36.
Sticks and stones they may break this bones
But then I'll be ready, are you ready?
It's the start of us waking up come on
Are you ready? I'll be ready
I don't want control, I want to let go
Are you ready? I'll be ready
'Cause now it's time to let them know we are ready
-What about us, Pink
Le mani di Tiziano mi accarezzavano come fossi un'opera d'arte rara e preziosa; per la prima volta in vita mia mi sentivo davvero così.
Eravamo tornati in appartamento subito dopo la cerimonia in spiaggia e non l'avevamo più lasciato.
Avevamo parlato di tutto e di niente, ci eravamo tenuti per mano senza la paura che qualcuno potesse aprire la porta all'improvviso e scoprirci in atteggiamenti intimi; avevamo riso a voce alta senza timore che ci sentissero.
E avevamo fatto l'amore.
Tanto di quell'amore che, a volte, non si ha nemmeno in un'intera vita.
C'erano solo cose belle aggrappate ai muri di quella stanza; l'avevamo riempita del nostro meglio.
Le sue labbra presero di nuovo a venerare il mio corpo, lente e audaci, e io mi godevo ogni singola sensazione: i brividi sulla pelle, le fitte di piacere che mi facevano ansimare, il cuore che andava a una velocità tutta sua.
I ti amo sussurrati stavano sopra di noi, a ripararci dal freddo come una coperta per fare in modo che noi due potessimo continuare a stare così, nudi e liberi fino a che non ci saremmo stancati.
Quando ci separammo, per l'ennesima volta, stendendoci sul letto, era quasi mezzanotte.
«Usciamo a festeggiare?», domandai ancora ansimante.
«Non ho le forze».
«Dovresti fare un po' di palestra, sai?»
Tizio mi tirò un pugno decisamente troppo debole sulla spalla e io scoppiai a ridere.
«Andiamo fuori e facciamo il conto alla rovescia, mangiamo dodici chicchi d'uva e balliamo a mezzanotte».
Voltò la testa per guardarmi.
«Perché dodici chicchi d'uva?»
«Non so, è una tradizione. Nei dodici secondi che precedono lo scoccare della mezzanotte si mangiano i chicchi, uno per ogni secondo, e si esprimono i desideri».
«Con un chicco d'uva al secondo, l'unico desiderio che esprimerei sarebbe quello di non soffocarmi».
Risi ancora, poi iniziai a strattonargli giocosamente il braccio.
«Muoviti, dai!»
Ma Tiziano mugugnò il suo dissenso, poi si alzò e andò a prendere qualcosa nel suo zaino. Tornò sul letto con un pacco di caramelle gommose e ne tirò fuori una manciata che poi divise.
«Ecco, dodici caramelle per uno. A mezzanotte esprimiamo un desiderio e ci godiamo i fuochi d'artificio dalla finestra».
«Sei vecchio, lo sai?»
«Hai sposato un uomo più anziano, cosa pretendi?»
«Hai letteralmente due ore in più di me!»
«E le sento tutte».
«Pessimo. Sei davvero pessimo».
«Lo so».
«Ti odio».
Mi afferrò per la nuca e portò il mio viso a un centimetro scarso dal suo.
«No, mi ami».
Sorrisi.
«Sì, ti amo».
Lo baciai, ancora e ancora. Tizio guardò l'orologio e si mise seduto composto, a gambe incrociate e con la schiena ben dritta, poi prese il telefono e avviò il conto alla rovescia.
«Ci siamo, sei pronto?»
Pigiò il tasto sul telefono e iniziammo a mangiare le caramelle, una al secondo.
Fu un vero miracolo non soffocare, quelle cose gommose erano decisamente più pericolose di qualche stupido chicco d'uva.
Alla dodicesima scoppiammo a ridere come due cretini, le guance che dolevano a entrambi e la salivazione a mille.
«Buon compleanno», biascicò con la bocca ancora mezza piena.
«Credo sia il più bello vissuto finora».
Tizio sorrise e annuì, d'accordo con me.
Il frastuono dei fuochi d'artificio ci fece sobbalzare, ci alzammo e andammo a guardarli alla finestra.
Fuori lo spettacolo pirotecnico era meraviglioso, un tripudio di colori e forme e luci, e ce lo stavamo godendo da una stanza che odorava di noi, al calduccio, con una coperta sulle spalle e il sapore ancora dolce sulla lingua.
Era la seconda volta in poco tempo che mi ritrovavo a pensare che fosse tutto perfetto, e cercai di nuovo di godermi ogni più piccolo dettaglio di quell'istante.
«Mi devi un ballo, ricordatelo!»
Tiziano sorrise e annuì.
Era un discorso fatto qualche settimana prima. Stavamo guardando un film, io a Roma e lui a casa sua, e avevamo avviato una videochiamata, così ci sarebbe sembrato di essere insieme.
Il protagonista odiava ballare, la protagonista era una ballerina professionista; dopo mille peripezie che li avevano allontanati, finalmente erano riusciti a riappacificarsi e lui, per il compleanno della fidanzata, le aveva concesso un lento.
Al telefono avevo detto a Tiziano che anche io pretendevo un ballo per il mio compleanno, perché anche per noi le cose non erano state sempre facili, e lui aveva acconsentito.
«Al prossimo compleanno».
«Giura».
«Giuro», e si fece la croce sul cuore.
Appoggiai la testa sulla sua spalla e continuammo a goderci i fuochi in silenzio.
Il mattino dopo ci svegliammo a fatica.
Tiziano non era voluto uscire a festeggiare per la stanchezza, ma era una scusa, visto che avevamo fatto l'amore altre due volte.
Poco prima di mezzogiorno avevamo il volo, erano le otto ed eravamo distrutti.
Mettemmo negli zaini le poche cose che avevamo portato con noi e uscimmo di casa, le chiavi depositate nella cassetta della posta come da accordi con Esteban.
Due cambi di autobus dopo, eccoci all'aeroporto pronti per il check-in. Non avevamo parlato molto da quando avevamo lasciato l'appartamento, e sapevo perfettamente perché: andare a casa voleva dire tornare alle vecchie abitudini, a sentirci abbastanza spesso ma vederci veramente poco.
Significava guardarsi poco per paura di essere beccati, stare a distanza di sicurezza mentre eravamo in città, fare telefonate criptate se suo padre era nei dintorni.
Significava aspettare, aspettare e ancora aspettare.
Patire la sete per bere un cucchiaino d'acqua ogni tanto.
Eravamo in fila per salire sull'aereo e procedevamo a piccoli passi, Tiziano mi teneva la mano in maniera innaturale.
Serrava la presa, poi la rilasciava poco dopo e di nuovo stringeva.
Era agitato, lo sapevo perché lo ero anch'io.
La coppia davanti a noi salì il primo gradino; toccava a noi, ma Tiziano mi tirò indietro all'ultimo.
La fronte appoggiata alla mia, una mano a circondarmi la guancia e il suo respiro accelerato sul mio viso.
Mi baciò così forte che le gambe rischiarono di cedere.
C'era di tutto in quel bacio: amore, terrore, gratitudine, e io lo ricambiai con tutta la forza che avevo.
Quando si staccò da me, mi guardò come a chiedere il consenso.
Annuii.
Sì, sono pronto a tornare.
Ce la posso fare.
Ce la possiamo fare.
Insieme.
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