Libro 3: 08) Scontro accademico
I due scienziati rimasero l'uno di fronte all'altro senza dirsi nemmeno una parola. Solo il vento faceva da sottofondo a quella scena, coperto dalle grida dei piltoveriani e da qualche esplosione causata dai mostri del Vuoto. Lo yordle ancora stentava a credere a ciò che stava accadendo in quel momento. Tutto era successo troppo velocemente e non pensava che la situazione si potesse evolvere in tale maniera. D'altro canto era una fortuita coincidenza se, quel giorno, Heimerdinger si ritrovava con la tuta aderente da meccanico da combattimento che utilizzava solo nei casi d'emergenza. Quella tuta, accesa da un tenue color bluastro, la teneva in serbo per un possibile combattimento contro Veigar, non si sarebbe mai sognato di sfoggiarla contro un suo ex collega. Nonostante tutto, Heimerdinger e Viktor, prima del furto del cristallo arcano, erano anche colleghi e professori all'università di tecnomaturgia, un onore riservato solo alle menti più brillati di Valoran. L'araldo delle macchine aveva, in seguito, buttato tutto al vento dopo il suo cambio di "stile". La sua trasformazione in macchina scioccò non poco il mondo tecnologico dell'epoca e, nonostante un alto livello di scetticismo, tutti erano rimasti meravigliati dalla sofisticata tecnologia dello zaunita. Nessuno era riuscito ad arrivare al suo livello. Far combaciare tutti gli organi interni, i nervi, il cuore ed il cervello con degli elementi estranei ad un organismo organico era considerata un'eresia nel mondo della medicina. Nemmeno lo Heimerdinger era mai riuscito ad emulare il suo operato. Lo yordle, infatti, stava lavorando ad un macchinario in grado di far coesistere elementi Hextech con il corpo umano, le mani di Vi ne erano una prova. Nonostante i progetti di base e la loro creazione furono tutto frutto della legge di Piltover, fu lo scienziato a dargli delle utili dritte per poter migliorare l'effetto, la nervatura ed il bilanciamento di tali armi. Adesso, però, le loro invenzioni, tutto il loro sapere e tutta la loro voglia di superarsi, non contavano nulla. Erano entrambi in una situazione di stallo in cui solo il più forte sarebbe sopravvissuto e nessuno dei due aveva la minima intenzione di lasciar vincere il proprio avversario durante la loro ultima "battaglia".
«Vuoi che ti offra qualcosa da bere? È da tanto che non ci facciamo una bella chiacchierata. Un caffè? Vino? Un buon bicchiere di petrolio?»
Disse lo yordle, invitandolo con un movimento delle mani ad entrare all'interno dell'accademia, verso l'entrata creata dalla bella Vi. L'araldo delle macchine non si mosse e continuò a fissare l'ex collega.
«Quanti anni sono passati? Sei? Forse otto... La caffetteria dell'università faceva davvero pena all'epoca. Adesso sono riusciti a migliorarla un po', ma non mi dirigo più in quel luogo come un tempo.»
Vedendo Viktor immobile, Heimerdinger iniziò a vaneggiare, spostandosi lateralmente verso la sua dimora, con una naturalezza immane. Nonostante l'apparenza, il suo cuore batteva all'impazzata per timore dello scontro con un avversario nettamente superiore a lui e molto più preparato nell'arte della guerra.
«Nove anni, sette mesi e ventidue giorni... Il mio cervello immagazzina tutto come un computer, ricordi? Otto anni, un mese e quindici giorni di prigionia a Piltover, più un anno, sei mesi e sette giorni da quando lasciai l'università, dopo aver mostrato il mio nuovo corpo ai nostri colleghi. Se vogliamo essere più precisi, non ci vediamo da quando hai ricostruito buona parte della mia armatura dopo lo scontro con Jayce...»
Lo yordle non si sarebbe mai scordato di quel giorno, quando Jayce tornò trionfante nella città-stato con il corpo semi distrutto del suo nemico. Fu compito suo quello di "curarlo" o di aggiustarlo senza renderlo pericoloso per l'umanità.
«Non ero cosciente in quel momento, ma il tuo tocco sulla mia pelle d'acciaio l'ho sentito fin da subito. Solo tu avresti potuto sostituire il mio cannone laser con uno spara-bolle...»
In effetti, nel tentativo di rendere inoffensivo l'araldo delle macchine, lo yordle era stato costretto a sostituire tutti gli armamenti di Viktor con giochi o con altre stupidaggini del genere. All'epoca gli sembrava un'idea divertente e geniale, ma non si sarebbe mai immaginato che il suo ex collega potesse portare cotanto rancore per quel fatto.
«Ero indeciso tra le bolle e la schiuma da barba, poi mi sono ricordato che non ti crescono più peli... E che non hai nemmeno più la pelle.»
Dal nulla Heimerdinger lanciò contro l'avversario una mini-sfera elettrica solo con lo scopo di stordire Viktor e di scappare verso l'accademia. Ma, prontamente, l'araldo delle macchine scatenò la potenza del suo laser contro l'arma dello yordle. Il suo terzo braccio meccanico non era mai stato tanto potente come quel giorno.
«Santi numi... Quanta potenza sprecata per una piccola sfera. Spero che questi siano più efficaci!»
Dalla folta capigliatura dello yordle fuoriuscì un braccio meccanico che reggeva un lanciarazzi a sei colpi pronto a fare fuoco sul nemico.
«Per questo devo dire grazie alla volta che ho riparato i tuoi pezzi dopo lo scontro con Jayce! Ho avuto l'occasione di studiarti per bene!»
I razzi centrarono in pieno l'araldo delle macchine che, però, non subì alcun danno dall'attacco dello scienziato. Gli bastò la protezione del suo braccio metallico per poter limitare i danni di quel colpo ravvicinato. Il colpo improvviso dello yordle era troppo veloce per poter esser evitato, perciò Viktor pensò al modo migliore per riportare il minor numero di danni possibili. Ma l'obiettivo di Heimerdinger non era quello di danneggiare l'avversario.
«Ogni tentativo di fuga è inutile!»
Gridò l'araldo delle macchine, vedendo lo yordle correre verso la spaccatura della parete dell'accademia e tirando fuori dalla sua cintura un disco metallico. Aspettò qualche secondo, giusto il tempo per permettere ad Heimerdinger di avvicinarsi ancora un po' verso l'entrata, per poi lanciarlo proprio dinanzi a lui. Dal nulla, quel piccolo cerchio si trasformò, in pochi istanti e proprio sotto i piedi dello yordle, in un meccanismo grande tre piedi e che emetteva uno strano bagliore violaceo.
«Cosa succede?»
Tutto d'un tratto, lo scienziato si ritrovò in ginocchio, soffocato da una strana forza gravitazionale che lo attraeva verso il suolo.
«Che sia un campo gravitazionale? È strabiliante vedere un dispositivo portatile di tale tecnologia. Sarei curioso di studiarlo in futuro...»
Disse Heimerdinger, mentre cercava di rimettersi in piedi, senza riuscire nell'impresa. La forza muscolare degli yordle, purtroppo, non era molto elevato. In pochi erano in grado di competere con gli umani.
«Per te non c'è futuro.»
Affermò il suo ex collega, puntandogli un'altra volta il braccio meccanico in segno di minaccia.
«Ho una visione diversa dalla tua!»
Sempre dalla capigliatura dello scienziato fuoriuscì il braccio meccanico di prima che, questa volta, non teneva in mano un lanciarazzi, bensì delle torrette di difesa automatici. In un secondo, Heimerdinger riuscì a posizionarne due: uno per proteggersi dall'attacco di Viktor ed un altro per distruggere il suo marchingegno. Il raggio laser dell'araldo delle macchine colpì in pieno la torretta messa a protezione, così da evitare danni improvvisi da parte di essa, mentre la seconda, con tre spari ben assestati, riuscì a spezzare il nucleo del macchinario creato dallo zaunita. Dopo averlo liberato dalla presa gravitazionale, la torretta mirò automaticamente verso il nemico dello yordle, quasi come se fosse dotato di una volontà propria.
«Queste fastidiose torrette...»
Dopo aver distrutto anche la seconda, l'araldo delle macchine seguì Heimerdinger, che intanto era riuscito ad entrare all'interno dell'accademia. Sapeva perfettamente che gli attendeva una trappola al suo interno, ma era preparato per ogni tipologia di imprevisto. Tra l'altro, Heimerdinger non aveva avuto troppo tempo a disposizione per posizionare un numero infinito di trappole in grado di poter contrastare la potenza del suo laser o dei suoi macchinari. Viktor aveva ancora un'arma che non aveva mostrato allo yordle, qualcosa di altamente instabile e pericoloso che poteva usare solo in casi di emergenza e che voleva conservare per il suo socio in affari, nel caso in cui Shaco fosse venuto meno ai patti che avevano stretto.
«Dov'è?»
Si chiese l'araldo delle macchine osservando l'entrata dell'accademia e trovandosi di fronte alla gigantesca sala d'ingresso a due piani. In passato non era mai riuscito ad entrare all'interno di quell'edificio, quindi non conosceva per nulla la mappatura di quel luogo. Sebbene, in un momento come quello, avrebbe anche potuto distruggere tutto l'edificio, fregandosene di tutto il resto.
«Sono qui!»
Gridò lo yordle dall'alto. Viktor alzò lo sguardo per capire l'ubicazione del suo ex collega e notò qualcosa che, in passato, gli avrebbe fatto gelare il sangue.
«Ammira la vera potenza della scienza!»
Il piano superiore della sala d'ingresso, le scale, il soffitto, il secondo piano ed anche le finestre erano ripiene di armi, di lanciarazzi, di mini-torrette e di cannoni.
«Non eri a conoscenza del sistema di difesa dell'accademia? Avevo riservato quest'accoglienza per Veigar... Ma credo che anche tu meriti di avere il suo stesso trattamento di benvenuto.»
Viktor cercò di indietreggiare verso l'uscita, ma quel tentativo fu bloccato sul nascere grazie alla strategia dello scienziato più geniale di Valoran.
«Non te ne vorrai già andare!»
In un istante fuoriuscirono dal terreno altri tre cannoni pronti a "recintare" l'araldo delle macchine, per bloccargli ogni possibile via di fuga. A quanto pare Heimerdinger teneva nascosto un telecomando, nella sua particolare tuta da meccanico, che attivava tutti i sistemi di sicurezza dell'edificio. Era da tanto tempo che non "spolverava" quei macchinari, ma, preoccupato per l'arrivo di un potere magico terribilmente alto, ovvero quello di Amumu, aveva calcolato tutto quanto prima di partire con il suo "esercito di yordle" per Piltover.
«Prima non ti ho fatto nulla... Forse dovrei provare con più razzi!»
Disse riscaldando i lanciarazzi, pronti all'utilizzo in qualsiasi momento.
«Oh, no! È impazzito!»
Urlò ridendo lo scienziato mentre attivava anche i cannoni posti al suo fianco e quelli che accerchiavano l'araldo delle macchine.
«Non crederai che tu riesca a sconfiggermi con...»
«Io non credo! Io teorizzò la tua sconfitta!»
Heimerdinger bloccò la frase dell'avversario a metà, attivando, finalmente, tutto l'armamentario che aveva puntato contro Viktor. Dopo di ciò, ci furono solo esplosioni, distruzioni e tanto fuoco.
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Al giovane esploratore era rimasto l'amaro in bocca per tutte le notizie che aveva ricevuto fino a quel momento. Tanti sacrifici, tante battaglie e tanti nemici eppure ancora non comprendeva il motivo per il quale quel futuro fosse ancora così buio. L'Ezreal del futuro non era ancora riuscito ad arrivare al punto cruciale della storia ed ancora non aveva dato una spiegazione logica per il fatto di essere sopravvissuto al marchio nero inflittogli da Shaco. Ormai erano confinati all'interno di quel "rifugio" da quasi un'ora e i rumori al di fuori di essa erano cessati da tempo. Il biondo, dopo aver saputo di Amumu, aveva finalmente capito come potesse funzionare il Nexus all'interno della piccola mummia e quello in possesso di Shaco. Non era per niente contento del fatto che il piccolo yordle abbia sacrificato la sua vita per poter distruggere Malzahar, ma purtroppo era troppo tardi per poter fare qualcosa in quel futuro. L'unica cosa da fare, in quel momento, era stare in silenzio ed ascoltare, con pazienza, la fine del racconto.
«Dopo aver sconfitto Malzahar, siamo riusciti ad avere un periodo di pace e tranquillità. Non è durato a lungo, ma abbiamo avuto il tempo di ricostruire alcune città-stato. Sicuramente non erano belle e floride come un tempo, ma era pur sempre un inizio. Contro il profeta del Vuoto si era formata una resistenza coesa e solida che durò anche dopo la fine degli scontri. Non immagini nemmeno quanto eravamo contenti del fatto che i dissapori tra le città come Demacia e Noxus o come Piltover e Zaun fossero stati messi da parte per potersi aiutare a vicenda. Giorno dopo giorno, lavoravamo per costruire una civiltà più unita con accordi ferrei da rispettare. Si pensava anche di creare un luogo neutrale in cui tutti i rappresentanti delle varie città potessero incontrarsi e programmare i futuri piani per Valoran. Per non parlare del fatto che il marchio oscuro aveva, finalmente, smesso di darmi rogne...»
In quel momento, il giovane bloccò il suo alter ego. La mano del biondo premeva forte contro l'armatura metallica del vecchio Ezreal, che capì subito il desiderio del ragazzo nel voler sapere in quale modo avesse potuto levarsi quella maledizione.
«Giusto... Tu non sai ancora come poter fermare il marchio...»
Disse scostando la mano del giovane dalla sua cara armatura.
«Devi sapere che, quando ero sotto il controllo di Shaco, il marchio ha fatto da catalizzatore con il mostro nato dal Nexus. Praticamente si cibava di quel mio male e ciò lo rendeva più forte. Gli effetti del marchio sul mio corpo non cessarono in quegli anni, ma furono rallentati proprio per questo fatto. È quasi come se quel controllo mentale mi avesse allungato la vita... Certo... Il mio corpo era quasi totalmente ricoperto dal marchio, ma, in quelle condizioni, era l'ultimo dei miei pensieri. Una volta che mi fui liberato e dopo aver ucciso quel pazzo di un giullare, mi feci fare ulteriori controlli da vari team di esperti nella magia curativa. Mi dissero che stavo bene e che gli effetti di quella maledizione non si sarebbero più manifestati. La pelle rimase nera, purtroppo, ma almeno non ero in pericolo di vita.»
Affermò mostrando nuovamente il marchio, ormai privo di alcun effetto negativo, spogliandosi della scarpa. La pelle del suo piede sinistro era nera come il carbone ed Ezreal stentava a credere a ciò che vedeva. Anche lui aveva un paio di macchie nere sul suo corpo, ma erano più tendenti verso il marrone scuro. Ciò stava a significare che gli rimaneva ancora un sacco di tempo da vivere prima di trovare una cura.
«E quale fu la cura?»
Domandò speranzoso.
«Qui arriva il bello... Non esiste alcuna cura. Ho passato gli ultimi anni a chiedermi il motivo di quell'arresto della malattia, senza trovare alcuna spiegazione logica. Ho solo due teorie in merito a tutto ciò: il potere degli ascesi ha pulito tutto il male che c'era dentro di me, compreso il marchio oscuro, oppure l'uccisione di Shaco mi ha liberato da codesta maledizione. In ogni caso, adesso sono libero.»
Un accenno di sorriso si delineò sul viso del povero Ezreal che, in quegli anni, ne aveva passate di tutti i colori.
«Questo mi rincuora molto... Almeno so che ho ancora una speranza di sopravvivere.»
Il giovane esploratore ricambiò quel sorriso con spensieratezza, senza pensare a tutte le cose che gli stavano accadendo in quel periodo.
«Se non fosse stato per la speranza, io avrei smesso di combattere anni fa... Nonostante questa mia vita si ostina a rendersi sempre più ostica e più complicata, continuerò a sperare... Perché è la cosa giusta da fare. In ogni caso. Anche se uno stregone di Shurima, formato da pura luce, decidesse di risvegliarsi dal nulla, dopo secoli di prigionia, ed iniziasse a distruggere tutto ciò che avevamo ricostruito...»
Ci fu uno strano silenzio tra i due, che il biondo avventuriero dovette necessariamente spezzare.
«Che strano esempio che hai scelto...»
Disse immaginandosi la scena e riportando il pensiero alla storia che Nasus gli aveva raccontato all'interno della piramide di Shurima.
«Esempio?»
Domandò ironico il vecchio Ezreal, facendo cadere nuovamente il giovane se stesso nella paranoia.
«Quindi questo vuol dire che...»
«Sistemi Pulsefire attivi. Sono stati rilevati degli intrusi nella zona da te circoscritta.»
L'armatura Hextech si accese all'improvviso, facendo allarmare i presenti e mettendo il biondo in posizione di difesa in caso di attacco nemico. Vigeva dinanzi alla porta, puntando il cannone dritto verso il punto in cui sarebbero arrivati gli intrusi. Il giovane esploratore, invece, si mise dietro di lui, pronto anche lui a colpire in caso di scontro. Non sapeva di preciso contro chi o cosa avrebbe combattuto, ma non si sarebbe fatto trovare impreparato. Dopo qualche secondo, la porta si aprì, ma nessuno dei due iniziò a sparare dato che non c'era nessuno dietro quella porta.
«Aspetta un momento... Guarda in basso!»
Urlò Ezreal puntando il suo guanto verso un piccolo esserino peloso che era appena entrato nella stanza. Era pronto per colpirlo e mandare al creatore quella sottospecie di animale dal pelo arancione e con un teschio sul capo.
«Fermo! Non è un nemico!»
Gridò il vecchio Ezreal, bloccando il suo guanto e buttando a terra il biondo che cercava di rendersi utile in qualche modo. Dopo quel fatto, il piccolo animale balzò tra le braccia del vecchio esploratore, iniziandogli a fare le fusa. Ezreal non sapeva bene di che razza fosse, notò solo che possedeva una folta peluria arancione in tutto il corpo, tranne sul ventre che era di un colore biancastro e sotto al collo che, invece, il pelo era molto più folto e di color marrone. Era dotato di denti affilati e di due canini più lunghi del normale, in più aveva una coda simile a quella dei cani ed una sottospecie di boomerang tra le mani. I suoi neri occhi, giganteschi e profondi, erano rivolti verso il vecchio esploratore e davano un senso di rancore.
«Vutto cativo!»
La piccola bestiolina incominciò ad emettere qualche suono simile alla parlata umana, non erano parole vere e proprie. Sembravano per di più dei grugniti posti in modo da far intuire il senso di una frase a chi gli stava attorno. Pareva che stesse parlando un bambino di due anni.
«Scusami Gnar... Lo so... Mi sono allontanato troppo dal gruppo. Dopo sono gli altri?»
Gli rispose il Ezreal, mentre il piccoletto gli indicava la porta. Dopo qualche secondo anche un altro essere entrò all'interno del rifugio. Questo era ancora più strano della bestiolina di prima.
«Devi ringraziare il localizzatore che Heimerdinger ha messo all'interno di Pearl, altrimenti non ti avremmo mai trovato in questo posto.»
Il giovane Ezreal si strofinò gli occhi per vedere meglio quell'individuo. Aveva il portamento di un uomo, ma l'aspetto era quello di una scimmia. Proprio per questo il giovane stentava a credere ciò che aveva di fronte a sé. Ma, dietro di lui, comparve qualcuno che bloccò totalmente il biondo dal terrore. Qualcuno che Ezreal aveva già conosciuto in passato e che non si sarebbe mai aspettato di ritrovare in quel luogo.
«Oh... Chi abbiamo qui?»
Domandò con un tono di voce talmente pauroso che per poco Ezreal non temette di perdere la testa solo a causa del suo sguardo. All'interno del rifugio, era appena entrato il generale delle truppe di Noxus: Darius.
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