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Capitolo 1: traccia 1a

(il personaggio che ho scelto è Matteo della mia storia "L'ultima estate di Sophie" che però interagisce con Amanda e non con me!)

"Sto arrivando a destinazione dopo tutta questa camminata e lui neanche mi viene a prendere in fermata. Che amico, davvero!"

Oggi fa caldo anche qui su a Brunate. 30 gradi sono comunque 30 gradi!

In questo ultimo periodo ho provato in tutti i modi a stargli vicino, a dargli la forza per superare la botta che ha preso l'anno scorso con le ultime notizie di Sophie, ma lui sembra non accorgersene. Siamo amici da anni ormai, ma non si è mai accorto che lui per me è sempre stato più di questo, o almeno, non solo questo.

Matteo è davvero un poppante quando si lascia trascinare dagli eventi, ma insieme siamo in un equilibrio perfetto.

Eravamo compagni di scuola, il glorioso Liceo Ciceri di Como, sezione linguistico, e dai tempi del liceo non abbiamo mai smesso di sentirci o vederci. Avevamo deciso di fare insieme gli stage all'estero e le alternanze scuola/lavoro in qualche albergo della zona, magari uno proprio sul lago, che ci offrisse anche la possibilità di imparare, divertendoci e guadagnando.

Poi lui cominciò dando una mano nella piccola locanda dei suoi e io dovetti cercare altro. Non avevano certo tanto lavoro da giustificare un'altra tirocinante. Ma anche se ho fatto pratica in altri posti, la sera eravamo sempre insieme con gli altri, uscivamo e ci divertivamo. Quante ne abbiamo fatte!

Negli anni poi siamo stati la spalla e il sostegno dell'altro nelle questioni serie di cuore o gravi e di famiglia. Io ero riuscita per un certo periodo a relegarlo nella zona "amico", qualche anno per la verità, perché le mie esperienze richiedevano sempre sacrificio per funzionare, e io dovevo dedicarmici con tutte le energie. Ma nulla, finivano sempre in Gloria! e addio ai vari Sergio, Marco e Andrea. Alla fine, chi raccoglieva i pezzi era sempre Matteo. Lui era sempre lì, ad aspettare, per cercare di incollare insieme quello restava del mio cuore finita una storia.

Abbiamo una certa età adesso, e dovrebbe essere più facile discernere i sentimenti buoni da quelli infelici, dovrebbe essere fisiologico a quarantadue anni suonati, avere occhio per i bastardi o per le donne malate che involontariamente ti spezzeranno il cuore... e invece no.

Quarant'anni come diciotto, come venticinque e trenta, il cuore non cresce, non matura, non ascolta. Lui continua a sbagliare ascoltando solo la sua voce rischiando di esplodere ad ogni battito accelerato. Inutile credere che la storia cambi sol perché si è anagraficamente più grandi. No, quello è il discorso che vale solo per l'elasticità della pelle, le rughe e l'insorgere degli inestetismi per noi, la calvizie, la pancetta e i disturbi alla prostata per loro.

"Vabbè però poteva almeno mandare qualcuno a prendermi, con sto caldo e sto zaino!"

<<Ciao nana!>> mi giro di scatto al suono di quella voce inconfondibile e la prima cosa che noto sono il suo sorriso e quei capelli scarmigliati che gli incorniciano il viso, lunghi per i suoi parametri, ma che io non gli farei tagliare mai.

"Ma quando è andato ad allenarsi, se è sempre in locanda quando ci sentiamo?"

<<Quelle spalle sono sempre più larghe Matteo o sbaglio?>> dico affascinata da tanta possenza. E dire che non sono la prima cosa che si nota di lui quando ti guarda.

<<Ma che dici scemotta, sei tu che sei sempre più nana e da laggiù sembra tutto più grande.>>

Evito di cogliere la palla al balzo per una battutina che mi arriva alle labbra e che lui mi ha servito come il migliore alzatore di pallavolo. Evitiamo così di cominciare i nostri soliti punzecchiamenti a sfondo erotico...

<<Anzi, se da laggiù guardi bene noterai che sono altre le cose che sono più larghe!>> ammicca alzando ripetutamente le sopracciglia allusivo. Eccolo là, mi sono fatta fregare la prima battuta e lui si è buttato a capofitto nella cosa... ora chi lo tiene più!

<<Non sei cresciuto invece nel cervello e nella simpatia vedo>> almeno cerco di difendere quel che resta del mio orgoglio di battagliera.

<<Guarda che sei tu che hai cominciato con i complimenti alle mie spalle...con la "S">> ride lo stupido bambino che è in lui, prendendomi dalle mani lo zaino che pesa come fosse di pietra. Bene almeno non è più così depresso come lo avevo sentito mesi fa.

<<Dai, non prendertela... lo sai che ti adoro vero?>> agganciandosi al mio collo col braccio sinistro libero e dandomi un bacio sui capelli. Io mi accoccolo sotto il suo braccio e prendendogli la mano che pende sulla mia spalla, gli sorrido alzando lo sguardo nel suo e intrecciando le nostre dita.

E' così che arriviamo in locanda, attraversiamo chiacchierando quel vialetto punteggiato di iris che da sempre ho sentito come l'ingresso di casa.

La mamma di Matteo, solo Carla per me da sempre, è dietro il bancone dell'ingresso e non ci nota entrare. Sono cambiate moltissime cose da un po' di tempo a questa parte, in meglio ovviamente. La locanda come la conoscevo io si è rifatta un po' il look, grazie alla continua presenza dei turisti che sembra facciano il passaparola per consigliarsela. La professionalità linguistica di Matteo è notevolmente superiore alla mia, data l'esperienza costante che è riuscito a fare in questa struttura. Ma anche io mi difendo bene con le tre lingue base imparate al liceo, mi manca giusto un po' più di pratica ultimamente.

<<Ma che bella sorpresa! La mia cucciola è venuta a trovarci finalmente. Che gioia averti qui Amanda, fatti abbracciare>> le grida entusiaste di mamma Carla superano le porte a vetri che danno nel giardino e dopo un po' sbuca anche la testa del papà Mario. E' un tripudio di feste e di abbracci, per me che sono sempre stata di casa in questo posto. E infatti è qui che è cominciata la consueta abitudine di Matteo a trattarmi come una sorellina, mai che mi avesse considerato una ragazza prima e una donna dopo. Sì che l'ho beccato negli anni imbambolato a guardarmi le forme in crescita, ma temo sia stato solo il comune testosterone in eccesso che dettava legge nel suo corpo dal cervello in giù. Praticamente ragionava con...

<<Bambina che piacere riabbracciarti. Che bella che ti sei fatta. Quanto resti da noi? Hai mangiato in viaggio? Vuoi che ti prepari un tè solo per il tuo palato?>> papà Mario non parla mai, ma se gli stai simpatico non ti molla un attimo.

<<Papà, mamma, per favore lasciatela respirare. E' appena arrivata con questo caldo, fatele almeno bere un po' d'acqua. Sapete che mi ha trovato più...grande?>> strizzando l'occhio destro senza farsi notare dai genitori.

<<Sì è vero, e anche più ingrassato direi!>> dico per assestare un colpo basso alla sua autostima. Lui mi guarda accigliato e con la bocca spalancata. Amanda 1 - Matteo 0.

Tutti uguali gli uomini, se vuoi demoralizzarli, non serve essere volgari, basta trovarli più grassi, più stempiati o più grigi. Matteo non è diverso, è vanitoso e attento a ciò che mangia in qualunque momento della giornata. E' fin troppo scrupoloso col cibo in generale, tanto quanto non lo è con le colazioni di sua madre. Per quelle farebbe carte false.

<<Mostro un attimo la camera ad Amanda e scendiamo subito, con permesso>> trascinandomi verso l'arco a rilievo in mattoncini rossi, di accesso alla zona di salita alle camere.

Mi divincolo dalla sua presa sempre più salda <<Non spingere Matteo, lo so da me dove è la camera per me. E' sempre la stessa da anni.>>

<<Sì però stavolta ti ci voglio chiudere dentro per 24 ore, come ti viene in mente di dirmi che sono ingrassato?>> fa lui mentre percorriamo il corridoio del primo piano, arrivando poi davanti alla "mia" stanza.

Comincio a ridere perché sapevo che avrei causato tutto questo. Lui si blocca e capisce il mio scherzo, sottolineando il tutto con una risata pari alla mia. Nel frattempo posa il mio zaino e prende a farmi il solletico prolungando i miei spasmi di risate.

<<Smettila Matteo!>> urlo ormai senza fiato, ma lui continua senza sosta.

<<Verrai punita per la tua sfrontatezza e per questi fianchetti che hai messo su dall'ultima volta>> dice pizzicando dove non dovrebbero arrivare le sue dita. Non in questo momento almeno.

Si blocca all'improvviso perché la maglietta mi si alza e lui sta facendo il solletico direttamente alla mia pelle. Il contatto lo ferma e gli fa togliere immediatamente la mano da quel punto che ha preso fuoco al passaggio delle sue dita. E' arrossito vistosamente e distoglie lo sguardo. Non dovrebbe avere questa reazione se mi considerasse solo come una sorellina. Ma forse è la mia voglia che sia davvero così a farmelo pensare.

Apre la porta col passepartout e come se niente fosse mi precede spalancando la finestra che affaccia sul lago.

<<Senti nana, spero tu abbia portato un costume in questo zaino, perché stasera scendiamo al lago per una festa di rimpatriata con gli altri, che ti aspettano per riabbracciarti. Ci saranno anche le ragazze della classe>> mi comunica avviandosi verso la porta.

<< Certo che ho portato il costume, per chi mi hai presa? Faccio una doccia e mi preparo per oggi pomeriggio>> mentre ripenso all'ultima volta che ha dovuto prestarmelo lui perché come al solito con la mia testa avevo portato solo la parte di sopra.

<<Sì... speriamo bene>> fa lui con gli occhi al cielo, ricordando il suo costume indossato malamente da me.

<<Anzi ti stupisco subito togliendoti ogni dubbio>> e alzo il prendisole mostrandogli il mio bikini nero comprato per l'occasione prima di partire. Lui sbarra gli occhi alla vista del mio corpo in costume e spalancando la bocca non accenna a distogliere lo sguardo che ha preso residenza sul mio decoltè.

<<Puoi anche chiudere la bocca Matteo, è così terribile quel che vedi?>>

<<No...anzi. Quando hai fatto quel fisico? Intendo dire, sei sempre stata bella ma non ricordavo quelle... quelle...>>

<<Intendi le tette?>> lo salvo dalla ricerca del termine mancante... "e poi sbaglio o ha detto che sono sempre stata bella!"

<<Sì quelle...>>

<<Sono spuntate mentre tu eri a lavorare in locanda dopo la maturità, qualche estate fa. Credo fosse il 1998!>> Faccio io per dirgli velatamente che è un cretino per non essersene mai accorto prima.

<<Davvero le hai da così tanto tempo?>> Non so se strozzarlo o abbracciarlo, comunque è diventato imbarazzante, quindi tiro giù il prendisole che tenevo ancora alzato sotto il collo ed evito così che gli vengano in mente altre strane domande.

Si ricompone tirandosi su e chiudendo la bocca di scatto, come quando il mago schiocca le dita e il tipo del pubblico che era in trance si risveglia di colpo. Sipario chiuso, applauso, fine dello spettacolo!

<<Io vado allora, sistemati, fai la tua doccia e poi ci vediamo prima di andare.>> Dice tutto questo senza guardarmi in faccia e anzi tenendo lo sguardo al pavimento. Sbatte la porta dietro di sé e mi molla lì, scappando come un fulmine.

Mi lascia in camera per sistemarmi e dopo essermi riposata e rinfrescata, scendo a dare una mano in cucina, in fondo sono di casa qui.

Mamma Carla mi mette subito all'opera e mi assegna compiti da bassa manovalanza, ma che se fatti bene garantiscono la riuscita di un piatto. Passo il pomeriggio a pelare le patate per lo sformato e ad affettare gli ortaggi coltivati in loco per la migliore zuppa di verdure che si possa gustare sul lago. Tutto qui è preparato con i prodotti locali a km zero e il menù è vario tutta la settimana. Ogni piatto, anche il più semplice, se passa attraverso le mani di mamma Carla diventa da gourmet.

Appena finisco di rassettare il banco di lavoro, Matteo si affaccia in cucina con un sorriso a tutta bocca.

<<Sei pronta ad andare? Il costume lo hai rimesso stavolta dopo la doccia?>> Alzo gli occhi al cielo e sbuffo nella sua direzione.

<<Uffa che barboso che sei, ho tutto in ordine. Possiamo andare.>> Salutiamo in cucina e uscendo prendiamo la vespa per evitare la funicolare in quest'ora affollata e per poter tornare in un orario qualunque senza sottostare agli orari delle corriere.

Con una corsa a perdifiato e il vento tra i capelli, mi tengo a Matteo ad ogni curva e sorrido alla lucentezza del lago che ci viene incontro sempre più vicina ad ogni km macinato in discesa.

Arriviamo sorridenti al lido nascosto dalla sponda e dagli alberi, quello su cui siamo cresciuti facendo i tuffi dal molo e le corse sui ciottoli della riva prima di fare le gare di saltelli con i sassi. I ragazzi mi abbracciano appena mi riconoscono e mi riempiono di domande sulle cose fatte in questo periodo che non ci siamo né sentiti né scritti. Apparentemente sono tutti gli stessi dell'ultima volta, ma in realtà le cose cambiano sempre, per tutti.

<<Amanda che bello vederti, com'è che vai ancora con quel catorcio di uomo in giro. Non ti sei ancora stufata di quella pertica d'uomo? Se hai bisogno di farti consolare perché lui non ti guarda come vorresti io mi offro volontario.>> dice ridendo Sandro mentre abbraccia Anna, la sua fidanzata storica dai tempi della scuola. Mi chiedo ancora come abbiano fatto a reggere così a lungo.

Ma forse non tutti sono come me e la mia sfigataggine nei rapporti di coppia. Alcuni fanno bingo subito, così come altri perdono così tanto tempo pensando di aver sbancato e poi si rendono conto di aver perso i migliori anni dietro al cavallo sbagliato mentre potevano guardarsi meglio in giro.

<<Sandro perché non ti fai il solito tegame di cazzi tuoi e lasci in pace Amanda?>> dice di getto Matteo rivolto ad una comitiva che si gela a quell'uscita infelice. Matteo si innervosisce e si avvia veloce verso la riva, per stendere il telo che lui ha ricordato di portare anche per me!

<<Perché te la sei presa tanto? Sai che Sandro ha sempre queste uscite da marpione, anche se è con Anna presente. Lui scherza sempre.>> Matteo si fa concentrato su un punto a terra e mi accorgo che sta serrando la mascella. E' nervoso per qualcosa.

<<Vuoi parlarmene?>> dico rivolgendogli un sorriso per rabbonirlo.

<<No! E tu promettimi di non dargli troppo spago.>> ok, c'è decisamente qualcosa che non mi dice e che devo scoprire al più presto.

<<Peccato io volevo raccontarti una cosa su di lui e speravo che mi ascoltassi e mi dessi un parere...>> fingo incuriosendolo.

<<Cosa sai di lui? Chi te l'ha detto?>> si tradisce Matteo, dandomi la certezza che c'è davvero qualcosa da sapere su Sandro.

<<Non so nulla, scherzavo. Ma tu mi hai appena confermato che qualcosa da raccontare ci sia. Dimmelo dai.. daiiiii dimmeloooo.>> Comincio a stuzzicarlo come farebbe una bambina capricciosa e lui si arrende con un sorriso rassegnato.

<<Mi crederesti se ti dicessi che Sandro cornifica Anna dai tempi del liceo?>> la notizia ha l'effetto di un petardo dentro la mia testa. 

Come è possibile che io non mi sia mai accorta di nulla e che Anna non lo abbia mai lasciato? Resto a bocca aperta e chiedo spiegazioni.


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