Libro 3: Prologo. Terribili visioni
Ed in un attimo... La paura.
«Dove mi trovo?»
Troppe volte se lo sarà chiesto da quando si era svegliato, ma non era ancora riuscito a trovare una risposta che ponesse fine alla sua domanda. Il biondo avventuriero non riusciva a capire dove fosse e come fosse arrivato in quel luogo, ma una cosa se la ricordava: il vecchio dalla lunga barba e con un ingranaggio gigante sulla schiena. Tutto accadde dopo la sua comparsa: il sonno improvviso, il risveglio in un luogo sconosciuto e tenebroso, la stranissima sete che lo attanagliava da quando s'era svegliato ed il tremendo senso di paura che attanagliava il suo animo. Non era facile controllare il suo lato oscuro in quella situazione di panico e non fu nemmeno facile trovare una sorgente d'acqua in mezzo a tutte quelle macerie.
«Queste rovine... Appartengono ad una città molto florida, ma non riesco a ricordare dove le ho già viste.»
Poco era rimasto della città passata. Quasi tutti gli edifici erano stati completamente rasi al suolo e poche case riuscivano a superare i due metri di altezza. Il panorama sembrava quello di un paesaggio dopo lo scoppio di una bomba. Ezreal non riusciva a classificare gli elementi architettonici, un po' per il grado di distruzione di quest'ultimi, un po' per la corrosione temporale del clima di quel luogo. La cosa più strana era proprio il tempo atmosferico. Il cielo, colorato di un tetro arancione, portava malinconia e senso di morte all'intera città. O, perlomeno, a ciò che ne rimaneva.
«Acqua!»
Urlò il giovane esploratore alla vista di un pozzo d'acqua posto poco fuori dalle mura della città. Aveva camminato per una ventina di minuti alla ricerca di qualcosa di bevibile. Non riusciva a comprendere l'inaspettata sete che lo aveva colto poco dopo il suo risveglio.
«Calda e marrone... Anche a Shurima ho bevuto di meglio.»
Affermò l'avventuriero, dopo essersi dissetato e dopo aver ripreso il viaggio per capire la sua ubicazione. Aveva deciso di camminare attorno alle mura della città, nella speranza di riconoscere qualche paesaggio o qualche struttura. Ma non fu così facile. Attorno a lui la terra era quasi completamente bruciata ed il cielo non tendeva a cambiare per parecchie miglia.
«Questo cielo... Non ho mai visto nulla del genere. Com'è possibile che non mi venga in mente nemmeno un luogo con una caratteristica così fondamental...»
Ezreal si bloccò all'improvviso per ciò che vide e, purtroppo, non gli piacque affatto. Durante il suo cammino, i suoi occhi vispi osservarono un'enorme edificio posto poco fuori le mura della città che, purtroppo, riconobbe all'istante, merito dei suoi elementi architettonici tipici della popolazione che l'aveva costruito.
«Quello... Non può essere!»
Si girò di scatto verso quello che rimaneva della città e, non volendo credere a ciò che aveva compreso, effettuò lo "spostamento arcano" verso l'alto, così da poter vedere l'intera mappa del luogo e poter riconoscere meglio quella povera città distrutta.
«No...»
Disse il giovane non appena riconobbe la fisionomia geografica del luogo e non appena rivide con gli occhi la bella e florida città che conosceva ed amava prima di quel momento.
«No! Non è possibile!»
Urlò a squarcia gola voltandosi nuovamente verso le rovine dell'edificio che gli aveva fatto capire dove si trovasse. Forse era meglio non saperlo, ma, purtroppo, l'accademia degli yordle aveva un'estetica così particolare che era difficile non riconoscerla. Soprattutto dopo che hai passato tutta l'infanzia ad ammirare il sole sorgere alle spalle di quell'immenso struttura costruita da Heimerdinger e dai suoi soci. E, se quella era l'accademia, la città alle sue spalle non poteva che essere una: la sua tanto amata Piltover.
«Com'è possibile! Sto sognando... Non posso crederci!»
Gridò in preda alla disperazione del momento. Non riusciva ad accettare che quelle macerie appartenessero alla sua bella città e, per poco, non fu tentato di manifestare il suo lato oscuro. Sentiva le lacrime rigargli la faccia ed il suo pensiero andò verso i suoi amici: Jayce, Vi e Caitlyn. Dov'erano? Come stavano? Sono riusciti a salvarsi dalla distruzione di Piltover? Ma, per sua fortuna, una voce lo fermò.
«Anche io stento a crederci... Ma non per la città, ma per la tua presenza qui.»
Quella voce così forte, autorevole e decisa bloccò ogni pensiero del biondo esploratore. Era una voce molto forte, ma stranamente famigliare. E, quando si volse per ammirare chi gli aveva proferito parola, non riuscì a credere a ciò che vide e, per un primo momento, pensava di aver trovato di fronte a sé uno specchio.
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