Capitolo 12: Matrimonio Stregato
𝓛𝓲𝓼𝓪𝓷𝓭𝓻𝓪
«Io chi sono? Alec o Angel?» sussurra Lucius.
Mi sento mortificata. Penso di aver parlato troppo. Che paragone mi chiede di fare? Alec è solo un lurido e squallido personaggio che abusa di Tess, mentre Angel è un codardo che fugge davanti a un piccolo problema della protagonista.
«Rispondi!» esclama alzando la voce, facendomi sobbalzare.
Rimango in silenzio e gioco con le mani e con il libro, mentre lui si avvicina alla finestra.
«Da quello che ho potuto apprendere su di te, non sei un codardo come Angel», affermo.
«Ma pensi che ti userò solo per i miei interessi, proprio come Alec», continua lui a denti stretti. Lo sento inspirare bruscamente e nel mio cuore qualcosa inizia a farmi male. Cosa sta succedendo?
«Hai ragione», ammette sempre guardando fuori dalla finestra, dopo minuti che sembravano ore.
«Io sono così. Sono fatto così e mai potrò cambiare», continua a denti stretti avvicinandosi lentamente, come farebbe un qualunque predatore con la sua preda. Un lungo brivido mi percuote.
«Ora vattene!» mi ordina infuriato.
Mi alzo, metto il libro nella borsa e decido di eseguire gli ordini. Mi volto e mi dirigo verso la porta, ma qualcosa mi impedisce di andare avanti. Sono bloccata non da qualcuno, ma da me stessa. Mi sto rifiutando di andarmene.
«Io so che non sei fatto così», mormoro tirando fuori tutto il coraggio che ho in me. Mi volto e lo guardo con insistenza.
Si gira lentamente, accrescendo la mia ansia, e con uno scatto arriva davanti alla mia faccia, facendomi sobbalzare.
Perché i suoi movimenti mi mettono paura?
«E come starei?» domanda stringendo gli occhi fino a farli diventare una fessura.
«Io so che non sei solo così, proprio come tu sai che io non sono solo una santarellina», dico in tono serio facendo un passo verso di lui. «Lo ammetto: uccidere mi dà gioia. Mi dà quella scarica di adrenalina che ho cercato per tutta la vita. Adoro uccidere, ma solo se ho un buon motivo per farlo. Non vado a uccidere innocenti. Pertanto, so che tu non sei solo quello che vuoi far vedere a tutti. Non sei solo un maniaco del potere», concludo il mio discorso filosofico. Ho il fiatone.
Si allontana, apre la porta di colpo, mormora qualcosa ad Alucard e la richiude con così tanta forza che non so come abbia fatto a non rompersi.
«Oggi non avrai lezione», afferma con rabbia nella voce.
«È una punizione?» domando arrabbiata.
«Dobbiamo parlare!» esclama adirato.
«Di cosa?» esorto di getto.
«Di quello che entrambi cerchiamo di evitare», risponde unendo le mani.
«Io non sto evitando nulla», borbotto incrociando le braccia al petto.
«Ti ho lasciato andare», sussurra allargando le braccia lungo il dorso della finestra. Guarda fuori dalla finestra est e attraverso la sua spessa divisa nera si intravedono le spalle contrarsi.
«Hai fatto bene», rispondo cercando in tutti i modi di rimanere seria.
«Ho fatto bene», ripete scuotendo la testa. «Spero che vada bene con Alucard», commenta acidamente tornando con lo sguardo su di me. È fisso, penetrante, così intriso di rabbia che mi fa pensare. Vuole uccidermi?
Per qualche secondo mi sembra di vedere nei suoi occhi questo pensiero aleggiare, come il lampo improvviso descritto nella poesia di Pascoli. Faccio un passo indietro d'istinto e i suoi occhi cambiano espressione, diventando confusi. A sua volta fa un passo indietro e per la prima volta lo vedo veramente. Guardo davanti a me il vampiro originale, che tutti, compresa me, definiscono di pietra e ingordo di potere, ma non vedo altro che un semplice vampiro che lotta e arde per qualcosa che gli brucia dentro.
«Come siamo arrivati a parlare di questo partendo da Thomas Hardy?» chiedo sospirando.
È stata colpa mia: ho esagerato e adesso sta male. Lo percepisco: è qualcosa di più grande di me e di lui. È qualcosa che nessuno controlla, ma che non ha bisogno di essere controllato, perché nessuno può scappare.
Serra le mani a pugno e le poggia sullo stipite della porta.
Perché ho esagerato a tal punto? In fondo, lui è il re e potrebbe uccidermi in un secondo...
«Scusami. Non avrei dovuto rivolgermi così a un re», mormoro a voce bassa e con la testa china. È che...»
«No», mi interrompe alzando una mano. «Hai...» sussurra tossendo. «Hai ragione», continua con voce più calma. «Hai fatto bene a scappare quel giorno», ammette.
«Aspetta... perché dici questo?» chiedo stupita.
Lucius Romanov che si mostra debole? Lucius Romanov che mostra i suoi dubbi?
«Io non ho dei dubbi!» urla battendo un pugno contro la parete, che sorprendentemente non si rompe.
Corrugo la fronte.
Perché ha detto ciò?
Come ha fatto?
Anca mi aveva detto che non Lucius Romanov non possedeva alcun potere, quindi come ha fatto a leggere nella mia mente?
Ascolto lentamente il cuore, ormai impazzito, e cerco di rallentare il battito cardiaco.
«Se proprio vuoi saperlo, sono scappata perché sapevo che tu avresti solo voluto controllarmi. Lo fai comunque, ma qualcosa mi dice che è leggermente diverso, ma non so che cosa. Sai perché?» chiedo attirando la sua attenzione. «Il Lucius scontroso non mi avrebbe mai chiesto di parlare con lui di un libro nelle sue stanze, non avrebbe mai permesso a nessuno di rimanere lì ad ascoltarlo mentre suona il violino. Il vecchio Lucius non avrebbe mai lasciato andare Milena».
Ho deciso di calmare le acque.
«Come sai che Milena se n'è andata?» chiede stupito.
Cammino lenta fino ad arrivare alle sue spalle.
«Me l'hai appena confermato», mormora accennando un sorriso.
«Il tuo cuore non smette di battere», sussurra guardandomi con la coda dell'occhio.
«Non lo controllo io», rispondo toccandolo con il gomito.
Lui si volta e mi guarda dritto negli occhi.
«Il giorno del matrimonio di Alexandru ho esagerato», dice timidamente e con uno sforzo.
«È una specie di scusa?» ridacchio.
«Una specie», borbotta.
«Hai sofferto molto?» chiede all'improvviso.
«Quando?»
«In quella lurida cella», risponde con disgusto e amarezza.
«Come già sai, cercavo di rendermi leggera e di andare via con la mente, ma se cerco di ricordare il dolore fisico, il mio corpo viene... percosso dal male e...» affermo con voce tremolante.
«Basta parlarne», mi interrompe prendendomi la mano con rapidità. Mi si blocca il respiro, ma lo capisce immediatamente e mi lascia andare.
Riprendi quella fottuta mano, lurido imbecille! urla la mia voce interiore, ma evito di aprire la bocca.
«Posso andare?» sussurro.
«Sì», ribatto con voce quasi straziante. Come se quel si facesse più male di un coltello rovente in gola.
«Grazie», dico sorridente.
Prendo la borsa dal divano e vado alla porta, ma prima di girare il pomello aspetto un secondo.
«Durante la tortura, la persona che ho preferito possedere è stata Milena», commento con un ghigno sulla faccia. Senza voltarmi, avverto Lucius sorridere.
Apro la porta ed esco. Saluto Alucard e finalmente torno a respirare normalmente.
Dopo il colloquio privato con Lucius Romanov nelle sue stanze, la voce sull'avvenuto si diffuse.
Lisandra Mikelaus avvistata nelle stanze del nostro re Lucius!
Ogni guardia davanti a cui passavo mi scrutava con attenzione e con un'invidia nascosta.
Alucard mi disse di non preoccuparmi e così feci.
Il giorno seguente a quell'incredibile avvenimento, mi arrivò a casa il copione ultimato con le consegne e le scene a cui avrei dovuto aderire per il fantasmagorico compleanno del re Lucius. Tuttavia, la cosa che più mi inquietava in quel momento era la richiesta di Phoenix Romanov.
«Inoltre, visto che hai un evidente gusto per la moda, vorrei che mi facessi un abito. Io e mio marito siamo stati invitati al matrimonio di Jules Krauss e vorrei un abito nuovo», ha detto col tipico sorriso da sono sicura che questa volta fallirai.
«Un vestito?» ho chiesto balbettando. Avevo sentito bene?
«Sì. Deve essere lungo, con la gonna a sirena. Lo voglio rosso scuro>>, mi ha detto severamente.
«Ma il matrimonio di Jules è domani e... dove trovo i tessuti?»
«Usa questo laboratorio. Lo voglio pronto per domani mattina», mi ha risposto sorridendo a labbra serrate.
Così ora mi ritrovo nel laboratorio di Phoenix Romanov a cucire un abito per lei.
Il telefono squilla, continuando a vibrare nella mia borsa. Mi metto l'ago in bocca e cerco di prenderlo senza alzarmi. Riesco ad afferrarlo, me lo metto all'orecchio e riprendo a cucire.
«Pronto?»
«Come procede?» chiede Jules dall'altro capo del telefono.
«Sto dando gli ultimi punti alla gonna e poi dovrei averlo finito», rispondo con uno sbuffo.
«Poi mi mandi la foto?» domanda. Sento Leo parlare in sottofondo. «Finalmente si sta addormentando e Alec è andato a caccia», spiega.
«Certo», mormoro finendo di porre l'ultimo punto. «Jules, ti metto in vivavoce», avviso. Mi alzo e raggiungo il manichino.
«Sono in ansia», continua. Mi piego sulle ginocchia e sistemo l'orlo del vestito. «Farà male il Tutean?»
«Non te lo so dire».
«Non voglio diventare un vampiro», piagnucola.
«Come?» chiedo stupita.
«Non voglio», mormora tirando su con il naso.
«Jules...» sussurro.
«Non voglio. Mi piace così come sono e...» continua a singhiozzare.
«Non diventarlo, allora»> rispondo in tono fin troppo duro. «È la tua vita. Alec ti ha messo pressione?»
«No! Non ha fatto nulla, ma vorrei tanto rimanere con lui per sempre senza vivere con la paura che mi uccida», sospira.
«Ti ha mai fatto male?» chiedo fermandomi un attimo.
«No», risponde. Emetto un sospiro di sollievo. «Però lo sento dentro di me. Vedo che quando mi tocca ha paura di farmi male. Non voglio che viva così per sempre per un mio stupido capriccio. Voglio essere un vampiro, ma allo stesso tempo non lo voglio e... sono così combattuta. Tu non puoi capire». Quest'ultima frase mi ferisce un po'. Non ho scelto io di essere...
Mi alzo e raggiungo il telefono.
«Va bene... So che non posso capire perché non ho un rapporto sano con il mio Ateyo... Sempre se possiamo definirlo rapporto. Jules, sei tu l'unica padrona della tua vita. Sei tu che hai le redini delle tue decisioni. Che cosa ti dice il cuore?» domando.
«Di rimanere umana», sussurra la mia migliore amica dell'altro capo del telefono.
«E la mente?»
«Di diventare vampiro», risponde con un sospiro.
«Ti sei risposta da sola. Tu hai sempre seguito il cuore, quindi perché vuoi seguire la mente proprio ora? A questo punto, prova a raggiungere un compromesso con te stessa: sei una strega, puoi trovare di sicuro un modo. Insomma, sei immortale! Usa un incantesimo affinché Alec non ti uccida più e...»
«Non posso!» urla ricominciando a piangere.
«Perché non puoi?» esorto.
«Perché no. Era un incantesimo concesso alle streghe dal Diavolo molto ma molto tempo fa ed è stato usato», singhiozza.
«Oh». Resto senza parole. Dopo alcuni minuti di silenzio, una lampadina si accende.
«Potrei provare a chiedere a Lucius come...?» suggerisco.
«Come cosa? Non importa», sussurra Jules tristemente. Sbadiglio e lei emette un respiro incoraggiante. «Ti aspetto domani alle dieci a casa mia. Non voglio vederti col nero sotto gli occhi, perciò vai a dormire».
«Scusa», dico alzando le spalle, come se potesse vedermi. Guardo l'ora e noto che sono le cinque del mattino. «Vestito finito», affermo esausta.
«Adesso tu vai a dormire, ma prima mandami la foto», ridacchia tornando alla sua tipica gioia.
Chiudiamo la telefonata e scatto la foto. Quando alzo gli occhi dallo schermo, mi sembra di scorgere una figura nera, che all'improvviso scompare.
Prendo la borsa e cerco di capire velocemente che cosa fosse.
«La porta era chiusa. L'ho chiusa, ne sono sicura. Adesso, però, è socchiusa», bisbiglio tra me e me accarezzando la porta. Esco e la chiudo lentamente affinché si senta il meno possibile. Non devo dimenticare che mi trovo in un castello pieno di vampiri.
Prendo il primo corridoio sulla destra e sento delle urla strazianti provenienti dal fondi. Qualcuno implora aiuto. Cammino lentamente verso la porta da cui arrivano i suoni e una folata di vento gelido mi costringe a voltarmi, facendomi sobbalzare.
«Lucius!» squittisco.
È rigido e la sua divisa è perfettamente ordinata. I lunghi capelli sono sciolti dietro la schiena.
«Lisandra, il vestito di mia sorella è terminato?» chiede con eccessiva gentilezza.
«Sì», sussurro.
«Allora per quale motivo ti trovi ancora qui?» chiede portando le mani dietro alla schiena.
«Volevo chiederti una cosa», dico con timidezza.
«Per chiedere qualcosa al re devi chiedere un'udienza o aspettare che loro ti chiamino», dice a denti stretti.
«Come si può far passare la sete di Jules ad Alec?» chiedo ignorandolo.
«Vuole rimanere umana?» domanda alzando un sopracciglio.
«Ho fatto una domanda», ribatto incrociando le braccia al petto.
«Anche io!» ringhia. «Perché dovrei fare qualcosa per la tua amica?»
«Quindi puoi fare qualcosa?» domando speranzosa. «Perché hai bisogno di una strega umana che possa sfornare tanti altri piccoli stregoni. Ti daranno un potere incredibile».
Ormai, avendo capito il suo punto debole, so come raggirarlo: tirando in ballo il potere.
«Ti darò il mio sangue in cambio, così sarai più forte e...» continuo.
«No», mi blocca.
«Ma...» dico rimanendo a bocca aperta.
«Ho detto no», sibila a denti stretti. I suoi occhi si illuminano di una luce strana e malsana.
Inspira bruscamente, allargando le spalle e guardando dritto dietro di me. Muove un piede verso di me e, con velocità sovrumana, mi dà una pesante spallata, facendo uscire tutta l'aria presente nei miei polmoni. La testa mi gira. Mi volto lentamente e Lucius non c'è più.
Deglutisco a fatica e sento le mie lacrime di sangue scendere lentamente sul viso, sporcandomi di nero.
𝓛𝓾𝓬𝓲𝓾𝓼
Le piccole fiaccole intorno alla minuscola casa la rendono quasi accettabile. Ovviamente non è di mio gusto, ma è in questo posto che Lisandra Mikelaus ha vissuto per mesi e ciò mi incuriosisce.
Perché sono qui?
Hai ammesso di aver sbagliato, Lucius, perciò ora ammetti che sei qui per lei. Per Lisandra. Perché l'ami.
Scuoto la testa, ancora incredulo.
Mi ha offerto il suo sangue. Lì per lì stavo per accettare, ma sono riuscito a fermarmi, per fortuna o per mia disgrazia.
La ragazza strega esce dalla porta bianca di legno e si siede su uno dei gradini della veranda, sospirando.
«Chi c'è?» chiede con voce tremante.
Si alza lentamente. Ha il viso bianco dalla paura.
«Alec, sei tu?» sussurra tentennante.
Si raddubbia per un secondo, poi alza una mano per cercare di lanciare un incantesimo, ma con uno scatto fulmineo le sono davanti e le afferro il polso.
«Oh, madonna!» sussulta.
«È un piacere anche per me», rispondo inclinando la testa.
«Lucius», mi chiama Jules.
«Giovane Krauss, sono venuto a portarti il mio regalo di nozze... in anticipo», affermo con superbia.
«Come?» balbetta confusa. La afferro rapidamente per il collo e la sbatto sul pavimento.
«Ah... ah... ah...» la zittisco, aumentando la presa attorno al collo. Lei cerca di liberarsi, ma senza successo.
«Non riesco... a... resp...irare», sbiascica.
«Ora ripeti insieme a me», le sussurro, allentando la presa. Annuisce.
«Tempus mori in tempore suo diapsalma. Tempus simulare, ut tempora», dico.
«Tempus mori... in tempore suo diapsalma... Tempus simulare, ut tempora», ripete con fatica.
«Hoc tantum, vos can amat. Hoc non potest nisi per Me. Et: Non occides», concludo.
«Hoc tantum, vos can amat. Hoc non potest nisi per Me. Et: Non occides», ribadisce. Le tolgo le mani dal collo. Il suo corpo viene percosso da sussulti continui, quasi epilettici, e dopo circa due minuti si arresta. Il suo cuore batte all'impazzata e il sangue le scorre veloce nelle vene. Tuttavia, ciò non mi provoca dolore. Non ho sete di lei. Ha funzionato.
«Che cosa mi hai fatto dire?» grida come una pazza entusiasta.
«Ora sei libera di essere ciò che vuoi essere», rispondo con distacco.
«Perché?» chiede stupita.
Perché me l'ha chiesto lei.
«Vorrei avere più streghe o stregoni intorno», rispondo con malizia.
𝓛𝓲𝓼𝓪𝓷𝓭𝓻𝓪
«Sto per morire!» continua a ripetere Jules davanti allo specchio mentre io e Ruxandra le sistemiamo il velo leggero davanti alla faccia. Abel osserva la scena dal bracciolo del divano del piccolo salotto della mia piccola vecchia casa.
Jules continua a piagnucolare.
«Sta' ferma, altrimenti non riusciamo a bloccare il velo!» ammonisce Ruxandra irritata.
Jules sbuffa e finalmente finiamo di sistemare il velo dietro alla schiena.
Indossa un vestito bianco stupendo: è un modello redingot interamente realizzato in tulle con un'ampia gonna e la coda. Il corpino con scollo a cuore è realizzato con motivo plissé. Il punto vita è messo in risalto da una graziosa cintura in raso con inserti in pizzo ricamati con piccole perline e cuvette tono su tono. Elegantissima e raffinata è la manica in pizzo tre quarti.
Come so tutto questo? Semplice: ho disegnato io quest'abito, così come quelli delle damigelle, sia quelle normali che quelle d'onore.
«Sono fantastici questi abiti», commenta Abel toccando la gonna in tulle beige con il sottogonna bianco e una maglietta a maniche a tre quarti in velluto bordeaux.
«Fantastici è un eufemismo», concorda Ruxandra. «Ti sei superata»..
Il mio abito, quello da damigella d'onore, è semplice: ha un corpetto vermiglio con scollo a forma di V e una lunga gonna bianca con una rivestitura di tulle sfumato rosso e bianco.
«Concordo con i loro complimenti», ribatte Jules ridacchiando.
«Ti ho solo dato i bozzetti, non ho fatto nulla di che», rispondo facendo spallucce.
«Fin troppo modesta», commenta Ruxandra.
Vado a sbirciare fuori dalla finestra. Tutto sembra pronto: tutti gli invitati sono seduti ai loro posti e Dragos ci aspetta in veranda.
«Abel, Ruxy, potete lasciarmi sola con la mia damigella d'onore?» chiede Jules all'improvviso facendo un grosso respiro.
«Certo», rispondono in coro scambiandosi sguardi inquisitori.
«Che succede? Vuoi parlare ancora di quello di cui abbiamo discusso stamattina?» domando preoccupata.
«Volevo informarti che ho deciso di fare alcuni cambiamenti alla cerimonia», dice Jules.
«Va bene», rispondo tentennando. «Riguardo a cosa?»
«Io e Alec avremo la cerimonia dell'Ateyo, ma senza i Tutean», afferma lei decisa.
«Come senza i Tutean?»
«Non verrò trasformata in vampiro», risponde aspettando la mia reazione. «Stanotte ne ho parlato con Alec ed è d'accordo con me. Ne è davvero felice e se non fosse stato... Ahhh! Lasciamo perdere», bofonchia.
«E come farai con la sete di sangue?»
«Alec non la sente più», sussurra timidamente.
«Come può essergli passata?» inizio a parlare.
«Non importa», mi blocca immediatamente Jules. «Stavo parlando di cambiamenti...» balbetta. «Sarà Lucius Romanov».
«Sarà Lucius, cosa?»
«Il testimone d'onore di Alec. A parte questo, vorrei che cantassi la canzone Rewrite the stars di Anne-Marie e James Arthur. La conosci, giusto?»
«Come Lucius...? Sì, la conosco, ma...» balbetto stupita.
«Sta per iniziare la cerimonia», dice Jules trattenendo un grosso respiro. «Su, su! La cerimonia sta per iniziare», insiste senza lasciarmi libertà di parola, chiudendosi in bagno. Sbuffo frustrata.
Esco dalla piccola porta d'ingresso e cammino lentamente lungo la piccola navata improvvisata sul prato.
Lucius Romanov sarà il testimone di Alec? Dovrò per forza ballare con lui? Perché hanno deciso all'ultimo di cambiare testimone? Perché non diventare un vampiro. Perché?!
Arrivo al centro del corridoio, dove si trovano le prime sedie. Alzo lo sguardo e osservo il piccolo altare improvvisato con un'arcata di rami e fiori bianchi. Alec è la prima persona che si vede. È davanti a tutti. Indossa uno smoking classico ed elegante e ha le mani unite davanti a sé. Dietro di lui, Sebastian e Nicolae indossano le loro divise perfettamente stirate, con le code basse legate dal filo rosso. Accanto ad Alec, Lucius è in piedi, con le spalle larghe e le mani dietro alla schiena. Ha i capelli storti, la faccia rilassata e uno sguardo stupito, direi quasi luminoso.
Che cosa sta guardando?
Stringo leggermente il pugno per cercare di capire e analizzarlo. I suoi occhi si abbassano in modo fulmineo verso la mia mano e subito dopo ritorna a puntare il mio viso.
Sta guardando me.
La musica parte e io cammino piano per annunciare l'arrivo di Jules, accompagnata da Dragos.
Raggiungo il mio posto accanto all'altare. Jules cammina sorridente e raggiunge Alec, con Dragos da una parte e il piccolo Leo, vestito in modo elegante, dall'altra.
Lancio uno sguardo dissimulato a Lucius.
E se avesse fatto quello che gli ho chiesto? Forse è per questo che Jules ha cambiato tutto all'improvviso. Eppure Lucius non sembrava essere d'accordo con la mia richiesta.
Jules arriva e prende posto accanto ad Alec, raggiante. Leo si siede accanto a Ruxandra, ai primi posti davanti. La cerimonia ha inizio.
«Siamo qui riuniti per celebrare una cerimonia molto importante», annuncia Sebastian richiamando l'attenzione di tutti. «Ho qui davanti a me Jules Krauss e Alec Silver, pronti a unirsi nel sacro vincolo dell'Ateyo», annuncia sorridendo per la prima volta. Prende le mani dei due giovani e le unisce davanti a lui.
«Questi due giovani ragazzi hanno dovuto affrontare nella loro vita delle vicende che li hanno cambiati per sempre, eppure sono sempre rimasti insieme, non per forza fisicamente, ma con la mente e il cuore. Essere Ateyo può significare molte cose: essere di sostegno l'uno per l'altro, essere più forti insieme e molto altro, ma soprattutto amarsi», continua Sebastian.
«Amore? Che cos'è l'amore? È una debolezza o è forza?» interviene Nicolae. «Sul vocabolario troviamo la definizione di questa parola. Amóre, dal latino amor -ōris, è un sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia. Dante lo definisce così: amore... non è altro che unimento spirituale de l'anima e de la cosa amata. È definito anche come un sentimento che attrae e unisce due persone e che può assumere forme di pura spiritualità, forme in cui il trasporto affettivo coesiste, in misura diversa, con l'attrazione sessuale e forme in cui il desiderio del rapporto sessuale è dominante, con carattere di passione, talora morbosa e ossessiva; comune a tutte queste forme è, di norma, la tendenza più o meno accentuata al rapporto reciproco ed esclusivo», cita Nicolae. «Nel corso dei secoli, tutti noi siamo stati identificati come creature della notte, individui assetati di sangue, crudeli e senza cuore, ma mai come delle persone capaci di innamorarsi. Eppure eccoci qui. Siamo qui riuniti a celebrare questa incredibile unione tra due persone che si amano. Due persone destinate a stare insieme», conclude.
«Si compie il passo del filo rosso quando entrambi le parti sono consenzienti del loro rapporto. Voi lo siete?» chiede Sebastian.
Jules guarda Alec con un sorriso meraviglioso e lui la osserva estasiato.
«Sì», rispondono all'unisono.
«Bene», afferma Nicolae. Lucius si sposta al centro dell'altare, guarda i due giovani ragazzi e tira fuori dalla tasca della giacca un filo rosso. Aleggia un silenzio tombale ma ricco di speranza e gioia. Lucius avvolge il filo attorno alle due mani unite e posiziona le sue sulle loro. Chiude gli occhi e sussurra qualcosa di indecifrabile. Proprio come accaduto con Ruxandra e Alexandru, un lampo parte dalle mani dei miei amici e si propaga nel bosco, costringendomi a coprirmi gli occhi.
Non appena tolgo la mano, mi accorgo immediatamente di due grandi occhi rossi fissi su di me. Sono quelli di Lucius. Ha un'espressione impassibile, eppure i suoi occhi cercano di dirmi qualcosa che non afferro. Distoglie lo sguardo da me e ritorna al suo posto in qualità di testimone d'onore di Alec.
Tutti si alzano in piedi e applaudono per la coppia felice, intenta a scambiarsi baci appassionati.
Sorrido, ma dentro di me provo un senso di colpa sempre più accentuato.
Perché non sono felice per la mia migliore amica?
Insomma, sono felice, ma non come dovrei esserlo.
Perché?
Perché tutti intorno a te stanno vivendo la loro vita felicemente, mentre tu rimani lì ad aspettare e ad osservare la scena restando dietro un sipario? dice una vocina amara nella mia testa.
Improvvisamente Jules mi prende per un polso, senza stringere troppo forte, e mi trascina dentro casa, continuando a ridere con gioia.
«Sono così felice!» urla chiudendo la porta.
«Lo sono anch'io per te», rispondo sorridendo. «Siete perfetti l'uno per l'altra».
«Devo andare in bagno. Mi aiuti?» chiede continuando a ridere.
«Certo», dico.
Dopo circa dieci minuti, l'operazione bagno finalmente finisce. Il vestito, per fortuna, è indenne.
La porta si spalanca. È Alec.
«Mogliettina, sei pronta? Dobbiamo fare la nostra prima entrata», afferma.
«Arrivo! Dammi un minuto!» urla Jules dal bagno.
«Lessie, tu va' pure», mi dice Alec. Annuisco. Sto per aprire la porta, ma Alec mi blocca per qualche secondo. «Ehi, Lessie. Non ho ancora avuto l'occasione di ringraziare Lucius di persona. Potresti ringraziarlo per me di nuovo? L'ho fatto tramite lettera, ma mi sembrava il caso di ribadirlo».
«Perché?» domando confusamente.
«Per quello che ci ha fatto. Per quello che ha fatto a Jules. Ringrazialo davvero di cuore», risponde con un tono di voce che esprime vero amore. «Adesso potresti andare a vedere se tutto quadra per la nostra entrata?»
«Certo», balbetto.
Apro la porta ed esco.
Lucius l'ha fatto. Ha fatto quello che gli ho chiesto senza ottenere nulla in cambio. Sono confusa e stupefatta.
Giro l'angolo della casa e raggiungo il piccolo ricevimento. Le piccole lampadine sono appese lungo gli alberi e i fili elettrici le mantengono accese, creando un'atmosfera magica e calda. I tavoli sono perfettamente allineati e tutti stanno degustando un bel bicchiere di sangue in attesa degli sposi. La mia famiglia sta parlando con i Romanov e tutto sembra perfetto. Perfetto per Jules e anche per me, ma non in questo momento.
I due sposi fanno la loro entrata, con la canzone Every time we touch di sottofondo suonata con il violino. Dopo aver salutato tutti i presenti, Jules e Alec iniziano a danzare.
Alec le accarezza il fianco dolcemente e Jules ridacchia alle parole che lui le dice all'orecchio. Si muovono morbidamente, all'unisono, come se fossero una persona sola. Gli invitati si uniscono man mano a loro: mio nonno Grigore con mia nonna Crina, mio padre Emilian con Anca, Alexandru e Ruxandra e...
Vedere tutti sorridere e sprizzare felicità da tutti i pori scaturisce in me una brutta reazione. Mi allontano e inizio a camminare tra gli alberi.
Sono invidiosa, ma non di loro, bensì di ciò che io non potrò mai avere. Lucius, tuttavia, sembra essere cambiato. Non avrebbe mai e poi mai permesso di sentirlo suonare il violino. Nessuno è mai andato nelle sue stanze. Nessuno ha mai avuto una conversazione normale con lui. Lui non ha mai fatto nulla senza ottenere qualcosa in cambio. Ha lasciato libera Milena. Ha aiutato Jules. Ha aiutato me. Non mi ha fatta uccidere quando ero in città.
In questi mesi non ho fatto altro che cercare una risposta alla domanda su cosa fosse l'amore, ma in realtà nemmeno i grandi scrittori e poeti sono riusciti a capirlo veramente. Dante parlava di amore, ma ha mai raggiunto Beatrice? E Petrarca con Laura? Leopardi? Montale? Lo scrittore che mi ha colpito maggiormente è stato Bukowski: è stato in grado di parlare di questo sentimento con leggerezza, ma allo stesso tempo gli ha attribuito un significato pesante. La mia citazione preferita è la seguente:
L'amore è una forma di pregiudizio. Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri.
Io sento di averla incontrata e so per certo che è Lucius Romanov, ma lui è un caso particolare che non riesco a comprendere e mi sento così frustrata per questo.
«Lessie! Oh mio Dio! Hai il viso sporco di sangue! Il sangue... è nero...» mormora qualcuno davanti a me. Vedo tutto sfocato.
Scuoto la testa, sbatto ripetutamente le palpebre e mi accorgo che è Jules.
Mi tocco la faccia con la mano e capisco di aver pianto sangue.
«Sto bene», affermo frettolosamente.
«Non è vero», ribatte lei fingendosi offesa.
«Torniamo al tuo matrimonio», propongo sorridendo timidamente. Jules mi passa un fazzoletto di stoffa e mi aiuta a pulirmi il viso.
«Ho solo dormito poco», mi giustifico.
«Ne sei sicura?» domanda lei restia.
«Sì. Sono pulita?»
«Sì. Sei sicura che sia tutto okay?» ribadisce.
«Certo che sì. Sono stanca», ripeto sorridendo. «Solo stanca».
«Andiamo», dice tendendomi una mano.
La stringo sorridendo e ritorniamo al ricevimento. Gli invitati danzano, ridono, discutono tra loro e si gustano i cocktail di sangue che Jules ha fatto preparare per loro. Mio padre e Lucius stanno parlando. Entrambi hanno un'espressione seria sul volto, come se stessero parlando di lavoro. Anca, accanto a mia nonna, sorride e parla con due membri della famiglia Silver. Jules mi dà un bacio sulla guancia e raggiunge Alec, il quale tiene in braccio il piccolo Leo, che parla con Dragos e la sua compagna.
«Ti vedo inquieta», constata una voce tenebrosa ma gentile alle mie spalle.
Mi volto e vedo Nicolae, in piedi con le braccia dietro alla schiena.
«Nicolae! Sono solo stanca», dico inclinando la testa, accennando una specie di broncio.
«Il vestito di mia sorella è veramente bello, in effetti», si complimenta indicando Phoenix con la testa, a circa venti metri da me, intenta a ballare con Costanzo.
«Grazie», rispondo.
«Tuttavia, non credo che sia questo a turbarti», dichiara.
Ho la netta sensazione che questa conversazione diventerà imbarazzante, perciò la proteggo con la bolla insonorizzante. Per un'istante mi sembra che Nicolae si sia accorto dell'isolamento acustico, infatti sorride.
«Non ho fatto altro che notare questa tua attitudine in questi mesi, giovane Mikelaus», mormoro lui con mistero.
«Attitudine?»
«Ti ho sorpresa più volte a osservare mio fratello, anch'egli intento a guardarti di nascosto, e qualcosa è cambiato in te così come in lui», ridacchia. «Partiamo dagli occhi: ti si accendono e diventano radiosi non appena lo guardi, sebbene tu continui a conservare una sorta di riluttanza nei suoi confronti. La bocca incredibilmente ti si asciuga e balbetti spesso in sua presenza, pur continuando a sfoggiare le tue risposte sprezzanti. Infine il cuore. È questo che mi ha colpito maggiormente», commenta. «Quando sei nella stessa stanza di mio fratello, il tuo battito cardiaco cambia, come se cercasse di seguire il suo ritmo. È particolare. Non ho mai visto nulla di simile».
«Ma... i vampiri... non hanno il cuore», balbetto.
«L'abbiamo, solo che è fatto di pietra. Pietra allo stato puro».
«E allora com'è possibile che il mio cuore batta come quello di Lucius, se il suo è fatto di pietra?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Questo è il dilemma derivante dal fatto di avere un'Ateyo ancora umana e, soprattutto, di esserne innamorato. Raramente un rapporto del genere è visibile dagli altri, eppure è accaduto», ribatte seccato. «Persino le nostre guardie l'hanno capito».
«Capito cosa?» chiedo deglutendo a fatica.
«Sai, Lisandra... Paulo Coelho diceva: L'amore non sta nell'altro, ma dentro noi stessi. Siamo noi che lo risvegliamo. Ma, perché questo accada, abbiamo bisogno dell'altro. L'universo ha senso solo quando abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni», afferma con uno strano sorrisetto dipinto sulla faccia, che mi mette ansia. «Però devi riuscire a comprenderlo. Ha sempre fatto fatica a esternare i suoi sentimenti. Era così anche quando era umano. Il tempo ha peggiorato tutto», spiega. L'ansia è alle stelle.
«Io... non capisco. Cosa stai dicendo?» chiedo sperando con tutte le mie forze che non si tratti di quello che penso.
«Sei innamorata di mio fratello Lucius», risponde pacatamente guardandomi negli occhi e sorridendo.
Rimango in silenzio e mi accorgo che Lucius si è voltato nella nostra direzione e che ci sta guardando con sospetto e con la fronte corrugata.
Nicolae si mette davanti a me, ostruendomi la vista di Lucius, e china la testa. Seguo il suo sguardo fino alla rosa rossa che ha in mano. Alza le spalle e, in meno di un secondo, la rosa diviene placcata in oro.
«Consideralo un regalo», afferma consegnandomi la rosa.
Mi accarezza una mano e lentamente, con un dito, sale fino alla spalla.
«Non è un mostro come tutti lo definiscono», mi sussurra. Si allontana dietro di me, raggiungendo la sua bellissima compagna.
Ritorno con lo sguardo davanti a me e vedo Lucius camminare nella mia direzione.
«È il momento del nostro primo ballo», annuncia.
«Come, scusa?» farfuglio sbattendo ripetutamente le palpebre.
«Dobbiamo cantare. Sai le parole, vero?» chiede aggrottando la fronte.
«Sì». Penso. Improvvisamente ricordo: è la stessa canzone che Lucius suonava con il violino quella sera. Deglutisco, faccio un grosso respiro e mi incammino verso il centro del ricevimento con Lucius al mio fianco. Osservo Jules, accanto ad Alec. È tutta elettrizzata e saltella sul posto. Io e il re originale ci mettiamo l'uno davanti all'altra. La musica parte e io fisso le sue spalle. Sono troppo codarda per guardarlo negli occhi.
Lucius che canta? Un sorriso sincero nasce sul mio viso. Non appena inizia a cantare, destando lo stupore di tutti, il mio cuore smette di funzionare.
«You know I want you. It's not a secret I try to hide. I know you want me. So don't keep saying our hands are tied. You claim it's not in the cards. Fate is pulling you miles away. And out of reach from me. But you're here in my heart. So who can stop me if I decide. That you're my destiny?» intona.
Ha una voce magica, bella, profonda. Quelle che pronuncia non sono solo le parole della canzone, ma sembrano venirgli dal cuore.
Prima di arrivare al ritornello mi prende dolcemente la mano, che avevo lungo il fianco, e la stringe delicatamente. Alzo lo sguardo e lo osservo: sta facendo fatica a fare tutto questo. Allora perché lo fa? Tutto il suo corpo dice: lo voglio fare, e allora perché è così rigido.
«What if we rewrite the stars? Say you were made to be mine. Nothing could keep us apart. You'd be the one I was meant to find. It's up to you, and it's up to me. No one can say what we get to be. So why don't we rewrite the stars? Maybe the world could be ours», canta avvicinandosi sempre più a me. «Tonight», sussurra a meno di un centimetro da me.
Sorrido. Questa canzone è perfetta per noi due.
Stringo la sua mano di rimando.
«You think it's easy. You think I don't want to run to you. But there are mountains. And there are doors that we can't walk through», dico cantando. Lucius mi mette una mano sul fianco e iniziamo a muoverci insieme. «I know you're wondering why. Because we're able to be. Just you and me. Within these walls. But when we go outside. You're going to wake up and see that it was hopeless after all».
Non mi importa di nulla: degli invitati, della mia famiglia, di tutto quanto. In questo momento c'è solo lui.
«No one can rewrite the stars. How can you say you'll be mine? Everything keeps us apart. And I'm not the one you were meant to find. It's not up to you. It's not up to me. When everyone tells us what we can be. How can we rewrite the stars? Say that the world can be ours. Tonight», cantiamo insieme immergendoci l'uno negli occhi dell'altra.
Mi stacco e faccio un jété entralcé, un salto in aria. Inaspettatamente mi prende per i fianchi e mi aiuta ad atterrare.
«All I want is to fly with you. All I want is to fall with you. So just give me all of you», diciamo insieme. Lui mi tocca la guancia e mi accarezza, facendomi correre dei brividi lungo la schiena.
Noi due non siamo niente, ma quando i nostri occhi si incontrano, qualcosa in noi cambia. Lui sorride e io non sono più in me. Il mondo a un tratto diventa meno pesante. In questo momento, lui mi mette serenità. In questi istanti, la vita mi sembra davvero bella.
«It feels impossible», dico volteggiando nelle sue braccia.
«it's not impossible», ribatte.
«Is it impossible?» chiedo cantando.
«Say that it's possible», sollecita appoggiando la sua fronte fredda sulla mia pallida, accarezzandomi le guance con i suoi capelli corvini.
Ripetiamo il ritornello e per la prima volta sorrido con lui, per lui. Lo amo. «Changing the world to be ours», canto con un po' di fiatone.
La musica si ferma all'improvviso e tutti ci voltiamo verso la piccola orchestra. Lucius si irrigidisce e mi lascia immediatamente.
«Sta arrivando qualcosa», sibila Licano arrivando al mio fianco insieme a mio padre.
Tutti alzano la testa verso il cielo. Cerco di capire cosa stiano guardando: una figura nera sfocata, simile a un meteorite, sta precipitando verso di noi.
Mio padre e mio fratello mi afferrano e si mettono davanti a me a mo' di scudo. Un grande tonfo mi assorda per qualche minuto e un grosso polverone si alza impedendomi la vista. Non sento altro che urla impazzite.
«Papà, lasciami andare!» lo imploro cercando di liberarmi dalle sue braccia forti. «Cos'è successo?»> urlo dimenandomi.
Dalla polvere creata dall'impatto dell'oggetto non identificato con il terreno vedo emergere qualcuno. È a terra inerme, accerchiato dai tre re e da Pollux. È Alucard.
«Alucard!» grido. Mi dimeno molto, ma riesco a liberarmi solo dopo alcuni minuti.
Corro fino a raggiungere la guardia personale di Lucius Romanov. Ha gli occhi aperti e guarda le facce preoccupate dei re. Mi inginocchio al suo fianco.
«Cosa ti hanno fatto? Chi è stato?» chiedo velocemente.
Non può morire, giusto?
Non riporta alcun danno. E allora perché non si muove?
«Muoviti, per favore!» lo imploro scuotendolo.
La gola inizia a chiudersi, gli occhi a riempirsi di quelle che dovrebbero essere lacrime di sangue e il respiro a mancare.
Perché non si muove? continuo a chiedermi nella mia testa. Sopra di noi, i re e i membri della mia famiglia mormorano qualcosa.
«Lis, vieni con me», sussurra Licano mettendomi una mano sulla spalla.
«Sta morendo...» mormoro cercando di respirare.
«Lis...», ammonisce mio padre con voce debole.
«No», dico. Faccio uno scatto in avanti col busto e Licano toglie la mano. «Lucius, puoi fare qualcosa. Qualsiasi cosa», supplico.
«Lis...andra», bisbiglia Alucard.
«Alucard! Cos'è successo?» interviene Sebastian.
«Stanno arrivando», risponde con voce roca.
«Chi sta arrivando?» chiede con durezza Nicolae.
«Pollux, porta Davina e Cleo da Costanzo e Phoenix!» ordina Sebastian alla guardia, la quale volge un ultimo sguardo all'amico e si allontana insieme alle compagne dei due re.
«Lisa...» dice Alucard con sforzo.
«Sono qui», rispondo velocemente prendendogli la mano.
«Io... non... avrò la possibilità di incontrare la mia...» sussurra Alucard.
«Che cosa ti hanno fatto?» chiede con durezza Lucius.
«Chi è stato?» domanda Sebastian.
«Nonno!» lo chiamo.
«È tutto sconnesso. Stava facendo la guardia al bosco, quando delle strane creature l'hanno attaccato», spiega mio nonno Grigore confuso.
«Strane creature?» domanda Nicolae.
«Non avevano forma», cerca di tradurre mio nonno. Stringo la mano fredda di Alucard. «Avevano la coda e le squame come rettili, gli occhi gialli come limoni maturi e due ali sulle spalle. Erano in cinque e parlavano...»
«Che cosa dicevano»> chiede Lucius facendo un passo verso mio nonno.
«Non lo so. La sua mente diventa confusa, dopo questo...» risponde lui.
«Alucard, non puoi morire», sussurro baciandogli la mano e iniziando a piangere.
«Sangue», bisbiglia girando lentamente la testa verso di me.
«Cosa?» mormoro.
«Sangue. Tu».
D'un tratto capisco tutto: io piango sangue e i Romanov non lo sanno.
«Lis», mi avvisa mio fratello, ma non lo ascolto.
Il sangue può salvarlo. Mi rimetto in ginocchio e cerco un coltello nelle tasche di Alucard.
«Lisandra!» mi riprende mio padre.
«Piange sangue...» mormora stupito Sebastian. Lucius spalanca gli occhi.
«Cosa vuoi fare?» chiede duramente mio padre non appena mi vede con un coltello in mano.
«Salvarlo, in qualche modo», dico evitando lo sguardo di tutti.
«Lisandra!» ripete severamente mio padre.
«No! Devo fare qualcosa. Non rimarrò con le mani in mano. Non questa volta», lo zittisco.
I tre fratelli Romanov dicono qualcosa che non capisco. Mi faccio un taglio orizzontale al polso destro e lo metto sulla sua bocca. La mia essenza, il mio sangue nero cola nella bocca di Alucard, il quale deglutisce con fatica.
«È nero! Ha il sangue nero!» dice ad alta voce Sebastian stupito. Gli altri due fratelli rimangono senza parole.
Inizio a sentire freddo e la testa comincia a girare.
«Ora basta!» dice severamente mio padre aiutandomi ad alzarmi. Mentre Licano mi sorregge, mio padre mi benda la ferita al polso con un fazzoletto di stoffa e mi pulisce il viso.
«Grazie», bisbiglio con la vista leggermente appannata. Batto per un paio di volte le palpebre, finché non riprendo totalmente la vista.
I fratelli Romanov parlano con i miei nonni, ma lui no: Lucius Romanov mi guarda storto.
«Gli stanno dicendo tutto», mi comunica Licano dietro di me.
«Va bene», rispondo.
Quando finiscono di parlare, si girano tutti verso di me con la faccia stupita. Lucius, invece, si volta furioso e se ne va.
Alucard si mette a sedere. Si pulisce la bocca e mi guarda con un atteggiamento restio. Non appena mio padre finisce di fasciarmi il polso, vado da lui.
«Stai bene?» balbetto.
«Va' da lui!» mi zittisce all'istante.
«Da chi?» chiedo facendo la finta tonta.
«Va' da Lucius», ribadisce. «Ascolta, ho passato gli ultimi minuti della mia eternità a credere di morire. Ho pensato che non avrei mai incontrato la mia Ateyo, mentre tu stai sprecando del tempo prezioso che potresti passare con lui».
«Non mi vuole. E anche se mi volesse, sono io che non lo desidero», affermo in tono serio.
«Smettila di prenderti in giro», mi ammonisce.
«Io... Non mi piace Lucius!»
«Sei proprio una bugiarda. La verità è che hai sempre avuto paura di affezionarti alle persone. Temi di innamorarti», afferma guardando dritto davanti a sé. «Guardati. Ti mette ansia anche il solo pensiero che la tua felicità possa dipendere da qualcuno. Dimmi: cosa ti spaventa tanto?
«Avevi promesso che saresti stato un ottimo ripiego», bisbiglio.
«E lo sono stato, così come tu lo sei stata per me. Adesso è tempo di cercare la mia Ateyo, proprio come tu devi andare dal tuo», dice sorridendo. «Ricordi Bram Stoker?»
«Certo. Lo scrittore di Dracula», rispondo.
«Stoker ha descritto Lucius chiamandolo Dracula...»
«E Mina è Milena?» chiedo interrompendolo. Ridacchio, come se fosse tutto uno scherzo.
«No», dice scuotendo la testa. «Mina fu inventata apposta. Stoker aveva ipotizzato tutto. Adesso sappiamo tutti chi è la Mina di cui parla la storia di Bram Stoker».
«Scherzi?» chiedo ridendo.
«Non sono mai stato così serio».
«Ma Lucius non è Vlad III di Valacchia», ribatto.
«Sai qual è l'ultima frase che ho sentito dire al mio signore? Bram l'ha inserita nel romanzo...» dice col sorriso sulle labbra. «L'uomo più fortunato che calpesta questa terra è chi trova... il vero amore. Dopodiché tutto è sparito. C'era solo rabbia e sete, ma poi sei arrivata tu ed è cambiato. Dunque, adesso tu vai da lui».
Mi giro un secondo nella direzione in cui Lucius è corso via arrabbiato e subito dopo volgo uno sguardo a mio padre. È in piedi e ha uno strano sorrisetto di compiacimento dipinto sulla faccia per quello che ha appena ascoltato. Lui ricambia il mio sguardo e annuisce.
Mi alzo e, seguendo l'istinto, vado a cercare Lucius.
«Lucius!» esclamo ad alta voce, ma non lo trovo.
Cammino ancora e ancora, con il mio vestito sporco di sangue nero e di terra.
«Lucius», ripeto sbuffando.
A un tratto, il vestito rimane impigliato in un cespuglio.
«Maledizione!» borbotto.
Lo tiro fino a strappare metà gonna. Alzo di nuovo la testa e vedo Lucius. Ha le spalle larghe e un'espressione furibonda dipinta sul viso.
«Cosa vuoi?» chiede sibilando.
«Lucius... Vorrei...»
«Zitta!» urla. Mi guarda con occhi furenti e viene repentinamente davanti a me.
«Ascoltami solo per un minuto», lo scongiuro.
«Tu gli hai dato il tuo sangue!» sbraita. Con uno scatto repentino afferra il tronco di un albero, sradicandolo dal terreno, e lo lancia alle mie spalle. Sobbalzo.
Respira, Lisandra.
Mi farà del male? Mi chiedo
No, non me ne farà. Non lo farebbe mai.
«Tu gli hai dato il tuo sangue!» ripete urlando.
«Cosa dovevo fare? Lasciarlo morire? No! Non rimarrò con le mani in mano un'altra volta!»
«Sì! Il tuo sangue è mio!» ringhia a denti stretti. Mi afferra per le spalle e mi strattona.
Il mio sangue è mio.
Non so cosa dire, sono senza parole.
Nei suoi occhi leggo emozioni contrastanti: rabbia, tristezza, gelosia, angoscia e... amore.
Amore? Per chi?
Emette un paio di grugniti, mi scuote un paio di volte e mi lascia andare bruscamente, facendomi quasi inciampare nei rami a terra.
«Non mi importa più», ammetto con lo sguardo vuoto.
«Lucius», sussurro avvicinandomi a lui. Mi afferra un polso, facendomi male, e porta il suo viso teso e rigido davanti al mio.
«Sei morta per me», dice a denti stretti. Mi butta a terra e scompare nel crepuscolo della foresta.
Un rumore assordante mi rimbomba nelle orecchie. Che cos'è?
Mio padre arriva alle mie spalle, posa una mano su di me e mi fa voltare.
«Stai bene?»
«Perché fa così male?» chiedo coprendomi le orecchie.
«Che cosa?» domanda allarmato.
«Il petto. Mi fa male il petto», rispondo iniziando a piangere.
È il mio cuore.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro