosse stato piacevole il contatto della sera prima durante l'ultima canzone.
Maledì mentalmente Sasha e aveva appena deciso di non farsi troppe domande quando gli arrivò il messaggio di Eren.
wei armin, passata l'hangover?
Eccole, le farfalle.
Con mani leggermente tremanti prese il cellulare e rispose ponderando le parole.
Era un tipo riflessivo lui.
Sto decisamente meglio, grazie! Comunque la colpa è tutta tua che hai insistito col farmi bere :(
ahahah non dire che non ti sei divertito biondo
Armin sorrise e le gote gli si colorarono leggermente nel leggere quel nuovo nomignolo. Per un attimo si chiese se mai Sasha, in tutti quegli anni di amicizia, gliene avesse dati così tanti.
Hai ragione, non posso negarlo! Fortunatamente questa volta non ho fatto nulla di cui pentirmi :)
Deglutì a fatica inviando il messaggio e realizzando il significato di ciò che aveva scritto.
Quindi non mi pento di averlo baciato? Che poi "baciato" è un parolone... cosa vuoi che sia stato? Non ricordo nemmeno COME sia stato, in definitiva. E lui non sembra ricordare nulla del tutto.
meglio così, mi sentirò meno in colpa a rifarlo in futuro
Non approfittare troppo delle mie debolezze, ti ricordo che senza di me saresti spacciato
già... a proposito, domani ci vediamo?
Per studiare? Certo! Domani non sono in libreria quindi possiamo vederci in biblioteca o puoi venire qui a casa mia se vuoi
no intendevo per uscire, ho già finito di studiare
Oddio. Un appuntamento? No, Armin, lui ti vede come un amico. E anche tu.
Cercò di convincersi. Eppure il cuore aveva preso a correre una maratona dentro al suo petto.
Sì, va bene :) Hai in mente qualcosa?
in realtà no ma mi interessa stare con te
Ecco, pensò Armin sentendo il collo della maglia improvvisamente troppo stretto intorno alla gola. Se avesse ricevuto un messaggio del genere appena ventiquattr'ore prima di sicuro non avrebbe sudato in quella maniera. Maledetta Sasha, era solo a causa delle sue insinuazioni se ora si trovava in quello stato.
Perfetto, ci inventeremo qualcosa allora :)
~ • ~
Eren si chiese perché avesse dovuto scrivere un messaggio così sdolcinato. Che diavolo vuol dire "mi interessa stare con te?". E' una cosa che si scrivono i fidanzatini, non gli amici.
Giunse alla conclusione che tanto Armin non ci avrebbe fatto caso, contenuto e posato com'era.
Continuarono a messaggiare per tutta la sera e persino a tavola fu ripreso dai suoi perché troppo distratto. Si addormentò sul divano guardando una vecchia puntata di "Fullmetal Alchemist", di cui aveva il cofanetto completo tra i DVD, ancora con il cellulare in mano e sul display un ultimo messaggio di Armin che per quella sera non avrebbe ricevuto risposta.
Lunedì mattina arrivò in fretta e portò con sé un'inconscia aspettativa nell'animo di Armin. Si alzò presto come sempre e fece una doccia calda per far cessare i brividi che iniziava ad avere al mattino, quando usciva da sotto le coperte e appoggiava i piedi nudi sul pavimento. Stava arrivando l'inverno, in fondo.
In cucina c'era il nonno ad aspettarlo, allegro come ogni giorno. Gli aveva già preparato il tè e in tavola gli fece trovare fette biscottate e marmellata di ciliegie, la sua preferita.
- Buongiorno, Armin - lo salutò appena lo vide varcare la soglia, già vestito e pronto per la giornata.
- Buongiorno, nonno - rispose lui sedendosi a tavola e avvicinando a sé il barattolo di miele, da cui prese una generosa cucchiaiata per farla poi colare nella tazza.
- Oggi tornerò a casa un po' più tardi, di sicuro prima di cena. Va bene? -
- Certamente! Ti fermi a scuola a studiare? - risultò quasi una domanda retorica alle orecchie di Armin. D'altronde, ogni volta che si era fermato oltre l'orario scolastico finora era stato per rimanere in biblioteca o per aiutare qualche amico con i compiti.
- In realtà esco con Eren... -
Il nonno si voltò di tre quarti e lo guardò di sottecchi, abbozzando un sorriso: - Bene, figliolo. Allora divertitevi -
- Già... - il ragazzo però era fin troppo immerso nei propri pensieri per essersi accorto della sua occhiata affettuosa. La fetta biscottata ebbe uno spasmo tra le sue mani. O più realisticamente, furono le sue mani a tremare leggermente pensando a cosa avrebbe fatto una volta solo con Eren.
Aveva sperato che il dubbio del giorno prima sarebbe svanito con una bella dormita. Invece non l'aveva lasciato in pace, insinuandosi nei suoi sogni e disturbando il suo sonno, provocandogli brividi durante tutta la notte.
- Coraggio, finisci di mangiare se non vuoi fare tardi - lo esortò il signor Arlert dopo qualche minuto di silenzio.
- Ehm, sì -
Ma quel giorno la colazione proprio non gli andava giù, così dovette fare uno sforzo immane per ingoiare gli ultimi bocconi prima di correre a lavare i denti e schizzare fuori casa.
L'aria era fredda quella mattina, il vento che si era alzato durante la notte gli sferzava il viso, costringendolo a stringersi nella giacca. La stessa giacca che gli aveva prestato Eren due sere prima.
Affrettò il passo anche se era più che puntuale: non vedeva l'ora di arrivare a scuola e piazzarsi al suo banco, quello vicino al termosifone.
Appena entrò, però, non percepì il classico sbalzo di temperatura, al contrario il freddo penetrò ancora più insistente nelle sua ossa.
- Niente riscaldamento oggi. Che rottura eh? - sentì una voce alla sua destra. Armin si voltò e vide Connie, svaccato su una sedia in corridoio, altrettanto infreddolito.
- Ehi Connie, ciao! -
- Ciao Armin. Tutto bene? -
- Sì grazie, a parte questo freddo che non riesco a togliermi di dosso -
In quel momento si avvicinò quella figura alta, snella e un po' curva che Armin avrebbe riconosciuto tra mille. La vide con la coda dell'occhio, accompagnata dal caratteristico rumore di scarpe fatte strisciare sul pavimento.
- Ehi biondo! Connie - il nuovo arrivato si rivolse prima a lui poi all'amico rasato con un cenno del capo.
Armin si voltò a incrociare il suo sguardo, realizzando che lo stava rivedendo per la prima volta da quando aveva parlato con Sasha. Cercò di rimanere il più disinvolto possibile.
- Ciao Eren! Come... come stai? -
- Tutto bene! Pronto per oggi pomeriggio? - gli chiese con un grande sorriso.
- Perché? Che succede oggi pomeriggio? - si intromise Connie, che era rimasto seduto fino a quel momento fissando il cellulare.
- Io e Armin andiamo a fare un giro - rispose Eren.
- Ah, bene - Connie tornò a smanettare con il telefono.
Dopo qualche frase di circostanza sulla giornata che li aspettava, su quanto fossero isterici i professori al lunedì mattina e su quanta poca voglia avessero di ricominciare la settimana, la campanella suonò e i tre fecero per salutarsi.
Prima di incamminarsi, cercando di non farsi vedere da Eren, Connie si avvicinò ad Armin.
- Ehm ascolta... non è che potrei avere il numero di Sasha? Avevamo parlato di... una cosa e... -
Il biondo sorrise ed estrasse il cellulare dalla tasca: - Non dirmi nulla... Eccolo! -
Gli fece copiare il numero dalla propria rubrica e salutò l'altro ragazzo, un po' imbarazzato ma visibilmente soddisfatto.
Arrivato in classe andò a sedersi al proprio posto, tra Sasha e quel benedetto termosifone che sarebbe rimasto spento per tutta la giornata. Non tolse neanche la giacca dal freddo che aveva, anzi cercò di stringerla il più possibile intorno alle spalle.
Inizialmente non ci aveva fatto caso, ma più avvicinava il naso a quel tessuto, più si inebriava dell'odore di Eren. Per un attimo pensò che non se la sarebbe più tolta di dosso, quella giacca.
L'amica entrò poco dopo e, appena si fu seduta al banco, attaccò a messaggiare, quasi senza degnare Armin di un saluto. Ovviamente lui non se la prese, sapendo benissimo chi fosse il suo interlocutore.
Prese dallo zaino i libri per la prima lezione e appoggiò la testa sulla mano chiusa a pugno, guardando fuori dalla finestra e facendosi trasportare dai propri pensieri.
E la scena rimase la stessa per quasi tutta la mattinata: Sasha intenta a scambiare messaggi con Connie e a ridacchiare di tanto in tanto e Armin con lo sguardo perso nel vuoto con gli occhi lucidi.
Finché anche lui non sentì il cellulare vibrare nella tasca della felpa, durante l'ultima ora.
cosa ti piacerebbe fare oggi?
Era Eren. Aveva quasi dimenticato di doverlo vedere dopo scuola e d'un tratto si trovò a pensare che l'unica cosa che avrebbe voluto effettivamente fare fosse tornare a casa e mettersi sotto le coperte. Ma non voleva assolutamente deludere l'amico.
Quello che vuoi :) Sono pronto a qualsiasi proposta
Eren rispose subito, probabilmente perché si stava annoiando a morte in classe.
secondo me pioverà, che ne dici di tornare in quella pasticceria?
Va benissimo :) Ci vediamo all'uscita allora
okay, a tra poco
- Stai bene, Armin? - gli chiese Sasha quando mancavano poco più di cinque minuti alla fine dell'ora.
- Sì, perché? - rispose lui, stupito.
- E' tutto il giorno che sembri distratto, non è da te. Per di più sei pallido e non hai ancora tolto la giacca da quando sei arrivato stamattina -
- Beh, tu non hai freddo? -
- Non troppo, ma mi sembra che nessuno stia patendo più di tanto -
- Sarà... -
Quando suonò la campanella, Armin ci mise un attimo a raccogliere tutte le sue cose e a uscire, non prima di aver dato a Sasha un bacio sulla guancia.
Eren uscì pochi minuti dopo e quando lo vide sembrò illuminarsi.
Appena gli si avvicinò, però, la sua espressione cambiò, facendosi seria, con un velo di preoccupazione.
- Ehi, stai bene? - gli chiese prima ancora di salutarlo.
Il biondo, stupito per l'improvviso cambio di atteggiamento e per la domanda, rispose: - Sì, sto bene... perché? -
- Sei pallido. E hai gli occhi lucidi - dicendo questo gli portò il palmo della mano sulla fronte.
- Scotti Armin! -
- Non è niente Eren, sto bene - provò a convincerlo.
- No no, adesso corriamo a casa e ti misuri la febbre -
- Ma... e la nostra uscita? -
Eren lo guardò, stirando un sorriso incredulo e beffardo insieme.
- Starai scherzando, spero -
- Perché dovrei? -
Il moro non rispose. Gli prese un polso e iniziò a camminare in direzione di casa sua, senza lasciargli modo di fraintendere le sue intenzioni o di protestare.
Armin si sentì quasi sollevato, a pensarci bene. L'idea di tornare a casa al calduccio non gli dispiaceva per niente, dopo aver passato la giornata a battere i denti. Quantomeno, fosse stata davvero febbre, avrebbe trovato una spiegazione ai brividi e a quel freddo insistente provato da quando si era alzato quella mattina.
Per di più, Eren non l'aveva abbandonato, ma anzi se lo stava praticamente trascinando dietro per assicurarsi che rimanesse al caldo, senza sapere che come prima cosa gli stava scaldando il cuore dimostrandogli quell'interessamento.
Rimasero in silenzio per quasi tutto il tragitto e fu piacevole. Il vento era cessato di poco e scompigliava i capelli di entrambi, soffiando nelle loro orecchie e sulle cime degli alberi che si trovavano sul lungo viale pedonale che li conduceva a casa Arlert. L'unico rumore che lo accompagnava era quello delle foglie secche calpestate dai loro passi.
Armin prese le chiavi di casa non appena questa si intravide in fondo alla strada e aprì la porta velocemente una volta arrivati.
Le narici di Eren furono invase da un profumo buonissimo, appena varcò la soglia, di cui sembrava non essersi accorto il giorno prima: provò a scindere gli odori ma tutto quello che percepì fu una piacevole combinazione di legno, caminetto e carta. Lo stesso profumo che si portava dietro Armin ovunque andasse.
- Okay, dimmi solo dove posso trovare un termometro, al resto penso io - gli disse vedendolo già fin troppo indaffarato per i suoi gusti. Il calore l'aveva subito rigenerato e si stava dirigendo in cucina, deciso a preparare il pranzo.
Il biondo si mise a ridere alla determinazione di Eren: era così dolce a suo modo.
- Ehi non sto morendo, sono ancora in grado di preparare una pasta! Però, se proprio vuoi farmi un favore, il termometro è nell'armadietto del bagno, quello a destra dello specchio - gli disse, già intento a riempire una pentola d'acqua.
- Arrivo subito - rispose l'altro dirigendosi alla porta in fondo al corridoio. Era stato lì anche il giorno prima, eppure ebbe la sensazione di entrarci per la prima volta. Il profumo di pulito quasi lo stordì e l'ordine che regnava lì dentro, nonostante fosse un bagno piuttosto piccolo, lo meravigliò non poco.
Si affrettò a cercare ciò che gli serviva e dopo averlo trovato tornò in cucina.
- Bene biondo, ora ti siedi lì e te ne stai buono a misurarti la febbre - lo redarguì prendendolo per le spalle e facendolo accomodare davanti al camino spento. Neanche a farlo apposta, sulla sua poltrona preferita.
Armin portò il termometro sotto l'ascella: era ancora uno di quelli vecchi, al mercurio, e avrebbe dovuto aspettare fermo per cinque minuti, così Eren ne approfittò per preparare la tavola, chiedendo all'amico dove trovare il necessario.
- Trentotto e sei... - disse Armin leggendo il numero sulla tacca corrispondente dell'aggeggio, una volta finita l'attesa.
- Porca vacca, Armin! Dopo pranzo ti imbacucchi per bene e ti riposi, okay? -
Il malato si trovò a sorridere, di nuovo. - Non ti preoccupare! Sono abituato alla febbre, sai? Me la prendo sempre, a inizio inverno... quest'anno è solo arrivata un po' prima -
- Non mi interessa! Ce ne andiamo di sopra a vedere un film piuttosto, ma tu devi startene tranquillo al caldo -
- Va bene, papà - lo prese in giro Armin facendogli la linguaccia.
Eren si finse offeso, ma tempo di finire di mangiare e l'apprensione nei suoi confronti si era ridimensionata, vedendolo lucido e apparentemente più colorito. Non sapeva che il colore sulle sue guance fosse dato dalla sua semplice presenza e non dal fatto che stesse effettivamente meglio.
Dopo aver sparecchiato e sistemato i piatti nella lavastoviglie, i due si recarono in mansarda, intenzionati a guardare un film.
- Allora, cosa mi proponi? - gli chiese Eren una volta arrivati su, osservando il mobiletto sotto al televisore, in cui erano presenti i vari DVD ordinatamente divisi per genere.
- Questo - rispose il Armin, inginocchiato vicino a lui, prendendo "Tarzan" dalla fila dedicata ai cartoni animati.
- Non l'ho mai visto, ci sta -
Il moro si accomodò sul divano mentre il biondo accendeva il televisore e inseriva il disco nel lettore. Poi prese un'ampia coperta e andò a sedersi a sua volta, non troppo vicino all'altro perché potesse risultare equivoco.
Eren sembrò coinvolto fin da subito e ad Armin fece piacere, nonostante i suoi commenti e gli insulti rivolti a Sabor, il leopardo che aveva attaccato i genitori di Tarzan.
Ad appena dieci minuti dall'inizio del film, Eren sentì un tremito accanto a sé. Si voltò e trovò l'altro ragazzo rannicchiato, con gli occhi lucidi e una lacrima a rigargli lo zigomo. Gli si avvicinò e gli cinse le spalle con un braccio: - Ehi, che succede? -
Armin tirò appena su con il naso e, senza guardarlo negli occhi, ma indicando lo schermo, gli rispose: - Niente, è che questa canzone... mi ricorda mia mamma -
Eren tornò allora a concentrarsi sul film, giusto il tempo per rendersi conto che la mamma adottiva del protagonista, un gorilla parlante dagli occhi dolci e la voce calda, stava abbracciando e cullando il piccolo Tarzan, tenendolo tra le braccia e facendolo addormentare al suo fianco. Si ricordò che Armin non aveva più i genitori e lo strinse ancora di più a sé. Gli lasciò appoggiare la testa sulla propria spalla e gli accarezzò i capelli lentamente, delicatamente.
Si trovò a pensare che con nessuno aveva mai condiviso un momento tanto intimo. Ma era giusto così, il suo amico aveva bisogno di lui e tutto quello che poteva fare era tenerlo stretto a sé, fargli sentire che lui sarebbe stato al suo fianco qualsiasi cosa gli fosse accaduta. Chiuse gli occhi e affondò il viso nei suoi capelli, aspirandone il profumo e ascoltando le parole della canzone del cartone, così semplice eppure così bella.
Rimasero in quella posizione fino alla fine del film, quando Eren fu costretto a sorreggere la testa bionda ormai addormentata. Osservò il volto di Armin, così sereno durante il sonno, le ciglia poggiate delicatamente sugli zigomi, le labbra leggermente socchiuse.
Era... bello. E lui stava bene, non avrebbe cambiato nulla di quel momento perfetto. Gli diede un piccolo bacio sulla testa, sfiorandogli i morbidi capelli della frangia, e aspettò pazientemente che si svegliasse.
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