~Due vite un unico destino~
Capitolo curato ed editato da EnisBS95.
Dimitri aprì lentamente gli occhi: un dolore acuto gli attanagliò la testa e un forte
ronzio gli risuonò dentro i timpani.
La vista era sfocata e il corpo troppo pesante per muoversi. Gli ci vollero alcuni minuti
prima di recuperare la totalità dei suoi sensi. Ricordava ben poco, ma ruotando
lentamente il collo dolorante ed osservando ciò che lo circondava, cominciò a
rammentare gli episodi della notte precedente. La stanza in cui si trovava era buia ed
angusta, e l'unico oggetto visibile nell'oscurità era il tavolo, dai granelli di polvere
visibili grazie alla fioca luce penetrante dalla piccola finestrella seminascosta da una
grossa tela bianca.
Sistemate con cura, furono visibili in lontananza, con occhio attento, vecchi fucili
malconci e ormai inutilizzabili. Il luogo in cui si trovava si rivelò quindi essere un
vecchio casolare abbandonato da alcuni anni, situato in mezzo al bosco.
Disteso su alcune balle di fieno, tentò di rimembrare l'accaduto, costringendo la sua
mente a ricordare ogni dettaglio visivo con sforzo. Le immagini che passarono dinanzi
i suoi occhi furono atroci e spaventose, e il corpo di Annemarie ricoperta di sangue in compagnia dell'orribile mostro presero il sopravvento su di lui, portandolo a tremare.
La testa doleva e il pensiero lo terrorizzò.
«Annemarie...»
Pronunciò il suo nome a fatica, lasciando quelle ultime parole morirgli in gola.
Era sudato, scosso e dalle labbra secche e increspate, nonché confuso.
Chi lo aveva tratto in salvo e perché? Si domandò più volte non avendo il coraggio di
guardarsi le mani, lasciando a qualcuno il brusco compito di interrompere il filo dei suoi pensieri. Una porta alle sue spalle si aprì, e il rumore dei passi indicò la presenza di una singola persona. Restò in silenzio, attendendo lo sconosciuto mostrarsi ai suoi occhi, ma quest'ultimo sembrò trovarsi oltre il soffitto, ad un piano superiore.
«C-che sta succedendo?»
Un colpo di tosse secca uscì dalla sua bocca e fu seguita da una squillante risatina.
«Ragazzo, vieni a giocare con me!»
Una vocina squillante, come quella di una bambina lo chiamò, quasi volesse invitarlo
ad andare da lei.
«Chi sei? Cosa vuoi?»
Domandò lui visibilmente turbato, lasciando quei passi avvicinarsi a lui.
In quel momento, qualcun altro entrò dalla porta.
Con il cuore in gola e il battito accelerato, inspirò a pieni polmoni, scoprendosi debole
e incapace di compiere alcun movimento.
Con sua grande sorpresa, tuttavia, l'essere che gli si parò davanti si rivelò avere le sembianze di una giovanissima ragazza dallo sguardo perplesso.
Sherry lo stava osservando.
Lui non proferì parola: gli occhi scuri di lei erano come un baratro in cui si ci poteva
perdere. Restò per qualche minuto in silenzio a osservare il suo volto da bambina cosparso di lentiggini.
Indossava una camicia da notte in stile impero: la scollatura era quadrata e cadeva
elegante sul seno piccolo che veniva incorniciato da un delicato pizzo color panna.
Sotto di esso una striscia di raso le stringeva la vita terminando con un piccolo fiocco.
La gonna cadeva morbida sul corpo minuto. Era leggera e semitrasparente e l'orlo era
ormai totalmente rovinato, sporco di fango: un lembo era stato strappato via e fasciava
il braccio sinistro della ragazza dal polso al gomito.
«Noto che vi siete ripreso...»
Disse la ragazza con un filo di voce.
Dimitri però si incupì e subito le chiese dove fosse Annemarie.
Con rammarico ed una cupa voce rassegnata, Sherry gli rispose:
«Mi dispiace!»
«Cosa vuol dire che vi dispiace? Dov'è?»
La voce di lui era tremolante: gli occhi si fecero lucidi e il respiro si affaticò. Non
amava Annemarie ma le voleva bene. Era una ragazza piena di vita e non meritava di
morire così giovane, specialmente a causa sua. Delle grosse lacrime iniziarono a
scendere sul suo volto.
Sherry rimase in silenzio, poi lentamente si alzò e andò fuori dalla stanza. Quel ragazzo
aveva tutto il diritto di dar sfogo al suo dolore da solo, senza gli occhi indiscreti di una
perfetta sconosciuta. In fin dei conti erano solo questo: due estranei.
Una volta che si fosse calmato avrebbe dovuto però spiegargli tutto.
Nel frattempo, osservando il suo braccio, notò nel polso un nuovo segno marchiato
sulla sua pelle. Due serpenti intrecciati con un'ala ciascuno.
Si passò la mano sul viso. Tutto quello che le stava succedendo era davvero troppo,
pensò asciugandosi la fronte.
Dopo l'incidente era finalmente libera dalla prigione d'oro in cui i suoi genitori
l'avevano rinchiusa ma il suo animo provava emozioni contrastanti.
Se da un lato era felice di essere scappata, dall'altro si sentiva una vigliacca.
"Non li ucciderò perché sarai tu a farlo" Ancora non comprendeva il significato di
quelle parole. Oltretutto, adesso la sua vita dipendeva da un ragazzo di cui non
conosceva neanche il nome.
Soffermò il suo sguardo lungo il panorama. Dei grossi pini ricoprivano l'intera
montagna e, oltre gli alti alberi, vasti prati di primule e lavanda inondavano il bosco
con il loro inebriante profumo, gli uccelli volavano liberi sopra il bellissimo panorama e, in lontananza, un piccolo fiumiciattolo rendeva il tutto davvero poetico. Si
incamminò tra gli alberi e i cespugli, raccogliendo bacche e qualche verdura oltre alle
piante per medicare il ragazzo. Sapeva riconoscere le varie specie grazie alle lunghe
ore passate nel vivaio di casa sua in compagnia dei domestici e del vecchio Pascal, il
giardiniere.
Pian piano si ritrovò davanti al ruscello: l'acqua non troppo cristallina sembrava
chiamarla. Dalla notte precedente non aveva avuto l'opportunità di farsi un bagno, così
decise di spogliarsi e di immergersi nell'acqua. Posò vicino la sponda ciò che aveva
raccolto e iniziò a sfilarsi di dosso la lunga sottana ricoperta di pizzi e merletti, tolse le
bende improvvisate e rabbrividì non appena notò il braccio ricoperto di lividi violacei e
il colorito cadaverico che aveva assunto la sua pelle. La sua malattia presto si sarebbe
dilagata in tutto il suo corpo e, senza le cure del dottore di fiducia della sua famiglia,
non avrebbe vissuto al lungo. Si avvicinò all'acqua immergendovi un piede, seppur la
temperatura bassa lo fece ritrarre prima del previsto. Era autunno e non era di certo la
giornata ideale per un bagno freddo, ma sulla pelle aveva ancora impregnato l'odore
delle fogne. Chiuse gli occhi, decisa ad immergersi senza allontanarsi troppo dalla riva.
Il bagno non bastò a rilassarla: passò infatti tutto il pomeriggio a riflettere, a rimuginare
su ciò che vide a casa sua. Chi poteva volere il suo male? E perché qualcuno voleva
allontanarla da casa sua?
Queste domande la interrogarono per tutto il giorno. Non capiva e questo la snervava
terribilmente. Tra il ruscello e il bosco passarono le ore e il cielo divenne buio. Era ora
di ritornare e sapeva bene che avrebbe dovuto affrontare il ragazzo. Solo il pensiero di
fissare quegli occhi così dolci e così profondi le faceva paura. Non era di certo un bel
ragazzo ma qualcosa in quei lineamenti così fini l'affascinavano. Scosse la testa per
dissolvere i pensieri e iniziò a camminare lentamente verso casa, tentando in ogni
modo di rimandare al più tardi possibile il momento in cui avrebbero dovuto parlargli.
Passò mezz'ora e finalmente arrivò davanti la porta del casolare.
L'aprì lentamente e con passo furtivo entrò dentro.
"Starà riposando," pensò tra sé e sé entrando, trovandolo sveglio ad osservare il vuoto.
La sentì entrare, tentando di chiudere aiuto.
«Acqua...»
Mugolò senza forze, completamente lasciatosi andare alla stanchezza.
La ragazza si sentì in colpa. Non doveva lasciarlo lì, lo sapeva, ma la paura delle sue
domande aveva preso il sopravvento, costringendola in quel momento a vergognarsi di
se stessa.
Brandendo i resti di una brocca che si trovava sopra il vecchio tavolo, la riempì con
dell'acqua che la sera prima aveva preso al ruscello, si avvicinò al letto e, senza
proferire parola, avvicinò l'acqua alle labbra del ragazzo. Dimitri bevve avidamente;
successivamente, iniziò a fissarla con insistenza. «Vi ho vista l'altra notte...»
Cominciò lui con un filo di voce,
«eravate lì, in piedi, e la bestia non vi ha attaccata.»
Trattenne un sospiro e si lasciò andare ad un colpo di tosse. Successivamente, riprese a
parlarle:
«siete uscita da un una forte luce, anzi... da un esplosione!»
I loro occhi si incontrarono.
Gli occhi di lui erano pieni di paura, curiosità e rabbia. Temeva la ragazza che aveva di
fronte, eppure c'era qualcosa in lei che sentiva appartenergli.
«Cosa siete: un angelo mietitore? Un mostro anche voi?»
Sherry si limitò per un istante ad osservarlo, tentando di trovare la forza per parlare.
«Non sono un angelo mandato da Dio per salvarvi e non sono uscita dall'esplosione.
L'ho provocata io!»
Soffermò i suoi pensieri sull'ultima domanda, sospirando.
«Un mostro? Forse... forse lo sono!»
«Avete provocato voi l'esplosione?»
Dimitri sussultò, alzando il tono di voce.
«Quindi... siete anche voi una di quegli esseri?»
Sherry si alzò facendo per andarsene. Non avrebbe permesso di trattarla in quel modo,
non dopo avergli salvato la vita.
Dimitri gli afferrò però il polso, bloccandola. Lei non lo degnò di uno sguardo e lui si
pentì subito di aver alzato la voce.
Lo aveva salvato e curato, e seppur l'idea di essere un mostro lo terrorizzava, si
convinse di non dover temere per la sua incolumità.
Tossì con forza, ancora troppo stanco.
«Perdonatemi, ma non capisco! Come avete fatto a salvarmi? Ricordo di aver sbattuto
la schiena contro un tronco e, pensandoci, risento di nuovo la sensazione della mia
vertebra che si rompe.»
Si lasciò andare ad una smorfia di dolore, tornando alla mente a quel preciso momento.
«Quanto ad Annemarie... perché non avete salvato anche lei?»
Sherry era ancora girata di spalle quando sospirò, decisa a parlargli.
Si mise a sedere su una balla di fieno accanto a lui, gli prese la mano e indicò il
simbolo sul suo braccio.
Dimitri rimase spiazzato: non si era accorto di quel simbolo. Il suo viso diventò rosso
per la rabbia. «Questo è uno dei simboli dell'alchimia. Perché è sul mio braccio? Cosa...cosa
significa?»
Sherry fu a sua volta sorpresa. Non si aspettava che un semplice ragazzo riconoscesse
tale simbolo.
«È grazie ad essa che vi ho salvato!»
Gli mostrò il braccio in cui aveva lo stesso marchio, poi proseguì il discorso.
«Non posso dirvi come io conosca l'alchimia e perché mi trovavo lì quella sera. Posso
solo dirvi che è colpa mia ciò che vi è successo. Volevo salvare entrambi ma...»
Trattenne il respiro, decisa a trovare la forza per ammettere a se stessa la verità.
«Non sono abbastanza forte, ecco!»
Il silenzio calò per un istante su di loro, rotto ancora dalla voce di Sherry, che si ostinò
a continuare.
«Dovevo fare una scelta, e ho scelto voi! La vostra amante non aveva più un arto
superiore e buona parte di una gamba era completamente martoriata. Voi mi siete
sembrato la scelta migliore!»
Sherry non diede il tempo al ragazzo di proferire parola, interrompendolo sul nascere
del discorso.
«L'alchimia non dà nulla in cambio di niente. Questi simboli rappresentano il nostro
patto. Riportarvi in vita in cambio di metà di essa e della mia. Da quella notte i nostri
destini si sono uniti. Volevo lasciarvi lì una volta assicuratami foste fuori pericolo, ma
non potevo prevedere. Se voi non fosse sopravvissuto non avrei potuto neanch'io.
Perdonatemi e non odiatemi per ciò che ho fatto, volevo solo riparare al danno che vi
ho arrecato.»
Dimitri non riuscì più a dir nulla, troppo sconvolto dalla rivelazione. Non poteva
credere fosse successo a lui. Si era tenuto lontano dall'alchimia da quando...
«No, no, no: maledizione!»
Imprecò alzando il tono di voce.
Sherry non biasimò la sua reazione. Due vite erano state costrette ad intrecciarsi senza
il consenso delle controparti interessate.
«Posso capire la vostra rabbia, ma questa è la realtà: ognuno di noi ha le proprie vite,
quindi vi aiuterò a rimettervi e poi ci diremo addio.»
Si alzò, schiarendosi la voce.
«Perdonatemi, ma ora ho la necessità di uscire da questa stanza buia.»
Dimitri era incredulo: quella giovane dama sembrava essersi arresa a gli eventi della
vita come una vecchia che non aspetta altro che l'angelo nero la porti via per liberarla
dalla sua triste esistenza. Restò a lungo in silenzio ad osservare il vuoto. Non voleva assolutamente vedere il
sigillo: gli riportava alla mente troppi ricordi che aveva sepolto nel suo passato.
Avrebbe preferito morire piuttosto che ritrovarsi costretto a vivere con quel "coso"
impresso sul suo braccio. E lei.. in lei c'era qualcosa che non andava. Lo vedeva nei
suoi modi silenziosi, nei suoi occhi così profondi.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro