~Amore paterno e...complotti~
Quando il fischio del treno annunciò ai passeggeri che erano giunti a destinazione, Annemarie si strinse maggiormente nel suo mantello nero, sperando che nessuno si rendesse conto del suo orripilante aspetto.
<<E ora di scendere banshee>>
Sussurrò al suo orecchio Eloise,
<<Banshee?>>
Chiese anch'ella in un filo di voce.
<<Non sapete cosa sono? Beh le banshee sono delle figure femminili del folklore irlandese, si dice che siano bellissime donne che piangono perle d'ambra.>>
<<Forse potevano farmi un complimento del genere un tempo...ma adesso, no.>>
Eloise fece un sorriso smorzato,
<< Perché? Perché per la società siete un mostro abietto? Anche la creatura di Frankenstein era orrenda per le persone eppure, per Victor era la prova della intelligenza e della sua grandezza.>>
<<Dimenticate, caro Eloise, che in seguito il mostro divenne motivo di infelicità e melanconia per il suo creatore.>>
<<Non lo dimentico, forse anche voi sarete motivo di depressione per mio padre un giorno, esattamente come quella creatura e, questo, non può che rendervi splendida a i miei occhi.
Tralasciando anche che siete deliziosamente anomala, le chiemere solitamente sono feroci non appena comprendono di non essere più umane. Voi, al contrario, preservate la vostra umanità e rimanete ugualmente fragile nonostante la vostra forza fisica. Questo per me dimostra che siete l'unica persona realmente umana che io abbia conosciuto, in poche parole siete tanto convenzionale quanto unica.>>
Annemarie restò con il fiato morzato da tali parole, non conosceva Eloise, eppure era stato in grado di scuoterla da quel limbo di dolore che si era imposta.
Lo trovava terribilmente affascinante, "come sono sciocca" pensò. Il ragazzo aveva ragione, essere diventata un mostro non aveva scalfito la sua indole da ragazzina ingenua e ben presto si accorse che la vicinanza di Eloise le provocava qualcosa di insolitamente devastante.
Lo osservò di soppiatto, quei lividi violacei e i graffi che spasmodicamente si procurava con le unghia la incuriosivano. Perché quel ragazzo era così strano?
<<Anny>>
La richiamò suo padre per attirare la sua attenzione,
<<Sì, eccomi>>
Con la testa china, immersa nell'immenso cappuccio, si avviò verso le porte del treno camminando dietro suo padre, sua madre e Lilienne.
Scesero e quando giunsero fuori dalla stazione Annemarie di impulso iniziò a camminare verso il vasto mercato, dove bellissime boutique costeggiavano le strade, ma il colonnello la fermò trattenendola per un lembo del mantello.
La fanciulla si voltò e sul viso paterno vi era dipinta un'espressione triste mista ad una certa angoscia. Annemarie capì all'istante che- presa dall'euforia del momento- aveva dimenticato per un secondo le condizioni in cui si trovava.
Così senza freni, senza cercare di darsi un contegno si gettò tra le braccia del padre, poggiando il capo nascosto sul suo petto e iniziando a piangere.
Sfogò per diversi minuti la sua frustrazione, poi qualcuno la strattonò per un braccio, era il giovane Rousseau.
<<Cercate di mantenere un certo comportamento, siete ridicola!>>
Annemarie restò basita, senza pronunciare una parola restò ferma soffocando i singhiozzi.
Claude si avvicinò,
<<È normale che si comporti così, lasciala in pace.>>
<<Siete sempre così gentile, pa-pà!>>
Rispose accentuando le ultime parole.
<<Togliti dalla mia vista.>>
<< Perdonatemi>>
Rispose in fine, mimando un inchino denigratorio.
Annemarie veniva confusa sempre di più dal comportamento di quel giovane.
Se un attimo prima la faceva sentire apprezzata, un secondo dopo faceva in modo che la sua autostima andasse via.
Facendosi forza e stringendo i pugni indicò a suo padre di continuare a camminare e lui, se pur con le mani che fremevano di stringere il collo di Eloise e Claude per soffocarli, decise di restare in silenzio e proseguire.
Mentre Annemarie camminava qualcuno la strattonò per un braccio, era dinuovo lui.
<<Cosa volete?>>
<<Non tentate di fare la signorina stizzita con me. Fate silenzio e ascoltate. Vedete quella carrozza, lì in fondo?>>
Chiese indicando un calesse di colore marrone scuro, dagli interni pregiati.
Annemarie annuì,
<<Appartiene a un vecchio amico di mio padre, ora noi saliremo e voi verrete presentata come la chimera da portare al ballo del solstizio d'inverno di casa Irjoi che è, appunto, la famiglia da cui alloggeremo. Prima di fare domande non interrompetemi- disse infastidito- Questo ballo non è dicerto quello a cui pensate voi, è un raduno di gente incredibilmente potente. Alchimisti, scienziati, storici, letterati, medici e anche maghi importanti vengono da ogni parte del mondo per presenziare. Alcuni di loro portano esperimenti rilevanti per dare una svolta all'umanità, altri sono lì per acquistare "materiale" su cui esercitarsi e così via.
Tutto questo è ovviamente nascosto da balli, gioielli e tutto il resto, ma vi avverto che oltre la superficie c'è qualcosa di molto più buio. Voi non siete adatta a questo mondo Annemarie, ma ironia della sorte dovete esserci.
A questo ballo ci sarà anche un uomo, il signor Petrovonik, amico di famiglia di Sherry, la fanciulla che si trova con il vostro amante. Mio padre pensa che lei voglia trovarlo dato che è l'unica persona che in tutta la Russia potrebbe aiutarla. >>
Concluse così il suo discorso, ancora una volta la stava avvertendo su cosa doveva fare per non sbagliare.
<<Quindi io sarò lì come esperimento di vostro padre, che ruolo degradante.>>
Rispose con disprezzo,
<<Non capirete mai il vostro valore.>>
Annemarie si fermò di colpo per guardarlo e, così le parve, vide l'accenno di un sorriso che scomparì subito dopo.
Eloise iniziò a camminare senza voltarsi, deciso a non avvicinarsi più del dovuto alla chimera.
Odiava quella ragazza, eppure non poteva fare a meno di aiutarla.
Perché la odiava? Perché lei era buona, era umana nonostante fosse diventata una chimera, era qualcosa di così lontano da lui e dal suo mondo che stando vicino a lei aveva l'impressione che potesse assorbire i suoi peccati e redimerlo dalla vita che aveva condotto, ma quando tornava alla realtà si rendeva conto che Annemarie Blanche non bastava a renderlo umano, se infondo umano non lo era mai stato.
E poi vi era lei, la sua Sherry si sarebbe scagliata su di lui come una furia se lo avesse visto parlare con qualcun'altra che oltretutto rischiava di rammollirlo.
Senza accorgersene i suoi occhi si inchiodarono sulla volta celeste che lentamente veniva privata dei suoi colori freddi per risorgere con le calde tonalità del tramonto.
Trasalì, il suo pensiero era volato istintivamente sulla figura incapucciata dietro di sé.
Scosse la testa e iniziando a mangiarsi le unghia rimase fermo a fissare la luce di un lampione davanti a sé, mentre i ricordi si susseguivano uno dietro l'altro.
<<Mamma, ho fatto un incubo...posso stare con te?>>
Chiese il piccolo bambino bianco come un cencio,
<<La mamma non ti vuole piccolo bastardo! Devi morire, morire!>>
La voce un tempo soave della donna seduta sul letto si era trasformata in un suono rauco e sgraziato.
Il bambino iniziò a piangere, sentendo le grida una delle domestiche si avvicinò portandolo via da quel pozzo buio in cui la signora Rousseau si era rinchiusa.
<<Eloise, sai che la mamma è molto malata...non devi andare da lei.>>
Aveva detto la cameriera,
<<Perché non vai da papà?>>
<<Perché Claude ormai non mi vuole e io non voglio lui.>>
<<Non dire sciocchezze! Dai su,>>
Afferrò la mano del bambino, ma quello facendo forza verso il basso si liberò e con una spinta tentò di farla cadere.
Il bimbo iniziò a correre mentre la donna alle sue spalle gli urlava di fermarsi e lo minacciava dicendo che avrebbe avvertito il padre, ma a Eloise, questo non importava, non più.>>
Aveva sette anni quando il padre iniziò a comportarsi diversamente con lui, iniziando a farneticare che era stato scelto e che se sua moglie si trovava in quelle condizioni (esaurimento e depressione) era la volontà di Dio, così che ella non fosse un intralcio per i suoi piani. Aveva iniziato a dire che lui era nato dal peccato, che sua madre lo aveva portato via dalla sua vocazione di prete. Ed Eloise da bambino ingenuo gli aveva creduto, ogni volta che faceva una monelleria suo padre gli rinfacciava che fosse malvagio. Così con il passare degli anni aveva finito per diventarlo davvero.
Ma l'odio profondo che si era radicato nel cuore del ragazzo nei confronti del padre aveva iniziato a sbocciare quando, con grande amarezza aveva scoperto la verità.
Sua madre non lo aveva sviato, al contrario era una bellissima ragazzina di quattordici anni quando, iniziò a frequentare i corsi per la cresima nella chiesa in cui suo padre aveva avuto la brillante idea di farsi prete.
Ma lui si macchiò di uno dei peccati più vili: la prese con la forza in una notte di primavera.
Comsumò la violenza tra il forte odore di l'incenso e con gli occhi del crocifisso puntati sulle spalle.
In seguito abbandonò i voti e dovette sposarla, se ne andarono e si trasferirono vicini Lione, dove nacque quello strano bambino che amava il silenzio e la solitudine anziché i giochi e le grida gioiose.
Sì, lui era un bambino strano a prescindere da suo padre.
Ma come poteva non esserlo il frutto di tanto dolore?
Fu forse per questo che quando conobbe Sherry non ebbe scampo.
Quel piccolo demone diceva di essere come lui anzi, peggio di lui, ed Eloise divenne la sua ombra, al contrario di come pensavano tutti era lui che dipendeva da quel sorriso malvagio.
Lei amava torturare ogni essere vivente che incontrasse, le faceva schifo il modo in cui le persone si arrendevano alla sua aria innocente senza conoscerla per davvero, spesso per questo puniva le persone. Lei voleva impartire una lezione, spesso le sue manine si tingevano di sangue solo perché le persone intorno a lei erano troppo deboli.
Sherry, un giorno mentre giocavano in cortile, iniziò a parlare dell'anima.
"Il prete dice che tutti ne possediamo una, ma Eloise pensi che noi l'abbiamo?"
Era la prima volta che il bambino non sapeva dare una risposta alla sua amica, così quella domanda lo tormentò per anni e giurò che un giorno le avrebbe dato una risposta.
Fu così che iniziò tutto, il loro legame malato, il loro odio verso chi non era come loro, la loro solitudine, la loro follia condivisa.
Ma poi, quando la bambina compì otto anni, suo padre volle prendersi anche lei.
Ma sicuro che suo padre avrebbe fallito, Eloise lo aiutò nell'ombra. Quando però Sherry si svegliò, era diversa: era timida e non più chiacchierona, era dolce anche con chi le faceva un torto, era buona. Non era più lei.
<<Eloise! Devi stare ancora impalato lì per molto?>>
Il ragazzo si destò e sempre in religioso silenzio si incamminò verso la carrozza.
L'interno di pelle marrone teneva il corpo caldo, regalando una piacevole sensazione dopo il vento freddo dell'aria aperta.
<<Lui è il più grande dei miei figli, Eloise. Figliolo sono sicuro che ti ricordi di Nicolai, ho molte foto con lui nel mio studio.>>
<<Certo, è un onore.>>
Disse con quel suo solito tono basso, sgranando gli occhi tese la mano in avanti per salutare cordialmente.
<<Sei fatto davvero un...un bel ragazzo, anche se sei un po' gracilino! Dimmi quanti anni hai?>>
<<Venti, signore.>>
L'uomo restò interdetto, probabilmente pensava avesse parecchi anni di meno.
Claude si intromise repentino,
<<Loro sono Josephine e André Blanche, da qualche anno sono entrati a far parte del nostro mondo grazie a un banchiere inglese che ha finanziato molte ricerche, ma ovviamente sai già a chi mi riferisco.>>
<<Parli di Darwin? Il caro Feliphe?>>
<<Proprio lui, signore.>>
Rispose il colonnello,
<<Oh, ne sono felice. Darwin ha un grande cervello, anche sua figlia aveva del potenziale prima che incontrasse quello straccione.>>
<<Mi dispiace ma non ho mai avuto il piacere di conoscerla.>>
<<Non avresti potuto caro, Celine è morta da molti anni ormai. Aveva anche un figlio, ma Feliphe lo ha lasciato alle cure del nonno paterno, peccato! speriamo che sia un sempliciotto come il padre e che non abbia il cervello fine della madre se no sarebbe davvero uno spreco!>>
<< Beh sono sicuro che Dio provvede a tutto e che il ragazzo se è destinato a fare qualcosa di grande saprà trovare la strada che lo porti da noi!>>
<<Alcune volte dimentico che eravate un sacerdote, ma sapete io sono uno scienziato e la fede non è roba che fa per me.>>
Concluse sorridendo.
Il resto del viaggio passò tra con futili chiacchiere tra i due amici, difatto nessuno apparte Nicolai Irjoi e Claude aprì bocca.
Eloise si sentì male e rischiò di rigettare il pranzo più volte a causa delle continue buche e delle temperature troppo basse che facevano aumentare l'influenza.
Quando arrivarono nessuno fu più felice del ragazzo, come un grillo balzò giù, imprecando e sperando di non dover più mettere piede in una carrozza finché non avrebbero lasciato la Russia.
Il clima freddo però gli era mancato, si sentiva a suo agio ad essere circondato da fitta neve bianca e da alti sempreverdi che continuavano in una fitta boscaglia.
Anche il cielo tetro e le nuvole cariche di pioggia lo tranquillizzavano, tutto ciò faceva male al suo corpo esile e delicato, ma il suo animo si vedeva consolato da tanta desolazione.
La casa somigliava più ad un piccolo castello che ad un'abitazione tradizionale.
Oltre il cancello in ferro battuto, il viale portava ad una costruzione in pietra fiancheggiata da due torrette alte.
A incorniciare il sentiero non c'era nulla, solo un vasto campo in ambo i lati ormai totalmente bianco e un alberello spoglio vicino il portone.
Un uomo curvo e con una gobba un po' pronunciata sia sulla spalla che sul naso li accolse e li fece accomodare all'interno della costruzione.
L'interno consisteva in un corridoio ampio separato da alcune colonne in stile dorico dal salone principale. Al centro, alla fine del corridoio una lunga scalinata portava ai piani superiori.
<<Il viaggio vi avrà stancati, prego seguite Erman ho già dato disposizione per i vostri alloggi.
La chimera dormirà nella mansarda e mangerà a orari differenti dal nostro.
Ho due figlie molto piccole e non voglio che restino turbate.>>
André si fece subito avanti,
<< Non so e non mi importa di come voi trattate le persone che sottoponete ai vostri studi, ma da noi in Francia le cose sono abbastanza diverse.
Dato che questa fanciulla- indicò Annemarie con un braccio- se tutto va secondo i miei piani, sarà la fonte di un grande successo "alla festa" voglio che sia trattata con riguardo.
Se...la vostra casa non possiede sufficiente spazio le concederò la mia camera.>>
Disse con un tono disgustato, con il chiaro scopo di mettere a disagio il padrone di casa.
<<No vi preoccupate, non pensavo che da voi le cose fossero così diverse. >>
Girò il volto a sinistra proseguendo il discorso,
<<La mia casa possiede più di venti camere da letto, scegliete quella che più vi aggrada.>>
Si rivolse in fine alla ragazza.
Nonostante il viso di Nicolai fosse solcato da un largo sorriso i suoi occhi erano ricolmi di disprezzo.
Annemarie si limitò ad annuire e seguire una delle domestiche, la portò in una stanza al terzo piano vicino la torretta a est.
La stanza era accogliente, con le pareti di pietra rivestite da arazzi di velluto e broccato.
Il letto era posto sotto una grande finestra circolare che dava sul bosco e da essa si potevano scorgere in lontananza le montagne.
Le erano sempre piaciuti i boschi, le ricordavano tanto i luoghi magici delle fiabe che leggeva da piccina. Amava le storie d'amore di principesse e principi, le storie di fate e folletti dispettosi.
Lei oltretutto si era sempre sentita una dama e, quando per la prima volta aveva incontrato Dimitri, si era convinta di aver trovato il suo bel principe dalla chioma bionda e gli occhi azzurri, pronto a sguainare la spada e difenderla dalla strega cattiva che insegnava matematica.
Rise a quel pensiero, non senza avere un fremito di dolore.
Alle sue spalle qualcuno aprì la porta, tanto si era persa ad osservare il panorama che non aveva visto la cameriera andar via.
La presenza le mise le grandi mani sulle spalle e strinse con un po' di forza, Annemarie riconobbe subito il tocco del suo amato padre.
Sì girò lentamente e lo abbracciò con l'unico braccio che aveva.
<<Ti piace la stanza bambina mia?>>
<<Sì>>
<<Siediti sul letto, devo raccontarti una cosa.>>
Annemarie prese posto davanti all'uomo, era preoccupata ma tentava di trattenere le lacrime.
Nonostante avesse sempre avuto un bel rapporto con il padre non si erano mai avvicinati così tanto come nell'ultimo periodo.
Da bambina quasi lo temeva quando sentiva le urla di Lilienne o di sua madre ogni volta che lo contestavano, ma con lei, con Annemarie non aveva mai osato essere rude o violento.
Così crescendo, nonostante odiasse il suo lato aggressivo e prepotente verso chi era sotto di lui, il lato pieno di vizi e rancore, aveva imparato ad amare la sua dolcezza di padre e l'amore smisurato nei confronti delle sue figlie. Le aveva cresciute con un certo rigore, spesso facendo usare anche a loro l'appellativo di Colonnello, ma le aveva sempre accontentate in tutto, le aveva difese e protette e...anche sapendo l'aveva lasciata libera di sgattaiolare di notte tra le braccia del suo amore.
<<Vedi Annemarie, una volta da bambina mi chiedesti cosa significava questo tatuaggio sul dorso della mano. Non ti risposi, sperando che tu non potessi mai sapere o provare cosa significa avere questo marchio.
Il destino però a deciso che tu lo sapessi, non interpellando la volontà di tuo padre.
Sai, forse ancora ti chiedi a cosa serva essere una chimera.
Fare un patto con gli spiriti supremi e lasciare che essi prendano possesso del nostro corpo vuol dire che noi, siamo quasi indistruttibili.
I re, i politici e tutti i grandi strateghi ci mettono nelle prime linee in guerra, a sorvegliare le loro case, a compiere ciò che loro non possono fare.
Non siamo altro che oggetti, in cambio di cosa poi bambina mia? Di un grandissimo pugno di polvere.
Per tutta la vita sentirai gli spiriti supremi dentro la tua testa e le anime dannate far eco a i tuoi pensieri.
Essi possono fare entrare nel tuo corpo ciò che vogliono.
Per questo preferivo che tu non c'è la facessi...non per stupido orgoglio ma per evitare che tu soffrissi, per evitare che tu odiassi la vita.>>
La fanciulla scoppiò in lacrime davanti il padre, André lentamente si abbassò per guardarla negli occhi.
<<Io ti aiuterò, non potrai riavere ciò che eri, ma insieme ci vendicheremo di chi ti ha ridotto così. Da Dimitri e Sherry, a Claude.
Quel dottore pensa di essere Dio, anzi il vicario di Dio, ha deciso lui sia per te che per me anni orsono ed è tempo che paghi.
La sua arroganza sarà punita non appena troveremo i due ragazzi, lì ci sbarazzeremo di loro.>>
<<Padre, ma->>
<<Shh, se non lo faremo noi sarà lui a farlo. Siamo solo un peso per lui e non riusciremo mai a mettere le mani addosso alla ragazzina con lui intorno.>>
<<Padre ascoltatemi, Dimitri non è una persona malvagia. Sono sicura che esiste una spiegazione! Lui non mi ha abbandona-
André le strinse le mani sulle braccia e iniziò a scuoterla. La ragazza singhiozzava e tremava,
<<Non essere sciocca! Sei stata solo il mezzo per vendicarsi di me. Pensaci bene Annemarie, infondo io voglio solo il meglio per te.>>
André si alzò ed uscì velocemente dalla stanza.
Annemarie restò sola, accovacciata ai piedi del letto mentre fissava la schiena del padre che si allontanava e chiudeva la porta alle sue spalle.
La fanciulla poggiò il capo sulle ginocchia nascondendo il viso, poi il rumore della maniglia la fece raddrizzare.
Sull'uscio della porta la figura longilinea di Eloise la fissava in silenzio.
Entrò sbattendo la porta con vigore e lenteamente si avvicinò alla ragazza, aveva un'espressione indecifrabile sul viso...era quasi assente.
<<Cosa fate qui? Uscite subito!>>
Provò a imporgli Annemarie, se pur in tono incerto.
Eloise non rispose, le afferrò il polso e la inchiodò al pavimento, bloccandola infine con il peso del suo corpo.
<<Cosa fate?! Lasciatemi!>>
<<No, no, no. >>
Rispose scuotendo il capo,
<< Ora voi mi direte ciò che vi ha detto vostro padre, oppure metterò fine alla vostra vita.>>
Il panico era chiaramente leggibile negli occhi di madamoiselle Blanche, ma stanca di dover sottomettersi a quel ragazzino viziato cercò di opporsi tirando un calcio nello stomaco di Eloise.
<<Ahi!>>
Il ragazzo Imprecò per il dolore, ma si scagliò sulla ragazza prima che potesse scappare.
<<State ferma! >>
Si posizionò su di lei, tenendo stretto fra le mani il suo viso.
<<Lasciatemi...per favore.>>
Implorò in un sussurro, non era in grado di ribellarsi.
<<Ditemi cosa vi ha detto vostro padre e non succederà nulla di brutto.>>
Annemarie voleva urlare, gridare, scappare via.
Avrebbe potuto se solo qualcuno si fosse preso la briga di mostrarle come fare a dar sfogo alla sua forza bruta di chimera.
Restò in silenzio per pochi secondi, si ricordò che infondo Eloise odiava suo padre e vedendo nuovamente i lividi che il ragazzo aveva sul volto era difficile non capire il perché.
Annemarie si girò verso sinistra per non guardare in faccia il suo interlocutore, sapeva già che avrebbe visto quella sua espressione soddisfatta.
<<Mio padre una volta trovati i nostri obbiettivi vuole uccidere il dottore Rousseau.>>
<< E Sherry?>>
La ragazza aveva già previsto una domanda del genere, ecco perché era insicura se dire o no del tentato omicidio.
<<Lei non ci riguarda.>>
<<State dicendo la verità?>>
<<Sì.>>
Anny pregava che il ragazzo non la guardasse negli occhi, in un certo senso l'aveva aiutata e mentirgli fu più difficile del previsto, soprattutto ricordando la conversazione di quella stessa mattina.
Il viso di lui si avvicinò pericolosamente al suo,
<<Non vi avrei uccisa, ma avevo bisogno di sapere. Io starò dalla vostra parte, ma non dite nulla al colonnello e non raccontatemi bugie su ciò che volete fare alla ragazza o non esiterò a strappare dal petto il cuore di vostro padre.>>
Fece una breve pausa e iniziò ad accarezzare la pelle cosparsa di brividi e sussulti della fanciulla sotto di lui.
La trovava così incredibilmente innocente che quasi gli faceva tenerezza, eppure era sicuro che lei non le aveva raccontato tutto.
"Così innocente quanto ostinata"
<<State ancora tremando. Non siete proprio adatta a questo mondo>>
Eloise fece per alzarsi ma fu trattenuto per un lembo della giacca.
<<Perché non mi avreste uccisa?>>
<<Perché voi avevate una vita normale, un'anima e siete stata strappata a tutto questo per ritrovarvi nell'inferno. Io in questo limbo dannato ci sono nato, ho visto uomini divenire bestie per il potere. Ma voi anche adesso siete così fragile sotto il mio tocco che posso farvi tremare solo sfiorandovi. Voi non siete come noi.>>
<< E...se io vorrei essere come voi?>>
<<Allora inizierei a odiarvi.>>
<<Io non sono così buona come credete, ne così innocente è pura.
Sono sempre stata viziata e frivola, debole e mi sono concessa a Dimitri non appena ho ricevuto una manciata di attenzioni e-
Il suono della risata fragorosa di Eloise la frenò da quel fiume di parole senza senso che stava vomitando.
<< E per questo non sareste innocente o buona? Siete terribilmente stupida, ma anche così graziosa>>
Era la prima volta che lo vedeva ridere per davvero e qualcosa dentro il cuore di Annemarie si mosse.
<< E voi? Siete così perfido e crudele come dite?>>
Le risa cessarono immediatamente.
<< Forse no o forse sì.
Vivo in un mondo di assassini, di scienziati che trasformano bambini in mostri e fanciulle in macchine da guerra. Io stesso ho fatto cose orrbili, ho torturato animali e persone, quindi ditemi voi cosa vedete?>>
<<Vedo una persona piena di rancore e odio verso il mondo, una persona che forse avrebbe voluto essere normale ma non gli è stato concesso. Qualcuno che non è nato malvagio, ma che è stato costretto a esserlo per sopravvivere.
I segni che avete sul viso e sulle braccia sono opera di qualcuno che avrebbe dovuto proteggervi e invece fa tutto il contrario.>>
Il suono limpido uscito dalle labbra di Annemarie arrivò alle orecchie di Eloise come il dolce tintinnare di una campanella appesa ad uno scacciasogni, un suono così grazioso ma in grado di provocare un enorme fastidio.
Il suo sguardo si indurì e senza proferire parola si alzò ed uscì a passo svelto dalla camera.
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