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Libri

DLIN DLON

La campanella sopra la porta d'ingresso risuonò nella libreria vuota.

Eren entrò titubante in quel mondo a lui quasi sconosciuto, ma che da sempre aveva esercitato un certo fascino nelle sue fantasie fin da quando da bambino accompagnava suo padre a scegliere un libro nuovo. Allora rimaneva attaccato a un suo braccio, ascoltandolo distrattamente mentre chiacchierava con il signor Arlert, l'anziano libraio, un uomo dalla pelle chiara, i capelli ormai grigi e gli occhi color del cielo.

Conosceva di vista anche il nipote dell'uomo, un bimbetto biondo e deboluccio spesso in cura da suo padre, Grisha, il medico del paese. Sapeva anche che ora questo bimbo, ormai un ragazzo in realtà, frequentava il suo stesso liceo, ma non aveva idea di come si chiamasse, né se lo era mai chiesto.

In ogni caso quel giorno, entrando dopo tanti anni e sentendo il profumo della carta e dei vecchi scaffali di legno della libreria "Ye Olde Arlert Bookshop", provò un senso di nostalgia per la sua infanzia.

- Posso aiutarti? - la voce proveniva da dietro al bancone ed Eren trasalì, convinto fino a quel momento di essere da solo nel negozio. Voltandosi, si trovò davanti il nipote del signor Arlert ad aspettare una sua richiesta.

- Ehm... sì, credo - rispose Eren avvicinandosi al bancone, grattandosi inconsciamente la nuca. - Mi serve un libro, il dipinto di... qualcosa, o qualcuno -

L'altro lo guardò perplesso, aggrottando la fronte.

- Sì, beh aspetta che prendo il titolo - iniziò a rovistare freneticamente nello zaino, alla ricerca di un indizio sull'autore o sul titolo del libro assegnatogli a scuola, anche se, conoscendosi, dubitava di essersi appuntato una scemenza simile da qualche parte: per lui era l'ennesima consegna noiosa di un insegnante noioso di una materia noiosa.

- Intendi per caso questo? - provò il biondo, mostrando al singolare cliente "Il ritratto di Dorian Gray".

- Sì! Sì, bravissimo! - esclamò Eren con un'espressione sollevata in volto. - Capisci sempre al volo quello che ti chiede la gente? -

Il ragazzo dietro al bancone arrossì leggermente, prima di rispondere con un sorriso: - Sai, di solito le persone sanno di cosa hanno bisogno... Se vengono qui è perché sono interessate a un libro -

- Giustamente - rifletté il castano tra sé e sé. - Beh, è un libro che devo leggere per la scuola, non posso proprio dire di essere interessato - la mano corse nuovamente ad accarezzare la nuca.

- E' un bel libro, scommetto che ti piacerà - il biondo mise il libro in una busta di carta e gliela porse.

- Ah ah ah e va bene, e io scommetto che non riuscirò neanche a finire il primo capitolo - Eren riusciva a prendere tutto come una sfida, e questa era una scommessa fin troppo facile da vincere. Anche se dentro di sé, solo per un attimo, sperò di perdere soltanto per compiacere l'altro.

Pagò e prese la borsa, ma quando uscì provò una strana sensazione: non sapeva esattamente per quale motivo, ma sarebbe rimasto volentieri a parlare ancora un po' con quel ragazzo.

Tornato a casa, si piazzò davanti alla televisione fino all'ora di cena. In fondo era venerdì e nessuno avrebbe potuto costringerlo a studiare. Mangiò la pizza insieme ai suoi poi, come suo solito, si chiuse in camera, pregustandosi una serata di serie TV e videogiochi. Fece per prendere il telecomando, ma il suo occhio cadde sulla busta di carta che aveva abbandonato sulla scrivania appena entrato in casa e di cui si era già dimenticato.

Perché no? Non vedeva l'ora di andare dal biondino e sbattergli in faccia la dura realtà che lui e i libri erano materiale assolutamente incompatibile.

Prese il libro, si buttò a pancia in giù sul letto e aprì la prima pagina. La lesse tutta. E lesse tutto il primo capitolo. Non era così male, in fondo, ma sapeva già che non sarebbe andato molto oltre: non aveva più finito un libro dai tempi in cui leggeva Geronimo Stilton.

Capitolo due.

Capitolo tre.

Capitolo quattro.

Capitolo quattro?! Com'è possibile?

Non si era accorto di quanto tempo fosse trascorso, così prese il telefono: 172 messaggi e 3 chiamate perse di Connie.

Lo richiamò immediatamente: - Ehi, Connie! -

- Jaeger, dov'eri sparito? -

- Stavo, ehm, guardando un film con i miei... -

- Sì, va bene, noi siamo al pub, vuoi venire? -

Normalmente non avrebbe esitato a fiondarsi fuori da casa per una birra con i ragazzi, ma questa volta guardò il libro ancora aperto sul suo letto ed esitò.

- Eren, ci sei? -

- Scusa Connie, credo che questa sera rimarrò a casa, sono un po' stanco -

- Mh, non me la conti giusta... Lunedì voglio i particolari. Ciao, Jaeger! -

- Particolari? Ma di che... ? - ma l'altro aveva già attaccato la chiamata.

Poco importava, la sua mente era troppo occupata a chiedersi come sarebbe continuata la storia che aveva lasciato a metà.

Verso l'una, Grisha bussò delicatamente alla porta del figlio, senza ottenere risposta. Entrò e ciò che vide lo stupì, ma non riuscì a trattenere un sorriso: Eren era addormentato, disteso a pancia in su sul letto, con un braccio penzoloni in direzione del pavimento e l'altro appoggiato a un libro che ora giaceva aperto sul suo petto.

Richiuse la porta e andò in camera da letto, dove la moglie si stava preparando per dormire.

- Carla, indovina un po' cosa stava facendo tuo figlio? -

- Fammi indovinare... Videogiochi? -

Grisha scosse la testa con un sorriso: - No! Stava leggendo -

La donna si bloccò, con il cuscino in mano e le sopracciglia inarcate per lo stupore: - Nostro figlio? Però... dovremo fare i complimenti a chi è riuscito a convincerlo! -

Quella notte i sogni di Eren furono confusi: correva, inseguito da libri che diventavano sempre più grandi e veloci mano a mano che gli si avvicinavano. Quando un vecchio libro dalla copertina marrone e consunta lo stava per raggiungere, un ragazzo gli porse la mano e lo trascinò in salvo, all'interno della libreria che aveva visitato il pomeriggio prima. Il ragazzo altri non era che il nipote del vecchio libraio, che, tenendolo per mano, lo condusse nel retro del negozio. Qui aprì una porta: era buio e non sembrava esserci un pavimento. Il biondo spinse Eren oltre la porta, urlandogli "Leggere ti piacerà!" e lasciandolo cadere nel vuoto.

Si svegliò di soprassalto, ansimando e con il sudore che gli imperlava la fronte. Riprese fiato e si riposizionò per sedersi a gambe incrociate. In quel momento sentì un tonfo sul pavimento: era il libro che stava leggendo la sera prima. Lo raccolse e non poté fare a meno di ripensare al sogno.

Quel biondino... chi l'avrebbe mai detto che avrebbe vinto la scommessa.

Pensò appoggiando il libro sul comodino e si sdraiò, intrecciando le braccia sotto la nuca. Poco dopo si riaddormentò, ripensando a quegli occhi color dell'oceano che qualche ora prima l'avevano scrutato, curiosi e perplessi, nella penombra della libreria.

La mattina del sabato Eren si svegliò con un unico pensiero in testa: tornare alla libreria.

Si alzò, si vestì in fretta e furia e corse in cucina, dove c'erano i suoi genitori ad aspettarlo per la tradizionale colazione del sabato mattina.
- Buongiorno - li salutò. Prese un croissant al volo, finì la sua spremuta d'arancia in un sorso e corse fuori casa, senza lasciare il tempo ai due adulti di capire cosa stesse succedendo.

- Evidentemente leggere gli dà alla testa - scherzò Grisha, scatenando una fragorosa risata nella moglie.

Solo quando era per strada da qualche minuto Eren si rese conto di non aver neanche guardato l'ora prima di uscire, così prese il telefono dalla tasca per assicurarsi che non fosse troppo presto e che la libreria non fosse ancora chiusa.

Con suo grande sollievo, la saracinesca del negozio era già alzata quando arrivò, così prese un po' di fiato, si passò una mano tra i capelli per renderli quantomeno presentabili, ed entrò.

I suoi occhi impiegarono qualche secondo ad abituarsi alla luce della libreria, e prima di essere in grado di guardarsi attorno fu sorpreso da una voce da dietro al bancone che gli diede il benvenuto:

- Buongiorno! -

Purtroppo, la voce non era quella dolce e cristallina che lo aveva accolto il giorno prima, ma quella un po' roca e altrettanto gentile del proprietario della libreria.

- Ehm, buongiorno... - Eren non aveva la minima idea di come continuare il discorso. Fortunatamente ci pensò il signor Arlert a rompere il silenzio.

- Posso esserti utile in qualche modo? - gli chiese con un bel sorriso - Ti serve un libro? -

Eren fece di no con la testa.

L'uomo aveva riconosciuto il figlio del dottore. Lo squadrò e, quando si accorse che il ragazzo teneva tra le mani una copia de "Il ritratto di Dorian Gray", sorrise tra sé e sé, ripensando alla conversazione avuta la sera precedente con il nipote riguardo a uno strano ragazzo che era venuto a procurarsi proprio quel libro.

- Armin non c'è, lo potrai trovare oggi pomeriggio -

- A-Armin? -

- Mio nipote. È lui che stai cercando, non è vero? -

Eren arrossì e prese a osservarsi attentamente le scarpe da ginnastica. Poi annuì.

Il libraio sorrise di nuovo, intenerito e divertito al tempo stesso, e vedendo che il ragazzo non sembrava ancora soddisfatto, gli chiese: - Vuoi che gli lasci un messaggio? -

Eren ci pensò un po' su, poi chiese al signor Arlert una penna e un pezzo di carta, e ci scrisse su il proprio numero di telefono. - Glielo potrebbe dare... per favore? Gli dica che ha vinto la scommessa, credo capirà -

Non nutriva grandi speranze sul fatto che Armin gli avrebbe davvero scritto. Invece, poco dopo mezzogiorno, ricevette un messaggio da un numero sconosciuto.

Ciao Eren! Sono Armin, ci siamo visti ieri in libreria. Mio nonno mi ha detto che ho vinto la scommessa! Ne sono felice, vuol dire che il libro ti è piaciuto :)

Eren sentì il cuore fare una capriola nel petto leggendo il messaggio, così ordinato e gentile, e non esitò a rispondere dopo aver salvato il numero sul suo cellulare.

ciao il libro non l'ho ancora finito ma è forte. Volevo dirtelo di persona ma stamattina non ti ho trovato

La risposta non tardò ad arrivare.

Non sempre ci sono io in libreria, aiuto mio nonno qualche volta dopo la scuola e al sabato pomeriggio. Però se volessi passare oggi mi farebbe piacere :)

Eren ci pensò un po' su: non voleva sembrare invadente, ma aveva inspiegabilmente voglia di rivedere il biondino e parlare con lui di quanto fosse bello quel libro. Così decise di accettare.

va bene, ci vediamo più tardi.

A pranzo mangiò a stento, il che preoccupò non poco i genitori, visto che normalmente non era sazio finché non aveva divorato una doppia porzione di qualsiasi cosa gli venisse cucinata.

- Eren, stai bene? - gli chiese la madre appoggiandogli una mano sulla sua, vedendo che continuava ad attorcigliare gli spaghetti intorno alla forchetta senza mangiarli.

- Eh? - il ragazzo sobbalzò, tornando con la mente al suo piatto. - Sì, sto bene, ho solo poca fame -

I suoi si scambiarono uno sguardo preoccupato.

- Non è da te, tesoro. Sai che con noi puoi parlare se c'è qualcosa che non va -

Il castano alzò la testa per un momento, incrociando gli sguardi di entrambi i genitori, poi tornò a contemplare il suo pasto, quasi intatto.

- Sento lo stomaco... strano. Ma non sto male, sembra solo che ci siano dentro le farfalle, è fastidioso -

I suoi si scambiarono un'altra occhiata, sollevata questa volta.

- Eren... sei innamorato per caso? - gli chiese la madre con un sorriso.

L'altro si lasciò sfuggire la forchetta di mano, portò la mano dietro la nuca e rispose risentito:

- Ma che... ? Innamorato? Io non mi innamoro mamma, è una cosa da ragazze! -

I genitori scoppiarono a ridere e la donna lasciò la mano del figlio. Poi Grisha decise di indagare sulla sua evidente cotta prendendo il discorso alla larga: sospettava che avesse a che fare con il motivo per cui Eren, di punto in bianco, si era messo a leggere. Si schiarì la gola prima di parlare:

- Allora, Eren, dimmi un po', chi ti ha convinto a leggere un libro? -

Preso alla sprovvista, il ragazzo arrossì e iniziò a balbettare, cosa per lui insolita.

- Nessuno, io devo leggerlo p-per scuola... e... -

- Eren, tu non leggi mai i libri che ti assegnano a scuola. Sono quelli che eviti più accuratamente -

- L'ho fatto per una s-scommessa... -

- Con i tuoi compagni? -

- N-no... con... ehm... con il libraio -

- Aah, il signor Arlert - esclamò scaltramente Grisha.

- Sì... cioè, no... il signor Arlert giovane... il nipote -

Di nuovo i due genitori si guardarono, sempre più divertiti.

- Armin? Bisogna che passi a ringraziarlo allora, è riuscito a convincere il mio figlio testone ad aprire un libro! - disse, battendogli affettuosamente e delicatamente un pugno sulla testa, per poi scompigliargli i capelli.

- Eh... già -.

Fortunatamente, dopo questa piccola tortura Grisha e Carla iniziarono a parlare tra loro, ed Eren tirò un sospiro di sollievo, decidendosi a mandar giù qualche boccone.

Con l'intento di uscire per le tre da casa, iniziò a prepararsi un po' prima. Mai, in vita sua, aveva badato ai vestiti o ai capelli o a qualsiasi particolare che potesse renderlo un ragazzo in ordine, ma quel giorno impiegò quasi mezz'ora tra lavarsi, vestirsi e addirittura pettinarsi: voleva sembrare un ragazzo per bene, proprio come gli era parso Armin.

Quando si sentì a posto, corse giù per le scale cercando di non farsi vedere dai suoi e uscì, urlando: - Ciao, vado da Connie! -

Quando i suoi sentirono la porta sbattere risero di gusto, scuotendo insieme la testa, inteneriti: non se l'erano per niente bevuta.

~ • ~

- Permesso? - quando Armin sentì la voce di Eren, appena entrato nella libreria, il battito del suo cuore accelerò leggermente. Non gli rispose subito, ma lo sbirciò per un po', ben nascosto dietro alla porta che dava sul retro.

Il ragazzo si guardava intorno, studiando gli scaffali e le pareti intorno a lui: osservò i libri, divisi per argomenti, e si avvicinò alla sezione dedicata ai viaggi per accarezzare il dorso delle guide turistiche che si trovavano all'altezza del suo volto, lasciando scorrere i polpastrelli sul rilievo delle scritte. Alzando lo sguardo, si accorse di un mappamondo di legno che troneggiava sullo scaffale più in alto, un pezzo d'antiquariato di grande valore.

Con il passo leggero come quello di un gatto, Armin aprì del tutto la porta dietro alla quale si nascondeva, e si sistemò dietro al bancone, appoggiandoci i gomiti e reggendosi la testa con le due mani, continuando a osservare l'altro e aspettando che si accorgesse della sua presenza.

Eren non ci mise molto a rendersi conto di non essere più solo, e quando vide Armin per poco non saltò in aria per la sorpresa, provocando al biondo una risata genuina.

- Mi hai spaventato, pensavo non ci fosse nessuno! - esclamò fingendo risentimento, ma contento di aver strappato un sorriso al giovane libraio.

- Scusami, era bello vederti osservare i libri come se non ne avessi mai visti in vita tua - rise ancora l'altro.

Eren portò la mano alla nuca. Negli ultimi due giorni gli era capitato spesso di fare questo gesto inconsciamente, segno che era molto nervoso.

- Si vede che non mi piace leggere, eh? - rispose, senza riuscire a sganciare i propri occhi da quelli grandi e azzurri che si trovava davanti. E lo stesso sembrava funzionare per Armin: il giorno prima non l'aveva notato, ma gli occhi di Eren erano due stupende pietre preziose, verdi come smeraldi.

Per qualche secondo, i ragazzi rimasero a guardarsi, l'uno concentrato sugli occhi dell'altro.

Poi fu Armin a scuotersi: - Allora, questo libro? - indicò l'opera che Eren teneva in mano.

- Ah, sì... mi piace sai? Temo di aver perso una scommessa - non era sicuro di poter osare più di tanto, ma le parole uscirono dalla sua bocca prima che potesse formulare qualsiasi altro pensiero: - Dovrò offrirti da bere -

Armin arrossì, cercando di nascondere il viso con i capelli che, arrivando al mento, gli offrivano spesso una protezione quando era in imbarazzo. - I-Io non bevo... -

- Mmh... c'è sempre una prima volta! - anche Eren sentì il calore arrivargli alle guance, ma fortunatamente lo sguardo dell'altro ragazzo era puntato altrove.

- Non dovrei essere io a scegliere una penitenza? - Armin riuscì ad alzare lo sguardo questa volta: quel ragazzo stava tirando fuori un suo lato un po' più spavaldo, che non pensava di avere. Si sentiva al sicuro, nonostante si fossero scambiati ancora pochissime parole.

- Hai ragione... basta che tu non mi costringa a leggere altri libri - il suo sguardo era supplichevole.

- Mi hai dato un'ottima idea! - uscì dal bancone e iniziò a studiare gli scaffali dedicati alla letteratura americana questa volta, scegliendone uno da propinare allo sfortunato cliente che intanto si era portato una mano sulla fronte, sconfitto.

Mentre Armin era di spalle, concentrato sui titoli, Eren si prese un attimo per osservarlo: era più basso di lui di almeno dieci centimetri, di corporatura esile ma aggraziata. I capelli, biondi e lisci, erano lasciati sciolti, con una frangia all'altezza delle sopracciglia che, incorniciandoli, metteva in risalto i suoi bellissimi occhi. Indossava una camicia bianca, aperta fino al terzo bottone a lasciare scoperta la chiara pelle del collo, con le maniche ordinatamente arrotolate fino ai gomiti; aveva un paio di pantaloni blu scuro, e ai piedi un paio di scarpe di tela bianche. Al polso destro portava un braccialettino d'oro, delicato ed elegante come tutto il resto della figura.

- Ecco qui! - si voltò allegramente, costringendo il castano a tornare con i piedi per terra, mostrandogli "Le avventure di Tom Sawyer". - Sono stato bravo: è un libro leggero, ma credo ti piacerà, il protagonista me lo immagino un po' come te... - disse, arrossendo di nuovo e abbassando la voce mano a mano che formulava la frase. Lo pensava davvero: non appena aveva visto Eren entrare il giorno prima, un po' trasandato e con un'espressione fin troppo furba in volto, aveva pensato a Tom Sawyer, il discolo e simpatico protagonista del libro di Mark Twain.

- Ok, grazie. Prima devo finire questo però... - indicò il libro che aveva in mano.

- Fammi sapere se ti piacciono, ok? - chiese Armin mentre riprendeva posto dietro al bancone.

Eren fece per tirare fuori il portafogli, ma fu subito fermato: - E' una penitenza - disse il biondo sorridendo, e l'altro sorrise di rimando.

DLIN DLON

- Buongiorno, signor Jaeger! - esclamò il libraio, rivolto alle spalle di Eren, che sbiancò sentendo il nome di suo padre.

- Buongiorno, Armin! E buongiorno, Eren! Ero convinto che saresti andato da Connie - disse Grisha simulando un'espressione stupita.

Eren si voltò a guardare il padre, imbarazzato: - S-Sono passato perché... ecco... -

- Perché ha perso una scommessa contro di me! - finì la frase l'altro, raggiante in volto.

Grisha rise: - Ne ho sentito parlare, e sono venuto a farti i complimenti: non so che incantesimo tu abbia fatto a mio figlio, ma qualsiasi cosa sia ha funzionato, visto che dopo anni sta finalmente leggendo qualcosa che non siano le istruzioni dei videogiochi - concluse facendo l'occhiolino ad Armin e arruffandogli i capelli. Conosceva quel ragazzo da quando era un bambino, e gli era affezionato.

Eren, invece, avrebbe voluto sprofondare seduta stante. Quando il padre annunciò che sarebbe andato via, decise che sarebbe stato meglio seguirlo, per non destare ulteriori sospetti. Salutò Armin, prese il libro nuovo e uscì, non senza lanciare un ultimo sguardo al biondo, che stava ricambiando insieme a un dolce sorriso.

Sentì un calore in fondo al cuore, ed ebbe la sensazione di aver trovato la cosa che stava cercando, senza sapere di averne mai avuto bisogno fino a quel momento.

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