Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

CAPITOLO 22 - Trovare la via

Le parole di Helen riecheggiarono nella mia testa. A mandare quel messaggio era stato Marcus.

Mi chiesi cosa potesse volere l'anima più infida di tutte le dimensioni da una vita come la mia, cosa potessi aver fatto per meritarmi tanta sofferenza o, ancora, cosa potesse aver combinato la mia famiglia per meritarsi un trattamento simile.

Quegli interrogativi si insinuarono uno dietro l'altro nella mia testa e si radicarono, a poco a poco e grati del terreno fertile trovato, all'interno della mia testa, che invano cercò di trovare una risposta.

Mi avvicinai piano al letto dove giacevano il mio padre mortale e la moglie di Frederick, entrambi ridotti male. I loro petti si abbassavano e si alzavano come se i due fossero in preda all'affanno e ciò mi fece comprendere la gravità della situazione. Nell'osservarli ancora, notai anche i loro volti bianchi come stracci.

«Sarà meglio portarli al più presto via di qui. Sono ancora vivi, ma se non ci sbrighiamo potrebbe accadergli qualcosa di grave» asserì la madre di Francis, la cui voce mi fece trasalire e mi riscosse dallo shock appena subito.

La donna mi invitò ad allontanarmi. Con l'aiuto dello zio di Francis cercò di spostare i due corpi su una branda improvvisata; infine, li portò con l'uomo al piano di sotto, dove li sentii trafficare in cerca di forbici e bende.

«Silene, io...» cercò di dirmi Francis quando sua madre e suo zio furono scomparsi giù per le scale.

«Francis, ti prego, non voglio parlare. Ti supplico, non costringermi a farlo» mormorai, per via del nodo apparso all'altezza della gola. Le lacrime minacciavano di spuntare da un momento all'altro e una volta uscite, non si sarebbero fermate facilmente.

Il ragazzo sembrò comprendermi, perché si avvicinò e mi avvolse fra le sue braccia. Mi fece appoggiare la testa nell'incavo delle spalle e cominciò ad accarezzare i miei capelli.

«Silene, guardami» sussurrò a un tratto Francis, prendendomi il viso fra le mani e guardandomi dritta negli occhi. «Non posso assicurarti nulla, perché sarebbe come illuderti e io non vorrei vederti mentre ti tormenti per qualcosa di cui non sei certa. Ma io sono qui, accanto a te. Aggrappati a me se tutto scivola via dalle tue mani, tieniti stretta se lo ritieni necessario. Io non voglio vederti cadere e farò tutto il possibile perché ciò non avvenga.»

Annuii e sprofondai ancora una volta tra le sue spalle, inspirando tutto il suo odore, l'unico elemento a impedirmi di crollare. All'improvviso, le lacrime cominciarono a scendere sul mio volto, nonostante avessi cercato con tutte le forze di trattenerle, di mandarle giù e il mio corpo iniziò a tremare.

«Silene tu stai...» Francis non terminò la frase. Tuttavia, mi sollevò da terra e mi portò in un'altra camera. A dispetto di quella dei miei genitori era quasi vuota. C'erano solo un letto, una scrivania e un armadio dalle ante scardinate. «Stiamo qui, va bene?» domandò e mi poggiò sul materasso, facendo attenzione a non farmi del male.

Assentii e lui si stese accanto a me, stringendomi forte come tutte le volte in cui voleva proteggermi da qualcosa o dimostrarmi i suoi sentimenti. Restammo così per qualche minuto, stretti l'uno nell'altra, fino a ché la voce di Ezequiel non ci portò alla realtà.

«Francis! Silene! Dove siete finiti?!» urlò lo zio di Francis dal corridoio.

«Arriviamo!» rispose Francis, guardandomi con fare preoccupato. Sospirò e domandò: «Ce la fai?»

«Io penso... Penso di sì» replicai con voce spezzata.

«Vieni, aggrappati a me. Ti aiuto a scendere» sussurrò con fare incoraggiante.

Passai un braccio dietro le sue spalle e scendemmo le scale.

«Silene, Adam sta venendo a prendervi. Non preoccuparti, fra poco sarai di nuovo al sicuro e potrai riposare un po'. Sarai sconvolta da tutto questo, immagino» asserì lo zio di Francis non appena fummo in salotto.

«Io devo restare con mio padre. Lui ha bisogno di me! Sono l'unica che può dargli tutto ciò di cui necessita. Vi prego, fatemi venire con voi... Ovunque stiate andando! E inoltre avete bisogno di me... Senza la mia chiave non potete né entrare né uscire di qui a vostro piacimento! Quindi...»

«Silene, devi consegnarmela. La riavrai, te lo prometto. So che ci tieni molto perché appartiene a tua madre, ma se stiamo facendo ciò è per te e per la tua famiglia. Ascoltaci, ti prego» mi supplicò lo zio di Francis in tono implorante.

«Ascoltalo, Silene» mi ordinò Helen con fare materno. «È la cosa migliore per te. Anche Francis verrà portato via, ma è solo perché vogliamo vedervi al sicuro. Siete troppo giovani per affrontare da soli una cosa del genere. Avete già dovuto sopportare tanto... Lasciate fare a noi adulti, adesso. Un fardello del genere, alla vostra età, è una cosa inaudita.»

«Helen, io...» cercai di ribattere.

«Silene, ascoltami! Tua madre mi ha dato il compito di proteggerti, di prendermi cura di te. E io voglio mantenere la mia promessa. Quindi no, non verrai dove siamo diretti.»

«Silene, facciamo come dice». Francis cercò di calmarmi. «Lo rivedrai. Lo porteranno assieme a Sophie alla clinica dell'angelo Gabriel non appena la situazione sarà più chiara e avranno fatto il loro dovere. Devi solo avere pazienza.»

«Bravo ragazzo» concordò Ezequiel con suo nipote e gli rivolse un sorriso.

«Okay» acconsentii di malavoglia e mi sfilai il pendente dal collo, nonostante fossi contrariata da quella scelta e me lo rigirai fra le mani.

«Silene! Francis! Uscite, sono venuto a prendervi!» girdò Adam dal di fuori della residenza. Il suo urlo interruppe il momentaneo silenzio calato su di noi.

«Silene, la chiave». Helen si avvicinò a me in modo cauto e tese il braccio in attesa di riceverla.

Aprii la porta d'ingresso e la consegnai riluttante alla donna. Era l'unico ricordo materiale di mia madre rimastomi e, indossarlo, mi aveva sempre dato la sensazione di averla vicina nonostante la lontananza.

«Bene, possiamo andare». Adam guardò me e Francis con preoccupazione. «Signor Lightfame, Helen, a presto» li salutò il padre della nostra amica con un cenno del capo e ci condusse verso un carro all'entrata della villa. «Di qui fino all'entrata del villaggio viaggeremo con questo» spiegò a me e Francis, indicando il mezzo; poi continuò. «Non dovremmo avere problemi a uscire di qui, perché sono munito di permesso. In ogni caso, quando sarete a casa, sentitevi liberi di andare a riposare. È stata una giornata lunga per tutti e due e... Silene, mi dispiace. Helen mi ha raccontato dell'accaduto e sono rimasto scioccato anche io. Non avrei mai pensato che Marcus avrebbe cercato di mettersi in contatto proprio con te. E perché mai, poi? La tua famiglia non ha mai fatto nulla di male per meritarsi questo.»

«Forse lo ha fatto per puro capriccio» azzardai.

«Non credo. Marcus non spreca tempo con le persone con cui non vuole avere un contatto. Si limita direttamente a farle fuori, se le ritiene di ostacolo per lui o per i suoi fini. Penso voglia qualcosa da te o dai membri della tua famiglia. Ma cosa? Cosa potrebbe avrebbe potuto portarlo a fare delle scelte simili?»

«Ce lo stiamo chiedendo tutti, ormai» rispose Francis con tono malinconico.

«Potrebbe esserci un'altra guerra per tutto questo?» chiesi preoccupata ad Adam.

«Forse sì, forse no. Nessuno può sapere come si evolveranno le cose. Ma cerchiamo di essere ottimisti: il tuo padre mortale è stato ritrovato e con lui anche Sophie. Forse uno di loro sarà in grado di dirci in quale luogo è finita tua madre e potremo recuperarla.»

«Speriamo sia così.»

Adam mi sorrise e avviò, dopo aver tirato le redini, il carro, trainato dalle medesime creature viste nel recinto quando ero nel mondo dei mortali. Raggiunto l'ingresso, abbandonammo il mezzo nel deposito prestabilito e salimmo sul velivolo di Adam, con cui raggiungemmo casa in breve tempo.

«Oh, ragazzi, ero così in pensiero per voi! Per gli angeli, mi ero preoccupata tanto! Ho saputo cosa vi è successo, papà mi ha spiegato tutto... Sono davvero dispiaciuta!» esclamò May, correndoci incontro e abbracciandoci.

«May, lasciali respirare. Hanno avuto una giornata difficile e adesso, forse, vorranno stare un po' da soli» la rimproverò suo padre.

«Figurati, Adam!» lo rassicurai. «May può chiedere qualsiasi cosa. Dopotutto, l'abbiamo lasciata sola tutto il giorno e merita spiegazioni.»

Adam scrollò le spalle e ci lasciò da soli in salotto.

Dopo che se ne fu andato, Francis fece a May un breve resoconto di tutta la giornata, non tralasciando nulla di quanto era accaduto. Alla fine del racconto May sembrava avvilita e dispiaciuta. In più, anche se cercava di tenerlo nascosto, era molto agitata.

«Questa storia è assurda... Marcus vuole incontrare Silene, ma perché?» domandò la ragazza con aria contrariata.

«Già, è assurda. Ma, May, sembri turbata. Qualcosa non va in te. È tutto a posto?» chiesi, curiosa.

«Ho litigato di nuovo con Vincent». May assunse un tono pensieroso. «Ovviamente capita spesso, ma mai come questa volta, davvero. Mi sono arrabbiata con lui perché fa o dice cose assurde. E indovinate cosa mi ha detto lui prima di andarsene? "Mi guardi come se fossi la persona peggiore che tu abbia mai conosciuto" e... La cosa mi ha lasciata di sasso. Nonostante i nostri continui litigi, lui è comunque mio fratello e io a lui ci tengo, anche se è un po' strano. Vorrei farglielo capire, ma sembra lui creda di essere odiato da tutti, qui.»

«Forse non riesce ancora ad accettare il fatto di non avere lo stesso sangue della famiglia o forse  fraintende i vostri atteggiamenti. Chissà» osservai.

May annuì e noi trascorremmo il resto della serata parlando di argomenti di vario genere, come le nuove uniformi o le verifiche imminenti.

Dopo cena, stanchi e sfiniti come eravamo, io e Francis andammo subito a letto e io mi addormentai non appena poggiai la testa sul cuscino.

Il mio ultimo pensiero della giornata andò a mio padre, in quel momento portato chissà dove  dalla mamma e lo zio di Francis e al ragazzo, il mio unico sostegno in un mondo che sembrava si stesse sgretolando in pezzi tra le mie mani.

***

Dovette passare una settimana prima di poter riuscire a vedere mio padre e altrettanto dovette aspettare Francis per rivedere gli unici due membri della famiglia ancora vicini. Quando finalmente lo rividi, papà era disteso tra le leggere lenzuola di lino dei letti della clinica.

Era incosciente e al suo braccio era attaccata una flebo elettronica. Attorno alla sua vita, così come sulla sua nuca, era attaccato un tubo, collegato a una macchina. In tutto il resto del corpo spiccavano le fasciature.

«Le cure cominciano a fare effetto, signorina Elsway» mi spiegò uno dei dottori durante una delle visite a cui avevo assistito un giorno. «Nonostante sia un mortale, suo padre reagisce molto bene ai nostri medicinali, per cui ci sono delle ottime possibilità di guarigione e di risveglio anticipato. Tuttavia, ha subito una commozione cerebrale e questo potrebbe aver danneggiato parte della sua memoria.  Potrebbe, forse, avere una qualche forma di amnesia per un po' di tempo. Quindi abbia pazienza, vi assicuro che starà meglio. Come, d'altronde, anche la signora Wisdom.»

Annuii quando il medico finì le sue spiegazioni. Mi avvicinai al letto dove era disteso mio padre e gli accarezzai il viso, percorrendolo con le dita. Mi chiesi quante brutte cose avesse passato e quante ancora avrebbe dovuto affrontarne per cercare di proteggere quello a cui più teneva.

Mi abbassai e gli diedi un bacio delicato sulla guancia, come facevo sempre quando stavo per andare via, ma la stretta della sua mano attorno al braccio mi fermò. In quel momento il mio cuore accelerò e guardai il viso di mio padre. I suoi occhi si erano aperti.

«Si... le... ne...» articolò a fatica con la bocca.

«Papà! Papà!» esclamai e sentii la mia bocca distendersi fino a formare un sorriso.

Finalmente si era svegliato e in quel momento mi sentii felice, ma la mia contentezza fu subito sostituita dalla preoccupazione. Sul suo viso stavano scendendo le lacrime e, a quella vista, fu come ricevere un pugno nello stomaco. Non avevo mai visto papà piangere, neanche quando la mamma era scomparsa. La sua armatura, la protezione costruita con tanta fatica, si stava incrinando pezzo dopo pezzo, proprio come il mio cuore, che non sopportava una simile visione.

«Chiamate un medico, presto!» urlai alle persone presenti nella stanza e Adam, seduto accanto a me, si precipitò in infermeria.

Tornò qualche istante dopo con un dottore e quello dedicò subito le sue attenzioni a mio padre. L'uomo prese in mano una siringa dalla valigia e la riempì di un liquido verdastro, che iniettò nel braccio di papà.

«È un antidolorifico» ci spiegò il medico. «Fra poco suo padre dovrebbe rilassarsi. Ovviamente, ora che è sveglio, deve rimanere comunque a letto e riposare. Lo aspettano dei giorni difficili, per quanto ne so. Dovrà seguire una riabilitazione completa e, facendo qualche calcolo, se tutto torna normale nei tempi previsti, entro un mese sarà già fuori di qui.»

Annuii e ringraziai il dottore per aver aiutato mio padre. Quello mi sorrise. Dopo le ultime raccomandazioni, tornò da dove era venuto.

«Come va, papà?» chiesi ansiosa a mio padre quando il medico se ne fu andato, ma mio padre aveva già richiuso gli occhi e il suo respiro si era fatto di nuovo regolare.

Sospirai di sollievo. Preferivo vederlo abbandonato fra le braccia di Morfeo e non sofferente come negli istanti precedenti. Eppure, qualcosa mi diceva che il suo non era solo un dolore fisico. Qualcosa dentro di lui si era spezzato. Lo avevo notato nel suo sguardo spento, quasi perso.

«Starà meglio» mi rassicurò Francis, poggiando una mano sulla mia spalla e riscuotendomi dai miei pensieri.

«Voglio crederci» gli risposi.

***

Le settimane seguenti passarono in fretta.

Ad Andel la situazione continuava a peggiorare e perciò Richard fu costretto a impartirci lezioni supplementari di addestramento teorico e pratico per renderci pronti a qualsiasi cosa avessimo dovuto affrontare. Quindi né io, né Francis, né nessun altro ebbe il tempo di pensare alla storia di Marcus e al suo invito nel regno. Non riuscii nemmeno a trascorrere abbastanza tempo con mio padre, che nel frattempo si era ristabilito quasi del tutto. I disordini di quel periodo si erano via via intensificati e spesso ci ritrovavamo a dover aiutare i guerrieri adulti a respingere gli Esiliati o a uccidere le creature mostruose nascoste nelle strade.

«Un altro periodo infernale!» sbottò May un pomeriggio, durante l'addestramento pratico. «Se superiamo i livelli dell'ultima volta, nemmeno gli infusi di papavero potranno aiutarci. Guardaci: siamo praticamente distrutti! Non dormiamo, mangiamo a stento e ingurgitiamo grandi quantità di stimolante solo per rimanere svegli ed energici. Ma io voglio riposare!»

«Hai ragione, ma questo è il nostro lavoro. Tocca a noi proteggere la gente dai pericoli e garantire la sicurezza dimensionale» replicò Francis con aria distrutta.

«Sì, ma così è esagerato. Gli infusi di papavero, per quanto possano tenerci svegli e darci energia, non potranno mai sostituire una sana dormita.»

«Dovremmo abituarci all'idea, mi sa. Ora corri, Francis. Richard non sembra molto contento» avvertii il ragazzo, guardandolo con aria triste.

Francis scrollò le spalle e si diresse nell'altra metà del campo.

***

L'unico giorno libero dopo tutte quelle sessioni di addestramento fu quello della festa degli angeli.

In realtà, Richard avrebbe voluto fare almeno un po' di addestramento pratico per quel giorno. Tuttavia, dato il dissenso mostrato dagli studenti, l'istruttore aveva acconsentito a lasciarci la giornata per stare un po' con le nostre famiglie e per riposarci.

«Vorrei che questa giornata durasse in eterno» annunciò May quando la giornata di festa fu quasi giunta al termine.

«Cosa vuoi farci? Siamo guerrieri, ci tocca» le rispose suo padre.

«Ancora non posso crederci che mia figlia sia diventata guerriera. Io e Nat... Voglio dire, Marlen, abbiamo sempre voluto tenerla lontana da tutto questo. Volevamo proteggerla, crescerla in un mondo più sicuro per lei e invece...» si inserì mio padre.

«Prima o poi lo avrebbe scoperto. Forse in maniera meno brutale, ma lo avrebbe saputo» osservò Adam con gentilezza, la stessa utilizzata quando aveva deciso di ospitare papà in casa.

«Anche se questo non era il momento. Non era pronta e così le è piombato tutto addosso» rispose mio padre con rammarico.

«Silene è una ragazza molto forte. Dai suoi racconti della sua vita nella dimensione mortale lei era pronta da ancor prima di venire qui. Ma capisco le tue preoccupazioni. Tutti i genitori ne hanno per i propri figli.»

Fu strano, per me, vedere papà conversare così amichevolmente con un qualcuno che non fosse un suo simile. Però, mio padre era sempre stato un uomo aperto, cordiale con chiunque, una persona sempre pronta a fare nuove conoscenze e ad ampliare gli orizzonti.

La serata passò così, tra chiacchiere e risate e, quando fu il momento di andare a dormire, salutai mio padre con un lungo abbraccio.

«Sono fiero di te e non mi importa se il tuo sangue è diverso dal mio. Sarai sempre la mia Silene, la mia bambina. Non ti avrò vista muovere i tuoi primi passi, non avrò sentito dire le tue prime parole, ma ti ho vista crescere giorno dopo giorno. E per me questo vale più di qualsiasi altra cosa. Ti voglio bene, principessa» mi disse con dolcezza mio padre.

«E tu sarai sempre il mio papà, qualunque cosa accada.»

In risposta mi diede un bacio sulla fronte e mi lasciò andare in camera con Francis, con cui scambiò un'occhiata d'intesa e che, non appena fu sotto le coperte con me, crollò.

Io, invece, con la mente inquinata da mille e più pensieri, mi addormentai solo una decina di minuti dopo.

«Silene Elsway». Una voce profonda mi stava chiamando da lontano, sembrava provenire dal nulla.

Mi guardai attorno e constatai di trovarmi in un posto desolato. Con ogni probabilità, doveva essere una caverna su una montagna, a giudicare dalle pareti del luogo in ero.

«Chi parla? Chi mi chiama?» chiesi, cercando di non sembrare troppo turbata.

Una risata cavernosa attraversò lo spazio angusto dove ero rannicchiata; dopodiché, il mio interlocutore parlò. «Non riconosci la voce del Creatore? Molto, molto male. Ci sono cose che il tuo caro padre guerriero avrebbe dovuto insegnarti, se avesse potuto. Ma, ahimè, sei stata cresciuta da un inutile mortale» dichiarò divertita la voce. «Ma non sono qui per dirti questo. Sono venuto da te per ricordarti del mio desiderio di incontrarti, Silene Elsway. Vieni da me e avrai indietro le vite dei tuoi due genitori. Vieni da me e sarai ricompensata.»

«Dammi un motivo per cui dovrei crederti. E poi... Cosa vuoi da me? E dalla mia famiglia? Perché stai facendo tutto questo?»

«Sciocca, sciocca ragazzina. Ti aspetti davvero di ascoltare i miei piani? So di non potermi fidare di te, Silene Elsway. Per cui attenderò la tua venuta.»

«Ma come posso raggiungerti? Come?!»

«La via per il regno delle ombre è dentro di te. Cercala e vedrai quanto sarà facile trovala. A presto, guerriera.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro