05.
Some other folks might be a little bit smarter than I am
Bigger and stronger too, maybe
But none of them will never love you the way I do
It's me and you boy
-You've got a friend in me, Randy Newman
A quattro anni feci quasi disperare i miei genitori. Non mangiavo quasi nulla, non dormivo quasi mai e non volevo giocare con nessun bambino che non fosse Tiziano.
Andai avanti così a partire dalle vacanze natalizie fino a metà gennaio, ovvero quando la mia testardaggine ebbe la meglio su mamma e papà.
Il ventuno dicembre, ultimo giorno dell'anno di asilo, la maestra Giovanna venne a svegliarmi dal solito riposino pomeridiano. Come sempre, dopo un iniziale momento di immobilità, andavo a infilarmi nel letto di Tizio e dormivo con lui, e puntualmente le maestre scherzavano sul fatto che sembrassimo gemelli siamesi, più che amici.
«Ma come farai l'anno prossimo, quando Tiziano andrà a scuola e tu rimarrai con noi?»
Non credo si sia mai resa conto della catastrofe che scatenò quella frase.
Feci lo sciopero della fame e della sete, piansi come un disperato e mi rifiutai persino di aprire i regali di Natale, quell'anno.
Voglio andare a scuola con Tiziano, trovate un modo.
Ecco, quello era l'unico regalo che volevo.
Scappavo di casa in piena notte e andavo a bussare alla finestra di Tizio, che mi faceva entrare e poi avvisava sua mamma, che prontamente telefonava alla mia per non farle prendere un infarto, nel caso non mi avesse trovato in camera la mattina seguente.
«Scommetto che non ce la fai a restare all'asilo senza di me», mi aveva detto quello stronzo, una notte.
Credo che quella fu la prima volta in cui capii il concetto di psicologia inversa, pur senza averne mai neppure sentito parlare.
Ma a me non mi freghi, pensai. Non è che non ce la faccio a stare all'asilo senza di te, è che proprio non voglio.
Tiziano era il mio migliore amico, mio fratello e mio complice. Era tutto già a soli quattro anni, ed era destinato a crescere sempre di più, quel tutto che agli altri faceva così paura.
Una notte, una di quelle in cui ero scappato a casa sua, volevo andare in cucina a prendere un bicchiere d'acqua, e per sbaglio origliai la conversazione che sua mamma stava avendo al telefono con la mia.
«Non mi fraintendere, Giada, è che... Non ti pare un po' strano che così piccoli siano già così attaccati? Come faranno, da grandi, quando ognuno avrà le sue amicizie? Ma no, certo che potranno uscire insieme, ma sai com'è quando si è ragazzi... Si litiga così spesso. Ma tu non sei preoccupata? Vivono in simbiosi praticamente. Fosse per loro andrebbero anche al bagno insieme».
E allora? Cosa c'era di male a voler stare sempre con una persona? Lei non voleva passare il tempo con suo figlio o suo marito? Perché la stessa cosa non doveva andare bene se si trattava di un amico?
Il giorno dopo lo chiesi ai miei genitori, che si guardarono come se mi dovessero dare la notizia peggiore del mondo.
«Amore, non tutti sono disposti a osservare col cuore. Spesso le persone lo fanno solo con gli occhi o, peggio ancora, con gli occhi degli altri. Hanno paura che si sparli...». E poi partì la spiegazione su cosa fossero i pregiudizi, sul dover fare solo quello che ci rende felici, senza ascoltare il parere altrui, sul seguire e difendere la nostra natura sempre e comunque, ad ogni costo.
A Tiziano, nella casetta sull'albero che avevamo costruito insieme a mio padre l'estate precedente, chiesi se lui sarebbe stato con me per sempre, se avrebbe difeso la nostra amicizia ad ogni costo.
Mi rispose di sì, facendosi pure la croce sul cuore, e mi disse che se avessi voluto, il modo di fare la scuola insieme a lui c'era.
Lo sapeva perché si era informato, perché non voleva andare in prima elementare senza di me.
Quel giorno, quando lui tornò a casa sua, io andai dalla mamma e le dissi che volevo fare il primino, che avevamo tempo fino a febbraio per fare l'iscrizione. Corsi in camera mia e presi i regali che mi aveva portato Babbo Natale insieme a quelli del compleanno appena passato, ancora perfettamente incartati, e li appoggiai sul tavolino del salotto.
«Questi li possiamo rimandare indietro, oppure li regaliamo a un bambino povero. Quest'anno voglio solo andare a scuola. È il regalo che voglio di più di tutto».
Questi eravamo noi a cinque anni.
Questo ero io a cinque anni.
Volevo Tiziano più di tutto.
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