Prove di strategia.
Essere sola al San Bart non fu d'aiuto. Mi accorsi che la mia mente elaborava piani contorti, ma in verità non sapevo bene che fare.
Sarebbe stato facile ricorrere a Mycroft, aveva ancora saldamente in mano tutto il potere della governance. Avrei potuto accusarlo del suo fallimento, di avermi abbandonata.
Ero certa che sarebbe intervenuto, sapevo quale era il suo rigore morale, mi avrebbe difeso. Non volevo la sua compassione, odiavo che si tormentasse per come si erano accaniti su di lui. Malvest era un pericolo perché si era invaghito di me e ora la situazione era precipitata nel modo peggiore.
Pensai a John, l'unico che avrebbe potuto consigliarmi. La mia indecisione finalmente si placò.
Lo chiamai al cellulare e gli chiesi se poteva passare al san Bart. Si preoccupò subito e mi garantì che mi avrebbe raggiunto.
Gli chiesi dove fosse Mycroft, mi rispose che era rimasto attaccato al computer e lo aveva più volte sgridato, fino a quando Anthea lo aveva prelevato per portarlo a un controllo per il ginocchio.
Lo salutai e gli assicurai ancora che stavo bene.
L'appetito mi era sparito, ma mi sforzai di mandare giù qualcosa e rimasi pensierosa davanti al distributore automatico, mi decisi per un paio di merende super caloriche.
Passai il pomeriggio a stilare resoconti di decessi, catalogando povere vittime d'incidenti mortali.
Cercavo di allontanare il pensiero dell'incontro di Malvest, ma l'angoscia che provavo per le ferite che aveva sopportato Mycroft, divenne straziante. Rabbrividii e mi strinsi nel camice in cerca di sicurezza, ma nulla mi confortava.
Amavo il mio "ice man" profondamente e se Malvest era arrivato a punirlo così ferocemente era comprensibile il suo allontanarmi, il suo orgoglio era troppo radicato perché potesse condividere le sevizie che aveva subito. Lo sapevo bene perché era stato difficile anche per me confidarmi con qualcuno.
Lavorai senza fermarmi un minuto. Finché non arrivò Watson, mi guardò con l'aria di chi prevedeva cattive notizie.
"John, ho bisogno di un consiglio, non allarmarti così." Lo feci sedere con gentilezza, si slacciò la field Jacket scura e ascoltò attento. Gli raccontai tutto, come un fiume in piena.
"Per fortuna hai detto che non dovevo allarmarmi." Esplose alzandosi di scatto. Laura, i tuoi sospetti erano veri! Malvest è un porco infame."
Camminò, la giacca aperta, le mani affondate nelle tasche, cercava di riflettere. "Solo Mycroft potrebbe proteggerti."
"Non voglio, John! Non voglio si prenda sulle spalle anche questo. Ora sta soffrendo, non deve tornare da me per compassione." Mi sentivo sicura della mia scelta. "Capisci in che situazione si dibatte? So qual è la sua difficoltà, so cosa lo allontana da me."
John si fermò, si massaggiò la nuca con forza. "Lo scoprirà, Laura, e si arrabbierà. Sherlock tenterà di tenerlo all'oscuro, ma c'è poco da fare con Myc. Lo sai che controlla tutto."
Era vero, ma volevo dargli tempo di decomprimere le torture che aveva patito.
Lo guardai sconfortata. "Non c'era a proteggermi oggi, è evidente che ha tolto la sorveglianza. E Malvest lo sapeva, ha agito sentendosi al sicuro."
John annuì lentamente, vide la mia disperazione. "Parlerò con Sherlock."
Abbassò lo sguardo tormentato dai dubbi.
"A volte per troppo orgoglio, in una coppia ci si perde, ed è quello che state facendo voi due. Tenere Myc all'oscuro di tutto potrebbe irritarlo di più, ma se questa è la tua volontà, va bene, vedrò cosa posso fare."
Aveva ragione e ne aveva da vendere, ma l'orgoglio come diceva Watson mi impediva di correre da lui, non volevo riaverlo in quel modo, costasse anche la sua rabbia.
"Ci vediamo stasera a Baker Street vedi di non rimanere da sola."
Mi salutò abbottonandosi la giacca, mi sorrise. "Stai alla luce, ragazza." Nominò un vecchio film horror che tanto mi aveva spaventato: nel buio si nascondevano mostri oscuri che divoravano le loro vittime. Lo stesso stava accadendo a me e a Mycroft.
Stilai un paio di certificati di decesso e decisi di tornare a Baker Street insieme a Molly. Inventai una scusa banale, lei fu gentile mi accompagnò fino sotto casa.
Salii le scale quei pochi gradini che portavano all'appartamento più noto di Londra. Tutti conoscevano la fama dei fratelli Holmes. Trovai la signora Hudson intenta a pulire la cucina, con la musica a tutto volume. Beata donna! Era una forza della natura.
John mi salutò, con la piccola Rosie in braccio.
"Ciao, Laura." Sherlock si avvicinò guardingo. "Stai bene? John mi ha raccontato tutto."
"Sì, molto meglio." Lo guardai incuriosita. Gli occhi chiari immersi in un azzurro limpido, i capelli neri mossi e scomposti. Non c'era nulla da dire, tutto il fascino degli Holmes era finito a lui.
Sembrò leggermi dentro. "Mycroft ha altre qualità, lo sai bene Laura." Sorrise sornione. "So che lo ami, più di quello che si merita."
Alzai la mano e mi giustificai. "Avanti, Sherlock, sai quanto è complicato stargli vicino."
Mi prese per il braccio, cosa insolita e mi trascinò fino al camino. "Siediti e ascolta. Malvest ha le ore contate, non manca molto alla sua cattura, ti ha importunato cercando di corromperti per trovare una via di fuga, un tentativo per screditare Mycroft."
Si appoggiò allo schienale, prese un respiro profondo. "Mio fratello lo ha giudicato con superficialità credendo di averlo in pugno e ha allentato la tua sorveglianza. Ma stai tranquilla, presto tutto finirà."
I miei occhi mi tradirono pieni di lacrime. "Sai quello che gli ha fatto, vero? Penso che tu lo abbia capito da subito quando lo hai ritrovato." Lui annuì stancamente.
"Laura, lui mi ha implorato di tacere." Due lacrime mi scesero brucianti.
Lo guardai, il suo bel volto era cupo. "Quanto ami tuo fratello Sherlock? Ma lo nascondi così bene per non dargli la soddisfazione di ammetterlo. È così difficile dirvi che vi volete bene!"
Lui abbassò la testa. I capelli gli nascosero il volto. "Edwin Malvest pagherà tutto il male che gli ha fatto. Ti chiedo solo di pazientare."
Mormorò quelle poche parole come una condanna.
"Laura, cerca di essere forte perché sta passando un momento delicato, e tu sei il suo punto di rottura. Non escludo che cercherà di allontanarti con tutte le sue forze."
John ci portò due tazze di tè, ci fu una breve pausa. Sorseggiammo la bevanda calda e mi sentii meglio, ora sapevo che dovevo lottare per riprendermi il mio Mycroft.
"Lo terremo all'oscuro per non farlo prendere decisioni affrettate, ma presto lo scoprirà, e la sua reazione potrebbe essere scomposta."
Appoggiai la tazzina. "So quello che vuoi dire, il fatto che prenda dei farmaci antidepressivi non lo aiuterà di certo."
Sherlock si avvicinò, appoggiò la sua tazza. "Bada Laura, lui non è quello di prima, ma vista la sua salute malferma per ora non gli dirò nulla. Il rischio lo correrai inevitabilmente tu." Scossi la testa, sapevo a cosa potevo andare incontro.
"Ti scorterà Lestrade, con la scusa delle tue collaborazioni al san Bart. So che è fidato e si comporta da gentleman."
Sorrise e si lasciò andare sullo schienale. "Non vorrai accrescere la gelosia di quello stupido di Myc, vero?" Ridemmo insieme, ma eravamo preoccupati per la piega degli ultimi avvenimenti. Divenne serio.
"Laura, sta attenta e non girare da sola, lo so che la sorveglianza di Myc sarebbe stata più incisiva. Ma ora va bene così."
Nel frattempo la porta si aprì e comparve Mycroft, seguito da Anthea. Lei mi salutò con un sorriso benevolo, Holmes aveva raddoppiato le stampelle e zoppicava vistosamente.
Il ginocchio era peggiorato, tornava dalla clinica dopo gli accertamenti. La sua fidata segretaria consegnò a Watson un referto.
Myc si trascinò vicino a noi e affondò sulla poltrona. Ci fissò perplesso, spostò lo sguardo su di me.
"Beh, che state cospirando voi due? Avete un'aria che non promette bene." Mi concesse una smorfia ironica, gliela restituii grande il doppio.
John agitò la mano stringendo la lettera. "Nuova cura vedo, Myc." Lui sbuffò e scosse la testa. "Il ginocchio non mi regge molto. Stasera rinuncio alla visita dai nostri genitori. Mi dispiace, Sherlock."
Si era rivolto al fratello più giovane. Lui annuii comprensivo, portò le mani unite sotto al mento. Se lo conoscevo bene stava elaborando un piano.
"Noi usciamo lo stesso, portiamo Rosie da Violet, sai com'è mamma."
Una fila di denti candidi comparve sul suo viso angelico. "Potresti rimanere con Laura stasera cercando di essere gentile? Si occuperà lei di te."
Mycroft, sembrò sprofondare di più, e io mi trattenni dal sorridere, vedendo il suo volto impallidire.
Sherlock naturalmente sogghignò. "Affare fatto allora?" Nemmeno il tempo di replicare che era già diretto nell'altra stanza. John ci guardò e rise.
"Auguri Laura, non assassinarlo subito, dacci almeno un paio d'ore." Guardare il disappunto di Myc era impagabile. Il mio cuore si era fatto leggero. Passare una serata con lui non mi dispiaceva affatto.
Il British Government, cercò di aggiustarsi il colletto della camicia che sembrava stringergli troppo, poi rassegnato incrociò le braccia.
"Farò il possibile per sopportarlo, state tranquilli." Watson si avvicinò mentre indossava la giacca.
"Mycroft, lascia che Laura ti medichi le mani e ti sostituisca le fasciature." Lui brontolò mormorando che non ne aveva bisogno.
"Avanti Myc, è un medico anche lei, non fare i capricci."
Mi sorrise mentre prendeva in braccio Rosie.
"Lo fa sempre, si lamenta in continuazione, tu cerca di non ascoltarlo." Baciai la testolina di Rosie, e li accompagnai alla porta. Holmes, seduto sulla poltrona, cercava di darsi un contegno tentando di afferrare il libro di Shakespeare.
Sherlock gridò con la mano sulla porta. "Tratta bene Laura, cerca di essere gentile!" Lui sollevò la testa e arricciò le labbra. Agitò la mano cacciandoli via, loro risero complici, li spinsi fuori farfugliando di lasciarlo stare.
Tornai dentro decisa a tenere una conversazione decente con l'uomo di ghiaccio.
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