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14.

Ciao splendore

Da lover a enemies
Gaia.S.

•ℂ𝕒𝕥𝕙𝕪•

☆☆☆

Arrivo a casa distrutta. Vorrei solamente scomparire dalla faccia della Terra, sarebbe un bene per tutti immagino.

Un dolore lancinante mi preme il cuore e le lacrime, iniziate a scendere appena uscita dall'infermeria, continuano a fluire impetuose sul mio volto.

Piccoli e insignificanti singhiozzi creano dei movimenti bruschi al mio petto, facendolo alzare e abbassare velocemente.

Attacco di panico.

Provo a riprendere, inutilmente, fiato. Mi accascio ai piedi del letto, appoggiando la schiena su di esso e stringendo i palmi delle mani sui miei occhi. Avvicino le ginocchia al mio busto, abbracciandomi con irruenza le gambe.

Perché gli ho detto delle parole così brutte anche se non penso assolutamente nulla di ciò che gli ho proferito? Perché combino sempre pasticci?

Guardo l'orario, sono quasi le quattro, devo cambiarmi in fretta per andare al lavoro. Provo a sciacquarmi il volto con acqua fredda, ma sembra tutto invano.

Esco di casa correndo, spero solo di arrivare in tempo. Attraverso così di fretta la strada che per poco non vengo investita, mi scuso con l'autista e continuo la mia maratona.

Appena giunta a destinazione, mi fiondo dal bancone dove vedo un Noah super concentrato lavare i bicchieri.

Nel momento in cui alza lo sguardo verso la porta e mi nota, sorride dolcemente. Non ricambio e mi fiondo a mettere la divisa.

Sospiro, appena in tempo. Un minuto in più e sarei arrivata in super ritardo.

«Cos'è quel viso tutto mogio mogio eh? Che è successo?» Domanda il mio collega, intento a spendere la busta dei chicchi di caffè, per riempire la macchinetta.

«Niente» rispondo con nonchalance, iniziando a pulire in modo distratto dei bicchieri. Sento delle mani calde tirarmi i fianchi, mi volto confusa ritrovandomi tra le braccia di Noah.

«Shhh sono qui, ci sono io... avanti parla, dimmi che è successo» sgrano gli occhi, realizzando la posizione in cui ci troviamo e provo a divincolarmi per staccare la presa ferrea del ragazzo.

«Potresti lasciarmi» chiedo agitata, subito sembra non ascoltare. Però poi mi libera e io ho tempo di riprendermi dall'accaduto per poco, poiché entra una cliente inaspettata.

«Guarda guarda chi si rivede... ciao splendore, come stai?» Saluta ammiccante Cloe. Si avvicina a me, abbracciandomi.

È il secondo abbraccio in meno di tre minuti, contando che non ne ho mai ricevuto uno in tutta la mia vita, è strano.

Come stai? Non ho mai analizzato a pieno questa piccola e delicata frase, così comune e quasi nauseante. Come sto veramente è una domanda senza risposta, non le ho mai dato un significato importante o un peso specifico.

Sto bene? Sì, la risposta è sempre sì, non cambia mai, non varia mai. Questo perché non ho mai parlato a nessuno di quello che provo o di quello che io abbia dovuto subire in passato.

«Bene» annuncio solamente senza guardarla negli occhi.

Si sposta davanti a me, iniziando a squadrarmi come se fossi una statua del Louvre.

«Si certo e io sono l'effetto ottico della fata Morrana» cinguetta, alzando gli occhi al cielo, mettendosi le mani sui fianchi e iniziando a sculettare.

«Della fata Morgana» la correggo, continuando a pulire un bicchiere preso a sentimento.

In tutto questo Noah si è volatilizzato, sparito nel nulla, dove sarà finito?

«Senti, sta sera ci sarà una festa e tu sei super invitata! E ovviamente andrai con la sottoscritta» saltella entusiasta Cloe. Ha sempre un sorriso smagliante sul volto... non capisco come faccia.

«No» la dileguo, ogni sua speranza e il suo volto, costantemente raggiante, si spegne improvvisamente. Sembra stia ragionando su qualcosa.

«Non era una domanda. Tu verrai. Punto» comanda con un sorriso sadico. Un brivido mi percorre la schiena, ma non per paura, per terrore puro. Annuisco velocemente «bene, ti vengo a prendere io, lasciami il tuo indirizzo e dammi il tuo numero di telefono». Faccio come mi chiede e finalmente iniziano ad entrare i clienti.

Arrivata la sera, Cloe si presenta subito alla mia porta e non è da sola. Con se ha una valigia piena zeppa di vestiti, di tutti i tipi, forme e colori diversi.

Sbianco.

«Cloe-» provo a dirle che mi sembra un po' esagerato, ma lei, mi fulmina con lo sguardo zittendomi di colpo.

«No» risponde solamente, penso, nell'intento di copiarmi come ho fatto io questa mattina «scegli il colore io penso al resto» sospiro affranta. La guardo per qualche secondo, prima di decretare la mia scelta.

«Nero» rispondo buttandomi seduta sul letto, prendendo un cuscino e abbracciandolo.

«Questo!» Opta Cloe per un vestito, davvero, davvero troppo corto. Nego ripetutamente con la testa «Allora vediamo... che ne pensi di questo qui invece?» Chiede mostrando, questa volta, un abito mezzo trasparente, nego nuovamente.

La vedo mordersi violentemente un labbro, con un'espressione tra il confuso e il riflessivo.

«Vai tu alla festa, io rimango molto volentieri-» cerco di bloccarla, ma vengo nuovamente interrotta.

«Assolutamente questo» sorride Cloe con gli occhi a forma di cuoricino e la voce tremante per la gioia.

Mi prendo un attimo per guardarlo, è un vestito nero attillato a maniche lunghe, il quale arriva fino alle cosce.

Coprirebbe le cicatrici che ho sulle braccia, è perfetto.

«Va bene» acconsento atona. Mi alzo e lo prendo tra le mani, strofinando delicatamente la stoffa morbida. Prima ancora di girarmi per andare in bagno, l'abito mi viene strappato dalle mani. Guardo stralunata Cloe, la quale ha un ghigno perfido sul volto.

«Aspetta! Dove credi di andare? Io e te adesso ci dobbiamo prima di tutto truccare! Oddio ho fatto una rima senza accorgermene» ridacchia tutta contenta.

«No. Io non mi trucco» espongo più glaciale di una calotta polare. Non esiste, non voglio truccarmi.

«Si invece» dice, facendomi girare di schiena, prendendomi le spalle e spingendomi verso il bagno. «Forza, togliti la maglia» sgrano gli occhi spaesata.

«C-cosa?» Domando paralizzata dalla paura. Mi gratto le mani con forza e il mio battito cardiaco aumenta, sento arrivare i sudori

«Come credi di riuscire a vestirti senza toglierti gli abiti che indossi ora scusa?» Chiede mezza divertita e mezza seria.

«Allora puoi andare via? Mi vorrei cambiare da sola...» la supplico con occhi privi di emozioni.

«Ma guarda che sono una ragazza come te, non mi sconvolgo stai tranquilla» mi asciugo le mani sudate sulle maniche della felpa. Inspiro provando a calmarmi e riprendendo l'aria, colei che i questo momento sta mancando ai miei polmoni.

«Per favore» sussurro sull'orlo del pianto. Sento il naso pizzicare, iniziando quasi a dare fastidio. La vista si appanna notevolmente e i respiri diventano corti e veloci.

Se vedesse le mie cicatrici... non reagirebbe come ha fatto suo fratello. Ne sono sicura.

«Hey hey va bene, non piangere. Esco subito» esprime e, detto questo, sparisce dalla mia visuale. Tiro un sospiro di sollievo e mi cambio alla svelta.

«Puoi entrare ho finito» annuncio.

***

Ho lottato un po' per non farmi truccare, lo ammetto e alla fine ho anche vinto, o quasi... mi ha obbligata a mettere almeno del mascara e alla fine, distrutta, ho accettato.

«Forza siamo già in ritardo, muoviamoci ora» sbraita agitata Cloe, mentre inizia a correre da una parte all'altra della stanza come una furia.

Corriamo dalla sua auto e appena dentro, un silenzio imbarazzante ci ingloba completamente.

La sento, sento che la ragazza al mio fianco vorrebbe farmi domande, troppe domande. A cui nemmeno io, sinceramente, ho una risposta.

Sono stupida e ingenua.

Appena arrivate scendiamo dall'auto e rivolgo uno sguardo alla casa, spalancando gli occhi terrificata.

È tutta decorata, piena di addobbi. Dei ragazzi sono avvinghiati l'uno all'altro, intenti a fare non so cosa, alcuni ridono come dei pazzi, altri vomitano e altri ancora bevono sostanze indefinite colorate.

Io avevo capito fosse una sorta di pic-nic in compagnia di qualche ragazzo e ragazza. Credo di aver frainteso tutto, ma la cosa che mi terrorizza maggiormente e di cui ho un dubbio è: se qui fuori c'è già tutto questo caos, dentro cosa ci sarà di preciso?

Sento spingermi da dietro e per un attimo l'intento di scappare è così alto da provarci veramente.

E così faccio, provo a correre via, ma Cloe sembra molto più forte di me e mi riporta indietro con poca difficoltà.

«Dove credi di andare? Forza entra e scateniamoci!» Grida entusiasta. Io un po' meno.

Guardo l'interno della casa ed è tutto sporco da far schifo. Vedo quello che credo sia vomito secco sul tappeto e l'intento di riprodurne anche io, si fa spazio nel mio intestino. Trattengo a stento un conato.

Questo è quello che fanno i giovani? Bere tanta acqua colorata, ballare mezzi nudi e vomitare dappertutto?

Mi incammino tra la folla, cercando la mia compagna, persa l'istante dopo essere entrate nella villetta.

Sento delle risatine e volto lo sguardo verso un divano mezzo distrutto. Li lo vedo, Kyle tiene stretto tra le sue mani il bacino di una ragazza.

Un vuoto che sembra incolmabile, si forma all'altezza del petto. Le mie mani ricadono inermi e il mio respiro diminuisce notevolmente.

Cosa dovevo aspettarmi? Che venisse da me per scusarsi di un mio errore?

Si gira verso di me e appena nota la mia figura si immobilizza. Vedo tutto a rallentatore, quasi come in una descrizione di un libro. La musica svanisce come le persone e, ad un tratto, rimaniamo solo io e lui.

Non posso permettermi di avere quelli che si definiscono amici, non voglio più essere ingannata.

Però sento che questa sensazione che provo quando vedo Kyle è diversa... è un'attrazione insolita e misteriosa.

Mi volto velocemente, avviandomi verso un luogo indefinito della casa. Supero a spallate tutti i ragazzi che mi si parano davanti e arrivo a quella che capisco sia una cucina.

Cerco della semplice acqua, controllo tutti i cassetti, ma oltre che un liquido chiaro con un odore molto forte, non trovo nulla.

«La vodka ti appassiona?» Domanda una voce al mio fianco. Mi volto spaesata, trovandomi di fronte ad un ragazzo con i capelli biondi e gli occhi azzurri.

«Questa acqua ha un nome?» Chiedo confusa, indicando la bottiglia riempita a metà. Il ragazzo ride divertito.

«Sei davvero molto bella lo ammetto» dice ad un tratto, senza rispondere alla mia domanda e sinceramente, non so cosa dirgli.

«Beh... grazie» esprimo imbarazzata, per poi girarmi per andare via. Faccio pochi passi poiché, sempre lo stesso ragazzo, mi prende un polso.

Una scarica di paura mi attraversa la schiena e brividi di freddo, ricoprono tutta la mia pelle candida.

«Aspetta io non so il tuo nome, potrei sapere il tuo?» Propone con un sorriso smagliante. Sembra così sereno e sicuro di sé, sembra che faccia così con ogni ragazza.

«No» fiato solamente, togliendo con forza la presa dal mio polso e scappando via.

Non mi piace dire il mio nome a nessuno, è fastidioso; anche se poi ti affibiano un soprannome osceno.

L'unico a cui l'ho detto è Kyle... Kyle.

Mi aveva detto di non cercarlo più e io farò così. Mi si stringe il cuore e mi si appanna notevolmente la vista; rimando immediatamente via le lacrime e continuo a correre tra i ragazzi.

Finalmente riesco a trovare l'uscita di questa orribile villa. Odio le feste.

Appena uscita cammino nel freddo vialetto, andando verso il cancello. Per uscire definitivamente.

Dietro una siepe sento dei rumori e inizialmente penso sia qualche animale che fa muovere le foglie.

Appena però, supero il cancello e guardo la parte da dove avviene questo fruscio mi blocco istantaneamente.

La ragazza che aveva fermato Kyle il primo giorno di scuola, è davanti a lui. Gli sorride, abbracciandolo subito dopo.

Un senso di rabbia, nausea, ma soprattutto... tristezza, mi annientano come niente.

Non mi ero nemmeno accorta delle calde lacrime che rigavano il mio volto, finché non ho sentito una goccia cadere sul dorso della mia mano.

Sento un dolore allucinante a livello addominale e in questo momento, vorrei solo scomparire dalla faccia della Terra. Per davvero.

Li vedo sparire, mano nella mano.

Finalmente i singhiozzi che trattenevo si liberano. Lasciandomi il permesso di sfogarmi a dovere e di assolvere questa orrenda sensazione di pesantezza.

Piango.

Continuando a singhiozzare sotto la luna piena, io piango.

Mi sento così stupida.

Inizio a correre dalla parte opposta dei due ragazzi, non mi importa dove. Basta che sia lontano, lontano da tutto e tutti.

Attraverso i marciapiedi, senza guardare niente e nessuno, ma, nel momento in cui attraverso la strada senza guardare, il suono di un clacson mi fa sgranare gli occhi, facendomi girare di scatto e bloccare sul posto.

I fari della vettura mi accecano e non mi copro in nessun modo per evitare lo schianto. Rimango impassibile davanti ad essa, quasi come se potessi frenarla con il semplice utilizzo del pensiero.

Oscurità, vuoto, il nulla completo.

Ecco quello che ho visto dopo.

☆☆☆

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