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Capitolo 4

Prendo la traversa alla mia destra senza alcuna esitazione. So perfettamente che così allungo solamente la strada, ma non posso permettere che James sappia dove abito, potrebbero nascere dei problemi, sia per lui che per me. Non mi volto per controllare se mi sta osservando da lontano, fermo nella posizione in cui ci siamo dati la buona notte, diciamo che non è il genere di cose che faccio o che mi interessano. Insomma, in questo momento l'unica cosa che occupa tutto il mio cervello è arrivare a casa facendo in modo di non essere seguita, non ho intenzione di metterlo in pericolo per una cosa che tra l'altro non è poi tanto importante.

Il buoi attorno a me non mi spaventa. È il mio abitat naturale, o almeno lo è da quando ho cominciato questa nuova ma terribile vita, soprattutto adesso che sono braccata da tutto e da tutti. Ora l'unica cosa che conta è mantenere un profilo basso, non è il caso di rovinare tutto com'è successo nelle precedenti città, questa volta il motivo per rimanere potrebbe essere più valido che in passato.

Attraverso vari vicoli; alcuni molto stretti, altri un po' meno, ma tutti hanno una stessa caratteristica a parte il buio, sono terribilmente silenziosi. È proprio questa la cosa che mi infastidisce, il silenzio.

Odio la notte andare a letto e restare immersa nel silenzio della mia stanza, avvolta da quelle coperte che mi proteggo sì dal mondo, ma che contro l'assoluta quiete della notte non possono nulla.

C'è chi ha paura del buio, io invece del silenzio. Perché silenzio vuol dire solitudine, ed è proprio questa la cosa che più mi terrorizza e più odio, essere sola. La mia avversione per il silenzio è solo una conseguenza.

Un tempo non temevo tutte queste cose, c'è stato persino un periodo in cui credevo di non aver paura di niente, di essere invincibile, di poter fare qualunque cosa mi mettessi in testa di realizzare. Da quando, però, sono entrata nel mondo della droga la mia vita è cambiata completamente, e anche se mi rendo conto che non si è trasformata in meglio, non riesco a fare niente per uscire da questa situazione. Non so se sia perché credo che non ci siano più possibilità per me e quindi nemmeno ci provo, o se è perché sono intimorita. Qualunque sia il motivo, sono in questa situazione da più di due anni, e più tempo passa, più difficile sarà uscirne, sempre ammesso che sia quantomeno possibile.

Cerco di tagliare per alcuni vicoli, ma prendendo queste stradine per me ancora sconosciute rischio di perdermi.

All'improvviso qualcosa alle mie spalle attira la mia attenzione, fino ad ora sono stata così attenta a far perdere le mie tracce a James che non mi ero nemmeno accorta che qualcuno mi stava seguendo, e con ogni probabilità ha cominciato quando ero ancora in compagnia del mio nuovo amico. Fortunatamente, dato che questo sconosciuto sta alle mia calcagna posso dedurre che non abbia seguito James,e che quindi lui è in salvo, ma questa è anche una prova palese, che la mia compagnia è per lui solo un pericolo costante. E la cosa peggiore è che avrei già dovuto capire che il modo in cui mi comportavo con James non era quello più adatto, ma evidentemente i sentimenti mi hanno offuscato la mente. Non avrei dovuto legarmi a quel modo con un ragazzo, soprattutto se è una brava persona, perché così facendo rischio di rovinargli la vita per sempre, e di spezzare il cuore ad entrambi.

Adesso che ho deciso come comportarmi con James, direi che è arrivato il momento di smascherare l'inseguitore e scoprire per quale motivo mi pedini in questo modo.

Mi volto. Dietro di me vedo solo buio, silenzio. Sono sola. Almeno in apparenza.

-Avanti, vieni fuori. So che mi stai seguendo, ormai non c'è più bisogno che continui con questa farsa, fatti avanti.- Non ho tempo da perdere, prima scopro chi è il mio inseguitore, meglio è.

Aspetto qualche secondo prima di riuscire a intravedere una figura. Non è così vicina come credevo, è distante come minimo quaranta metri, eppure a una distanza così breve non riesco ancora a capire di chi si tratti. È alta e abbastanza robusta, ma data la scarsa luminosità al momento non riesco a distinguere niente di più di questo. La guardo avvicinarsi, ha un passo quasi solenne, come se avesse aspettato questo momento da molto tempo, come se avesse sempre desiderato viverlo nel pieno delle sue capacità.

Non pronuncia una sola parola finché non si avvicina abbastanza di modo ché possa parlare senza farsi sentire da altri che da me. A quel punto, a una distanza ormai inferiore ai dieci metri, egli comincia a parlare. -Avevo dimenticato quanto fossi brava nel tuo lavoro, ti viene così naturale sfuggire alle persone e scoprire subito quando sei inseguita.- Quella voce, so benissimo di chi è, non ho alcun bisogno di vederlo in faccia per riconoscerlo, non dopo tutto il tempo che avevamo passato insieme. Un oceano di ricordi si fa strada nella mia testa, proprio quelli di un periodo che avrei tanto voluto rimuovere dalla mia testa. È la cosa peggiore è che quei ricordi sono per me, come dire? Ancora troppo vividi, perché in fondo non sono passati più di otto mesi.

-Perché sei qui Dylan?- Non sembra molto da come ho posto la domanda, ma pronunciare quel nome mi è costata una fatica immensa, perché anche solo pensarlo ogni volta mi uccide. Mi ricorda quei pochi momenti felici passati con lui, ma purtroppo anche i brutti ricordi vengono a galla, e non riesco a sopportare una cosa del genere. Non adesso, è ancora troppo presto.

-Puoi anche arrivarci da sola dolcezza, sei così intelligente.- Quelle parole per me non hanno alcun effetto positivo, anzi, mi distruggono dall'interno.

-Sai benissimo che non potevo rimanere in città ancora, non volevo espormi, rimanendo sei mesi con te ho fatto solo una cazzata, perché quando sono dovuta partire non ero così convinta.- Rievocare le emozione provate al momento della partenza era devastante, ma era l'unico modo per togliermelo dai piedi.

-Io ti amavo Sheila, avrei fatto qualsiasi cosa per te, avrei lasciato il mio mondo. Qualunque cosa pur di poterti rimanere accanto, ti avrei seguita fino in capo al mondo. E invece tu scappi, senza dire una parola, senza lasciare un messaggio. Non me lo sarei mai aspettata da te, non ti reputavo una codarda. Credevo che anche tu mi amassi. La nostra vita non era certo perfetta, ma sai che avrei fatto qualsiasi cosa tu mi avresti chiesto..-

Non potevo più ascoltare oltre. -Smettila! Io ti avevo avvertito che non avrebbe funzionato, che non potevamo stare insieme, ma tu volevi provare, dicevi che il nostro amore avrebbe eliminato ogni ostacolo, ma non è stato così. E la cosa peggiore è che all'inizio ci ho anche creduto, io mi sono fidata di te, ma è stato l'errore più grande di tutta la mia vita.-

Dylan era sconvolto. -Perché dici così? Noi possiamo ancora stare insieme. Non capisci che è il nostro destino? Io non sono venuto qui per cercare te, ma solo per questioni di affari. È vero che nei primi mesi non ho fatto altro che cercarti, ma poi mi sono dovuto rassegnare, ma non per questo ho smesso di amarti. Io ti amo come la prima volta che ti ho visto, almeno questo non è cambiato. Non vedi che abbiamo ancora una possibilità? Il destino ci ha mandato un chiaro segno, siamo fatti per stare insieme.- È così convinto delle sue parole che crede di riuscire a convincere anche me. Questa è una delle cose che ho sempre ammirato in lui la sua sicurezza, perché è sempre stata una capacità che l'ha aiutato in ogni situazione, ma non è questo il caso. Questa volta niente deve convincermi a fare la scelta sbagliata.

-Dylan, per favore non cominciare. Mi sembrava che i fatti parlassero più chiari delle parole, ma a quanto pare non è così. La nostra storia è finita, è stato un bel capitolo della mia vita, non dimenticherò mai i momenti che ho passato con te, ma questo non significa che siano stati tutti belli.-

-Sheila, ti prego, non dire così..-

-No, non osare pronunciare più quel nome.- Non posso sopportarlo oltre.

-Quale? Sheila? È questo il tuo vero nome, e lo sai. Se quel tuo amichetto ti conosce con un altro nome non significa che sia quello vero, non vuol dire che sei una ragazza normale.- Dylan non è molto contento di parlare di James e di quello che è nato fra di noi, forse anche lui si è accorto che per me è più di un ragazzo appena conosciuto. La sua voce fa trasparire la sua ira che lentamente aumenta. -Com'è che ti ha chiamato? Ellie? Davvero carino. Dove ti è venuto in mente, hai conosciuto una ragazza normale che si chiamava così e le hai rubato l'identità?-

Non riesco a continuare ad ascoltarlo, le sue parole scatenano delle emozione dentro di me che nessuno dovrebbe mai vedere. -Come ti permetti di parlarmi in questo modo?! Tu non hai più alcun diritto su di me. Non dovresti nemmeno essere qui. Io non dovrei nemmeno parlarti.- Nel momento stesso in cui pronuncio queste parole mi volto, e ricomincio a camminata, decisa a lasciarmi questo spiacevole incontro alla spalle, ma niente è mai come vorresti. Sento una mano che mi afferra il braccio, e mi costringe a voltarmi nuovamente. Mi sorprende come solo quel tocco riesca a scatenare in me emozione che credevo di aver sepolto per sempre. Nonostante adesso non abbia più bisogno che lui mi tenga ferma, Dylan sembra non voler mollare la presa. Forse, però, non vuole lasciare il braccio per lo stesso motivo per cui io non voglio fare resistenza alla sua presa. La sua vicinanza mi fa uno strano effetto, mi mancava sentire emozioni del genere. Siamo così vicini che riesco a sentire il suo profumo, dopo tutto questo tempo è sempre lo stesso. Dopo qualche minuto in cui rimango bloccata nella stessa posizione: ferma, alzata, davanti a lui, con il braccio sotto la presa della sua mano e lo sguardo basso; riesco finalmente a muovermi. Alzo la testa e quello che vedo mi lascia stupita. Adesso che ci troviamo a una distanza molto ridotta l'uno dall'altro, riesco a vedere vo chiarezza ogni lineamento del suo volto. È proprio come lo ricordavo. I suoi occhi verdi sono splendentemente sinceri come sempre e adesso hanno anche un luce che prima non avevano. Sarà per il fatto che i nostri sentimenti si sono risvegliati all'improvviso per tornare ad essere forti e incondizionati come un tempo? Sarà per questo che mi sembra così diverso, ma allo stesso tempo così uguale a prima?

Solo quando i nostri sguardi si incontrano Dylan lascia finalmente libero il mio braccio, e quell'assenza, quell'improvviso vuoto che ha provocato la sua azione mi fa sentire improvvisamente la solitudine che ero riuscita a spazzare via non appena avevo sentito la sua voce. Quella solitudine che sento sempre addosso a me, in questo momento, è temporaneamente colmata dalla vicinanza di Dylan, ma so che non durerà ancora per molto.

Il silenzio che c'è tra di noi non mi fa paura, anzi ho più paura che le parole possano rovinare questo momento che altro.

Una strana voglia di avvicinarmi ancora di più a lui mi invade. I sentimenti che tanto avevo cercato di reprimere quando l'avevo conosciuto e che poi ho dovuto far di tutto per dimenticare, adesso riaffiorano con la spontaneità di un sole che spunta dopo una leggera pioggerella estiva.

Voglio baciarlo. E così tanto tempo che non lo faccio, ed è da troppo che ho voglia di farlo. Ogni barriera tra di noi è crollata, il nostro impellente bisogno l'uno dell'altro è più che evidente. Riesco a sentire i suoi respiri veloci, e ricordo perfettamente quale significato abbiano. Il mio respiro invece in questi casi è calmo, in realtà lo è sempre, beh a parte ovviamente quando sono affaticata.

Mi avvicino a lui sempre di più con una lentezza teatrale, quando come avviene sempre nei casi in cui sta per succedere qualcosa di incredibile, un rumore mi distrae, riportandomi alla realtà, anche se solo in parte.

Mi allontano di qualche passo, ma la distanza che ci separa non sembra mai abbastanza fintanto che i nostri sguardi rimangono legati. Riesco a rompere quel legame solo grazie alla scusa di controllare quale sia stato il rumore che mi ha salvato da una situazione pericolosa. Mi guardo attorno finché non individuo un gatto ai piedi di un cumulo di rifiuti sparpagliati in un angolo della strada non lontano da lì.

Dylan vuole avvicinarsi, fa un passo incerto verso di me, come per verificare che io sia d'accordo con la sua decisione. Mi fa quasi tenerezza, non l'avevo mai visto insicuro prima d'ora e questo aspetto di lui che noto soltanto adesso mi piace, e anche molto. Questo, però, non significa che in questo momento sia nella condizione più adatta per affrontarlo, prima ho bisogno di fare un po' di chiarezza nella mia testa. -Scusa, ma adesso non me la sento, né di parlare né di fare altro, ma se dobbiamo proprio chiarire la faccenda possiamo fare anche in un altro momento non ti pare?-

Dylan rimane immobile per qualche secondo, non so se stia pensando a cosa rispondere, o se stia semplicemente cercando di accettare il mio rifiuto. -Ho aspettato più di otto mesi, un giorno in più non farà differenza.- Le sue parole, chiare e concise, dette con la solito sicurezza mi fanno quasi rimpiangere quell'attimo di insicurezza che colto in lui. Sarà sicuramente stata un'insolita emozione per lui, ma a me ha commosso parecchio. -Bene allora ci vediamo.-

Non gli do il tempo di rispondere che mi volto con un'improvvisa velocità, e sfreccio nel buio come quando sto scappando da qualcuno. E in fondo anche in questo caso sto scappando, solo che non sono sicura di stare scappando da una persona.

Non con facilità riesco finalmente a riconoscere le strade che sto percorrendo. Non sono affatto vicina al mio appartamento, anzi, sono abbastanza lontana. Mi trovo nei pressi di uno dei più piccoli parchi della città, se devo dire la verità qui non è che sono molto in grado di orientarmi, sono stata qui solo un paio di volte, diciamo per tastare il territorio, ma non è andata molto bene.

Questa è una di quelle zone pubbliche che rimane aperta anche durante la notte, decido quindi di entrare per fare una passeggiata in mezzo alla natura e alla tranquillità che per una volta non tempo. Ho proprio bisogno di schiarirmi le idee, ho una tale confusione in testa, non ci capisco niente. Questo mi ricorda molto il periodo in cui ho conosciuto Dylan, ero così confusa e impulsiva a quel tempo, però me la spassavo, non mi preoccupavo di niente e di nessuno, niente poteva scalfirmi. Poi ho incontrato Dylan e ogni cosa è cambiato, il mio modo di vedere le cose, il mio modo di vivere la vita. E adesso non riesco quasi a riconoscermi. Mi ha fatto così bene conoscerlo, ma il male che mi ha fatto è così al di sopra del bene che non posso riconsiderare la mia decisione. O forse mi sbaglio? E se lui avesse ragione? E se il nostro destino fosse davvero unito?

Mentre queste domande affollano la mia testa, un immagine lentamente si fa largo tra la marea di pensieri confusi che occupano il mio cervello. Un ragazzo che ho appena conosciuto. Di cui non so praticamente niente, ma che mi ha colpito fin dall'inizio. James.

Ma allora perché l'ho incontrato proprio adesso se il mio destino è stare con Dylan?

-Uffa, non ci capisco più niente!- Avrei voluto urlare, ma dalla mia bocca esce a malapena un sospiro. Non riesco a capire perché non ho nemmeno il coraggio di lanciare un urlo.

Forse è per il fatto che ormai sono tanto abituata a nascondermi e a non attirare in nessun modo l'attenzione che ormai non riesco nemmeno a fare una cosa così banale.

Continuo a camminare in mezzo agli alberi, cercando di distrarmi, non voglio più pensare ai miei problemi, per una volta voglio liberarmi di ogni peso, di ogni fardello.

Dopo qualche minuto la stanchezza si fa sentire nuovamente, sono senza forze, ho bisogno di una ricarica di energia, ma con me non ho niente, la dose che mi sono portata quando sono uscita l'ho già consumata, quindi sono nella merda. Non potrei mi farcela ad arrivare all'appartamento, almeno non da qui, è troppo lontano.

Le energie si fanno sentire sempre meno, quando intravedo una panchina a circa una distanza di venti metri da me. Mi faccio coraggio e continuo a camminare.

Appena mi siedo mi sento già meglio, ma non è abbastanza, ho bisogno di coricarmi, almeno per qualche minuto. Le ultime cose che vedo prima di addormentarmi sono due lettere una G una L dentro un cuore incise in un albero poco distante da dove mi trovo.

A svegliarmi è il cinguettio un po' fastidioso di alcuni uccelli, di cui ovviamente non conosco il nome. Diciamo che è una di quelle cose che non mi interessano, e che probabilmente non mi interesseranno mai. Prima ancora di aprire gli occhi mi rendo conto che c'è qualcosa che non va. Sento un freddo pazzesco, e mi trovo in una posizione alquanto scomoda. Solo quando apro gli occhi, però, riesco a capire il perché, non mi trovo nel mio appartamento, sono rimasta tutta la notte in quella maledetta panchina, in quel maledetto parco che vorrei tanto voluto che non esistesse, in fondo non ci va mai nessuno, a parte me ovviamente.

Le prime luci dell'alba mi riscaldano in un insolito modo, ma che è abbastanza rilassante e rinvigorente. Mi guardo in torno, e solo da questa prospettiva riesco a riconoscere il primo posto in cui mi sono fermata appena sono arrivata in città. E dire che ci sono stata almeno un altro paio di volte dopo la prima, ma solo adesso riesco a capire.

Ero appena arrivata, che non era ancora spuntata l'alba, e dato che non avevo voglia di girovagare per la città a quell'ora decisi di fare un giro nel primo parco che avessi incontrato. E fu proprio l' che mi venne l'idea, quella idea che avrebbe cambiato ogni cosa, ogni mio comportamento.

È come se questo posto mi attirasse, anche se non riesco a capire cosa abbia di così speciale.

Aspetto un'ora seduta su quella panchina, poi, decido che è arrivato il momento di tornare a casa.

Appena arrivo al mio appartamento, la prima cosa che faccio è buttarmi dentro la doccia, la seconda invece, è salire all'ultimo piano del palazzo, entrare nell'appartamento vuoto e freddo, e mettermi in un angolo a fumare in silenzio e in solitudine.

Quando ho finito rimango lì seduta, tra il freddo del pavimento e il caldo del sole che mi picchia in testa. In quella posizione non molto comoda rimango per qualche ora, immobile come in una trance, a riflettere. Riflettere per poter prendere una decisione, una delle più importanti decisioni della mia vita, e come ogni decisione importante che si rispetti la sua soluzione è nascosta e difficile da trovare. In poche ore comincio a ricordare tutti i bei momenti passati con Dylan, da quando l'ho conosciuto alla nostra ultima notte passata insieme, quella cioè in cui io sapevo che sarebbe stato il nostro addio, e che per lui invece era una notte tra le tante. I momenti brutti, al contrario, erano molti di più di quelli belli, il momento in cui ci siamo drogati insieme, che tra l'altro era una delle prime volte, fino a ridurci a degli stracci è stato davvero terribile, in seguito mi sono addirittura migliorata di non essere entrata in coma. Ci sono stati poi moltissimi altri episodi terribili, ma forse questo è stato il peggiore. E poi.. poi c'è stata la scorsa notte, e sinceramente questa è l'unica situazione in cui non riesco a capire se va messa nel gruppo dei bei o in quello dei brutti momenti.

Non so per quale motivo, ma durante questa riflessione penso anche a James, so perfettamente che questa situazione non lo riguarda minimamente, ma quando si tratta di lui faccio fatica a controllare i miei pensieri. E dire che dopo la mia storia con Dylan avevo fatto passi da gigante da questo punto di vista, riuscivo a controllare ogni impulso, ogni pensiero, ogni cosa. Adesso, invece, ogni volta che sto con lui, o che semplicemente lo penso non mi riconosco più, perché ero riuscita a cambiare, ma lui ha reso tutto inutile, ora sono tornata precipitosa ed emotiva com'ero prima che la mia vita cambiasse.

Improvvisamente sento un suono provenire non molto lontano da me, solo quando riesco a uscire completamente dal mio stato di trance mi accorgo che il mio telefono che squilla. Sul mio telefono compare una foto mia e di James, una di quelle che aveva scattato lui stesso la sera prima, e che probabilmente aveva impostato quando aveva salvato il suo numero.

-Pronto?- Non aspetto un secondo prima di rispondere non appena mi accorgo che è lui a chiamarmi.

-Ehi, Ellie. Disturbo?- La sua voce è così euforica, chissà quale è il motivo.

-No, no. Non stavo facendo niente di importante.-

-Okay..- Fa una pausa di due secondi, probabilmente non sa come continuare il discorso. -Vedi, io mi chiedevo se tu fossi libera fra poco per pranzare insieme, se hai già qualche altro impegno possiamo rimandare, lo capirò. Insomma non devi sentirti costretta..- Tutta la sua euforia ha lasciato posto all'insicurezza e all'esitazione.

-Si, sono libera, dove ci vediamo?-

-Davvero? Fantastico. Allora ci vediamo fra mezz'ora al ristorante all'angolo tra la trentaquattresima e la sesta.- Non mi da il tempo di rispondere, che già interrompe la chiamata.

Solo in quell'istante mi rendo conto di aver fatto un errore, non avrei dovuto lasciarmi dominare dai miei istinti e della mia passione per quella scelta.

Mi trovo all'ora stabilita, nel luogo stabilito, anche se con qualche minuto di anticipo.

Non aspetto molto prima di intravedere James. È dall'altra parte della strada, e fatica a farsi largo tra la confusione che persevera in questo momento.

Sento una mano poggiarsi sulle mie spalle. -Sheila.-

-Dylan? Cosa ci fai tu qui?- Sono sbalordita dalla casualità dei fatti.

-Credo che sia arrivato il momento di parlare.- È diretto come sempre.

-D'accordo.-

Prima di seguirlo lancio uno sguardo a James, che ancora cerca di farsi largo tra la folla, e subito dopo gli invio un messaggio. "Mi dispiace, davvero."

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