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Atto I, Scena V: Un Graal per bullizzarli e nell'incertezza terrorizzarli

Nick non era mai stato un tipo da festa. Nemmeno i suoi amici lo erano mai stati, nonostante François adorasse professare il contrario. Le streghe invece sembravano a loro agio in quella casa, mescolandosi abilmente tra la folla e riuscendo a rimediare bibite e snack da tavoli assaltati. Yaya era stata così gentile da portargliene uno, prima di lasciarlo nuovamente solo, costretto quindi a mimetizzarsi nella carta da parati, cercando di evitare gli urti dalle persone che gli ballavano attorno, con troppe poche abilità sociali da sfruttare in serate in cui l'unico obiettivo era divertirsi.

«Tutto ciò è depresso» commentò un cappello nero alla sua destra, mentre gli rubava il bicchiere quasi vuoto e ne lanciava i contenuti sulla testa di una ragazza poco distante fra loro. La sentì, mentre cercava di rimettergli il bicchiere in mano, mentre lui cercava di evitarlo, con gli occhi ancora fissi sulla ragazza bagnata. Un pizzico sull'avambraccio lo costrinse ad aprire la mano quel tanto che bastava affiché la ragazza succedesse nell'impresa. Si ritrovò quindi a lanciarlo in direzione della folla, d'istinto, beccando nuovamente la ragazza.

«Sei seria?» chiese a Jordan, abbassandosi il più possibile per non essere notato. Il tendone che Lindsay aveva chiamato "costume da zucca" non gli rese facile l'impresa. E seppe di aver fallito quando vide una bambola assassina stizzita avvicinarsi.

«Che vuoi?» chiese rivolgendosi a lui, per poi spostare lo sguardo sulla turchina al suo fianco, seguendo la sua muta richiesta di aiuto verso la suddetta strega.

«Zia, se se qui per fare la sostenuta a una festa, ti conviene usare il bicchiere come scusa per andartene» risposte tranquillamente la ragazza, per niente smossa dall'imminente scontro. Si sistemò meglio gli occhiali sul naso e alzò il mento, in segno di sfida.

«Ma stai bene?» l'altra ragazza diede voce ai suoi pensieri.

«Certo, voglio solo godermi la festa e tu e la tua morale del cazzo state rovinando il mood. Non ti piacciono i collegiali che festeggiano? Quella è la porta» indicò verso l'entrata, «Se invece sei solo una figa di legno che sogna una storia al limite dell'abusivo... beh, dimmelo prima. Perché ho bisogno di un po' di drama con cui intrattenermi questo semestre» aggiunse sorridendo.

«Stronza».

«Manco originale riesci a essere? Cavoli, zia, messa bene stai».

La ragazza si allontanò, facendosi strada a spintoni.

«Dovevi proprio farlo?» si rivolse alla strega, sentendosi in parte in colpa per l'accaduto. Non aveva la minima idea di chi fosse, ma l'essere stato partecipe di un atto di bullismo nei confronti di una ragazza, per puro divertimento personale, non era qualcosa su cui avrebbe sorvolato.

«Ha poca inventiva, ma non ha torto. Io sono una stronza, anzi: io sono la stronza» si difese Jordan, come se ammettere di esserlo l'avrebbe perdonata da ogni male. Un campanello d'allarme unico, ecco cos'era.

«Come diavolo fa Yaya a essere tua amica» commentò, lasciando che tutta l'antipatia che provava scivolasse nel suo tono.

L'altra gli afferrò il volto con entrambe le mani, portandolo alla sua altezza. Gli si avvicinò fino a che potesse sentire l'odore amaro dei drink che aveva bevuto.

Si ritrovò a fissare le sue labbra per un istante, né sottili né carnose, dall'aria morbida e troppo innocente per le parole che producevano. Non avesse trovato il suo atteggiamento così riprovevole, avrebbe anche potuto considerarla attraente.

Spostò lo sguardo sulle lenti. Il materiale scuro gli consentiva di creare un finto schermo, in cui potesse vederla come un essere impersonale e distante, piuttosto che umano e tangibile. Le maschere erano più facili da odiare, rispetto ai difetti che celavano.

«Oh, cucciolo di panda impedito, spera di non scoprirlo mai» gli sussurrò, accarezzandogli gli zigomi. Prima di mollarlo, gli baciò il naso, allontanandosi ridacchiando.

Si scostò bruscamente al gesto, come se lo avesse scottato. Prima di dire o fare qualcosa di cui si sarebbe pentito, prese un respiro profondo, pensando che fosse solo ubriaca e quindi ancor più priva di ogni freno inibitore.

«Seriamente, che fastidio ti dava?» le chiese, scuotendo il capo.

«Da quando devo giustificarmi con te?» inarcò velocemente la schiena contro la parete, per darsi una spinta e sgusciare via, prima che Nick potesse anche solo elaborare quanto gli avesse appena detto. No, Jordan proprio non riusciva a inquadrarla.

Dopo qualche secondo di stallo, giunse alla conclusione che se non fosse uscito rapidamente, avrebbe almeno potuto concedersi un altro bicchiere di qualcosa. Si diresse nella direzione della cucina.

«Nick, al volo!» sentì gridare. Si guardò velocemente attorno, scorgendo Lyndsay in una posizione rialzata rispetto alla folla. Ebbe appena il tempo di prepararsi, prima che le persone si aprissero in un varco e l'attrice si lanciasse fra le sue braccia. Riuscì per pura fortuna a non cadere rovinosamente a terra, mentre tutt'attorno grida di entusiasmo e fischi sovrastavano la musica. Il costume era rovinato, ma visto che la stilista stessa ne era stata la causa, dubitava si sarebbe arrabbiata. Troppo.

«Che diavolo?!».

«Ehi» si limitò a salutarlo la ragazza, aggiustandosi il cappello. Scese poi, iniziando a saltellare a ritmo della musica, le braccia ancora ancorate alle sue spalle. A differenza della sua amica, Lyn lo sovrastava in altezza.

Quando la canzone terminò, tornò a rivolgergli la parola.

«Ti cercavo, Nick» affermò, allegra. Troppo allegra.

«Mi hai trovato».

«Bop» gli premette la punta del naso con un dito. C'era un qualche collegamento fra il suo naso e l'assunzione di alcol? «Sei sporco di rossetto» ridacchio, scusandosi. «Spero non sia di Yaya, Mitch riconosce il suo rossetto» sussurrò poi, avvicinandosi, come se gli stesse rivelando un segreto. O forse per farsi sentire, dato il chiasso che li circondava.

«Mitch?».

«Il fidanzato di Yaya, abita qui» offrì come spiegazione.

«E?» cercò di tenerla sulla conversazione, nonostante l'alcol e la musica la spingessero ad abbandonarsi al ritmo.

«Dan pensava sarebbe stato divertente fartelo conoscere, visto che sei sempre con la sua ragazza».

«Cosa?».

«Dan-».

«L'ho capito, perché sarebbe divertente?» chiese, mentre il panico prendeva possesso del suo corpo e gli donava uno stato di lucidità. Lyn si mise una mano davanti alla bocca.

«Forse non avrei dovuto dirtelo» mormorò, per poi scoppiare a ridere, «Sai come Hagrid».

Nick alzò gli occhi al cielo. Ottimo, il suo idolo era andato. Sconsolato la accompagnò verso un divanetto, in modo che potesse sedersi. Lo fece, ricordandogli Peter Griffin nella famosa scena, ma infine completò in modo poco aggraziato l'opera, accoccolandosi sul bracciolo.

Ponderò se quel drink ne valesse la pena. Da un lato aveva un'amica in stato confusionale da tenere d'occhio e un probabile fidanzato geloso sulle sue tracce. Dall'altro si sarebbe voluto divertire anche lui, almeno per una sera.

Lyn emise un sospiro, cercando sul viso gli occhiali mancanti.

Aveva un cuore troppo debole, pensò, sedendole accanto. Le rubò il cappello, prima che perdesse anche quello e avesse una crisi di pianto.





Stava giocando al cellulare, quando una figura si posizionò davanti a lui. Dovette alzare il capo per poter vedere di chi si trattasse, vista l'ingombrante visiera del copricapo a punta e l'altezza non indifferente del ragazzo.

Era massiccio, non un fisico da culturista, ma da qualcuno ben allenato, slanciato e lo osservava dall'alto con due occhi scuri e attenti. Carnagione mulatta e capelli ricci, tenuti corti. Sembrava star ponderando al sua prossima mossa, mentre sorseggiava dal bicchiere che teneva nella mano sinistra. Ne aveva un gemello nell'altra, che gli porse.

Rifiutare un dono da un buon samaritano non era nel suo stile, quindi accettò.

«Sono Mitch» si presentò.

Il liquido gli andò di traverso, costringendolo a tossire e versare tutto per terra e sul suo costume. Qualcuno gli batté con dolcezza la schiena.

«Non c'è bisogno di emozionarsi tanto» rise il fidanzato della sua tutor.

Con le lacrime agli occhi, tornò a rivolgersi all'altro. Rimasero immobili per qualche attimo, fino a quando Mitch non sospirò, imprecando sottovoce.

«Dan l'ha fatto di nuovo, vero?» si morse l'interno della bocca per contenere un sorriso.

«Cosa?» chiese, non capendo.

«Dan si diverte così, perché io sono... Come dire...» si grattò la nuca.

«Grosso?» propose, con cautela.

«Sì, e quindi le piace terrorizzare chi gira attorno a Yaya».

«Oh».

«Però tu passi molto tempo con Yaya, quindi sai cosa vuol dire, no?».

«Che mi terrorizzerai affinché non ci provi?».

«Cosa? No, voglio ringraziarti» sembrò quasi offeso l'altro, mentre si sedeva anch'egli sul divano, costringendolo a schiacciarsi contro Lyn.

«Ringraziarmi?» si sentiva confuso. Non era lì per ammazzarlo?

«Yaya parla cinese» spiegò, molto lentamente, come se stesse parlando con un bambino terrorizzato. Forse ci assomigliava. Annuì, nel dubbio. «Io non lo parlo e non capisco cosa ci sia di affascinante» continuò.

«E quindi...?».

«E quindi sono felice che abbia qualcuno che non la tema e con cui possa condividere la sua passione» concluse, premendo le lebbra fra loro.

«Oh, quindi non vuoi uccidermi?» chiese nuovamente, a scanso di equivoci.

«No» rise, inclinando il capo, come se non comprendesse qualcosa. Non era l'unico in quel momento.

«In tal caso, io sono Nick» gli porse la mano.

«Ne avevo il sospetto».

«Senti, in mia difesa, fino a mezz'ora fa non sapevo neanche esistessi e poi Lyn mi ha detto che Jordan lo avrebbe trovato divertente, e quella lancia bicchieri per bullizzare la gente e io-».

«Wow, calma, prendi fiato» gli porse la sua bevanda. Offerta poco igienica, ma a quel punto dell'anno si sarebbe potuto concedere un raffreddore: ameno avrebbe avuto una scusa valida per rintanarsi in camera per studiare. «Giuro solennemente di non volerti fare del male. Anche se forse ti prenderò un po' in giro per questo incontro, quello non posso negarlo».

«Giurin giurello?» chiese. L'altro porse il mignolo. «Lo posso accettare».

Quello fu il suo ultimo ricordo della serata.






Ciambella198 parla a vanvera (il quale indossa la sua calzamaglia verde e va in giro a fare il Grinch in versione Robin Hood, dove però il povero senza regali è lui stesso):

Non so ancora come, ma sì, sono riuscita a scrivere il quinto capitolo. A volte mi sorprendo anche io per i miei tempi biblici. Dite che dovrei chiamare quelli dei Guinnes World Record? Pensavo di passare alla storia come persona in grado di perdersi più volte nella sua stessa casa, e invece...

Vi auguro buone feste e vi sconsiglio di fare come il nostro Nick che accetta bibite dagli sconosciuti. In sua difesa la storia è ambientata intorno al 2016, quindi era ancora un comportamento accettabile.

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