~Un triste racconto~
Quelle parole gettate senza nemmeno pensarci troppo, paralizzarono chi stava animatamente discutendo.
Dimitri, fermo al centro della stanza teneva il capo chino, cercando dentro di sé la forza per alzare la testa che pesava come un macigno e proseguire ciò che aveva appena iniziato.
Doveva delle spiegazioni, non poteva lanciare il sasso e nascondere la mano, no, non era da lui.
Tuttavia...non riuscì a parlare, il suo unico sfogo furono delle lacrime bollenti di rabbia che scendevano copiose.
Sherry che non sapeva cosa dire, rimase in piedi con la bocca semi aperta per lo stupore.
Non sapeva come consolare o aiutare quel ragazzo, proprio colui che le straziava il cuore a ogni goccia che versava.
<< Dimitri io-
<<Tempo fa mi chiedesti di non provare pena per te, ora ti scongiuro di fare lo stesso. Prima o poi sapevo che avrei dovuto raccontarlo, siamo legati per sempre e già una volta ti sei accorta che l'alchimia non mi è del tutto ignota >>
Rispose di getto, al contrario di Sherry lui non era in grado di fingere una forza che non aveva.
Lui era trasparente, tutto ciò che provava si rifletteva sul suo viso, nei suoi gesti.
Teneva i pugni serrati e i capelli gli cadevano sugli occhi, nascondendoli.
Nonostante per evitare di essere riconosciuto dalle guardie li avesse tagliati e tinti di una tonalità scura il gesto di coprirsi con essi gli riusciva ancora e, in quel momento, fu una mera consolazione.
La ragazza annuì flebilmente, insicura se il suo gesto fosse stato visto o meno.
Malorie dal canto suo aveva assistito a tante cose, non era interessata alla storia di Dimitri, ma a ciò che lui significava per Sherry. Dopo aver visto con i suoi occhi vitrei quel bacio che si erano scambiati l'idea che il suo "papino" dovesse sapere dove fossero si era velocemente insinuata tra i suoi pensieri.
Papà Claude le aveva detto, fin dal primo momento in cui si era ritrovata in quel corpo di porcellana, di vegliare sulla sua Sherry, di avvertirlo di qualsiasi pericolo. Eppure i ricordi che il prete aveva svegliato in lei le avevano ricordato un dettaglio particolare, l'uomo che aveva visto appena sveglia non si chiamava Claude.
Forse la scelta migliore era quella di stare tranquilla e andare dove la sua mammina e il suo nuovo papino andavano. Eppure la sua curiosità dalle volte eccessiva le imponeva di scoprire perché Eloise le aveva mentito e per quale ragione avesse detto di chiamarsi Claude Rousseau.
La voce di Dimitri dopo alcuni momenti iniziò a farsi sentire il quel piccolo appartamento scricchiolante.
<< Venti anni fa in un quartiere di Lione si trasferì una famiglia borghese di origini inglesi.
Il capofamiglia era ed è tutt'oggi un banchiere di nome Feliphe Darwin, un uomo avido, ma colto ed istruito. A Feliphe non importava nulla delle altre forme di vita intorno a lui, al contrario non faceva altro che investire sulle persone più improbabili per poi donarle agli scienziati o a gli alchimisti con cui intratteneva rapporti molto stretti.
Il nostro uomo era di conseguenza della peggior specie, ma in quel pozzo di vizi e difetti vi era una piccola briciola di luce, si chiamava Charlotte.
Vedete quella massa di capelli ricci era la donna più grintosa e solare che esistesse, amava la scienza, la matematica era un asso a giocare a poker e a fumare sigari. Sembra strano eh? Mia madre era una fanciulla poco femminile ma incredibilmente intelligente e perspicace, era dotata anche di una grande bellezza e gli uomini chiedevano di continuo la sua mano al padre, ma lei rifiutava chiunque e mio nonno assecondava volentieri questo suo bisogno di libertà.
Accadde poi che un giorno di aprile Charlotte fuggì dalla madre e dalle cameriere per inoltrarsi tra i vicoli della città ancora poco familiare, nei dintorni il mercato della zona si estendeva per diversi isolati e presa dalla curiosità iniziò ad osservare la mercanzia. Guardava i quadri con curiosità, gli abiti e le stoffe pregiate con disinteresse e poi libri, erbe e fiori con amore. La strada era affollata e mentre veniva assorbita da ciò che le piaceva un forte impatto con qualcuno la fece cadere al suolo, ritrovandosi distesa a terra e ad un palmo dal viso di un ragazzo, un giovane occhialuto dai capelli baciati dal sole.
Marcus Chavroce, era il semplice figlio di un mercante, un ragazzo tanto buono da sembrar tonto. Almeno questo è come me lo hanno sempre descritto, da quel che mi ricordo io invece era solamente educato e gentile, ma dal suo sguardo trapelava una grande saggezza.
Non so cosa spinse esattamente quei due giovani tanto diversi a interessarsi a vicenda, so solamente che mio padre la invitò a bere un tè e da quel momento mia madre scappò ogni giorno per oltre due mesi da casa per andare a rifugiarsi in quella locanda.>>
Sicuramente quella scena gli si presentò davanti a gli occhi come una pellicola perché le labbra si incresparono in un lieve sorriso.
<< Si amavano davvero tanto. Charlotte nei giorni si accorse che il ragazzo se pur ignorante e semplice aveva una grande sete di sapere. Gli promise di insegnargli cose che un qualsiasi altro ragazzo non potrebbe nemmeno immaginare e...così fu.
Gli fece leggere libri di Paracelso e Faust, gli raccontò delle origini arabe dell'alchimia, ma non solo. Volle insegnargli la scienza e i vari miscugli, l'astronomia e la matematica, sì, anche il poker.
Lui apprendeva e si riempiva velocemente come una brocca colma di acqua viva, vedeva sgorgare dal flusso di inchiostro nomi e titoli, mondi nuovi e vecchi, ma a differenza della donna che amava Marcus si interessò alla filosofia, alla letteratura e da essa apprese i concetti antichi, iniziò a riflettere e a capire.
Alcuni concetti dell'alchimia non lo convincevano, non mi spiegò mai cosa esattamente non gli piaceva, ma con il tempo penso di aver capito.
I mesi passarono veloci e infine convolarono a nozze di nascosto, in modo che il vecchio Feliphe non potesse opporsi ad un matrimonio per nulla conveniente per le sue tasche (inutile dire che non la prese bene e vedeva Marcus come un infimo insetto).
Da quel giorno il ragazzo fu inserito per bene tra gli studiosi, i cari amici di Charlotte, tra tutti legò molto con un certo Noël, insieme fecero faville. Ebbero in poco tempo l'ammirazione di potenti persone, fin quando non scoprirono come creare qualcosa che va oltre l'immaginabile.
Ciò che scoprirono lo dirò in seguito.
Marcus si pentì subito dopo di ciò che aveva fatto e giurò a Noël e sua moglie che non avrebbe mai detto come riuscì a creare tale scempio e, se uno di loro avesse reso pubbliche le sue ricerche lo avrebbe considerato come il più vile dei tradimenti.
Ovviamente Lady Darwin fu incondizionatamente dalla parte del marito, ma l'amico di sempre si oppose.
Litigarono e urlarono, arrivarono a picchiarsi e infine a non considerarsi nemmeno più.
Nacqui io, un bimbo sempre in lacrime che voleva scappare dalle grinfie della mamma e del papà...già volevo scappare ma non sapevo quanto poco avrei goduto di quell'amore smisurato.
Dopo sei anni Noël si rifece vivo con una lettera:
"Cari Marcus e Charlotte,
Sono passati tanti forse troppi anni dal nostro ultimo incontro.
Vi chiedo di mettere da parte i vecchi dissapori per un occasione davvero importante, per la prima volta il raduno si terrà nella mia abitazione di campagna in Russia, sapete quanto sia importante per me e voglio servirmi di questo avvenimento per far sì che la mia felicità sia dinuovo completa.
Potrà essere tale solo quando il nostro magnifico trio sarà dinuovo unito.
Con affetto il vostro amico,
Noël Blanchard"
Conservo ancora quel maledetto foglio scritto con il sangue.>>
Chiuse i pugni non staccando gli occhi dalla ragazza davanti a lui,
<<Fermati, non devi parlarne per forza!>>
<<No, tu devi sapere perché ho odiato così tanto questo marchio che mi hai imposto.>>
Quelle parole sembravano sputate con veleno, quasi con rancore.
<< Mio padre inizialmente non volle accettare, gli parve strano un invito così inaspettato, ma mia madre gli tolse dalle mani quella lettera "sarà tutto come i vecchi tempi, sono stata troppo a lungo lontano da quel mondo, ti prometto che non mi farò coinvolgere troppo, ma ti prego Marcus, andiamo".
Fu impossibile restare immune alle suppliche di mia madre è così, infine, andarono.
Era una notte di ottobre, il cielo grigio si scagliava su di loro e i sontuosi abiti che quella sera indossavano i miei genitori erano zuppi di acqua piovana.
Non so come sia la casa di Noël, non posso descriverla ne darvi una vaga idea di ciò che videro prima di morire.
Mi limiterò a raccontarvi ciò che accadde in seguito.
Furono accolti nel più clamoroso dei modi, tutti i loro vecchi collaboratori e amici li riempirono di manifestazioni affettuose e congratulazioni per il bimbo che non avevano potuto conoscere.
Mio nonno, Feliphe Darwin, si trovava lì, indignato nel vedere che la sua brillante figlia si fosse ridotta ad una casalinga.
Li osservava senza batter ciglio, impassibile.
Tra tutte quelle persone amorevoli spiccò il candido abito bianco di Noël, fiero scendeva le scale della casa mentre con nostalgia sorrideva a i suoi cari amici.
Li portò con sé, mostrando i progressi che avevano fatto durante quei lunghi sei anni, li fece mangiare e bere, risero tanto e si divertirono.
Poi arrivò il momento, tutti gli illustri ospiti furono invitati nei sotterranei per assistere con i loro occhi ad una scoperta davvero innovativa.
Charlotte si sentì fermare per un braccio, "cara, tu e Marcus venite con me, avrete il posto migliore".
Li fece entrare da una porta che dava sul retro di una grande sala dove tra le tribune vi erano seduti i vari ospiti.
Dentro furono illuminati da una luce abbagliante che fu puntata su di loro, le palpitazioni dei loro cuori andavano aumentato di minuto in minuto e presto si accorsero di essere chiusi in un'immensa teca di vetro dalla forma quadrata.
Si guardarono intorno quando, un rumore simile al ringhiare dei cani li fece rabbrividire.
"Illustri signori e signore, per anni lo scopo di noi alchimisti è stato quello di trasmutare la materia, che tale scopo sia una rappresentazione metaforica per elevarci a esseri superiori o il senso letterale della frase, questo era il nostro scopo comune.
Eppure durante l'epoca rinascimentale, Paracelso disse di aver creato la vita, un piccolo essere umanoide privo di anima in grado di crescere e usare la ragione come qualsiasi essere umano.
Da quel giorno ognuno di noi ha scelto la propria strada da seguire, c'è chi ha percorso le orme degli antichi maestri e chi, con coraggio, a perseverato nella causa di quello stravagante dottore. Io oggi vi dico che nonostante non abbiamo creato la vita, abbiamo trovato il modo di modificarla."
Mio padre capì subito che Noël aveva recuperato i suoi vecchi studi spacciandoli per propri.
Sapeva cosa sarebbe successo in pochi minuti, la sua ultima azione fu un gesto d'amore.
Non l'ho mai giudicato per ciò che fece.
Dalla tasca sfilò uno stiletto che per precauzione aveva portato con sé, lo piantò nel cuore di mia madre facendo si che morisse il prima possibile.
Lui non ebbe il tempo di suicidarsi.
L'essere camminava a quattro zampe, il corpo ricordava un essere umano ma i suoi movimenti erano veloci, scattanti.
Il mostro si gettò su Marcus non appena si rese conto che una delle sue prede era già morta. Così con un balzo la creatura fu subito sopra il corpo dell'uomo, inchiodando al pavimento duro il fragile corpo fatto di carne e sangue. Marcus, voltandosi lentamente, vide ad un palmo dal suo naso l'orrendo viso malformato, era così vicino da poter sentire il respiro denso uscire dalla bocca di quell'essere.
La bestia digrignò i denti e con un solo, unico morso gli strappò il viso, riducendo a brandelli il tessuto della pelle. Nonostante la tremenda deturpazione Marcus restò vivo, forse il sangue ancora bollente di rabbia gli permise di accoltellare il mostro o forse furono gli ultimi spasmi del suo corpo. La creatura indietreggiò urlando per il colpo inferto all'arto sinistro, ma quella disperazione, quell'urlo di dolore durò solo pochi attimi.
La ferita si rimarginò del tutto e poco dopo finì di fare a brandelli il corpo del povero uomo che ormai era già morto in una pozza di denso sangue scarlatto. Proprio così, mio padre fu ucciso da un mostro che lui stesso aveva contribuito a creare. >>
Dimitri concluse il discorso in preda ad un attacco di iperventilazione, non riusciva a regolare il respiro e si calmò solo diversi minuti dopo.
<<Marcus, lui...lui ha mischiato il genere umano con diverse razze animale, ha in più usato gli antichi simboli e le formule dei celti per far sì che i suoi esseri vivessero, ma come ogni uomo che pensa di potersi mettere al posto di Dio, ha provato un tale disgusto per sé stesso da non voler mai più avere a che fare con l'alchimia. E quella sua spiccata curiosità lo ha condotto nella tomba.>>
<<Come sai tutto questo?>>
Domandò Sasha, Sherry si avvicinò a Dimitri e cullandolo lo fece appoggiare sulla sua spalla.
<<Feliphe venne a casa di mio nonno André, gli raccontò tutto e si giustificò dicendo che non avrebbe potuto salvarli. Di me non volle sapere niente, sicuramente ogni volta che mi guardava vedeva il suo fallimento come padre. Le ultime parole che disse a mio nonno André furono " Le ho dato troppa libertà, avrei dovuto crescerla come ogni altra donna."
La moglie di Feliphe non lo mai conosciuta, semplicemente lo incrociata qualche volta per le vie della città. Ora capite? Mio nonno André è un santo, mentre Feliphe è solo un vigliacco.>>
Concluse così il suo macabro racconto, una triste storia di amicizia tradita e un amore che non ha vissuto abbastanza.
Sasha riempì tre bicchieri di rum e li divise,
<<Bevete, il rum è la migliore medicina per l'anima!>>
Senza batter ciglio il garzone ingerì il liquido che gli incendiò il petto con il sapore forte e caldo. Si alzò poi per continuare con un altro paio di bicchieri. Sherry rimase a fissare il bicchiere, poi si bagnò le labbra e fece una smorfia stranita.
<<Ragazzina, tutto giù in un colpo solo.>>
La fanciulla lo guardò, annuì con vigore e ingurgitò il rum, seguirono alcuni colpi di tosse che fecero sorridere i due uomini.
<<Allora andrò ad informarmi, entro tre giorni saprai dove si terrà il raduno quest'anno.>>
<< È quello che voglio, Dimitri se ne avrò l'occasione chi ha fatto ciò a i tuoi genitori pagherà.>>
Si stupì lei stessa di tali parole, eppure la rabbia che l'aveva posseduta mentre la voce del ragazzo narrava gli eventi, le aveva fatto giurare che se ne avesse avuto l'opportunità l'artefice di tanto male sarebbe stato punito. Dimitri le strinse una mano,
<<Se avremo l'opportunità.>>
<<No, andrò da sola.>>
La fanciulla si alzò girandosi di schiena,
<<Bambina è una cosa pericolosa, quindi sì vai tu.>>
<<Sasha!>>
<<Che c'è? Meglio una che tre!>>
Rispose con calma bevendo il quinto bicchiere.
<<Lui ha ragione, voi due non sapete praticare l'alchimia e anche se trovassimo delle armi non penso basterebbero.>>
<<Allora insegnami.>>
La ragazza si girò di scatto, l'espressione di Dimitri questa volta era sicura, ferma.
<<Vuoi davvero diventare come gli assassini dei tuoi genitori?!>>
Urlò,
<<I miei genitori avrebbero voluto che io scegliessi da solo il mio destino e le mie scelte senza farmi influenzare da niente e nessuno! Loro hanno vissuto la loro vita senza mai chiedere il consenso a qualcuno e...>>
<<E guarda dove li ha portati!>>
<<Li ha portati ad incontrarsi! Ad amarsi, ad avere me...a capire da soli i loro sbagli. Io non sarò da meno.>>
Il suo viso era ormai paonazzo ed entrambi erano accaldati per la discussione.
Sherry si ricompose e con eleganza prese posto al tavolo.
<<Come vuoi, allora alla salute e alla tua nuova vita a partire da domani.>>
Riempì dinuovo i bicchieri,
<<Sasha?>>
Chiese porgendo il bicchiere,
<<Sì?>>
<<Bevi con noi, tu sarai il nostro assistente.>>
Lo zingaro prese il bicchiere dalle mani della ragazza,
<<Come desiderate milady!>>
Sorrise, uno di quei suoi soliti sorrisi strani. Avrebbe assistito a grandi cose e chissà se ne avrebbe tratto beneficio.
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