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Arcobaleno e tempesta

L'appuntamento era stato fissato per le quattro al parco davanti alla scuola elementare e il ragazzo stava aspettando seduto su una panchina. Giocherellava con il cellulare, passandoselo da una mano all'altra agitato: per lui non era solo un appuntamento, quello era il suo primo appuntamento. Per di più con una ragazza simpatica, bellissima. Una ragazza certamente alla mano, anche se questo non lo aiutava a sentirsi meno in soggezione.
Non aveva idea di cosa proporle una volta arrivata. Aveva pensato alla sala giochi, a una merenda insieme, a un giro per il piccolo centro del paese. Ma sembrava tutto così banale, così... scontato. E lei non si meritava certo un'uscita scontata, imprevedibile com'era.
Avevano iniziato a sentirsi da pochi giorni e per certi versi aveva l'impressione di conoscerla da una vita.
Ma allora perché si sentiva così teso?

Decise di lasciar decidere al caso e continuò ad aspettare, cercando di svuotarsi la mente.
Si guardò intorno per distrarsi e vide un paio di bambinetti rincorrersi intorno alle altalene, un maschietto e una femminuccia. A quell'età è tutto così facile... se ti piace una bambina basta tirarle i capelli o farle lo sgambetto per farglielo capire. Non sei costretto a vestirti bene, farti le paranoie, offrirle la cena...

- Scusa il ritardo! - sentì alle spalle la voce che stava aspettano da un po' e si rese conto che sentirla gli aveva provocato ancora più agitazione. Si alzò di scatto e se la trovò davanti: senza trucco, semplice, bella.

- Non ti preoccupare, Sasha - le rispose con un sorriso per rassicurarla, anche se probabilmente era lui ad aver più bisogno di essere tranquillizzato in quel momento. Istintivamente si calò il cappello sulla fronte, quasi come per nascondere il lieve rossore delle guance.

- Allora, Connie, cosa abbiamo intenzione di fare oggi? -

- Ehm... che ne dici di una passeggiata? -

Che terribile cliché.

- Perché no? O sennò... sai, io e Armin conosciamo una buona pasticceria non lontano da qui. Che ne diresti di andare lì? -

- Perfetto! -

Aveva proposto lei e sarebbe stata una situazione poco stressante, seduti a chiacchierare intorno a un tavolo.

Si incamminarono uno di fianco all'altra a passo abbastanza sostenuto, entrambi infreddoliti per il clima di metà novembre.

- Allora? Come... come va? - chiese lui dopo qualche minuto di totale e imbarazzante silenzio.

- Oh, tutto bene! Tu come stai? - rispose lei con quella sua voce sempre allegra.

- Bene... insomma, oggi mi è andata male un'interrogazione, ma è il mio pane quotidiano -

- Lascia perdere! Non fosse per quel secchione di Armin a quest'ora starei ripetendo ancora la prima probabilmente! -

- Sì, Eren mi ha detto che aiuta anche lui... deve averne di pazienza -

- Non sai quanta! È un vero tesoro -

- Beh, io l'ho visto solo quella sera e l'ho incontrato una volta a scuola, ma non abbiamo parlato molto. Però Eren lo nomina spesso -

- Davvero? -

- Sì! Non mi ha mai parlato così tanto di qualcuno -

- E non ti sei chiesto il perché? - Sasha si era voltata a guardare il ragazzo.

- Sì certo ma... non so che gusti abbia e non voglio giungere a conclusioni affrettate -

Sasha scoppiò a ridere: - Poi dicono che siamo noi fanciulle a farci mille problemi! Non ne avete mai parlato? -

Connie si sentì ancora più in imbarazzo dopo quell'affermazione. Lui non ne sapeva niente di amore, relazioni e cose simili. Come Eren, aveva sempre e solo pensato agli amici fino a quel momento, figurati se si sarebbe messo a discutere con lui di ragazze! O, beh, di ragazzi.

- In realtà no, ma ho l'impressione che non sappia nemmeno lui se prova qualcosa per Armin. È più scemo di quello che sembra! -

Sasha si fermò di scatto e gli afferrò il gomito.

- Li aiuteremo noi a capirlo! Devono darsi una svegliata, tra tutti e due! Organizzeremo un piano perfetto -

Connie era perplesso.
Mai avrebbe pensato che la loro uscita si sarebbe trasformata in un incontro per combinare i loro due migliori amici. Ma da Sasha avrebbe dovuto aspettarsi qualsiasi cosa: sarebbe stato sicuramente un appuntamento originale.

Arrivati alla pasticceria, presero posto a un tavolino un po' appartato, lo stesso che Eren e Armin avevano occupato appena una settimana prima.

Ordinarono la merenda, poi Sasha si sporse verso Connie dalla parte opposta del tavolo con l'aria di chi sta per mettere in atto un piano per occupare la zecca di stato.

- Così mi fai paura - rise lui.

La ragazza non ci fece caso e assottigliò gli occhi, continuando a fissarlo ma con la mente rivolta ai propri ragionamenti.

- Ci serve una strategia -

- Mmh... hai in mente qualcosa? -

Sasha rimase per un momento in silenzio, lo sguardo si fece ancora più sottile: stava sicuramente tramando qualcosa.

- Eren per caso ti ha parlato di un bacio tra loro due? -

Connie aggrottò la fronte, stupito. - No! Sai qualcosa che io non so? -

- Promettimi che non ne farai parola con nessuno -

- D'accordo, puoi fidarti -

In quel momento arrivarono i dolci e le cioccolate che avevano ordinato e a Sasha si illuminarono letteralmente gli occhi.

- Che sguardo - commentò Connie cercando di trattenere una risata, una volta che il cameriere si fu spostato al tavolo accanto.

- Mh? - mugugnò la ragazza dopo aver addentato il suo enorme cupcake al lampone.

- Non ho mai visto così tanto amore negli occhi di una persona nei confronti di un dolce -

- Questo perché nessuna persona sarà mai in grado di farti felice come ci riesce un dolce - rispose lei con un occhiolino dopo aver mandato giù il boccone.

- Tornando al discorso di prima - riprese il ragazzo iniziando a sorseggiare la propria cioccolata calda - Cosa stavi per dirmi? -

- Sì, giusto. Armin mi ha detto che quando abbiamo dormito tutti da lui, dopo la festa... -

Al ricordo di quella notte, Connie rabbrividì. L'aveva tenuta tra le braccia, aveva sentito il suo profumo...

- Ehi, mi stai ascoltando? -

Sasha sembrava un po' seccata: quel ragazzo proprio non voleva concentrarsi, sembrava avesse tutt'altro in mente.

- Sì scusami, ero sovrappensiero -

- Dobbiamo aiutare quei due disperati. Senza di noi dubito riuscirebbero anche solo a capire se provano qualcosa l'uno per l'altro -

- Hai ragione. Quindi, dicevi? - era comunque difficile per lui rimanere ad ascoltarla senza perdersi nei suoi profondi occhi nocciola.

- Armin mi ha detto di aver baciato Eren quella notte! -

- Cosa?! Ma davvero? -

- Sì, davvero. Mi ha detto di averlo fatto senza pensarci, ma non ci ho creduto più di tanto... Penso che Eren stesse dormendo, ma credi che te ne avrebbe parlato se se ne fosse accorto? -

Connie ci pensò un attimo su e giunse alla conclusione che probabilmente non glielo avrebbe nemmeno accennato, per il semplice fatto che loro di certe cose non parlavano.

- Penso di no... ma sono sicuro che qualcosa di strano o di diverso l'avrei notato, lo conosco troppo bene -

- Tu cerca di indagare. Discretamente, mi raccomando -

- Tu parlerai con Armin? -

- Io aspetterò tue notizie, dopodiché decideremo cosa fare -

Connie si aspettava che Sasha gli avrebbe esposto un piano con i fiocchi, ma la ragazza taceva come se avesse finito lì il discorso.

- Tutto qui? -

- Beh, dobbiamo aspettare di avere la certezza anche su Eren! Non manderò certo Armin a dichiararsi a qualcuno a cui non interessa... anche se sono più che sicura che l'interesse ci sia eccome -

Rimasero a chiacchierare all'interno della pasticceria per un'oretta, durante la quale Connie si rilassò del tutto, ormai completamente a proprio agio come la sera in cui si erano conosciuti.

Quella che aveva iniziato ad agitarsi era Sasha, invece. Più passavano i minuti e più sentiva che la fidata parlantina la stava piano piano abbandonando. Aveva la gola secca e le sembrava che dalla bocca le uscissero solamente suoni strozzati e imbarazzati. Si trovava indubbiamente bene con il ragazzo rasato, ma aveva cominciato a chiedersi se per lui fosse lo stesso.

Fortunatamente, a parere di entrambi, non toccarono argomenti troppo personali ma rimasero sul vago: per lo più parlarono di Eren e Armin, di come li avessero conosciuti e di aneddoti sul loro conto.

Erano usciti da poco dal locale quando iniziò a piovere, forte. Nessuno dei due aveva con sé un ombrello perché non sembrava proprio dovesse piovere quel pomeriggio, così si rifugiarono sotto a un piccolo porticato e aspettarono.

Iniziava a piovere di stravento e a fare freddo, così furono costretti a stringersi l'uno all'altra, trovandosi spalla contro spalla per evitare di bagnarsi e per scaldarsi un pochino.

Erano in silenzio, a osservare le gocce che cadevano e si frantumavano sull'asfalto, quando Sasha sentì il cellulare squillare, lo sfilò dalla tasca del giubbotto e rispose: era suo padre, che la pregava di tornare a casa perché si stavano avvicinando nuvoloni sempre più grossi.

- Sì, va bene... okay papà... sì, tranquillo... vaaa bene... ciao, a dopo - chiuse la chiamata e ripose il telefono in tasca. Quando riportò la mano lungo il fianco, inavvertitamente sfiorò quella di Connie, che rispetto alla sua, rimasta sollevata per sorreggere il cellulare, era calda.

I due ragazzi incrociarono lo sguardo per un attimo, tirando fuori un mezzo sorrisetto imbarazzato.

- Dammi la mano -

Sasha non capì immediatamente l'intenzione del ragazzo, ma gli porse lo stesso la destra, che lui avvolse tra le sue iniziando a sfregarle per riscaldarla.

Lei sorrise mordendosi leggermente il labbro, godendosi quella premura.

- Devi andare? - le chiese senza lasciarla andare.

- Sì, mio papà è preoccupato -

- Andiamo, allora -

La strada da percorrere, almeno fino a un certo punto, era la stessa, così si avviarono insieme. Connie, voltandosi per camminare, aveva portato le mani in basso, ma ne aveva lasciata andare solo una, mentre l'altra rimase intorno a quella di Sasha. Non seppe mai dove trovò il coraggio di un gesto simile, ma lei non si spostò, anzi, intensificò leggermente la presa.

Corsero sotto la pioggia con i cappucci tirati sulla testa, ridendo come pazzi ogni volta che affondavano con il piede in una pozzanghera.

Arrivarono davanti a casa di Sasha giusto quando, contro ogni previsione di suo padre, smise di piovere.

- Grazie per il pomeriggio - disse lei sulla soglia - è stato bello -

Gli rivolse un sorriso sinceramente felice poi si avvicinò un po' esitante al volto di Connie e gli lasciò un bacio sulla guancia, trattenendosi per qualche secondo.

Quando si allontanò, entrambi avevano assunto un colorito tendente al bordeaux sugli zigomi.

- Allora ci sentiamo - e Sasha entrò in casa.

- Sì... ci sentiamo - Connie si voltò per riprendere la strada verso casa e davanti a sé, alzando lo sguardo, vide l'arcobaleno, completo, luminoso, con l'intera gamma di sfumature in bella vista.
La curva sulle labbra del ragazzo imitò quella nel cielo e i suoi colori si specchiarono nelle sue iridi lucide.
Quel primo appuntamento non sarebbe potuto andare meglio.

~•~

Eren era a casa di Armin quel pomeriggio. Avevano pensato di uscire inizialmente, ma poi aveva iniziato a piovere e avevano ripiegato sulla mansarda del biondo.

Erano sul divano, quel comodissimo divano in cui Eren amava sprofondare, giurando ogni volta a sé stesso che non si sarebbe mai più alzato da lì. Appoggiati ai due schienali uno di fronte all'altro, con le gambe incrociate nel mezzo, avevano la TV accesa su Scrubs e in grembo un pacco di patatine a testa.

- Lei è il mio personaggio preferito - disse Armin a un certo punto, quando comparve Elliot Reid, la ragazza dal caschetto biondo.

Eren osservò l'attrice per un attimo, poi si voltò in direzione dell'amico con un ghigno a dir poco divertito, e Armin se ne accorse: - Che c'è? - chiese, smettendo di masticare e aspettandosi chissà quale battuta idiota.

- Ecco a chi ti ispiri per i capelli! -

Il biondo sgranò gli occhi e spalancò la bocca: questa proprio non se l'aspettava.

- Ma brutto... - afferrò il cuscino su cui teneva appoggiata la schiena e lo lanciò addosso a Eren, che si coprì il volto con le mani per non essere colpito. Poi scoppiò a ridere di gusto.

- Se io sono Elliot, tu sei JD - ribatté Armin cercando di camuffare la risata che gli scappava da sotto i baffi.

- Simpatico e affascinante? - chiese Eren, reclinando la testa da un lato e fissando un punto non ben definito del soffitto.

- Coglione! -

Fu Eren a sgranare gli occhi questa volta: - No! Il libraio tutto educato che usa certe parole... stai bene? -

Per tutta risposta, Armin fece una linguaccia e incrociò le braccia sul petto, tornando a concentrarsi sul programma.
Anche se gli era difficile, molto, consapevole com'era di avere addosso gli occhi di Eren, ancora sorridente.
Non si fece aspettare molto: sfilò le gambe da quel groviglio che avevano creato e si avvicinò ad Armin, che appoggiò i piedi sul tappeto per lasciargli spazio accanto a sé.

- E come finisce tra Elliot e JD? - gli chiese il castano senza staccare lo sguardo dal suo volto.

- Non... non ricordo - mentì Armin.

- Se non sbaglio, alla fine si sposano - fece con aria pensierosa, portandogli un braccio sulle spalle.

Il biondo deglutì. Rimase immobile lì dov'era, non osava muovere un muscolo e ciò nonostante prese a sudare. E la sensazione improvvisa di nausea si trasformò in un vero e proprio buco nello stomaco quando sentì la mano di Eren premere delicatamente contro il suo orecchio e accompagnargli la testa ad appoggiarsi sulla sua spalla.

Oddio. Questo con i suoi amici lo faceva? Eren si comportava così anche con Connie?
Armin ne dubitava fortemente.
Ma per loro due sembrava stesse diventando un'abitudine ormai.

Rimasero in silenzio per un po', gli occhi fissi sullo schermo e i pensieri da tutt'altra parte.

Quando finì la puntata, Armin alzò la testa quel tanto da riuscire a guardare gli occhi dell'altro, che ricambiarono immediatamente lo sguardo.

Da quella posizione finì inevitabilmente per concentrarsi sulle labbra di Eren, vicine come mai prima d'allora. Si morse il labbro, appena appena, e subito l'altro lo imitò di riflesso.

Le dita di Eren si mossero sulla testa di Armin, iniziarono ad accarezzargli i capelli in gesti delicati, dolci, mentre aumentavano impercettibilmente la pressione sulla nuca, con l'intento di avvicinare ancora di più i loro volti e colmare la distanza che c'era tra loro.

Gli sguardi passavano dagli occhi alle labbra, dalle labbra agli occhi, lentamente. Erano così vicini da sentirsi invadere le narici dal profumo dell'altro...

- Armin! -

I due si staccarono alla velocità della luce, il braccio di Eren, nel lasciare la spalla di Armin, gli urtò la nuca e il pacco di patatine ancora pieno si rovesciò sul pavimento.

I passi del signor Arlert arrivarono in cima alla scala: - Armin! È passata Sasha a trovarti! -

- Ah sì! Giusto, ehm... di già? -

- Tutto bene, ragazzi? - chiese l'uomo davanti a quelle facce paonazze.

- Se fa troppo caldo possiamo abbassare il riscaldamento, basta dirlo - ma capì subito di avere interrotto qualcosa, e si sentì anche un po' in colpa per questo.

- No, tranquillo stiamo bene -

- Anzi, io devo proprio andare - si intromise Eren alzandosi di scatto e dirigendosi verso le scale, senza trovare il coraggio di guardare in faccia nessuno dei due.

In quel momento il volto di Sasha si palesò attraverso la ringhiera della scala a chiocciola.

- Eren! - strillò - non sapevo ci fossi anche tu! -

- Sì, ciao Sasha... stavo andando via quindi... ci vediamo - e corse giù per le scale, subito seguito da Armin che lo accompagnò alla porta.

- Senti - dissero all'unisono quando Eren fu pronto per uscire.

- Vai tu - disse Armin.

Il ragazzo più alto sospirò e si sforzò di incrociare il suo sguardo.

- Ti... ti scrivo, okay? -

La delusione di Armin fu enorme, anche se in realtà non aveva idea di cosa avrebbe preferito sentirsi dire.

- Va bene... ci vediamo - disse chiudendogli la porta alle spalle. Lo osservò attraversare il vialetto, con le mani in tasca e lo sguardo puntato a terra mentre tirava un calcio a un sassolino che aveva trovato a ostacolargli il cammino.

Perché lui non poteva essere un sasso? I sassi non si sentono stupidi, non scappano dopo aver quasi baciato il proprio amico, non hanno il cuore che palpita al solo pensiero di esserci andato così vicino.

E poi Armin era un ragazzo, porca miseria.
Non che ci fosse nulla di male, ma Eren non aveva mai avuto una storia, non si era mai neanche posto il problema. E si chiedeva se quello che aveva provato poco prima avesse a che fare con l'innamoramento, nonostante si trattasse di un ragazzo come lui.

Beh, di sicuro una cosa del genere non gli era mai successa con nessuno dei suoi amici prima d'ora.

Ma di qualunque cosa si trattasse aveva rovinato tutto, lo sapeva. Ora non avrebbe più avuto il coraggio di scrivergli né di guardarlo in faccia.

Perché, diciamocelo, se l'avesse voluto anche Armin l'avrebbe fatto, no? Lui sembrava decisamente più esperto in queste cose e non si sarebbe certo fatto problemi a iniziare un bacio se fosse stato nel suo interesse.

L'impulso di tornare indietro di corsa era forte, ma si trattenne pensando che in quel momento Armin era insieme a Sasha e a suo nonno, sarebbe stato decisamente inopportuno.

Inopportuno fare cosa, poi?

Era sicuro di volere davvero... quello? Baciare il suo amico Armin?

Sì.

Fu la risposta immediata in cima ai suoi pensieri, gli invase la mente. Che lo riportò senza riguardi a quell'occasione persa, a quelle labbra rosa e carnose, così tenere.
Le avrebbe mangiate.

Pensò di chiamare Connie per distrarsi, magari chiedergli come fosse andato l'appuntamento con Sasha, ma si rese conto presto che non sarebbe stato il momento giusto per ascoltare un racconto sicuramente felice a discapito della propria sanità mentale, già pericolosamente a rischio.

Così percorse la strada che lo separava da casa in un silenzio rotto soltanto dai propri pensieri assordanti.

Quella sera aspettò un messaggio di Armin, invano. Guardò un film d'azione e vi trovò una storia d'amore. Aprì un paio di social scorrendo sulle bacheche e vide solo amici in coppia.

Era ufficiale, il mondo ce l'aveva con lui.

Si rassegnò e si buttò sotto le coperte, cercando di prendere sonno.
E all'improvviso si ricordò che il giorno seguente, domenica, avrebbe dovuto trascorrere la giornata in compagnia di Armin. Chissà se avrebbe trovato il coraggio di sentirlo, almeno l'indomani...

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