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Capitolo 2: Due occhi rossi


𝓛𝓾𝓬𝓲𝓾𝓼

La luce si accende e illumina il palco, dove sono intrecciati tanti fili colorati, mentre nel teatro si diffonde una musica leggera e piacevole. Tra il giallo dei fari e i vari colori spicca una figura esile. Indossa un vestito nero con paillettes bianche che brillano con le luci. Si addentra tra i fili e quando la musica diventa più grave inizia ad aggrovigliarsi, fino a venire intrappolata. All'improvviso, la musica si abbassa e la ragazza con i capelli corvini sul palco alza la testa.

Non so se quella strana cosa che consiste nel guardare la felicità da lontano senza mai riuscire a raggiungerla sia malinconia. È cosi che mi sento. Quella è Lisandra Mikelaus. Quella è la mia Ateyo.

Mi sono lasciato coinvolgere dalla folle idea di Milena e mi trovo in uno stupido teatro, con delle lenti colorate negli occhi, in mezzo a un centinaio di umani. Al mio fianco c'è la matrigna di Lisandra e alla mia sinistra mia moglie Milena.

«Tanti fili, una testa

Tanti fili, una persona

Tanti fili portano alla distruzione», sospira mentre si divincola tra i fili.

«18. Non è di certo un caso se questo numero è stato identificato come porta sfiga.18. Diciotto anni è quell'età in cui non capisci più nulla: può essere nel lato positivo o nel lato negativo. Ovviamente, con la fortuna che ho, sono nel lato negativo. 18 è l'età in cui una sola frase, un'azione o addirittura una parola... Basta una sola, piccola, insignificante parola per cambiare il senso di un'intera giornata o addirittura di un'intera vita. 18 è l'età in cui si ha la strana abitudine di non raccontare nulla a nessuno di come ci sente veramente. Si ha la tempesta dentro e nessuno lo nota.18 è l'età in cui si è più ipocriti, perché si finge con gli altri e si mente a se stessi.». Inspira profondamente e guarda verso il fondo della sala. La musica si alza e pian piano, con agilità, riesce a uscire dai fili, creando un grosso gomitolo intrecciato.

È veramente brava.

La musica si abbassa.

«...Ma non mi piacque il vil secol mai.Probabilmente nessuno saprà di chi è questo meraviglioso verso. Beh, è di Vittorio Alfieri, un poeta preromantico del Settecento. Penso che ognuno di noi abbia studiato letteratura italiana al liceo, giusto? Bene. Allora perché tutti la odiano? È considerata lunga e noiosa, ma non è mai stata guardata dal mio punto di vista. Ho sempre provato a capire veramente cosa volesse dire ogni singolo poeta e ogni singola volta mi ritrovavo in ogni singola parola. Persino in Manzoni, considerato il massimo della noia dalla mia generazione». Dal pubblico si alza una risata collettiva.

«Perché una parte della società adolescenziale si sente come Alfieri? Quanto ci ho pensato... Non potete credere a quanto mi sono scervellata per trovare una risposta. Sapete qual è l'unica soluzione? RESPIRARE.

Ci sono domande quali Come fai ad andare avanti? oppure Cosa ti spinge a non sederti e non mollare tutto?

Quantecazzodi volte ho pensato di andare via e mollare tutto, ma no, sono ancora qui.

Alcuni di noi sono sempre stati considerati INFERIORI, insieme a mille altri aggettivi di cui non sto qua a parlare, altrimenti questo monologo diventerebbe più lungo dei Promessi sposi, ma sapete qual è il vero problema mio e dei miei coetanei? SIAMO NOI STESSI», afferma con decisione e una punta di frustrazione.

«È tutta colpa nostra.

È colpa nostra perché diamo a queste persone il potere di agire, facendoci stare ancor peggio di quanto ci facciamo male noi stessi.

È colpa nostra perché diamo peso a queste cose che ci fanno il lavaggio del cervello fino a credere che siano vere.

Effettivamente, io ci credo ancora, ma ci sto lavorando. Tutti piano piano ci stiamo lavorando. Perché solo così potremo uscire dal buco nero in cui ci siamo cacciati.

Se non vi piacete, cambiate età ogni giorno. Siate nonne a quindici anni e fidanzate a ottanta. Ma non siate mai quello che vogliono gli altri», dice ad alta voce.

«Alzati, va' ad affrontare la vita reale e se il mondo è un bastardo, allora colpiscilo con tutta la forza che hai.

Bisogna ricordarsi che conosciamo noi stessi solo fin dove siamo stati messi alla prova e che non esiste la parola no», dichiara a gran voce. Fa un respiro profondo.

«Perché l'essere umano è capace di tutto e solo noi stessi ci poniamo dei limiti. Nel Novecento si pensava che non fossimo capaci di volare, eppure oggi li vedete anche voi gli aerei nel cielo, giusto?

Perciò smettiamo di porci questi limiti. La cosa più importante da fare, però, è smettere di fingere.

La cosa più brutta che possiamo fare è FINGERE. Perché prima o poi quella finzione diventerà vera», spiega con fermezza.

«Ma fermiamoci un attimo a pensare. Perché dovremmo stare male? Guardiamoci attorno. Riusciamo a vedere quanto è bello il mondo? Non lasciamo vagare i nostri pensieri, non stiamo male per qualcosa per cui non vale la pena. Lasciamo che il sole riscaldi la nostra anima e che sciolga le catene che ci tengono imprigionato il cuore. Se riusciamo davvero a lasciarci andare, capiremo che non esiste motivo per non vivere con il sorriso. Al resto ci pensiamo dopo. Il tempo per i problemi è sempre troppo, ma quello per essere felici non è mai abbastanza», precisa sconsolata.

«Ogni cosa accade per un motivo. Ogni caduta, ogni ostacolo, ogni cuore spezzato. Questo ormai l'ho imparato. E adesso so apprezzare di più un sorriso, una parola d'aiuto, una mano che si tende verso di me. Io non sono mai stata brava a essere felice, non sono mai stata brava ad apprezzare quello che ho, perché mi è sempre stato più facile guardare quello che non ho. Ma bisogna capire che qualcosa ci mancherà sempre. Se non fosse così, finiremmo di apprezzare ogni cosa. È nel momento in cui ci viene a mancare qualcosa di davvero fondamentale che tutto assume un nuovo ordine. Anche in quella mancanza, però, bisogna provare a vedere il lato positivo. Grazie a quella mancanza ho imparato cosa ho davvero, cosa voglio avere e cosa non posso perdere. Grazie a quella mancanza ho imparato a essere felice», afferma esortando il pubblico a seguire le sue orme.

«Ho scoperto che il bello della vita è che c'è un aspetto negativo in ogni cosa, ma se esiste un aspetto negativo, da qualche parte dovrà necessariamente esserci anche quello positivo», conclude facendo spallucce e sorridendo.

I grandi fari del palco si spengono in conclusione del suo discorso, ma i miei occhi la seguono nel buio finché non scompare dietro le quinte.

La luce si riaccende e una ragazza con occhi azzurri e capelli bruni, che porta un vestito bianco corto in pizzo, sorride con le mani lungo i fianchi. Sul fondo, un ragazzo con pantaloni neri strappati sulle ginocchia, una maglietta bianca e una giacca di jeans, resta immobile, in attesa che la ragazza dica qualcosa. Parte la base di una canzone pop, generando un applauso di gioia.

«Quando ti guardo e non so cosa dire

A volte penso solamente che

Tutte le cose belle hanno una fine

L'unica eccezione siamo io e te

Se tu fossi un errore sbaglierei

Se fossi una canzone ti canterei

Non mi basta toccarti su display

Manda la posizione, dove sei», canta il ragazzo. Dalle prime file si levano gli urli striduli delle

ragazze.

«E mentre aspetto il treno

Penso perché hai scelto proprio me

Non ci credo ancora, non ci credo

E mentre aspetto il treno

Penso perché hai scelto proprio me

Non ci credo ancora, non ci credo», canta la ragazza muovendosi in maniera provocante.

«Siamo solo io e te

Solo te e me dall'inizio, soli contro il mondo

E non me ne frega se parlano di te

Solo io ti conosco in fondo

E ti raggiungerei anche giù all'inferno

In mezzo a una tempesta, dentro ad un incendio

Solo io e te

Solo te e me ormai, ormai», cantano insieme.

Se solo non avesse questo ritmo, questa canzone mi piacerebbe di più. Dice cose vere.

La canzone termina e una piccola orchestra fa il suo ingresso sul palco. La ragazza col vestito bianco fa numerosi inchini ed esce di scena.

I musicisti accordano gli strumenti e iniziano a suonare una melodia dolce ma piccante. Tra il pubblico si diffonde il silenzio, ma all'improvviso un piccolo rumore di tacchi cattura la mia attenzione. La ragazza dai capelli corvini ritorna in scena con un lungo vestito nero che mette in risalto la sua pelle bianca. Lisandra sorride al maestro e annuisce.

«I'm trying to hold my breath

Let it stay this way

Can't let this moment end

You set off a dream in me

Getting louder now

Can you hear it echoing?

Take my hand

Will you share this with me?

Cause darling without you

All the shine of a thousand spotlights

All the stars we steal from the nightsky

Will never be enough

Never be enough

Towers of gold are still too little», canta sorridendo.

Ha una voce veramente stupenda e... I suoi occhi sono luminosi...

«Tutto ciò che dice... Canta col cuore», commenta Anca al mio fianco, portandosi una mano sulla bocca per lo stupore.

«These hands could hold the world but it'll

Never be enough

Never be enough

For me

Never, never

Never, never

Never, for me

For me

Never enough

Never enough

Never enough

For me

For me

For me».

Mentre canta sorride.

«All the shine of a thousand spotlights

All the stars we steal from the nightsky

Will never be enough

Never be enough

Towers of gold are still too little

These hands could hold the world but it'll», canta con gioia.

«Never be enough

Never be enough

For me

Never, never

Never, never

Never, for me

For me», continua agitando le braccia.

«Never enough

Never, never

Never enough

Never, never

Never enough

For me

For me

For me».

«For me», sussurra a mezza voce.

Tutto il pubblico si alza ed esplode in un lungo e rumoroso applauso, mentre io rimango incollato alla piccola e scomoda poltrona e osservo i suoi denti bianchi risplendere. I suoi occhi si illuminano sempre di più.

I suoi occhi incontrano i miei e il sorriso dipinto sulla sua faccia svanisce. Mi alzo all'istante, esco dal teatro e salgo sul tetto. Il vento sfiora i miei capelli e mi butto nell'oscurità della notte.

𝓛𝓲𝓼𝓪𝓷𝓭𝓻𝓪

«Toglietemi questo dannato abito», ordino perdendo la pazienza.

«Dove credi di andare? Ci sono i saluti e...»balbetta l'assistente, spaventata dal mio atteggiamento irritabile.

«Mi sono dimenticata che dovevo fare una cosa molto importante», mento.

Tra mille applausi e sguardi sorridenti, due occhi dal fondo della sala, prima marroni e poi sempre più rossi, mi prendono alla sprovvista. Sono i suoi occhi. È Lucius.

Una sorta di eccitazione mi pervade il corpo e al tempo stesso un brivido di paura mi percuote.

Dove potrebbe essere?

Mi metto i primi vestiti che mi capitano sotto mano ed esco dalla porta di servizio.

Il tetto! Il posto con la migliore veduta. Lì si può liberare la mente.

Salgo di corsa le scale antincendio e arrivo sul tetto con il fiatone, ma non c'è nessuno.

Mi siedo con le gambe penzoloni.

Le mani mi tremano e la vista si offusca.

I miei occhi scuri setacciano ogni cosa, dall'alto al basso.

Non c'è nessuno.

𝓛𝓾𝓬𝓲𝓾𝓼

Quando finì, iniziai a comportarmi come un bambino solo perché mi feci prendere dalla disperazione, ma l'amavo più di qualunque altra cosa e lei pensava sempre che fossi pronto a farle qualche torto in ogni momento. Non apriva gli occhi, sempre presa dalla rabbia, ma se le fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato, nonostante fosse stata la prima a donarmi un sorriso e la prima a togliermelo.

Sbatto il libro contro la parete.

Non smetto di pensare a lei.

Sono in una delle sale principali del castello e leggo. O almeno cerco di farlo.

«Fratello, non sapevo fossi tornato». Nicolae apre la porta ed entra insieme a Sebastian.

«Sì, sono tornato», rispondo amaramente.

«Ed è di cattivo umore», commenta Sebastian.

«Interrompiamo la faida con i Mikelaus. Stiamo sprecando risorse per una ragazzina. Per stavolta lasciamo correre, ma la prossima volta che accadrà una cosa del genere, nulla sarà tollerato», affermo in tono serio. Milena entra nella stanza e il mio sguardo viene catturato dal suo. Alza gli occhi e per la prima volta mi rendo conto di una cosa: si sta interessando a me. Non l'ha mai fatto.

Prepariamo un ricevimento in onore della pace ristabilita all'interno della nostra società, con balli accompagnati dalla nostra orchestra e un grosso banchetto.

Il matrimonio di una coppia di adepti è stato un fattore aggiuntivo.

Ho troppi pensieri per la testa e non so da dove iniziare.

Sei nata con la debolezza che ti fa cadere, ma anche con la forza di rialzarti, Lisandra!

Non so come iniziare a districare i miei pensieri. Ho lasciato la mente libera di vagare e, come un cavallo selvaggio, è corsa fino a raggiungere luoghi remoti, inaccessibili. Ha percorso miriadi di strade lasciandomi con nodi indistricabili fra le mani. Forse per riordinare i miei pensieri dovrei partire dai luoghi che hanno evitato con ostinazione. Non so come, ma sono finito davanti a un vecchio e patetico dinerfrequentato da umani.

Ogni volta in cui tentavo di dimenticare quei capelli, quegli occhi, quella voce, finivo per ritrovarmi a spiarla. Durante il giorno, a scuola, la sera, al dinere la notte, sul suo letto. Penso di aver imparato a memoria il suo strano battito cardiaco e i ritmi del suo respiro.

Il tempo che non passo a seguirla e a osservarla, lo passo a mangiare. Da quando l'ho vista in quel teatro, la fame non fa che aumentare sempre più, così come la distanza che cerco di ricavare tra me e quella ragazza. La sento sempre con me, ma in realtà non è qui e questo mi manda fuori di testa e mi rende incontrollabile.

Non ho bisogno del suo potere. Non ho bisogno di lei.

Io non ho bisogno di nessuno.

Io sono Lucius Romanov.

Queste ultime frasi sono diventate il mio mantra.

𝓛𝓲𝓼𝓪𝓷𝓭𝓻𝓪

I suoi occhi avevano il potere di farmi impazzire. Non mi toccavano né mi sfioravano. Rimanevano lì per tutta la notte, nel mio sogno, per poi sparire al mattino. Eppure, quando mi guardavano il mio cuore iniziava a battere talmente forte che temevo potesse esplodere, le mie labbra s'incurvavano in un sorriso coperto dal rossore delle mie guance e il mio corpo veniva percorso e percosso da un fremito, come una scarica elettrica. Quando mi guardavano, mi scavavano dentro, nell'anima, in ogni particella del mio corpo. E io mi sono sempre domandata come ci si debba sentire a esserci dentro. In ogni suo caldo, intenso sguardo.

5 dicembre 2020

Tutti iniziano a fare liste di propositi per l'anno nuovo, il mio cervello invece comincia a elencare tutto ciò che non sono riuscita a fare quest'anno, ricordando i miei fallimenti. Purtroppo non riesco a non pensarci. I flash compaiono all'improvviso e non posso sottrarmi: devo rivedere, provare nuovamente la vergogna, i sensi di colpa, tutto. La morte di Jules, mia madre, le novità, le torture, Lucius. Mentre al terzo rintocco della mezzanotte chiunque intorno a me bacia la persona che ama e abbraccia i parenti, tutto ricompare davanti a me.

L'anno è passato. Sono riuscita a trovare un lavoro e così sono potuta restare a Vatra Dornei. Viola, la madre di Gabe, mi ha permesso di lavorare al dinercome compenso dell'affitto nella casa, perché in teoria dopo gli esami finali sarei dovuta tornare in Canada.

Qual è il mio lavoro? La wedding planner. O meglio, l'assistente di una wedding planner famosa: Serena Kedar.

Stiamo organizzando un matrimonio da circa sei mesi e la data del matrimonio è ormai vicina: il 24 dicembre.

Salgo su macchina nera con due grandi cartellette nere in mano e attendo di arrivare alla location, che Serena non mi ha mai permesso di visitare fino a oggi.

Dopo trenta minuti, la macchina si ferma. Apro la portiera e scendo.

«Allora, deve essere tutto pronto», mi sorprende alle spalle Serena.

«Sì, certo», ribatto sistemando le cartellette tra le mani.

Alzo la testa e mi irrigidisco.

Serena mi prende per il polso e mi trascina nella location del matrimonio.

«Seguimi, ci sono molte sale dentro questo vecchio castello e non voglio che tu ti perda», mi avvisa. Nel frattempo, continua a ripetere tutto ciò che deve essere ricordato.

Tremo mentre salgo per le scale di questo castello. Il castello Romanov.

«Non è stupendo?»chiede entusiasta Serena. «È un castello antico, risalente all'epoca della dinastia dei Romanov, gli ultimi principi della Romania», mi spiega.

Percorriamo i lunghi corridoi ed entriamo in una stanza con due scrivanie piene di fogli e raccoglitori e con un grande specchio al centro.

Dietro di me compare una ragazza minuta con i capelli biondo platino raccolti in uno chignon e la divisa delle guardie dei Romanov. Entra trascinando uno stender con tanti abiti protetti da una custodia con la cerniera. Lo trascina vicino allo specchio e lascia la stanza.

Appoggio le cartellette sulla scrivania e faccio un grande respiro.

Sono nel castello. Ci sarà la mia famiglia. Ci saranno i miei amici. Ci saranno i Romanov. Ci sarà Lucius.

Vorrei tanto andare da lui e chiedergli cosa ci facesse al teatro insieme ad Anca e alla principessa Milena, che quella volta erano sparite quando tornai nella sala.

Cerco di calmarmi, ma ho i nervi a fior di pelle.

«Questo sarà il matrimonio del secolo», commenta entusiasta Serena mentre compila dei documenti.

Divido i vestiti in tre categorie: sposi, damigelle e testimoni d'onore. La porta si apre ed entrano le due sarte a cui si è rivolta Serena.

«A breve dovrebbero arrivare le damigelle e i testimoni. Tu, insieme alla sarta numero uno, ti occuperai delle damigelle, mentre io e la sarta numero due provvederemo ai testimoni nella stanza accanto. Tutto chiaro?»spiega Serena. Le sarte sistemano gli spilli e il metro giallo intorno al collo.

Sistemo la scrivania e all'improvviso la porta si spalanca.

«Benvenuti, ragazzi!»esclama Serena con fare accogliente.

Mi volto e mi irrigidisco. Mi si mozza il fiato.

Abel e Dragos sono sulla soglia della stanza.

Abel mi guarda con gli occhi spalancati, mentre Dragos diventa di pietra.

«Vieni con me», afferma Serena sorridendo. Prende Dragos sottobraccio e lo conduce nella stanza accanto, seguita dalla seconda sarta.

Al mio fianco la prima sarta – di nome Jesy, penso – tossisce e mi sveglia dallo stato catatonico in cui ero piombata.

«Salve. Mi chiamo Lisandra. Sarò io ad aiutarla con il vestito oggi», mi presento accennando un sorriso. Devo fare finta di nulla, come se non la conoscessi. Faccio un grande respiro.

Abel annuisce rigida e va davanti allo specchio.

Abbasso la cerniera del copri vestito, tiro fuori l'abito rosa confetto ornato da perle bianche e lo passo alla sarta.

Osservo attentamente i piccoli movimenti con cui Jesy, la sarta, sistema l'abito per far sì che sia impeccabile.

Tutto deve essere perfetto, ripete continuamente Serena, perciò per questo matrimonio sono scrupolosa.

I capelli color caramello di Abel le cadono con boccoli lievi e chiusi, il trucco è leggero ma visibile sopra il bianco pallido della sua pelle.

«Vado a prendere degli ultimi spilli nell'altra stanza e ho finito», mi avvisa la sarta mentre sistemo la parte inferiore del vestito.

«Va bene», rispondo.

La porta si chiude e il riflesso sullo specchio mi guarda intensamente, mettendomi in allarme.

«Come stai?»chiede all'improvviso.

Alzo lo sguardo e sorrido nel sentire la sua voce tenera.

«Sto bene», mormoro.

«Non mi sembra. Sei turbata», afferma.

«È questo posto. Mi staranno dando la caccia e...»sussurro.

«Lucius ha tolto la taglia su di te. Ti ha lasciata libera», mi interrompe subito. «Ti sei rifatta una vita?»domanda con una punta di ansia, chinando il capo per guardare il vestito.

«Il segreto del cambiamento sta nel focalizzare tutta la tua energia non nel combattere il vecchio, ma nel costruire il nuovo», affermo solennemente.

«Socrate», risponde riconoscendo la citazione. «Capisco la tua paura», afferma con malinconia.

«Sono diversa da tutti gli altri ibridi: non ho gli occhi rossi», sussurro estenuata abbassando gli occhi.

«Sei la Skiarat», ribadisce a gran voce.

«E tutti vogliono controllarmi», ribatto con amarezza. «Ho capito di non essere adatta né al mondo umano né al vostro», bisbiglio.

«Perché dici questo?»ribatte turbata.

«Perché è la verità», ammetto sarcasticamente.

«Pensi di non essere adatta a questo mondo perché ti vogliono morta?» esorta Abel.

«Lo sento che sei inquieta, ma tutti noi ti vogliamo bene e quando sei scomparsa abbiamo organizzato delle squadre di ricerca», sospira. «Noi sappiamo chi sei. Devi solo ricordartelo tu, ora. E se ti preoccupa la condanna dei Romanov, non farci caso, perché almeno un membro a famiglia finisce, anche se per poco, sulla lista nera dei re», dice alzando la testa di scatto, con un breve sorriso.

«Lucius ti ha lasciato particolarmente in fretta. Mio padre ci ha messo due secoli a essere riaccettato», sussurra. La porta accanto si apre. Dragos si presenta in smoking nero e Serena ha la sarta accanto a sé.

«Bene, siete perfetti!»esclama Serena portando le mani davanti alla faccia come farebbe un fotografo. «Io vado con loro dagli sposi, tu prendi le cartellette e verifica che nella sala dove si terrà il banchetto sia tutto perfetto», ordina la wedding planner.

Annuisco, prendo tutto ciò di cui ho bisogno e mi dirigo verso la sala del banchetto, seguendo la ragazza con lo chignon biondo platino comparsa sulla porta.

Mentre camminiamo in silenzio, ripenso alla volta in cui Serena entrò in ufficio in preda a una crisi isterica.

La porta sbatté così forte che la mia scrivania da assistente tremò.

«Non ci credo! Non ci credo!»si lamentava tra se e se.

«Serena, tutto bene?»chiesi preoccupata alzandomi dalla sedia girevole.

«Un mio importante cliente mi ha appena chiamato. Mi ha dato meno di sei mesi per costruire un matrimonio nel suo standard», spiegò. Sembrava sul punto di svenire.

Le presi un bicchiere d'acqua e la feci accomodare al mio posto. Sembrava sconvolta.

«In che senso nel suo standard?»

«Un matrimonio in stile reale», si lagnò tra una lacrima e l'altra.

«Quand'è questo matrimonio?»chiesi prendendo una penna e l'agenda.

«La vigilia di Natale», mormorò.

«Come posso aiutarti? Dimmi quello che devo fare e lo faccio», proposi stupefatta.

«È un cliente molto singolare e riservato, con cui ho firmato un accordo speciale che non mi consente di rivelare i dati personali degli sposi a terzi se non il giorno delle nozze. È sempre stato così... ma non mi ha mai dato così poco preavviso...» blaterò tra sé e sé.

«È questa la sala, signorina», afferma la vampira davanti a me risvegliandomi dal ricordo e riportandomi alla realtà.

Apre le due porte con leggiadria e la seguo finché non giungiamo alle spalle di una donna alta con i capelli biondi sciolti.

«Signora», saluta come un soldato la vampira per far notare la propria presenza.

La donna si volta. Il suo viso mi è familiare. È Milena.

«L'assistente di Serena», mi presenta con riverenza la vampira per poi abbandonare la sala.

«È un piacere. Io sono Milena Romanov. Non aspettavo altro che il tuo arrivo», afferma con un sorriso.

Scuoto la testa, temendo di non aver sentito bene a causa di tutti i rumori causati dai vampiri che sistemano i tavoli.

«Non aspettava altro che il mio arrivo?»chiedo confusa.

«Perché?»chiedo in modo conciso.

«Per sistemare le ultime decorazioni», risponde spensierata.

«Oh. Certo», dico abbassando lo sguardo.

Sono imbarazzata.

Che cosa pensavo?

Perché era in quel teatro con Lucius e Anca?

Scuoto la testa e cerco di non pensarci.

Dopo essersi presentata di nuovo, Milena cerca di porre fine al mio momento di imbarazzo mostrandomi le sale della festa. La sala in cui mi trovo ora è quella del banchetto, mentre oltrepassando una porta di legno scuro si entra nella sala da ballo in cui si terranno le danze.

Nella sala del banchetto ci sono dieci tavoli, ciascuno con sette posti a sedere, da addobbare e apparecchiare. Davanti a ogni tavolo si trova un membro della guardia, in attesa di un ordine da parte di Milena.

Apro le cartellette nere e tiro fuori una serie di fogli sui quali avevo disegnato e indicato il modo in cui doveva essere organizzato il banchetto e le modalità con le quali bisognava apparecchiare i tavoli degli invitati.

«Iniziamo con i tavoli. Vedo che avete già posizionato i tavoli seguendo la mappa che vi avevamo mandato», affermo.

Sorrido e inizio a leggere.

«Che cosa dovremmo fare?»chiede Milena.

«Allora, prima di tutto mi servono le tovaglie tonde di color crema. Se non sbaglio, dovrebbero essere arrivate stamattina con il camion del catering», rispondo.

Milena si volta verso un vampiro con la divisa della guardia, il quale annuisce, sparisce per una decina di secondi e torna con le tovaglie piegate tra le mani. Il vampiro fa il giro della sala velocemente, dà una tovaglia piegata a ciascuna guardia e si riposiziona davanti al tavolo che aveva lasciato prima.

Tutti gli uomini e le donne stendono le tovaglie sul tavolo del buffet e su quelli più piccoli destinati agli invitati con velocità disumana e attendono la mia prossima indicazione.

«Per ogni tavolo devono esserci sette sedie con una coverture color crema e una serie di piatti e di posate con i bicchieri di cristallo: uno per il vino bianco, uno per il vino rosso, uno per lo spumante, uno per l'acqua e uno per una bibita analcolica», spiego. Tutti posizionano i bicchieri.

«Al centro va messo il pianto fondo bianco di porcellana lucente, che deve corrispondere alla circonferenza del tavolo. Non un centimetro di meno, non uno di più. Sulla sinistra bisogna mettere le forchette: una per l'antipasto, una per il primo e una per il secondo. Sulla destra, invece, dovete posizionare un cucchiaio, un coltello per l'antipasto, uno per il primo ed eventualmente uno per il secondo. Davanti al piatto bisogna mettere una forchetta piccola da dessert, un cucchiaino e un coltellino da dessert», affermo. Tutti obbediscono immediatamente.

«Dopo aver sistemato le posate sul tavolo, bisogna mettere il piattino del pane, un centrotavola e un vaso con rose rosse e piccoli petali rossi sparsi per il tavolo», continuo. Tutti spargono per il tavolo dei petali rossi in maniera elegante.

«Quella piccola stanza sulla destra sarà il guardaroba», illustro avvicinandosi alla porta della stanza. «Qui davanti dovranno esserci due persone che custodiranno i cappotti e le borse. In cambio dovranno essere consegnati dei fogliettini numerati che indicano la posizione in cui si trovano gli oggetti. Chiaro?»domando.

«Sì, signora», risponde un uomo sull'attenti.

«L'entrata deve essere decorata interamente con piante e tralci di rose rosse. L'orchestra si metterà a nord della sala da ballo. Infine i segnaposto...»Consegno una busta a un viso pallido, in piedi vicino all'entrata. «Il tavolo dei fogliettini è una sorta di reception. Indica i posti a sedere degli invitati. Mettetelo alla destra dell'entrata». Un tavolo viene trasportato nel punto da me indicato. «Non appena entreranno, gli ospiti verranno qui per vedere a quale tavolo dovranno sedersi. I foglietti li ha preparati Serena. Segui attentamente le sue istruzioni», gli ordino. Passo un foglio a un uomo.

Mi avvicino a ciascun tavolo ed elenco tutti gli invitati per fare un check-up dei posti a sedere, controllando che ciascuno abbia il foglietto di presentazione del matrimonio e che ogni menù si trovi sopra al tovagliolo sistemato sul piatto.

Sono le dodici e la cerimonia sta per iniziare. Ringrazio tutti i presenti, che lasciano subito la sala. Do un'ultima controllata prima di andare via. Mi avvicino a uno dei tavoli degli invitati, prendo il menù preparato da Serena e lo leggo:

24 dicembre 2020

Alexandru Mikelaus & Ruxandra Barlow

È il matrimonio di Alexandru e Ruxandra! Il cuore mi si riempie di gioia: vedrò il loro matrimonio. Assisterò alla loro unione. Una lacrima mi scende sulla guancia. La asciugo con una mano, prendo le cartellette ed esco dalla sala. Arrivata all'ufficio che ci hanno assegnato, apro la porta, poso le cartellette nere sulla scrivania e noto un post-it giallo attaccato allo specchio centrale.

Lo stacco e lo leggo:

Il tuo vestito è nella sala. Ho bisogno del tuo aiuto.

Serena.

Non mi ha mai lasciato un messaggio del genere. Non mi ha mai fatto partecipare alle cerimonie che ha organizzato. Perché ora mi chiede aiuto?

Ho poco tempo a disposizione, così evito di pormi altre domande. Vado nell'altra stanza, prendo la gruccia con la custodia grigia e chiudo la porta della stanza bloccandola con una sedia, così da non far entrare nessuno. Apro la cerniera e tiro fuori l'abito.

Mi sfilo i vestiti e mi metto l'abito blu. Il corpetto blu notte ha le maniche corte svolazzanti e la gonna in tulle è ricamata con motivi stellari.

È un abito magnifico. Non potrei immaginarne uno migliore in questo momento.

Scuoto la testa e ritorno alla realtà. Infilo le scarpe con i tacchi alti accanto allo specchio, prendo la cartelletta blu con il programma del matrimonio, mi metto un auricolare Bluetoothnell'orecchio destro e raggiungo il luogo da cui proviene il maggior numero di suoni.

Percorro lentamente due corridoi e giungo nella sala del matrimonio.

Che cosa mi sarò persa?

«È l'ora delle promesse», afferma una voce maschile.

Apro la piccola porta marrone davanti a me e percorro lentamente il corridoio cosparso di petali rossi. Mi fermo davanti all'entrata della sala e osservo la situazione. È pieno di persone, uomini e donne, con abiti raffinati di tutti i colori, sedute su sedie eleganti. Sul fondo della navata cosparsa di petali rossi, al centro, si trovano i due sposi. Sono bellissimi: Alexandru ha la divisa dei Romanov e Ruxandra indossa un vestito da sposa da sirena con ricami particolari sulla schiena. È quello che avevo consigliato io. Dietro di loro compaiono i Romanov con le loro divise.

Mi nascondo dietro la porta scorrevole e osservo la scena.

«È da circa un anno che hai iniziato ad ascoltare Fedez. Mi hai costretto a vedere il concerto in cui ha chiesto la mano della sua ragazza in diretta. Ho usato la sua dichiarazione come spunto per parlarti, qui, ora, davanti ai nostri re, per esprimerti il mio amore e la mia fedeltà, finché morte non ci separi», sussurra Alexandru con un sorriso. «Bukowski diceva che l'amore è quella persona che incontri su un milione. È vero: l'amore è quella persona che incontri mentre sei impegnato a guardarne altre cento. La persona che non noteresti mai e che invece ti stordisce come un pugno in pieno volto. La persona che all'inizio non pensavi minimamente potesse far parte della tua vita e che poi, non si sa come, ti sei ritrovato ad amare. La persona che prima degli occhi ti ha preso il cuore. La persona su cui non avresti scommesso un centesimo e che ora possiede la tua anima. La persona a cui urleresti le peggiori cose per poi prenderla, baciarla, e non lasciarla più andare. La persona a cui hai detto «Il perdono va meritato»e a cui poi hai perdonato TUTTO, anche se non lo meritava. La persona che quando ci sono trenta gradi stringeresti anche sotto un piumone. La persona a cui prima di chiedere hai dato. La persona a cui hai dato tutto. La persona per cui hai versato lacrime e per cui ne verseresti altre cento, mille. È proprio vero: l'amore è quella persona che arriva proprio nel momento in cui credevi non sarebbe più arrivata...»Ruxandra sorride, mentre Alexandru ripete le parole di un certo cantante rapper italiano, chiamato Fedez.

Lucius fa un passo in avanti e raggiunge la coppia felice. Ha in mano un filo rosso e prende le mani dei due giovani, congiungendole tra loro. Intreccia il filo rosso, chiude gli occhi e sussurra qualcosa. Improvvisamente, una luce potente pervade la sala. Viene dalle mani dei ragazzi. Pur contro la mia volontà, mi costringo a mettere una mano davanti agli occhi. Non appena il bagliore scompare, tolgo la mano. La sala si svuota piano piano e i novelli sposi seguono Sebastian e Nicolae in un'altra stanza dietro l'altare improvvisato.

Le persone mi passano accanto. Qualcuno urta la mia spalla e mi rendo conto di avere gli occhi incollati a quelli rosso sangue di Lucius, che mi hanno catturato in un turbinio di emozioni contrastanti. Tutto questo è un errore: io non posso essere sua e lui non può essere mio. Nessuno dei due vuole essere dominato da qualcun'altro. Lui vuole usarmi, avere un Ateyo. Trovare il proprio Ateyo significa avere sempre una corda a cui rimanere attaccati e lui vuole usare quella corda per avere maggiore potere. Eppure... lo voglio. Ne sento la necessità. Ho bisogno di sentire la sua pelle fredda sulla mia.

Ma è normale guardarti e volerti con me per tutta la vita?

Rabbrividisco per i miei stessi pensieri. Ma che cosa sto pensando?

«Lisandra, mi senti?»La voce di Serena rimbomba nell'auricolare.

«Sì, ti sento. Dimmi», rispondo mettendo la mano sull'aggeggio bianco nel mio orecchio.

«Ho visto la sala. È splendida», borbotta la wedding planner.

«Ti ringrazio», rispondo.

«Non so perché tu abbia l'auricolare e quel vestito che ti ho visto in dosso prima, ma ho bisogno di te. Ora!»ordina severamente.

«Dove sei?»chiede.

«Devi dare una mano al guardaroba. Dannazione! I troni...»sbuffa con tono severo, chiudendo la comunicazione.

Osservo il punto in cui ho visto Lucius e sospiro. Non c'è più.

Sorrido tra me e me con amarezza e vado ad aiutare quelli del guardaroba.

«Bellissimo vestito», sussurra al mio arrivo una ragazza a capo chino che indossa una divisa dei Romanov.

«Grazie», rispondo posando la cartelletta e prendendo i cappotti.

«Ci facilitiamo il lavoro? Tu sei veloce. Io prendo i cappotti e do il numerino, mentre tu li dividi. Ci stai?»propongo nella foga.

«Va bene», risponde.

Siamo al ventesimo cappotto. È il turno della mia famiglia.

I nobili devono sempre arrivare un po' in ritardo. Mi viene in mente la frase che mio nonno ha pronunciato tanto tempo fa.

«Il prossimo, prego», mormoro con un sorriso nervoso.

I membri della mia famiglia si voltano. Non appena mi vedono, tutti si bloccano per lo stupore.

«Lisandra!»esclama mia nonna. Anca accenna un sorriso.

Mio nonno allarga il petto e Licano, al suo fianco, rimane immobile.

Tendo una mano per prendere i cappotti, li catalogo con numeri diversi e restituisco i numeri con un sorriso totalmente diverso dal solito.

Dopo circa venti minuti il flusso di gente diminuisce, perciò lascio la ragazza al suo posto e vado a cercare Serena. Cammino tra i tavoli, quando all'improvviso sento qualcuno toccarmi da dietro.

«Le è piaciuto il vestito? Devo dire che le sta d'incanto», mi lusinga Milena. Indossa un lungo vestito aderente azzurro con decorazioni bianche.

«È opera sua?»chiedo stupefatta.

«Certo! E di chi altrimenti? Non potevo certo permettere che un talento del genere venisse sprecato in un misero ufficio. Quanti matrimoni ha organizzato con Serena?» domanda la moglie di Lucius.

«Questo è il terzo, ma è il primo a cui partecipo», rispondo.

La sala si svuota: tutti si riversano nella sala da ballo per veder danzare i novelli sposi per la prima volta.

«C'è qualcuno per lei», ridacchia Milena indicando dietro di me.

Mi volto. È Licano. È vestito in modo raffinato ed elegante. Milena sghignazza e se ne va, lasciandoci soli.

«Ciao», sospira con ansia.

«Ciao», ribatto con un leggero distacco.

«Io...»mormora fermandosi subito.

Vorrei tanto avere qui il tema che avevo scritto su di lui.

Puoi averlo... mi dico. Certo che posso.

Chiudo gli occhi, cercando di concentrarmi al massimo per visualizzarlo nelle mie mani. A un certo punto sento la carta tra le dita e apro gli occhi.

Alzo una mano come per zittirlo e inizio a leggere, ma vengo raggiunta da un capogiro. Licano si avvicina per sorreggermi.

«Sto bene», borbotto scuotendo la testa.

«Che cosa è?»domanda mio fratello accigliato.

«È mio fratello», affermo alzando per un istante gli occhi su di lui.«Non è uno di quelli che senti ventiquattro ore su ventiquattro. Non è uno di quelli che vedi tutti i giorni. Non è nemmeno uno di quelli che ti riempiono di messaggi sdolcinati. Il mio è diverso. Non ci sentiamo sempre, a volte non ci scambiamo neanche un messaggio per giornate intere, ma il nostro rapporto non cambia. Riprende sempre da dove l'abbiamo lasciato. È più grande di me. Abbiamo stili di vita simili e allo stesso tempo opposti. C'è sempre, mi sa consigliare, mi sa ascoltare, sa come comportarsi in qualsiasi situazione. Mi fa sentire protetta, mi ha fatto fare esperienze che non avrei mai immaginato di fare. Mi dà un senso di sicurezza indescrivibile». La gola inizia a chiudersi e le lacrime salgono agli occhi. «Siamo dei duri, le cose sdolcinate non fanno per noi, ma quando ci diciamo qualcosa di carino sappiamo che è qualcosa di sincero e con un valore. Non so se io per lui sia importante quanto lui lo è per me, ma non m'importa. So per certo che mi vuole bene, che mi aiuterebbe qualora ne avessi bisogno, che nonostante lui sia chissà dove a fare chissà cosa, sarebbe disposto a venire in mio soccorso. So che se non ci vediamo da tempo mi dice Cazzo, ma non ti manco?! Stasera dobbiamo vederci, non voglio sapere nulla, oppure Vabbè ma tu sparisci, non ti fai mai viva, devo sempre cercarti io. Quando fa così, quando percepisco quel tono arrabbiato, quasi deluso, non posso fare altro che adorarlo sempre più. Per me sono piccole dimostrazioni e subito cerco di fargli cambiare idea. Devo necessariamente farlo. Non deve pensare neanche per un minuto che io non tenga a lui». Sorrido. «Lui è diverso. È un pazzo, è unico, esplosivo, una bomba. Mi fa tornare il sorriso. Potrei dirgli qualsiasi cosa. Ho piena fiducia in lui. Qualcuno ora potrebbe pensare che io lo descriva con gli occhi a cuoricino, che in realtà sia innamorata di lui. Tuttavia non è così. Io credo nella nostra amicizia, credo in noi. Potrei parlare per ore di lui, del nostro rapporto. Potrei descriverlo completamente, ma non renderei mai l'idea. Credetemi. Avrò sempre un bellissimo ricordo di lui», concludo con affanno.

«È questo che pensi di me?»bisbiglia irrigidendosi.

«Io...»singhiozzo cercando in tutti i modi di non piangere.

«Lo sai che puoi tornare? Da quando sei sparita ho fatto riaddobbare camera tua e...»

«Non posso», dico scuotendo la testa.«Cosa credi?Pensi che per me sia stata una passeggiata?»

«Nessuno ti farebbe del male», insiste.

«E allora? Mi avete abbandonata!» esclama.

«Lo so», mormora Licano.

«Potrei farmi male io stessa, se stessi vicino a...»sussurro tappandomi subito la bocca con la mano. «Devo tornare al lavoro», affermo, cambiando argomento.

Licano annuisce, ma ricompare davanti a me prima che io lasci la sala del banchetto. «È tutto risolto tra noi?»chiede tenendomi dolcemente per un braccio.

«Sì», rispondo con un sorriso, tirando su con il naso. Mi abbraccia forte.

«Devo andare», ribadisco. Sciolgo l'abbraccio ed entro distrattamente nella sala da ballo.

«Tu!»ringhia Ruxandra puntandomi aggressivamente un dito davanti alla faccia. Rido. Mi mancava il suo atteggiamento da pacifista. Alzo gli occhi.

«Lisandra!»esclama a denti stretti Alexandru al suo fianco.

«Non capisco se questo atteggiamento sia buono o meno», ridacchio coprendomi gli occhi con le mani.

«Non è buono», ringhia Ruxandra. La osservo scrupolosamente e noto un cambiamento. È più pallida e gli occhi sono di un rosso acceso. Alexandru è al suo fianco più come protettore che come marito.

È stata trasformata totalmente!

«Sono felice», sorrido nervosamente.

«Io no», ribatte freddamente Ruxandra.

«Capisco che tu sia arrabbiata, ma...»sussurra.

«Io non sono arrabbiata, sono infuriata!»ringhia a voce alta, attirando l'attenzione di alcuni nobili invitati. Alexandru si frappone tra me e lei.

«Tesoro, che ne dici di andare a parlare con Abel?»le consiglia indicandola con il capo dall'altra parte della sala.

Ruxandra borbotta qualcosa e si allontana rivolgendomi uno sguardo assassino. Alexandru si volta verso di me e rilassa il viso.

«Scusa», mi dice.

«Perché ti scusi?»chiedo confusa.

«Ti va di ballare?»mi invita tendendomi una mano.

«Certo», rispondo posando una mano sulla sua. Accenno un sorriso.

Ci spostiamo al centro della sala, raggiungendo altre persone già in posizione, e la musica parte.

Studio l'uomo sposato davanti a me: è forte, fiero, possente. Porta uno smoking nero e intorno alla sua mano sinistra è allacciato un filo rosso. Sorride.

Mi avvicino, mi allontano, mi riavvicino e mi riallontano. A un certo punto la musica si fa più grave, così ci uniamo e iniziamo a volteggiare.

«Lo sai come è fatta. È offesa. Sei sparita dalla circolazione e si è sentita tradita».

«Avevo paura», sussurro appoggiandomi alla sua spalla.

«Anche noi», ribatte debolmente.

«Cosa devo fare?»chiedo con un nodo alla gola.

«Tornare», risponde in tono supplichevole.

«Non posso», bisbiglio.

«Non puoi o non vuoi?»domanda.

«Io... ho paura», mormoro.

«Di cosa?»esorta confuso Alexandru cercando i miei occhi.

Abbasso lo sguardo e inspiro profondamente. Mi guardo intorno evitando il suo sguardo insistente e osservo le persone intorno a noi. I miei occhi si posano su Milena. Accanto a lei Lucius, imperturbabile, siede sul trono centrale con lo sguardo fisso sul pavimento.

«Lisandra?»mi richiama Alexandru con una stretta di mano. Nel frattempo, continuiamo a ballare.

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