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Capitolo 2

-C’era bisogno di chiamarmi al telefono? A quest’ora poi..- Ripenso al momento della telefonata, ero con James, e mi stavo divertendo, ma non per finta, era tutto vero.

-Non mi interessano le tue lamentele, hai fatto il tuo lavoro?- Quest’uomo che sarebbe il mio “datore di lavoro”, è piuttosto mingherlino, se paragonato ai bestioni che lo accompagnano sempre e dappertutto.

-Certo, come sempre.- Non è che ami avere a che fare con queste persone, ma ormai sono nel giro da abbastanza tempo per capire che, se non voglio rischiare la vita, non mi conviene tirarmene fuori.

-Dove sono i soldi? C’è li hai qui con te?- Oggi è alquanto impaziente, ma questo non significa che io mi faccia comandare a bacchetta, e per di più è stranamente insolita anche per lui tutta questa fretta.

-Ovviamente no, non posso mica portarli sempre con me, e poi non avevamo già prefissato un giorno per la consegna? Cos’è tutta quest’impazienza?- In questi casi, la scelta migliore è prendere tempo, cercando di fargli sbollentare la rabbia, o se non è arrabbiato capire cosa c’è che non va.

-Questi non sono affari tuoi, tu devi solo consegnarmi i soldi della merce.- Adesso sì che lo sto facendo arrabbiare. Fantastico! Non potevo proprio optare per un piano migliore.

-Se almeno mi avessi detto che dovevo farti la consegna, adesso non staremmo qui a parlare, potevi essere più chiaro.- Il rancore che provo per quest’uomo è così evidente, mi chiedo perché deve essere proprio con lui che devo interagire, non mi poteva capitare qualcun altro? L’ultima volta mi era capitato un apposto, si fa per dire ovviamente, ma almeno non era antipatico come questo qua. Maledetta città!

-Beh, mi sembrava chiaro! Quanto sei sciocca? Per quale altro motivo dovevo chiamarti altrimenti?- Ora la rabbia è diventata collera, una collera incontrollabile e irreversibile.

-Cosa ne posso sapere io? Non so quello che passa per le vostre teste. E non capisco perché sta succedendo tutto questo, non ho mai tardato una consegna, ho sempre venduto tutta la roba, non vi ho mai dato problemi e ora arrivi tu che fai tutte queste storie.- Dovevo sfogarmi, ma farlo così è stata una pessima idea, credo proprio di aver scatenato Cerbero.

Vedendo il suo volto cambiare nuovamente, e con questo intendo che peggiora notevolmente. La paura comincia a farsi strada nella mia testa, un nodo mi attanaglia la gola.

Non mi capita quasi mai di provare una paura così cieca, ma quando mi capita vuol dire che sto rischiando la vita, perché ormai è solo questo che mi spaventa dopo tutto il tempo che ho passato in questo giro.

Fortunatamente, anche se diciamo che è stato il mio telefono a mettermi in questo guaio, è un altro cellulare a salvarmi. -Capo, è per lei.- Uno dei due uomini alle sue spalle gli porge un piccolo telefono nero, che dalla mia posizione intravedo a malapena.

-Johnson, che cavolo sta facendo? Perché non ho i soldi nella mia scrivania?- Riesco a sentire solo queste parole dall’altra parte della cornetta, la voce è molto irritata, e non da cenno di voler diminuire la tonalità. Mi fa uno strano effetto sentire il mio capo, se così può essere definito, sgridato da qualcun altro più in altro di lui, comunque è una bella sensazione. Sentendo la voce dell’uomo dall’altra parte del telefono, infatti, quasi quasi mi scappa un sorriso, come se finalmente stessi assaporando la vendetta.

-Ci sto lavorando, signore, entrò sta sera avrà ciò che le serve. Certo, certo. Come sempre, io so fare il mio lavoro, non la deluderò, vedrà che fra poche ore tutto sarà risolto, le garantisco che non ci saranno problemi, come al solito tutto filerà liscio. D’accordo, ho capito. Farò il prima possibile. Se ha bisogno di qualcosa chieda pure. Va bene, adesso vado a sbrigare l’affare, chiudo.- Dopo le prime parole sento solo quello che dice il mio capo, così non seguo più il filo del discorso, ascolto distrattamente quello che dice, ma non cerco nemmeno di immaginare quello che gli veniva detto. Riesco però a percepire il terrore nella voce del mio capo, non l’ho mai visto ridotto in quel modo, non ho mai sentito il timbro della sua voce essere così flebile per timore di dire qualcosa di sbagliato.

Una volta che ha riattaccato, l’uomo prende un profondo respiro, aspetta che il cuore si calmi e si concentra per riassumere l’atteggiamento da duro che ha sempre ogni volta che lo vedo. Poi si gira verso di me, e mi lancia uno di quegli sguardi infuocati, quelli che fino ad ora mi hanno sempre turbata, almeno un poco, ma che adesso, dopo la scena a cui ho assistito, non mi scompongono per niente. -Se non lo avessi capito, vista la tua stupidaggine, devi portarmi i soldi al più presto.-

La sua voce dura e inflessibile, ora, non ha più l’effetto desiderato.

-Non sono stupida come credi tu.- Ribatto io senza timore.

-Non mi interessa quello che pensi, voglio solo che sta sera mi porti i soldi. Devi tornare qui alle undici, e non fare imbrogli, voglio tutto quello che abbiamo prestabilito.-

In questo momento vorrei dirgli tante di quelle cose in faccia, cose che non ho mai avuto il coraggio di dire a nessuno, che sono sempre state lì, pronte ad essere sparate a qualcuno, chiunque andrebbe bene. Questo lurido uomo, poi, sarebbe la cavia perfetta, perché si merita tutto quello che penso di lui, ma in fondo, i suoi bestioni, che stanno alle sue spalle, qualche passo indietro, mi fanno un certo effetto. Non è paura, ma diciamo che non vorrei rischiare di farmi pestare solo per delle parole che trattengo d così tanto tempo che trattenerle anche adesso non sarà difficile.

Così, l’unica cosa che posso dire prima di girare sui tacchi e sparire è questa: -Ci sarò.-

L’odore del gelato mi colpisce al naso, come una frusta. Non riesco nemmeno a ricordare l’ultima volta che ho mangiato un gelato. L’odore proviene da un ambulante che è situato vicino al parco, probabilmente sta lì tutti i giorni, ma io non potevo saperlo dato che è la prima volta che prendo questa strada.

Non mi va di incamminarmi per il viale dei ricordi, così cambio direzione. Spunto in una zona in cui non sono mai stata, ma questo non mi spaventa, ormai sono poche le cose che posso dire che mi fanno paura, anche solo un poco. Comunque non mi lascio incantare tanto facilmente dalla piazza in cui sono spuntata, continuo a camminare, come se sapessi dove sto andando, ma è chiaro che non lo so. Le persone intorno a me non mi prestano la minima attenzione, dovrei essere fiera di me, sono diventata brava a passare inosservata. Ho detto che dovrei essere fiera, ma non lo sono. Il problema è che non capisco il perché, quando, un tempo, le persone mi fissavano capendo che non ero normale come loro, mi arrabbiavo sempre perché non riuscivo a mostrarmi agli altri come una ragazza qualunque, e adesso che ci riesco alla perfezione qualcosa non va. Non mi sento più come questa mattina. All’inizio della giornata sembrava tutto come al solito, ogni cosa filava liscia come l’olio, e mentre attraversavo le strade senza alcuna preoccupazione di essere notata, mi sentivo sollevata per questa mia capacità acquisita con il tempo. Adesso però tutto è diverso, ma cosa sarà cambiato? Cosa mi avrà spinto a non sentirmi più come sempre? A non guardare più il mondo con gli stessi occhi?

Comincio a rivivere la giornata fino a questo momento, e allora capisco. Solo una cosa, che è diversa dalla mia solita routine, poteva spingermi a cambiare, e questa cosa non era certo l’insolito incontro con il mio capo, quello tutto sommato poteva anche far parte delle mie solite giornate, solo una persona poteva farmi cambiare.

James.

Quel ragazzo che avevo incontrato in un bar qualunque. Quel ragazzo che fin da subito mi aveva fatto capire che era diverso, che io quando stavo con lui ero diversa.

A quanto pare il nostro incontro non mi ha spinto a essere diversa solo nel momento in cui ero con lui, ma mi ha cambiata. Mi ha trasformata, in meglio però, anche se non sono sicura che sia un lato positivo per la vita che vivo ogni giorno, sentirmi un po’ di più me stessa quando attraverso le strade di questa città sconosciuta forse non è proprio il modo migliore per stare qui.

Questo cambiamento sarebbe stato buon accetto se non vivessi questa vita, ne sono certa, ma poiché non posso cambiare questa cosa di me, questa metamorfosi non può continuare, deve interrompersi. C’è solo un minuscolo problema: non so come fare, né da dove partire.

Improvvisamente riconosco la strada che sto percorrendo, sono vicino al lato nord del parco, quello vicino il mio nuovo appartamento, dove di solito vengo il pomeriggio a leggere. Non so come ho fatto ad arrivarci, ma ne sono felice, è tutto perfetto. È pomeriggio, sono al parco, e ho un libro da terminare, cosa c’è di meglio?

Cammino per un po’, seguendo l’istinto, e in breve riesco a trovare la mia solita panchina, mi siedo, prendo il libro e comincio a leggere, mancano davvero poche pagine per concluderlo, ma non sembra proprio destino, perché ancora una volta vengo interrotta, come è successo innumerevoli volte questa mattina. -Ehi, ciao, è così bello rivederti. Sono Steve, il cugino di Jackson. Ti ricordi di me? Ci siamo conosciuti alla festa del suo diploma.- Un ragazzo molto più grande di me, credo di almeno quindici anni, mi guarda speranzoso, con gli occhi di uno che desidera aver trovato quello che cercava da un sacco di tempo.

-Sì, certo, mi ricordo.- No, che non mi ricordo, ma chi cazzo è questo? È diverso dai miei soliti clienti, generalmente non mi dicono il nome, alcuni non si prendono nemmeno la briga di inventare una storia, semplicemente arrivano, chiedono quello che vogliono, io glielo do e poi ho i soldi, tutto qui. Perché questo qua comincia con questa storia così esagerata e con così tanti particolari? Non posso neanche essere sicura che sia il suo vero nome.

-Allora, da quanto sei in città?- Sembra che voglia tirare per le lunghe, ma spero che non ci metta troppo ho un libro da finire io.

-Da un po’ ormai.-

-Fantastico, spero che ti tratterrai, qui è bello, sai.- Si siede accanto a me come se niente fosse.

-Può darsi, ma ci devo ancora pensare.- Comincio a perdere la calma, oggi non ho proprio voglia di reggere tutta la farsa.

-Come sta tua sorella? July, vero?- Da dove è spuntata la cosa della sorella? Io non ho sorelle.

-In realtà si chiama Jane, comunque sta alla grande, si è stabilita in Galles qualche anno fa.- Non credo che continuerò così ancora per molto.

-Bene, sono stato una volta in Galles, per una vacanza con mio zio, ma ero piccolo, non mi ricordo granché a parte il fatto che mi sono divertito molto. -Dal suo volto si capisce che quest’aneddoto ha qualcosa di vero, almeno una parte lo deve essere.

Adesso basta! Non c’è la faccio più, mi ha già fatto perdere troppo tempo questo stronzo. -So che ti piace leggere, che ne pensi di questo libro? Lo hai già letto? Ne hai sentito parlare?- Così dicendo, gli porgo il libro che tenevo tra le mani, e nel farlo sfioro la sua mano destra. Lui sembra alquanto sorpreso dal mio gesto, come se non volesse che questo momento arrivasse, almeno non subito.

Mentre Steve da un’occhiata al libro, come al solito mi guardo intorno, ma stranamente oggi non c’è nessuno nei paraggi. Peccato, guardare le altre persone è una delle poche cose che mi piace fare durante questi momenti.

Steve è particolarmente lento, e non capisco il perché, ma in fondo non importa, anche se in questo istante preferirei fare qualcos’altro, o quantomeno essere con qualcun altro.

Lo spio discretamente. Indossa un completo, camicia color panna, giacca e pantaloni grigio scuro, e perfino una cravatta che da sul nero. I capelli son in perfetto ordine, per non parlar della barba, delle sopracciglia e anche delle unghie. È proprio uno di quegli uomini che non si fanno problemi di soldi quando si parla di curarsi. Ho avuto a che fare con molte persone come lui, ma nessuna di loro era così precisa nelle storie, forse lui cercava da così tanto tempo una come me, che ha avuto l’occasione per curare nei minimi particolari la scena.

Ci mette solo qualche minuto, in realtà, a valutarlo, ma a me è sembrata un’eternità. -Ne avevo già sentito parlare, ma se devo essere sincero, non credevo che fosse così buono. Comunque credo che me lo comprerò, per leggerlo ovviamente, e potrei anche rileggerlo più volte perché sembra davvero interessante. -Il finto mistero nella sua voce mi fa sperare di essere giunti al termine, perché proprio non c’è la faccio più a continuare così.

-Hai ragione, perché è davvero più coinvolgente di quanto si possa immaginare, all’inizio anch’io credevo che fosse solo un libro fra tanti, ma non lo è così, è più speciale di quanto si possa immaginare, molti lo hanno già letto. Se vorrai tornare per parlare con me un’altra volta puoi farlo, non ci sono problemi, ma adesso devo andare.- Mi alzo, e una volta che Steve mi porge il libro, lo riposo nella mia borsa, e mi allontano, dirigendomi verso il mio appartamento.

So che è strano quello che ho fatto, non ho mai nemmeno pensato di poter essere io quella che se ne andava per prima, ma in questo caso non potevo più reggere la situazione, non dopo la sconvolgente giornata che ho vissuto.

Avrei voglia di correre, per arrivare a casa il prima possibile, perché almeno lì potrò sfogarmi, potrò essere me stessa, ma non è il caso di attirare l’attenzione, anche solo camminare velocemente potrebbe farlo, quindi è meglio lasciar perdere.

Ci metto almeno dieci minuti prima di arrivare, salgo le scale del condominio con una velocità incredibile. Spalanco la porta del mio appartamento, e la richiudo con forza. Già questo per me è uno sfogo, anche se preferirei prendere a pugni qualcuno, credo proprio che dopo mi sentirei rilassata, anche se non può sembrare la parola più adatta, invece lo è. Dato che non posso fare quello vorrei, vado in bagno, l’unica altra cosa che mi fa rilassare, e cancella ogni singolo momento brutto della giornata, è immergermi in una vasca colma di acqua calda.

Ne esco dopo almeno un’ora. Pulita come non mai, e carica per affrontare tutti gli ostacoli che il mondo mi pone davanti. È ancora presto così finisco il libro. Una volta che anche questo è fatto, metto qualcosa sotto i denti e comincio a prepararmi.

Nella borsa metto tutti i soldi che ho guadagnato, a parte quelli che mi ha dato Steve, perché a lui ho venduto la mia scorta personale, quindi posso tenermi quei bigliettoni per me.

 Un vento gelido m’investe dalla testa ai piedi. Come al solito sono uscita dall’ingresso secondario del palazzo, quello che si affaccia in un vicolo stretto e buio. Alzo lo sguardo verso il cielo, che adesso è scuro, e anche tappezzato di nuvole che mi fanno pensare male. Ho il presentimento che presto comincerà a piovere, ma più che un presentimento è una convinzione, dato che c’è umidità nell’aria. Nonostante questo non mi va di tornare al mio appartamento per procurarmi un ombrello, anche se il tempo a mia disposizione è molto. Sono ancora le otto e mezzo, e non so nemmeno io perché sono uscita così presto.

Cammino per le strade della città, senza meta, senza la voglia di prendere una decisione, mi muovo solo per inerzia. Alcune vie sono ancora illuminate dalle vetrine dei negozi che si accingono a chiudere, o dalle insegne dei locali che al contrario stanno per aprire.

Cammino. Cammino senza alcun motivo. E senza accorgermene arrivo al luogo dell’incontro. Sono ancore le dieci e quaranta. Ormai sono pochi i minuti mi separano dal momento che avrei voluto non arrivasse mai. Eppure ho fatto questa cosa tante di quelle volte che ormai avrei dovuto farci l’abitudine, ma non è così. Ogni qual volta che devo fare questa cosa vorrei trovare una scusa per evitarla, ma so di non potermi sottrarre da questo fardello, con la vita che faccio, non potrei proprio.

Tutte le mie paure più nascoste saltano fuori, e si manifestano senza alcuna interruzione, susseguendosi una dopo l’altra. Il mio cervello rimane impegnato fino al momento, il momento in cui devo fare quello che non voglio, la parte che più odio del mio “mestiere”.

Un uomo. Lo stesso uomo di questa mattina, si avvicina passo dopo passo a me. È affiancato da tre bestioni, uno di loro ha in mano un grande borsone mezzo pieno. Oggi era giorno di riscuotere il denaro, e non tutto è stato ancora ritirato. Probabilmente io non sarò l’ultima persona da cui devono passare a ritiralo, ma questo non è un mio problema, ho già abbastanza cose a cui pensare, non posso aggiungerne delle altre.

Continuano ad avvicinarsi, e capisco che ormai non posso più tirarmi indietro. Mi piacerebbe scappare con i soldi e cambiare vita, non farmi trovare mai più, ma è solo una pazzia. Sarebbe solo una vita di scappare, scappare da tutto e da tutti, sarebbe inutile, perché non potrei comunque tornare alla mia vecchia vita, non potrò mai più essere me stessa.

Appena arrivano a soli pochi passi da me, si fermano, è arrivato il momento, e io non posso farci niente, posso solo conviverci, convivere con questa mia vita. E anche se mi trovo in questa situazione da ormai qualche anno, non riesco ancora ad abituarmi completamente all'idea.

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