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Atto I, Scena IV: Screzi e costumi

In tutta onestà, Nick era pienamente consapevole di essere un pessimo amico. Eppure, come recitavano i prof di chimica, il simile scioglie il simile. In sintesi, Nick era un pessimo amico di un pessimo amico.

Oh, i giri che il suo cervello doveva fare per non sentirsi in colpa.

«E quindi... Ti hanno fatto il tatuaggio?» sussurrò François, stringendo la lattina di coca che aveva in mano.

«Pensavo avrebbe fatto più male, devo essere sincero» annuì, addentando il toast pur di non ridergli in faccia.

L'altro mollò la lattina, per coprirsi il volto con le mani. Un suono strozzato trapelò da quello strano scudo.

«Lo sapevo, non dovevi recarti in quella casa» mugolò, scuotendo il capo.

«È artistico».

«È un pentagramma, Nick! Ora sei un loro... succube! Nemmeno le sette ormai fanno tatuare i loro adepti! O forse lo fanno, oddio, sei in una setta!».

Per quanto avrebbe voluto portare avanti quella finta per altri due minuti, una risata si fece strada dal suo petto, per scoppiare in faccia ad un François ancora scioccato. Il quale spalancò ulteriormente gli occhi a tale reazione, per poi aggrottare le sopracciglia e lasciare che la sua mascella cedesse alla gravità.

«Mi stai prendendo in giro! Io non- Io! Nick! Smettila di ridere!» lo rimproverò, rosso in volto.

La forchetta di plastica che lo colpì in piena fronte fece ben poco per aiutarlo a contenere la risata.

«Nick!» gli intimò nuovamente François, angolando il capo in modo da catturare il suo sguardo, «Già sei sparito per settimane, ora che ho finalmente l'onore di avere il grande Nick a pranzo con me... Mi perculi» borbottò, con tono troppo serio per i suoi standard. Quell'osservazione riuscì a smorzare la sua ilarità.

«Hai ragione, perdonami, ma i voti stanno migliorando e...» fra le sue scarse doti, l'arrampicarsi sugli specchi non era una delle più allenate. Generalmente ricorreva al sarcasmo, ma quella non era la situazione adatta.

«E quindi non hai più tempo per le tue vecchie conoscenze» concluse per lui, portandosi la cannuccia della sua aranciata alle labbra.

«Non è vero, ho sempre il tempo per sorbirmi le tue teorie su come il bordeaux sia un colore sopravvalutato» era sorprendentemente opinionato sulla scelta dei colori per stemmi, edifici e merchandising universitario. Probabilmente se avesse studiato ad Harvard sarebbe imploso. O finito in cella per vandalismo.

«Oh, davvero? Quindi se ti proponessi una maratona di Gotham stasera, ci saresti?» gli chiese con tono piatto. Nick si limitò a giocherellare con la carta del suo burrito.

«Appunto... E non dirmi che sono ripetizioni» sospirò, guardando un punto indefinito alla sua destra, come se non fosse più in grado di sostenere la vista del suo migliore amico.

«No, è... una festa di non Halloween» si difese, ignorando la sensazione di colpa che gli mordeva lo stomaco, «Lo so, lo so, ma... Yaya mi ha invitato e... non potevo dirle di no».

Era stata così felice di invitarlo, raccontandogli di come avrebbe assolutamente dovuto presentargli alcune persone. Non aveva avuto cuore di dirle di no o di confessare quanto poco amasse andare a quei tipi di feste.

«Halloween è passato da un pezzo» obiettò François, rifiutandosi ancora di guardarlo.

«Infatti è di non Halloween» spiegò, ricordando di come Jordan avesse sbuffato e gli avesse rifilato una annoiata spiegazione di come la squadra di basket non avesse potuto festeggiare il vero Halloween a causa di una partita e che quindi avessero deciso di rimandarla. Come premio per aver ascoltato, o punizione per aver chiesto, gli restituì il cellulare raccomandandogli di iniziare ad usare qualche social, in quanto detestava le persone che non comunicavano col mondo. Troppe poche informazioni reperibili su di loro. Una notifica serale gli fece accorgere di come fosse riuscita a recuperargli la password per Instagram. Impressionante.

«Sai, una volta non andavamo alle feste assieme» gli ricordò, contraendo il volto in un'espressione particolarmente piccata.

«Questo è palesemente falso, sei andato ad almeno due feste senza di me da quando è iniziato il semestre» puntualizzò, non volendo essere accusato per colpe non sue.

«Questo perché non volevi venire, mica è colpa mia».

«François... non capisco nemmeno per cosa mi debba scusare con te» gli confessò, alzando prima le mani, per poi lasciarle ricadere ai fianchi.

«Nulla, Nick. Perché dovresti scusarti. Hai amici più convenienti ora, è giusto che tu vada con loro» fu l'ultima cosa che il suo amico - almeno sperava lo fosse ancora - gli disse, prima di entrare in un mutismo, interrotto solo dal ringraziare la cameriera.

Anche per il resto del pomeriggio il suo schermo, in genere pieno di notifiche di meme che il suo amico gli inviava, gli mostrò solo un messaggio da sua madre e un tweet di un giornalista che seguiva.

Yaya gli aveva chiesto di incontrarle al loro appartamento. Sfortunatamente, il suo coinquilino aveva scelto proprio quella sera per perdere le chiavi della loro stanza e lui, in piena legge di Murphy, era uscito senza. Non fu una chiacchierata piacevole col responsabile di dormitorio.

In sintesi, era in ritardo. Terribilmente in ritardo. Non tanto per la festa, che da buon party universitario non aveva orari prestabiliti, ma per l'ira di Lyndsay. Due cose aveva infatti imparato a sue spese, riguardo alla ex attrice: odiava la mancanza di stile nel vestire e i ritardatari. Solitamente rientrava in una sola categoria.

Affrettò il passo, mentre osservava i mutamenti nell'angolazione della sua ombra, dato dal cambio di fonte di luce. Lampioni, principalmente. Quella notte la luna non era molto luminosa. Era Non-Halloween e il mondo sembrava essere d'accordo. O forse i poteri delle streghe erano limitati.

A parlare del diavolo...

«Ehi, segugio! Siamo qui!» l'urlo di Jordan lo portò a guardare alla sua sinistra, verso un sentiero secondario dal quale spiccavano tre figure. Affiancate da tronchi spogli, solo una scarsa aura biancastra a permettere di distinguere i loro lineamenti, l'effetto spettrale - voluto o meno - di certo non mancava.

Le salutò con un movimento abbozzato della mano, confuso.

«Non dovevamo incontrarci da voi?» chiese, mentre Yaya gli correva incontro per abbracciarlo. Si era ormai abituato a essere colpito dalla sua chioma rosata ogni volta che la incontrava. Per quale motivo se ne lamentasse, era oscuro anche a lui: non erano in pochi gli esponenti di sesso maschile che lo avrebbero invidiato.

«Arrivare troppo tardi implica beccarsi la gente molesta, l'atmosfera allegra e stupida corrisponde a un ritardo medio, caro» scosse il capo Lyn, facendogli oscillare una borsa di carta davanti al viso. Tenne un braccio attorno alle spalle di Alaya, spostandosela di fianco e afferrò l'oggetto, alzando un sopracciglio, quando vide il contenuto.

«Serve un costume? Pensavo non ce ne fosse bisogno».

«Davvero? Pensavo fossi già in costume» li raggiunse anche Jordan, ultima per pigrizia o gambe corte. Di certo il tempo impiegato in più non lo aveva sfruttato per pensare a una frase decente.

«Questo è il commento più originale che tu sia riuscita a trovare?»

«Oh, caro. Il tuo angelo custode qui presente mi aveva detto di andarci piano con te, ma visto che non apprezzi i miei sforzi e mi lanci il guanto...» ghignò l'altra, spostandosi una ciocca azzurra dietro l'orecchio.

«Non ha lanciato nessuna sfida, vacci piano» si frappose il suo suddetto angelo custode, allontanando l'amica fisicamente.

«È pur sempre una festa, Nick» le ignorò Lyn, sistemandosi una forcina che reggeva il complesso schema con cui si era raccolta i capelli. Due trecce olandesi che terminavano in piccoli chignon bassi.

«Voi siete in costume?» le fissò, cercando di collocare l'associazione camicia, blazer, gonna a pieghe e cappello. Yaya aveva in mano tre scope, con il bastone abbinato ai colori indossati dalle tre. Nero per Jodan, blu per la sua tutor e verde per il suo vecchio idolo. E, ovviamente, le immancabili lenti scure.

«Non si nota?» chiese la stilista, indicando gli abiti che indossava con un ampio gesto della mano.

«Siete... i Blues Brothers in versione Wiccan?» spostò lo sguardo verso il particolare copricapo a punta.

«E io sarei quella dai commenti poco originali?» borbottò Jordan, incrociando le braccia sono al seno.

«Siamo le streghe, quindi siamo vestite da streghe» intervenne Yaya in suo aiuto.

«Hai un problema con gli occhiali da sole?» inquisì la turchina, posizionandosi di fronte a lui, con aria di sfida.

«È notte?» fece notare, ottenendo in risposta solo un sonoro sbuffo da parte di Jordan, che si allontanò da loro, probabilmente non riuscendo a sopportare la sua logica. O una qualsiasi logica che non fosse la propria.

Yaya la seguì ridacchiando, mentre il braccio di Lyn collise sul suo collo, agganciandolo e trascinandoselo dietro.

«La festa ci aspetta!» annunciò, coprendogli gli occhi con i suoi occhiali, che notò in quel momento non essere così coprenti come credeva.














Ciambella198 parla a vanvera (ma è troppo impegnato a cantare "Think" per darle retta):

Ci ho messo mesi, ma alla fine ce l'ho fatta!

Per questa storia ho deciso di fare capitoli brevi, meno di 2000 parole a capitolo, come esperimento personale, ma... mi sembra di non dire nulla, lo confesso. Anche chi legge ha la stessa impressione?

Qualunque sia la risposta, ringrazio chiunque mi segua in questa pazzia.

A presto, spero.

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