Capitolo 9: Alucard Villareal
𝓛𝓲𝓼𝓪𝓷𝓭𝓻𝓪
«Ma che ore sono?»mi lamento a voce bassa sfregandomi gli occhi. Prendo maldestramente la sveglia dal mio comodino e capisco immediatamente di essere in ritardo quando vedo la lancetta piccola puntare il nove.
«Cosa?»urlo sbattendo le palpebre. Mi alzo velocemente, andando a sbattere contro il comodino, e corro nella cabina armadio.
«Licano!»urlo mentre mi lavo i denti. Improvvisamente la porta si apre e compare mio fratello, tranquillamente appoggiato allo stipite della porta del mio bagno.
«Cosa succede?»mi chiede preoccupato confondendomi più di quanto non lo sia già.
«Non indossi la tua divisa», affermo in maniera impacciata.
«Scema», sospira prendendomi in giro.
Si avvicina e mi dà un pizzicotto sul braccio, svegliandomi una volta per tutte.
«Come, prego?»ribatto.
«La scuola è finita», afferma dopo essere rimasto un po' a fissarmi mentre finivo di sistemarmi la divisa e il trucco.
Elaboro la situazione per qualche secondo e mi arrabbio.
«Potevi dirmelo prima!»grido. Licano ride a gran voce.
Sospiro stancamente e chiudo gli occhi per qualche secondo.
«Ti preparo la colazione?»domanda mio fratello.
«Sì, grazie. Ti raggiungo. Lascia che mi cambi», rispondo facendogli una linguaccia.
Opto per un vestito nero semplice e morbido con dei collant leggeri ma scuri e delle scarpe con un tacco numero quattro. Un abbigliamento naturale ed elegante.
Vado verso la sala da pranzo. Fritz mi saluta, mi apre la porta e all'interno vedo che ogni membro della mia famiglia è seduto al proprio posto e che davanti alla mia grande sedia c'è un grosso piatto bianco fumante con salsicce calde e uova.
Mi accomodo e inizio a mangiare, mentre i membri della mia famiglia conversano tra di loro.
«Lisandra?»dice all'improvviso il capofamiglia attirando la mia attenzione.
«Nonno», ribatto sorridendo.
«Ti abbiamo fatto un regalo», annuncia.
«La festa era bellissima e, per l'appunto, volevo ringraziare davvero tutti. Grazie», affermo manifestando il mio apprezzamento.
«Quello non era il tuo regalo», spiega mio nonno Grigore.
«Come no?»chiedo confusa guardando mio padre.
«No», sogghigna mio fratello.
Anca, seduta accanto a mio padre, si alza e mi porge una piccola scatola bianca.
«Aprila», mi suggerisce la mia matrigna.
Rido per la gioia. «Che cos'è?»
«Avanti, Lessie, aprilo», mi sprona Ruxandra.
Straccio la carta e impallidisco per l'oggetto che ho in mano: un telefono.
«Whoah! Non posso prenderlo... Non posso accettarlo», balbetto educatamente ed emozionata. Ho un iPhone tra le mani.
«Ma smettila. Lo stai già abbracciando», mi prende in giro Licano.
«Grazie!»ripeto con euforia.
La porta si apre e Fritz viene al mio fianco.
«Sì?»chiedo spaesata.
«Ha una visita», mi informa.
«Dove?»domando pulendomi la bocca.
«Alla porta. Non è voluto entrare», risponde imbarazzato.
«Chi è?»si intromette mio padre in tono serio.
«Il signor Alucard», riferisce Fritz. «La guardia reale».
Volgo uno sguardo prima a mio fratello, il quale alza le spalle, e poi a mio nonno, che mi sorride.
Mi alzo e vado alla porta. È aperta e Alucard è di spalle, intento a osservare il bosco oscuro che circonda la tenuta.
«Ciao», lo saluto.
«Ciao», ricambia tossendo leggermente. «Possiamo parlare?»
«Certo», rispondo. Lo inviterei a entrare, ma in questo momento sembra restio a commettere un'azione del genere. Così esco, chiudo la porta dietro di me e attendo che inizi a parlare. Il tempo è nuvoloso. C'è la possibilità che arrivi un temporale e questo mi preoccupa. Quanta acqua prenderò?
Ma perché penso al tempo?
«Ascolta, quello che ti ho detto ieri...»sussurra Alucard con un leggero imbarazzo.
«Non l'ha ascoltato nessuno... Avevo e ho messo l'insonorizzazione alla nostra conversazione», lo interrompo.
«Va bene, ma... dicevo sul serio ieri. Se devi combattere per le attenzioni di qualcuno, stai sbagliando guerra».
«Come ti ho già detto, non voglio le attenzioni di nessuno», ribatto.
«A voce sono bravi tutti. Dentro di te sai che non lo pensi», insinua. «Ti piace quando e come ti guarda durante gli allenamenti. Ammettilo a te stessa».
«Non voglio farlo», insisto con tono serio. «Perché non sarebbe vero».
Alucard sospira e guarda nuovamente il manto verde che ci circonda. «Sono rimasto solo per molto tempo. L'unica compagnia sono i miei signori», dice con un tono triste e di rimpianto. «Sai cosa succede a noi uomini vampiri?»chiede. Scuoto la testa. «Dopo un po' di tempo speso da soli, senza la nostra amata, iniziamo a perdere conoscenza e diventiamo sempre più apatici, fino a riporre le emozioni e i sentimenti in un cassetto profondo del nostro cuore e a dimenticarli».
«Da quanto sei solo?»esorto deglutendo a fatica.
«Da un bel po'. Quando si arriva a questo tipo di situazioni, in cui non si sente più nulla se non la sete e l'odio, l'assidua ricerca della nostra Ateyo viene a essere più difficile».
«Perché?»domando.
«Perché avere il proprio Ateyoaccanto è... un ascensore per la cima dell'Himalaya, per usare una metafora. Ti darà sempre sostegno», risponde Alucard.
«E allora perché vuoi perdere tempo con me? Sai già che non sono colei che stai cercando...»
«No, ma tu sei riuscita a muovere dentro di me qualcosa che credevo morto», mi interrompe.
«Cosa vuoi che faccia?»chiedo con il fiato sospeso.
«Resta con me», risponde cogliendomi alla sprovvista.
«C'è qualcuno che è mai cambiato così tanto da non tornare indietro?»domando curiosa.
«Non fare domande di cui sai già la risposta», mi ammonisce.
Lucius!
«Credi non possa mai più tornare indietro?»esorto.
«Non lo so», risponde guardando fisso davanti a sé.
Si crea un silenzio assordante tra di noi: Alucard guarda serio il bosco, mentre io gioco con le mani e ogni tanto lo guardo di sottecchi.
«Ti ho portato i compiti. Potrei aiutarti a studiare, come amico, non come tutore...»suggerisce all'improvviso.
«Sarebbe perfetto», rispondo.
Alucard mi passa una pergamena chiusa con un nastro nero di seta. È su di essa che sono scritti i compiti. Il primo punto è la matematica logica: risolvi le equazioni in questione. Il secondo dice di leggere diversi romanzi a mia scelta di letteratura NON moderna. Richiudo la lista dei compiti e lo osservo. È girato verso di me e mi guarda con un lieve sorriso sulle labbra.
«Però vorrei portarti fuori», afferma improvvisamente dopo un altro istante imbarazzante. Il problema è che sono io quella in imbarazzo, mentre lui sembra deciso delle proprie convinzioni.
«Va bene», balbetto.
Alucard ride scuotendo la testa.
«Perché ridi?»chiedo con il broncio.
«Sono riuscito a farti diventare le guance rosse senza allenarti», risponde sorridendo.
«Cosa?»grido con voce inaspettatamente acuta. Lui continua a sorridere.
«Vengo a prenderti stasera», mi informa.
«La domanda corretta è: Posso passare a prenderti stasera?»ribatto e lui torna a ridere.
Ha una risata leggera ma sincera. Mi piace.
«Alle otto», mi comunica.
«Va bene», dico rassegnandomi al suo atteggiamento dispotico.
Lui mi prende la mano con velocità disumana e se la porta alla bocca, baciandomi dolcemente le nocche.
«A più tardi, allora», mi saluta con una voce dolce e calda per poi sparire nel bosco alzando un venticello freddo, tipico della Romania.
Rientro in casa e mio padre mi si piazza davanti rigido, con le braccia incrociate al petto.
Alzo gli occhi al cielo. Mi sono dimenticata di mettere la bolla insonorizzante. Inveisco tra me e me.
«Appuntamento?»sibila a bassa voce.
«Papà...»dico a mo' di lamento.
«Dovrò fargli un discorsetto», dichiara mio padre.
«No, ti prego, non farlo. Ti prego, non comportarti come un padre normale proprio ora», lo supplico.
«Un padre normale? Piccola mia, i padri vampiri distruggono semplicemente tutti coloro che si avvicinano alla propria figlia», mi spiega con un ringhio.
«Hmmm...»mormoro. «Anca!»Chiamo la mia matrigna in cerca di un'ancora di salvezza. In un attimo appare al fianco del compagno e marito.
«Non intrometterti!»abbaia mio padre.
«In cosa, amore mio?»domanda lei inclinando la testa. «Non puoi vietarle di avere relazioni con i vampiri di genere maschile», cerca di farlo ragionare.
«Esatto», convengo.
«Sappiamo tutti chi è il suo Ateyo. Non voglio che perda tempo», afferma mio padre in tono serio.
«Papà!»ribatto quasi ferita dal suo comportamento.
Mio padre vuole che io e Lucius...
«È adulta, Emilian...»interviene Anca accanto a mio padre.
Lui si gira di scatto e se ne va.
«Papà...»sussurro triste.
«Non prendertela», suggerisce Anca. «Non vuole che tu soffra troppo, visto che la tua anima gemella l'hai già trovata. Non vuole che tu provi quello che ha vissuto lui», mi spiega la matrigna, che mi saluta e mi lascia sola nell'atrio.
Sospiro e torno in sala da pranzo. È inaspettatamente vuota. Mi avvicino al lungo tavolo e prendo in mano la scatola del mio telefono nuovo di zecca.
«Stai bene?»chiede Licano sbucando alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
«Lic», chiamo respirando male. «Mi hai fatto prendere un infarto».
«Dovresti affinare i tuoi sensi da ibrida», scherza mio fratello.
«Non è una novità», mormoro tra me e me.
«Perché dici questo?»domanda aggrottando le sopracciglia.
«L'unica ibrida a non avere gli occhi rossi del colore del sangue. L'unica a non avere sete di sangue», borbotto con amarezza e malinconia. «Vabbè... È passato, ormai. Guardiamo al futuro», continuo.
Licano sorride, mi mette un braccio intorno alla spalle e si accomoda al posto di mio padre, accanto al mio. «Vuoi che ti aiuti con il telefono?»chiede.
«Sì, grazie». Mi siedo al mio posto. Apro la scatola e tiro fuori il mio nuovissimo smartphone color argento.
Licano lo prende in mano e schiaccia il tasto grande sul lato destro.
«Questo è il tasto di accensione. Questi sulla sinistra sono i pulsanti per regolare il volume, mentre per scorrere e tornare alla home, devi trascinare il dito sullo schermo dal basso verso l'alto», mi spiega Licano.
Passiamo il mattino ad armeggiare con il cellulare. Alle due del pomeriggio ho già scaricato dieci giochi stupidi e ho tutti i numeri importanti salvati nella rubrica, tra i quali quelli della mia famiglia e dei miei amici.
Vado nella mia stanza e mi siedo sul pouf della cabina armadio.
Osservo tutti i miei vestiti e dopo un po' vado nel panico.
Cosa mi metto?
Respiro lentamente. Devo calmarmi!
Prendo il telefono e chiamo Jules, l'unica in grado di aiutarmi.
«Pronto?»risponde lei dopo due squilli. Sento il piccolo Leonardo piangere in sottofondo e sorrido.
«Jules, sono Lisandra», dico.
«Finalmente ti hanno dato un cellulare... No, no, no, Leo, non si prende... Scusami, avevi bisogno?»esorto.
«Non so se sia il caso», sussurro.
«Smettila! E poi potrai farti perdonare quando mi terrai Leo e io verrò trasformata», ridacchia. «Tutto bene?»chiedo confusa dal suo tono disperato.
«Sì. È che ho bisogno di un'amica», bisbiglio.
«Cos'è successo?»domanda con tono serio.
«Alucard e io abbiamo un appuntamento», ammetto tutto d'un fiato.
«Tu e... Non ci credo...»risponde sbalordita.
«Non so come vestirmi. Ho urgente bisogno di aiuto, Jules», dico.
«Arrivo subito! Posso portare Leo?»chiede.
«Non c'è da chiederlo. Certo che puoi», dichiaro entusiasta concludendo la chiamata.
Jules arriva dopo circa venti minuti con Leo in braccio e i capelli raccolti in uno chignon morbido.
«Scusa per il ritardo», si scusa entrando nella stanza, accompagnata da Fritz.
«Signorina», mormora lui con riverenza.
«Grazie, Fritz»lo congedo e lui chiude la porta alle sue spalle.
Jules appoggia il piccolo Leo sul letto, mi lascia da sola con il piccoletto e va a dare un'occhiata alla cabina armadio.
Mi siedo accanto al piccolino dai grandi occhi bruni, mentre Jules esplora la mia cabina armadio.
«Ciao, piccolo Leo», dico con voce tenera.
Lui mi guarda spalancando ancor di più gli occhi e all'improvviso ride, infondendomi quella gioia che solo i bambini sanno dare.
«Eccomi qui», squittisce Jules uscendo dalla cabina armadio. «Mettiti lì». Mi indica di posizionarmi al centro della stanza e con un movimento della mano mi affianca lo specchio.
«Iniziamo dal primo outfit», ride. Schiocca le dita e con la sua magia mi fa indossare un paio di pantaloni neri eleganti e una maglietta di cotone pesante con delle frange che mi lascia le spalle libere. Storco la bocca. Non mi piace molto...
«Outfit numero due», mi comunica.
Il secondo completo è costituito da una gonna nera a balze lunga fino a sopra il ginocchio e da un top bianco smanicato coperto da un maglioncino nero lungo.
«Che ne pensi? Ne vuoi altri?»chiede mentre Leo comincia a piangere.
«No, mi piace questo. Grazie», sorrido. «Sei la mia salvatrice». Vado ad abbracciarla e Leo si mette a piangere più forte.
Jules inizia a dondolare sul posto per calmare Leo e io mi allontano leggermente.
«Stai veramente bene», constato.
Se non l'avessi salvata, Alec sarebbe morto e Leo non sarebbe mai nato.
«Dici? Mi sento esausta», risponde Jules.
«Sì. Il ruolo di mamma ti si addice», ammetto.
«Lo credo anche io», concorda. «Il matrimonio è ad agosto, ricordatelo».
Giusto... me ne ero dimenticata. Che pessima amica sto diventando?
«Va bene».
«Non dovrai fare nulla se non accompagnarmi all'altare e rimanere sempre al mio fianco».
«Va bene».
«Rispondi a monosillabi. Sei in ansia per l'appuntamento».
«Si vede tanto?»Ho una voglia matta di urlare per buttare fuori tutta l'ansia.
«Devi rilassarti», mi consiglia lei ridacchiando.
«Lo so», rispondo facendo un grosso respiro.
Qualcuno bussa a porta.
«Sì?»chiedo.
La porta si apre e appare il signor Fritz.
«Il signor Alucard è alla porta», mi informa.
«Grazie», mormoro.
Fritz si inchina ed esce dalla stanza.
«Sei pronta?»mi chiede Jules. Leonardo si agita.
«Sì», rispondo. «Ma tu? Ti accompagno alla porta...»
«Alec sta venendo a prendermi. Va' e divertiti», mi dice con gli occhi luminosi.
Arrivo nell'atrio della tenuta e noto, con imbarazzo, che tutti i miei familiari circondano Alucard accanto alla porta.
Lui indossa un semplice smoking. Mi fa rabbrividire vederlo senza uniforme per una volta. Aspetto con ansia che arrivi quella sensazione di amore e felicità tipica di tutti i primi appuntamenti, ma ancora nulla...
Fritz mi aiuta a mettere una giacca leggera e Alucard mi osserva dall'alto al basso con uno sguardo sbaolrdito.
«Ciao», dico avvicinandomi a lui.
«Ciao», risponde lui sorridendo.
Alucard guarda dritto negli occhi mio padre e poi ritorna a guardare me.
«Sei pronta?»chiede porgendomi una mano da vero gentiluomo, che accetto.
Tutti sono ancora intenti a osservare la scena con divertimento. Saluto tutti eccetto mio padre, che ci guarda uscire con riluttanza.
Non appena Alucard mi chiude la porta alle spalle, scorgo una macchina nera attenderci davanti alle scale.
«Addirittura una macchina?»ridacchio.
«Sono una persona che fa le cose in grade stile», risponde ammiccando, facendomi arrossire per l'imbarazzo.
Okay, Lisandra, devi calmarti!È solo un appuntamento.
Alucard mi apre la portiera del passeggero senza staccarmi gli occhi di dosso.
«Sei bellissima stasera», afferma serio in viso.
«Grazie», rispondo sorridendo. Entro in macchina e aspetto che Alucard raggiunga la portiera del guidatore.
I sedili sono morbidi e si adattano a qualsiasi posizione.
«Dove mi porti?»domando curiosa.
«In un posto speciale», ridacchia.
«Non me lo dirai, vero?»insisto sbuffando.
«È una sorpresa», commenta con un ghigno.
Sospiro e mi volto verso il finestrino.
Dalla strada e dalla direzione intuisco che stiamo andando sempre più in alto, quindi in montagna...
Mi vorrà portare a scalare la montagna? Di sera? Oddio, ho messo le scarpe coi tacchi!
Mi sento una vera e propria adolescente in questo momento...
Respiro lentamente, ed essendoci un silenzio di tomba, la situazione si fa sempre più imbarazzante.
Dopo circa quindici minuti giungiamo a destinazione. Alucard scende dalla macchina velocemente; mi volto per aprire la mia portiera, ma lui mi anticipa in un battito di ciglia e me la apre con delicatezza, offrendomi una mano per scendere.
Mi sembra di essere su una piazzola, su un piccolo parcheggio, ma non ne sono certa perché è tutto scuro.
Mi prende con delicatezza la mano destra e iniziamo a camminare a piccoli passi.
Penso che abbia intuito la mia riluttanza e il mio imbarazzo, per questo mi sta trattando come una bambola di porcellana.
«Va tutto bene», mi rassicura accarezzandomi il dorso della mano con il pollice.
Ci fermiamo dopo circa venti passi. Nel buio totale gli occhi di Alucard brillano come un faro in una notte tempestosa.
Un vento improvviso mi suggerisce il movimento di Alucard: sposta la mano libera e schiocca le dita due volte.
Improvvisamente tutto intorno a noi si illumina: dagli alberi pendono luci bianche, che circondano la piazzola in cui ci troviamo. Al centro di essa è presente un piccolo tavolo su cui brillano un'ampia decorazione e una mise en place perfetta, decorata con un candelabro color argento spento. Inoltre nell'aria c'è la classica nebbiolina grigia che si forma in montagna, la quale rende tutta l'atmosfera più magica ma allo stesso tempo misteriosa.
Mancano solo le lucciole di Londra...
Ma cosa vado a pensare? Perché mi viene in mente ciò?
Scuoto la testa per scacciare i pensieri impuri.
Ci avviciniamo al tavolo bianco coperto da una leggera tovaglia di pizzo bianco. Alucard mi sposta la sedia come farebbe un vero gentiluomo.
Mi siedo e lui si sistema davanti a me.
«Allora, come stai?»chiede Alucard.
«Sto bene», rispondo ridendo.
«Hai avuto modo di guardare i compiti?»
Nel momento in cui apro bocca per rispondere, subito mi interrompe.
«Perdonami! Mi sono ripromesso di non parlare dell'addestramento», sbotta.
«No, non li ho ancora guardati. Hai detto che l'avremmo fatto insieme, no?»rispondo comunque. Alucard sorride.
«Raccontami di te», esorta.
«Sai già tutto. Cos'altro dovresti sapere?»chiedo alzando un sopracciglio.
«So tutto dal punto di vista degli altri, non dal tuo», ribatte alzando un sopracciglio.
«Sono curiosa di sentire cosa sai di me», sfido con una certa malizia.
«Si sentono molte cose, ma la più importante è che irriti spesso i miei signori», risponde con eleganza.
«Ancora non mi capacito: perché non mi hanno uccisa?»domando.
«L'ha deciso all'ultimo minuto il mio signore», mi spiega.
«Lucius?»sussurro incredula.
«Sì. Aveva dato un anno di tempo alla tua famiglia per trovarti, altrimenti si sarebbe aperta una grande faglia nella società: la tua famiglia è la più importante. È seconda nella fascia di successione...»dichiara.
Questo mi sorprende.
«Fascia di successione? Cavolo! Mi hai detto più tu in così poco tempo che la mia famiglia in tutti questi anni», sogghigno.
«Magari non ne hanno mai avuto modo», ribatte con gentilezza.
«In effetti, essere torturata per un anno è stata una mia scelta», commento sarcasticamente a occhi bassi.
«Entrare nella Feccia, però, lo è stato», afferma.
Abbasso la testa.
«Sì, è stata una mia scelta, ma se non avessi fatto quella scelta, molte cose non sarebbero successe».
«Magari sarebbero successe in un altro modo», penso ad alta voce.
«Non credo», rispondo alzando le spalle.
Rimaniamo in silenzio per un po' e l'imbarazzo cresce. Alucard è fermo davanti a me e nessuno dei due sa cosa deve fare. O forse è solo una mia impressione?
All'improvviso compare davanti a me un piatto fumante di pasta con straccetti di carne.
«Spero che vada bene», mormora con tono serio.
«Sì, grazie», rispondo prendendo in mano la forchetta.
Inizio a mangiare e lui mi guarda attentamente, facendomi sentire in soggezione.
«Non avresti dovuto scomodarti tanto per me», ribatto timidamente guardando la tavola ben apparecchiata.
«È stato un piacere farlo», risponde pacatamente.
All'improvviso scoppio a ridere e Alucard aggrotta la fronte, confuso.
«Scusa, è che... non sono mai stata a un appuntamento del genere. L'unica cosa che ho provato è stato un gelato in un bar dove il ragazzino con cui ero uscita parlava solo di hockey... Non so davvero come comportarmi», sbotto nervosamente.
«L'ultima uscita con una donna che non ho mangiato risale a un tempo lontano, con mia moglie», ridacchia con totale trasparenza, per poi irrigidirsi all'istante.
«Moglie? Umana?»esorto.
Lui annuisce aggrottando la fronte e io faccio spallucce.
«Alla fine non so nulla di te, se non che sei il capo della guardia dei Romanov e il primo segretario personale di Lucius. Avevi una moglie? Quando sei stato trasformato?» chiedo curiosa.
Alucard fa uno strano sorriso che mi fa intuire che parlare di queste cose lo turba.
«Scusa, sono stata sfrontata. Non avrei dovuto», mi scuso.
«No... Non preoccuparti... È solo che non ho mai dovuto parlarne con nessuno».
«È così brutto?»domando riferendomi al fatto che i sentimenti svaniscono con il tempo.
«Non puoi nemmeno capire se sia brutto o bello, perché non senti assolutamente nulla. L'unica emozione che permane è la rabbia affiancata da una sete costante», risponde a denti stretti.
«Adesso hai sete?»sussurro.
«Più se ne sente l'odore, più si ha fame», spiega a denti stretti.
Lo prendo come un sì.
«Se non vuoi parlarne, va bene lo stesso», lo rassicuro.
«Una domanda per ciascuno», propone con fatica. Ha il corpo rigido e i denti serrati: sta facendo un grande sforzo.
«Ho un limite di domande?»chiedo in modo provocante.
«No. Prima le signore», afferma gentilmente.
«Quando sei stato trasformato?»
«Molto tempo fa», risponde con un sospiro.
«Non vale rimanere sul vago», ribatto imbronciandomi.
«Lucius mi ha trasformato pochi giorni dopo la sua trasformazione», sbuffa. «Tocca a me: quando hai scoperto la verità sulle tue origini?»
«A quattordici anni. Quando mi sono trasferita qui con mia m...»Madre?No. La storia è stata cambiata e in questa linea temporale sono arrivata in Romania con... «Mio padre e mio fratello. Chi eri? Che ruolo ricoprivi alla corte dei Romanov?»
«Non ero nessuno. Ero il figlio minore del consigliere del padre dei miei signori. Perché eri nella stanza comunicante quella notte?»
Stanza comunicante?Mi torna subito in mente la notte del mio incubo, quando mi sono svegliata in quella sala del sogno e ho incontrato Alucard per la prima volta, insieme a Pollux.
«Non so come abbia fatto ad arrivare lì. Ero sonnambula», spiego onestamente. «Quando hai iniziato a sentire meno le tue emozioni?»
«Circa due secoli e mezzo dopo la trasformazione», sospira. «Perché sei entrata nella sala Sulbén? E come hai fatto ad entrarci?»
«Mi sentivo attratta, come se qualcosa al suo interno mi chiamasse», rispondo imbarazzata. «Perché Lucius ti ha trasformato?»
«Non gliel'ho mai chiesto, ma penso che l'abbia fatto perché giocavamo da piccoli, di nascosto...»ridacchia. «Lucius è una persona molto complicata da capire, ma... Perché non parli con lo psicologo?»cambia argomento.
Mi irrigidisco.
«Perché sto bene», ribatto in modo sgarbato.
«Nessuno sta bene dopo un anno di tortura», contesta.
«Io sì», obietto.
«Non puoi...»mormora.
«Parli quasi come colui che l'ha subito...»sussurro cercando di calmarmi.
«È diverso», risponde gentilmente.
«In che senso? Non capisco...»
«Tu sei umana. Sì, ci sono passato, ma è un dolore diverso rispetto a quello che può provare un'umana come te».
«Mi stai dicendo che sono debole?»chiedo cercando di ammorbidire la situazione.
«Sai che non volevo dire questo...»si scusa imbarazzato.
«Sei stato torturato?»sussurro.
«Sì», confessa manifestando una certa tensione.
«Per quanto tempo?»
«Due decenni», risponde con amarezza.
«Perché?»
«Volevano sapere i piani di Lucius durante la Prima guerra mondiale», sospira Alucard.
«Ah...»mormoro abbassando la testa.
«Aspetta. Hai fatto più di una domanda. Non vale...»dice ridendo.
Sorrido.
«Hai ancora fame?»domanda guardando il piatto vuoto davanti a me.
«No, sono a posto, grazie», rispondo rabbrividendo a causa di una folata di vento gelido.
«Hai freddo?»chiede. Senza attendere la mia risposta, Alucard si alza e mi posa sulle spalle la sua giacca.
«Grazie», dico sorridendo.
«Non mi hai ancora risposto: perché non parli con lo psicologo?»
«Perché ho già detto tutto quello che avrei dovuto dire ai tuoi signori e alla mia famiglia».
«Che cosa provi adesso?»esorta la guardia reale.
«Imbarazzo», ammetto sorridendo.
Rimaniamo in silenzio e lui si guarda intorno, cercando di nascondere l'evidente turbamento dipinto sul suo viso.
«Che cosa succede?»chiedo preoccupata.
«Non succede nulla», cerca di rassicurarmi, ma senza alcun risultato. Si vede dalla sua espressione che qualcosa non va.
«Volevo chiederti una cosa: potresti mai provare qualcosa per me?»domanda all'improvviso.
Mi si mozza il fiato per l'ansia. Che domanda è?
«Non lo so», balbetto. «E tu? Potresti provare qualcosa per qualcuno di un livello così inferiore rispetto a quello dell'Ateyo? Perché sprecare tempo se...»sbotto nervosa. «Scusami», continuo a testa bassa dopo alcuni attimi di silenzio. «Non avrei dovuto...».
Tremando, mi alzo e mi volto bruscamente. Do le spalle ad Alucard e osservo la natura nella notte, cercando di allentare la situazione
Sarà così anche con Lucius?
Ma che domande... Lui non vuole una relazione.
«Stai pensando a Lucius, vero?»mi sussurra all'orecchio. Lo avverto alle mie spalle: sento il suo corpo indistruttibile sulla mia schiena e il suo respiro ghiacciato vicino al mio orecchio mentre parla.
«Cosa stai dicendo? No!»sbotto immediatamente.
«Lo prendo come un sì», sorride con amarezza. Viene davanti a me, mi prende la mano e se la porta alla bocca. «Non ricordo: ti ho già detto che sei bellissima stasera?»
«Grazie», sorrido compiaciuta. «Il tuo signore non ti dice niente per questa uscita?»
Alucard si mette accanto a me e mi offre il braccio. «Che ne dici di fare una passeggiata?»mi chiede senza rispondere alla mia domanda.
«Certo», rido intrecciando il mio braccio al suo.
Iniziamo a camminare lungo un sentiero illuminato da torce.
«La zona è sicura. È sotto il dominio dei Romanov», mi spiega.
«Non capisco il tuo ruolo all'interno della casata...»accenno. «Sei importante, ma non degno di avere il cognome...»
«Non c'è molto da capire, in realtà. È semplicemente un dato di fatto. Tutti noi del clan abbiamo deciso di avere solo il nome».
«Quindi non avete cognome?»
«L'abbiamo, ma preferiamo non usarlo. Il mio è Villarreal, ma sto bene così», spiega Alucard.
«Cosa hai iniziato a sentire con me? Hai detto che per la prima volta hai sentito qualcosa dentro di te, con me. Cos'era?»
«Non so spiegartelo. È come se qualcosa si fosse risvegliato dentro di me».
«Ma non essendo io la tua Ateyo, i tuoi sentimenti sono tornati a dormire», ridacchio. Solo in un secondo momento capisco di essere stata scortese.
«Come hai trovato Lucius dopo il suo risveglio?»chiedo cercando di apparire ingenua.
«Nessuno pensava che sarebbe cambiato», sostiene.
«Cambiato? È cambiato?»domando stupita.
«Sì. Prima della sua malsana idea di addormentarsi nella sala Sulbén era più tranquillo e dedito alla causa: era il potere. Tuttavia, da quando sei arrivata tu è sempre turbato. Passa la giornata in biblioteca e quando l'Élite si allena non ti stacca gli occhi di dosso. Ultimamente parla poco e non mi vuole mai intorno. Sebastian sostiene che sia perché sono il tuo tutore scolastico».
«Come può essere turbato... ha detto che mi ha lasciata libera? Perché ti tratta così!»esclamo alterandomi.
«Sarebbe difficile da comprendere. Lui è un po'... lunatico», ammette.
«L'ho notato...»ribatto masticando le parole.
Ritorniamo alla macchina in silenzio, ascoltando i rumori della natura. Alucard mi apre la portiera e ritorniamo a casa.
Dopo circa quindici minuti arriviamo a destinazione e scendo dalla macchina. Il ritorno è stato freddo, silenzioso, come se fossimo due completi sconosciuti. In macchina si sentiva solo il rumore dei miei respiri pesanti.
«Grazie mille per la serata», dico dandogli le spalle per non vederlo in viso.
Perché mi sento così? Mi sento la vergogna addosso.
Alucard mi afferra il polso senza fare pressione e mi fa voltare velocemente. Si avvicina sempre di più e arriva a meno di un centimetro dal mio viso.
«Vorrei provare una cosa», sussurra.
«Che cosa?»chiedo ingenuamente sbattendo le ciglia più volte.
Alucard alza la mano e mi accarezza la guancia dolcemente. Con estrema velocità si butta sulla mia bocca: le nostre labbra si toccano, ma resto immobile. È un semplice bacio a stampo e non sento alcuna scintilla scattare dentro di me. Cosa ho che non va?
«Scusa», dice con voce profonda e gutturale. È rigido ed è evidente che sta facendo molta fatica a rimanermi accanto.
«Non fa niente», bisbiglio a occhi socchiusi.
«Sappiamo entrambi che il tuo cuore appartiene a un altro uomo», afferma a voce bassa. «Pur involontariamente, confrontavi tutto ciò che ho preparato con quello che hai vissuto con Lucius».
«Con quello che ho vissuto con Lucius?»ripeto sbalordita.
È il segretario di Lucius, sa tutto...ricordo.
«Io...»accenno.
«Non c'è bisogno che tu dica nulla. Sarei un ripiego, così come tu lo sei per me... Devo trovare la mia compagna»dice sinceramente.
«Io...»
«Ci vediamo domani?»chiede gentilmente cambiando totalmente argomento.
«Certo», sorrido.
«Con cosa vuoi iniziare?»domanda con leggerezza.
«Hardy?»propongo.
«Va bene», risponde sorridendo. Mi dà un bacio leggero sulla guancia sinistra e si volta verso la macchina.
«Aspetta! Lasciami il tuo numero!»esclamo.
«Te l'ho già inserito prima», ridacchia salendo in auto.
«Va bene. Ehm... Ciao...»mormoro salendo le scale. La porta d'ingresso viene aperta da Fritz. Entro e all'improvviso sento vibrare il cellulare nella tasca del cappotto. Mi è arrivato un messaggio:
Sarò un ottimo ripiego.
𝓛𝓾𝓬𝓲𝓾𝓼
Un pugno. Due. Tre. Quattro. Perdo il conto, ma il muro davanti non è poi così contento. È completamente distrutto.
«Fratello! È un marmo pregiato questo...»si lamenta Nicolae.
«Forse volevi dire era», ride Sebastian.
«Che cosa ti agita tanto, fratello?»chiede Nicolae.
«Sappiamo tutti che cosa agita tanto il nostro piccolo fratellino», sghignazza Sebastian.
Mi volto furiosamente e fulmino con lo sguardo i miei fratelli. Sono seduti al loro posto con le loro Ateyo in grembo.
«Lucius, perché non gliene parli?»propone Cleo.
«Perché il mio caro fratello non è capace di avere relazioni normali», risponde Sebastian sfidandomi.
«Chiudi quella bocca!»sbraito.
«Altrimenti?»ribatte lui alzandosi velocemente.
Ringhio e maledico il momento in cui ho deciso di abbandonare Lisandra.
«Lasciami in pace!»ordino rabbiosamente a Sebastian.
Esco dalla stanza e vado in biblioteca, chiudendo la porta con forza.
Perché sono venuto qui?
Maledizione!
Che cos'è questa emozione? Gelosia? Invidia?
Io non invidio nessuno.
Cerco di calmarmi camminando avanti e indietro per qualche minuto, ma d'un tratto percepisco la presenza di Alucard presso l'entrata del castello.
Dov'era andato?
Profuma di lei!
La rabbia cerca di prendere il sopravvento, ma la reprimo decidendo di tornare nella sala principale ad accogliere il mio segretario.
Mi siedo sul trono e lo attendo con impazienza, catturando gli sguardi preoccupati dei miei fratelli e delle loro Ateyo.
Sta scendendo lentamente, controllando la posizione di ciascuna guardia lungo il corridoio principale.
Circa dieci minuti dopo la porta si apre e appare il mio segretario, accompagnato dal suo vice Pollux.
«Alucard, bentornato», lo accolgo a denti stretti non appena varca la porta d'ingresso.
«Mio signore, miei re», saluta chinando la testa elegantemente, mentre Pollux si sistema alla sinistra della porta d'ingresso.
«Hai passato bene la serata?»esorto spavaldamente.
«Sì, grazie mille», afferma con la faccia impassibile.
Bene...
«Lei, signore?»chiede avvicinandosi lentamente.
«Tutto nella norma», rispondo sorridendo a bocca serrata.
Sta per salire i due scalini per raggiungermi, ma lo fermo alzando una mano.
«Signore?»
«Avrei delle commissioni per te». Cosi non starai qui e non ti avrò sotto gli occhi...
«Signore?»ripete.
«Voglio rimodernare la mia stanza», affermo.
«Sei rientrato nella tua stanza?»chiede stupito Sebastian. Nicolae e la sua compagna sono sbalorditi.
«Porta a corte un arredatore italiano. Uno dei migliori. Quello che vuoi. Conosci i miei gusti», ordino.
«Certamente, signore», risponde Alucard inchinandosi e lanciando uno sguardo furtivo ai miei fratelli.
«Perché lo tratti così?»chiede Cleo non appena la porta d'ingresso si chiude.
«Non sono affari vostri!»ringhio.
«È perché Alucard sta tanto vicino alla piccolaMikelaus», sghignazza Sebastian.
«Se vuoi averla qui più spesso, perché non crei un laboratorio estivo in cui affinare le arti come il canto e la recitazione? Potresti far organizzare uno spettacolo per il tuo compleanno a fine agosto», suggerisce la compagna di Nicolae con spensieratezza.
«In effetti, è una bella idea», afferma Nicolae accarezzando la schiena della sua Ateyo.
La guardo dubbioso, ma alla fine le do ragione e accetto la sua idea. Così potrò tenere d'occhio Lisandra e Alucard. Da quanto so, hanno passato la serata insieme. Chissà cosa avranno fatto... Più mi agito, più la sete aumenta e più divento furioso: perché mi do tanta pena per una ragazzina?
«Va bene. Dirò ad Alucard di organizzarlo», abbaio con tono serio.
«Vorrei farlo io. Mi annoio», dichiara l'ideatrice del laboratorio facendo gli occhi dolci a mio fratello.
«Va bene», acconsente Nicolae guardandomi.
𝓛𝓲𝓼𝓪𝓷𝓭𝓻𝓪
«Una sera di fine maggio, un uomo di mezza età stava ritornando da Shaston al villaggio di Marlott, nella vicina Valle di Blakemore o Blackmoor. Avanzava su gambette rachitiche e v'era un che di incerto nella sua andatura che lo portava a deviare sulla sinistra. Ogni tanto scuoteva di scatto il capo, come se assentisse a qualche pensiero, benché in realtà non stesse pensando a nulla in particolare. Un paniere per uova gli pendeva vuoto dal braccio e il pelo del suo copricapo, sciupato, era consunto sulla falda nel punto in cui lo prendeva per toglierselo. Ben presto s'imbatté in un uomo di chiesa attempato che, in groppa a una giumenta grigia, cavalcava canticchiando...»inizia a leggere Alucard.
Sono sdraiata su un morbido telo rosso in mezzo al prato verde curatissimo della tenuta della mia famiglia. Accanto a me Alucard, il mio tutore, siede all'ombra scura della grande quercia che si erge sul giardino.
Alucard continua a leggere e io ascolto la storia singolare di una ragazza di nome Tess, che affronta peripezie già dal secondo capitolo del romanzo.
Esattamente come me, fin dal primo giorno in Romania. Non si sta mai tranquilli qui.
Devo ammettere, però, che mi mancava essere finalmente me stessa, fare quello che voglio quando voglio.
Mi mancava essere qui: anche se fossi rimasta con Gabriel e Viola Mabuse non sarei mai a stata al sicuro: volevano uccidermi insieme alla commessa dell'agenzia interinale. Come ho fatto a non accorgermene?
La famiglia Mikelaus mi ha accolto – di nuovo – a braccia aperte, passando ogni giorno a chiedermi perdono per il comportamento sgradevole e per i danni arrecatimi, ma non sono mai stata davvero arrabbiata con loro, perciò mi limito ad ascoltarli.
Non sono mai stata arrabbiata perché non è una cosa che si controlla tanto facilmente. L'importante è che adesso si sia tutto risolto. Ora mi fido della mia famiglia.
Tuttavia, non mi fido totalmente dei Romanov, soprattutto di Lucius.
Arriva Fritz e mi lascia il pranzo salutando Alucard, ancora intento a leggere a voce alta.
Ripenso alle parole di Alucard durante il nostro appuntamento: Lucius è cambiato.
Cambiato come? Perché gli dà fastidio la mia vicinanza ad Alucard?
Non sarà mica geloso?
Ridacchio tra me e me attirando l'attenzione di Alucard, che alza un sopracciglio.
«Nella difettosa esecuzione del piano ben disposto dell'universo, raramente l'invito provoca l'arrivo di chi si invoca, e raramente si incontra l'uomo da amare, quando viene l'ora per l'amore. La natura non dice troppo spesso guarda alla povera creatura nel momento in cui il guardare potrebbe portare a una lieta conclusione, né risponde qui alla carne che grida dove?; finché tutto questo nascondersi e cercarsi diventa un gioco penoso e senza mordente, potremmo chiederci se all'acme e alla sommità del progresso umano questi anacronismi saranno modificati da un'intuizione migliore, da un più stretto rapporto reciproco nell'ingranaggio sociale, che non ci scuota in ogni direzione, come ora: ma non si può predire un simile ideale, forse nemmeno concepirlo come possibile. Così, anche nel caso attuale, come in milioni di altri, le due parti di un perfetto insieme non si sono incontrate al momento perfetto: la controparte assente, vagando indipendente per la terra, aspetta in crassa ottusità un tempo che giungerà sempre troppo tardi», continua a leggere Alucard con voce soave. «Stai bene?»chiede interrompendo il flusso dei miei pensieri.
«Sì», rispondo. Lui scuote la testa, chiude il libro e ride.
«Per oggi basta», annuncia.
«Lessie?»mi chiama qualcuno.
Mi volto e vedo Ruxandra alla porta sul retro della tenuta.
«Penso che sia giunto il momento di andare...»accenna Alucard.
«No, rimani», interrompe Ruxandra non appena arriva al mio fianco. «Tuo nonno mi ha chiesto di chiamarti. Vorrebbe parlarti di una questione importante».
«Questione importante?»chiedo a occhi spalancati.
«Sì, non so altro», ammette facendo spallucce.
È vero, lei non sa altro perché sta sempre nella sua piccola parte di appartamento con Alexandru...
Rabbrividisco per il mio modo di pensare.
Perché sono tanto invidiosa di Ruxandra?Sono gelosa perché sta insieme ad Alexandru o perché ha trovato il suo Ateyo e può stare insieme a lui?
«Lessie?»ripete Ruxandra richiamando la mia attenzione.
«Arrivo», rispondo.
«Posso chiedere per quale motivo il signor Mikelaus ha chiesto la mia presenza?»domanda con pacatezza Alucard mettendosi le mani dietro alla schiena.
Ruxandra si volta verso il mio tutore, lo squadra dall'alto al basso con evidente disgusto e gli sorride a labbra serrate.
«Non lo so», risponde freddamente.
Ecco qui la mia amica Ruxandra, dolce con me e scontrosa con gli altri. Tipico di lei.
Seguiamo Ruxandra fino alla sala da pranzo, dove Fritz, il maggiordomo della famiglia, ci apre le porte e annuncia il nostro ingresso.
Ruxandra mi fa accomodare e Alucard si posiziona dietro di me. Mio nonno e mio padre sono seduti ai loro rispettivi posti.
«Papà, nonno, volevate vederci?»domando preoccupata.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro