35.
Oh no, did I get too close?
Oh, did I almost see what's really on the inside?
All your insecurities, all the dirty laundry never made me blink on time
Unconditional, unconditionally
I will love you unconditionally
-Unconditionally, Katy Perry
Stavamo ridendo così tanto che non riuscivamo nemmeno a infilare la chiave nella serratura.
Eravamo fuori dall'appartamento da almeno due minuti, piegati sulle ginocchia e con le lacrime agli occhi, e la cosa andava avanti da quando eravamo usciti dal locale.
Con qualche cocktail di troppo in corpo, avevamo assistito a una scenata di gelosia da parte di una donna nei confronti di suo marito e tutta la situazione ci aveva fatto ridere in maniera decisamente esagerata.
Riuscimmo a entrare e ci buttammo sul letto, esausti e ancora scossi dalle risate.
«Secondo te se lo immaginava che ci fosse qualche altro italiano, oltre a loro?» mi chiese Tiziano.
«Ma va! Ha detto che l'unica chance che aveva con la cameriera se la poteva giocare perché nessuno avrebbe capito quanto è cretino e insulso!»
«Che stronza», e giù a ridere di nuovo. «Che poi, come fai a sposare qualcuno se hai quell'opinione di lui?»
«L'avrà detto per rabbia», supposi.
«Sì, ma l'ha comunque detto».
«Be', lui ha guardato il culo della ragazza per un bel po' prima che la moglie lo infamasse. E comunque i matrimoni mica sono sempre rose e fiori, anzi!».
«Vero. Però, boh, non so se riuscirei a dire una cosa del genere... Insomma, si sceglie qualcuno che ci fa ridere, non che ci fa incazzare», disse.
«Quando ti sposerai, allora, vedi di tenerlo presente».
«Non credo che mi sposerò».
«Sì che ti sposerai. Incontrerai una ragazza, una di quelle che non ha bisogno di molto trucco per poter essere perfetta, di quelle belle anche la mattina appena sveglie. E sarà colta, brillante, una donna che non avrà paura di fare un lavoro prettamente maschile perché vorrà cambiare questo mondo patriarcale e misogino. Sarà una di quelle che combatte per i diritti di tutti, per l'uguaglianza, e tu ti innamorerai di lei proprio per questo: perché riconoscerai in lei quello che non hai mai avuto dai tuoi genitori. Avrai a fianco una ragazza che ti farà innamorare dei suoi ideali, del suo modo di sorridere e ti dimenticherai che il primo che ha fatto sorridere te, invece, sono stato proprio io».
Tiziano fece per aprire bocca, ma io continuai.
«Andrà bene così, davvero, ma nel frattempo vorrei che tenessi a mente che mentre a te sarà passata perché avrai una nuova fidanzata, una nuova famiglia, magari anche una casa e dei figli... Ecco, mentre tu vivrai quella vita perfetta, ricordati che a me, invece, non passerà mai. Rimarrà per sempre».
L'allegria data dall'alcool aveva lasciato posto a una tristezza che si era insinuata piano piano sotto pelle.
Tiziano afferrò il mio viso in una sola mano e fece in modo che lo guardassi dritto negli occhi; terra e mare a fondersi per l'ennesima volta.
Dopo qualche secondo, la sua espressione si addolcì un po' e i suoi lineamenti sembrarono ammorbidirsi.
«Sposami tu, allora».
Sentii il cuore battermi ovunque.
«Non dire stronzate».
«Non dico stronzate. Non la voglio quella vita con qualcun'altro».
Appoggiai la fronte alla sua e chiusi gli occhi, sperando con tutto me stesso che quelle parole fossero vere.
«E allora combatti per non averla».
La mattina seguente mi svegliai solo.
C'era un bigliettino appoggiato sul cuscino che usava Tiziano, la sua calligrafia diceva che sarebbe tornato subito.
Feci giusto in tempo a riappoggiarlo sul letto che la porta si spalancò e lui entrò trafelato con una busta in mano. Aveva le guance arrossate e sembrava sovraeccitato.
«Buon compleanno», dissi sorridendo.
«Hai fatto la doccia?»
«No».
«Muoviti. Abbiamo pochissimo tempo».
Venne vicino al letto e mi afferrò per un braccio, iniziando a trascinarmi verso il bagno.
«Tiziano-»
«No, zitto, ora doccia».
Mi lavai a tempo di record e tornai in camera. Tizio si stava allacciando i bottoni di una camicia larga di lino beige davanti allo specchio e aveva indosso un paio di pantaloni dello stesso colore e tessuto.
Era bellissimo.
«I tuoi vestiti sono nella busta», disse indicandola con un cenno della testa.
Sbirciai dentro e ci trovai un completo identico al suo, ma sui toni del grigio. Quando lo guardai con un sopracciglio alzato lui scrollò le spalle.
«C'è una festa in spiaggia».
«E dobbiamo andarci vestiti uguali perché...»
«Non dobbiamo vestirci uguali, ma è una festa elegante e noi abbiamo portato solo jeans. Ho preso i primi completi decenti che ho trovato, non avevo voglia di cercare altro».
Una festa alle dieci del mattino suonava comunque abbastanza strano, ma lui sembrava convinto e continuava a guardarmi con quella faccia che chiedeva di sbrigarmi, quindi mi vestii anch'io.
Dopo cinque minuti stavamo marciando a passo svelto in strada, io che faticavo a stragli dietro e lui che continuava a guardare l'orologio.
«Ma dopo una certa ora non fanno entrare, per caso?», domandai non capendo l'urgenza con cui ci stavamo muovendo.
«Cosa? No, no».
Ritenni che non avrebbe avuto senso continuare a fare domande, visto che mi stava rispondendo a monosillabi, quindi mi limitai a seguirlo facendo lo slalom tra la gente che passeggiava pigra nelle vie caotiche di Barcellona.
La spiaggia apparve davanti a noi dopo qualche minuto, grande, bianca e bellissima.
Anche quel giorno faceva abbastanza caldo, un tabellone luminoso sorpassato poco prima indicava che c'erano quattordici gradi.
Le persone erano sparse qua e là sopra i teli; qualcuno giocava a lanciarsi un frisbee, altri avevano disegnato un rettangolo di fortuna sulla sabbia che ora veniva utilizzato come campetto da beach volley, ma della festa neanche l'ombra.
«Sei sicuro che fosse qua?»
Tiziano annuì continuando a camminare deciso verso una direzione non meglio identificata, poi si fermò.
Fissava una struttura davanti a sé, una specie di arco squadrato decorato con del tulle bianco e qualche fiore.
Sembrava qualcosa che mi fece sentire come se qualcuno mi stesse stringendo lo stomaco in un pugno.
Quando si voltò verso di me, i suoi occhi erano lucidi quanto i miei.
«Ho girato come un pazzo per trovare quel coglione di Esteban».
E infatti eccolo là, vestito di bianco, sotto l'archetto, che si sbracciava per salutarci.
Io ero come in trance.
Tutto quello che avevo davanti mi sembrava irreale; guardavo Tiziano e avevo il terrore di svegliarmi da un momento all'altro, di scoprire che era stato tutto un bellissimo sogno.
«Sposami, Domenico», e mi scoppiò il cuore.
Boccheggiavo, mentre cercavo di ricordare come si faceva a respirare e cercavo di controllare i muscoli facciali per non avere un'espressione troppo da idiota.
Ma avevo davanti lui, bello com'era sempre stato, che mi guardava con quegli occhi di mare lucidi e speranzosi... Come avrei potuto pretendere di rimanere calmo?
Come potevo chiedere al mio povero cuore di smetterla con quei battiti frenetici che sembravano rimbombarmi anche nelle orecchie?
Mi aggrappai al suo collo e lo baciai così forte, che ebbi paura di avergli fatto persino male.
Ma Tiziano non disse niente, sorrise nel mio bacio e lo ricambiò.
Esteban ci accolse con un sorriso gigante sul volto e le braccia semi aperte, proprio come avrebbe fatto un prete in una qualsiasi chiesa.
«Ecco los novios, qué lindos!»
Sorrisi anch'io e mi venne un dubbio.
«Ma è legale tutto questo? Cioè, ha valore ufficiale, tipo?»
Esteban fece un gesto con la mano, come a voler minimizzare la cosa.
«Ma claro que no! Quando tornate en Italia dovete andare da uno serio. Esto es solo romantico».
Nel momento stesso in cui ponevo la domanda, e mentre ascoltavo Esteban rispondere, mi resi conto che non mi interessava.
Non era l'ufficialità della cerimonia a rendere speciale tutto quello.
Era il trovarsi in un paese lontano da casa, nel quale Tiziano aveva potuto essere sé stesso.
Erano i suoi occhi felici come poche volte avevo visto.
Erano i miei capelli, la loro tinta sbiadita e diventata di un tenue azzurro che era perfetto col grigio del vestito.
Era quell'incisivo che sporgeva appena quando mi sorrideva.
Era l'archetto col tulle e i fiori intrecciati attorno, sulla sabbia bianca con l'azzurro del mare come sfondo.
Eravamo noi che ci stavamo scegliendo.
Era il mio cuore che continuava ad andare a una velocità folle, le mani che tremavano e il sorriso che sembrava volersi allargare sempre di più.
Il nostro celebrante improvvisato prese il telefono e iniziò a leggere in un italiano davvero pessimo, ma francamente non avrebbe potuto importarmi di meno.
Recitò la classica frase da film americano, avvertendo una platea inesistente che ci trovavamo lì per celebrare il matrimonio di Tiziano e Domenico, due ragazzi giovani ma che sapevano già cosa volevano dalla vita e dal compagno.
Ci chiese di pronunciare ad alta voce le promesse che avevamo preparato, senza pensare che Tiziano lo era andato a cercare la mattina stessa e quindi di preparato non c'era davvero nulla.
Io sgranai gli occhi, lui invece sembrava tranquillo; mi prese la mano e iniziò per primo.
«Ti sposo, Domenico, per tutte le volte che mi hai aspettato e che mi aspetterai. Perché sono me soltanto con te. Perché mi fai venire voglia di essere più coraggioso solo per poterti baciare in mezzo a una strada e perché sei la prima persona che ho amato».
Io a Tiziano non lo vedevo più. Il mio continuo sbattere le palpebre non era servito a niente: le lacrime erano salite e mi avevano appannato la vista.
Feci due respiri profondi mentre lui, paziente, col pollice accarezzava lento la mia pelle.
Mi schiarii la voce nella speranza di non farla uscire troppo spezzata.
«Ti sposo, Tiziano, perché sei l'unico per cui vale la pena aspettare. Perché sei la prima persona che ho dipinto e che continuerei a dipingere. Perché posso stare da solo, ma preferisco stare con te. Perché so per certo che non amerò nessun'altro come amo te».
Tizio allargò il suo sorriso ancora di più; le gote che pian piano si arrossavano nascondendo parzialmente le piccole lentiggini venute fuori il giorno prima, dopo aver passeggiato tutto il giorno sotto il sole.
Mi strinse la mano e parlò in un sussurro rotto.
«Non me lo avevi mai detto questo».
Era vero, non gli avevo mai detto che lo amavo, ma ero sicuro che i miei gesti e il modo in cui lo guardavo glielo avessero suggerito già molto tempo prima.
«Lo so», replicai strizzandogli un occhio.
«Muy bien, chicos, ahora puedes dare los anillos».
Io e Tiziano lo guardammo leggermente confusi.
«Anillos! Agnello... ¿como se dice? Esto!», e indicò uno degli anelli che gli adornavano le dita.
«Oh! No, non abbiamo-», ma mi bloccai quando vidi la mano di Tizio frugare nella tasca e tirarne fuori due fedine d'argento porgendomene una.
Le mi dita tremanti riuscirono ad afferrarla a stento.
Un anello.
Un pezzo di metallo così piccolo e così potente.
Mi sembrava perfetto, il gioiello più bello che avessi mai visto, quello che Tiziano aveva comprato per me, per sposarmi e farsi sposare.
Una cosa che ci avrebbe legati per sempre.
«Non è un rito ufficiale, non credo ci sia bisogno di tutta quella pappardella su di me che prendo te come mio legittimo bla bla bla. Ti sposo così, Domenico, con un anello semplice e con il cuore», e il mio anulare sembrò acquistare improvvisamente un valore inestimabile.
Decisi di ripetere le sue stesse parole, perché erano così semplici e così vere, che faticavo a pensare di poterne trovare di più giuste.
«Ti sposo così, Tiziano, con un anello semplice e con il cuore».
Entrambi guardammo Esteban, in attesa.
«Los declaro casados, pueden besarse! ¿Cómo se dice? Siete esposati, bacio!»
Tizio mi circondò il volto con entrambe le mani, mi guardò negli occhi per un secondo che sembrò infinito e mi baciò.
Il bacio più dolce e felice che avessi mai ricevuto.
«Quindi non amerai mai nessuno come ami me, eh?»
«Mai».
«Scommettiamo?»
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