Capitolo 5
Era passata ormai una settimana dalla sua disavventura e Audrey decise di acquistare il biglietto di andata e ritorno per New York.
In quel momento aveva allacciato la cintura di sicurezza poiché l'aereo era in fase d'arrivo; una volta atterrata e afferrato il suo borsone, attese un taxi che l'avrebbe portata fino al suo appartamento. Non avrebbe mai chiesto ad Amanda per andare a prenderla, ben conscia del traffico allucinante in città, quindi impiegò un'ora per arrivare a casa.
Una volta arrivata, suonò al suo campanello ed attese nemmeno un minuto prima che la porta si aprisse e venisse quindi accolta dalla sua migliore amica. Quel giorno esibiva una tinta brillante ai capelli color Dark Tulip, uno splendido viola che lei stessa aveva sempre desiderato fare, e una vestaglia cortissima che le copriva a stento il sedere azzurro pastello. Non si poteva certo dire che Amanda non attirasse poco l'attenzione!
- Mia tortina al cioccolato, sei tornata a casa! – squittì la ragazza, abbracciando con calore Audrey, dovendosi piegare leggermente in avanti vista la differenza evidente d'altezza tra le due.
Amanda era alta un bel metro e ottanta centimetri ed era anche molto magra, aveva un seno piccolo e sodo e fianchi strettissimi ed un viso da bambolina di porcellana, con i suoi meravigliosi occhi color cioccolato fondente. Audrey si sentiva spesso a disagio in sua presenza ma la sua amica era una persona, che a dispetto del suo aspetto appariscente, molto affettuosa e sempre disponibile e nonostante i suoi complessi di inferiorità riusciva sempre a metterla a proprio agio.
- Si, mia bellissima giraffetta, sono a casa – le sorrise dopo essersi separata dall'amica.
L'appartamento era identico al suo, ma si diversificava molto grazie al gioco di colori vivaci e dal mobilio in stile marocchino che Amanda aveva adottato per migliorare l'estetica della casa, rendendo gli spazi caldi e accoglienti. La rispecchiava molto.
- Dov'è la mia principessa? – chiese a gran voce, sentendo a mala pena dei passi felpati avvicinarsi. Una grossa nuvola di pelo bianchissimo le si strusciò sulle gambe, iniziando a fare grosse e potenti fusa. – Oh eccoti qui! Ciao amore, ti sei comportata bene con la zietta? – le domandò con una voce stridula ed infantile, prendendola in braccio e beccandosi in risposa qualche testata dalla sua enorme gatta.
- Si è stata brava, sembrava quasi di non averla in casa! Ma ti prego... Smettila di parlare come un idiota e vieni a sederti – le rispose Amanda, andando in cucina a preparare del caffè e portando poi in tavola dei biscotti al burro – Allora, raccontami un po' dei giorni che hai passato in Montana. Ti sei convertita alle mucche e ai cowboy? – ridacchiò.
Audrey si sedette e fece una smorfia – No, non è più un posto adatto a me, lo sai. Però ecco... Ho riscontrato alcuni problemi e temo dovrò trasferirmi laggiù per un po' -
- Bè si, mi sembra ovvio che... Cosa?! – esplose Amanda, guardandola con occhi sgranati – Non mi avevi detto che dovevi trasferirti! Perché? –
L'altra sospirò sonoramente e cominciò a dirle tutto ciò che era successo; non tralasciò niente e Amanda la ascoltò con attenzione.
- Non avrei mai immaginato che tu, proprio tu, un giorno potessi trasferirti nel buco del culo del diavolo... ma sei sicura? Insomma, tuo padre era quel che era, nonostante non mi possa sbilanciare molto su di lui conoscendolo solo dai tuoi racconti. Però non so Audrey, ecco... non trovo carino vendere il ranch, in fondo era anche di tua madre, ci hai pensato bene? –
- Credi che non ci abbia pensato? Amanda, sarebbe la mia opportunità per aprire il mio negozio! Ho lavorato sodo, ho sputato sangue e buttato anni di lavoro per niente visto che quella stronza mi ha licenziata. Purtroppo Heath non possiede tutta la somma che mi servirebbe per aprire qualcosa qui, in città. Non posso più aspettare, voglio cogliere anche la più piccola possibilità – rispose mentre fissava assorta fuori dalla finestra.
Amanda sospirò. Allungò una mano ed afferrò saldamente quella dell'altra – Credimi, comprendo perfettamente il tuo desiderio di camminare finalmente sulle tue gambe. Spero solo che questa sia la scelta più giusta, per te e per lui; da come ne parli, sembra essersi dato molto da fare per il ranch per molti anni, e naturalmente quelli che lavorano con lui. – sibilò, continuando a bere il suo caffè con nonchalance, ma osservando di sottecchi l'altra – Comunque non è una cosa che di deve interessare –
Audrey divenne improvvisamente di ghiaccio, non avendo minimamente pensato agli uomini che lavoravano lì. Si afflosciò, sentendosi male. – E cosa dovrebbe esserci di più importante da sapere? –
- Ma è ovvio no? Heath è o non è uno stallone selvaggio da monta? –
Per poco non sputo caffè e saliva in faccia all'amica – Ma che diavolo di domande fai?! –
- Oh ti prego! Non dirmi che non hai avuto modo di guardarlo con attenzione meticolosa ed averci fatto dei pensieri zozzarelli! -
- Per l'amor di Dio Amy! Heath era come un fratello per me, ed ora a stento ci rivolgiamo la parola, se non per qualche insulto! Non nego che con gli anni non sia diventato un bel uomo, ma non è proprio il mio tipo... È rozzo, arrogante, un pallone gonfiato ed un idiota! Per quanto un giro in giostra non mi dispiacerebbe farmela... Cristo! Che diavolo mi fai dire! – borbottò mangiucchiando un biscotto, mentre le sue guance assumevano sempre di più all'aspetto di due mele rosse mature.
Amanda spostò il piattino con i biscotti, sapendo perfettamente che l'amica avrebbe iniziato a mangiarli per nervosismo. Poi le puntò il dito contro - Lui ti piace! Eccome se ti piace! Il solo fatto che tu faccia dei pensierini a luci rossissime su di lui la dice lunga. Solo che sei talmente testarda, che invece di ammetterlo ti faresti amputare una gamba senza anestesia! E comunque non vedo cosa ci sia di male nell'assaggiare una salsiccia diversa da quelle di città, secondo me è più saporita e ti darebbe la giusta carica! – ridacchiò – Da quanto non fai sesso? Eh? Te lo dico io: un anno! Ti rendi conto? Praticamente ti è tornata integra la verginità, e lì sotto avrai una fittissima ragnatela altro che; se vuoi ti accompagno in convento e prendi i voti direttamente.
Prendi questo periodo lì come una nuova avventura Didy. Non hai nulla da perdere alla fine, anzi chissà, magari ti darà la sua parte se gli offri un aiuto in natura! –
Audrey si coprì il volto con entrambe le mani - Sei una sciroccata Amy, seriamente! – poi un pensiero le balenò nella mente: e se avesse davvero tentato di sedurlo in cambio della sua quota? In fondo, anche se non aveva una grande esperienza con gli uomini, riusciva ancora a notare uno sguardo malizioso e lussurioso... E lui la guardava spesso e volentieri così! Scosse il capo a quel pensiero così assurdo e sospirò mogia - Comunque devo iniziare a inscatolare le mie cose e devo anche disdire l'affitto; non ho un conto bancario enorme, posso permettermi di pagare per l'appartamento per altri mesi -
- Ti aiuteremo io e Dennis; vedrai tesoro, nel giro di qualche giorno avremo sistemato tutto! Ora, visto che non avrai niente in frigo, che dici di ordinare una maxi pizza con patatine e salamino? - chiese Amy ammiccando verso l'amica.
Audrey non poté che accettare con entusiasmo.
Dopo quasi due settimane passate tra enormi scatoloni e polvere, ora se ne stava in ginocchio a mettere lo scotch sull'ultimo pacco da spedire. In verità, non ce n'erano così tanti, non aveva molto di sé in quell'appartamento ma solo lo stretto necessario per vivere. Il signor Cook, il proprietario che le aveva affittato il monolocale, rimase sbigottito dalla sua decisione di andarsene, ma le aveva comunque assicurato di lasciarlo libero per lei nel caso un giorno avesse scelto di tornare. Lo aveva guardato con tenerezza e lo aveva abbracciato, quell'uomo era buono come una focaccina tenera.
- Ehi dolcezza! Hai finito di impacchettare la tua roba? - chiese Amanda entrando dalla porta che Audrey aveva lasciato aperta.
- Si, ho finito. Questo era l'ultimo - disse guardando il suo vecchio appartamento ormai spoglio.
Amanda la guardò - Non posso davvero credere che domani sia il gran giorno. Come farò ora? Impazzirò senza averti tra i piedi! - esordì, tentando di sdrammatizzare quel triste momento.
Audrey si alzò e l'abbracciò - Non cambierà nulla Amy, ti chiamerò ogni settimana e ci terremo sempre in contatto! E poi verrò qui ogni tanto, e tu verrai da me! -
L'altra ricambiò cercando di trattenere le lacrime e annuì sulla sua spalla - Comunque stasera usciamo! Solo tu ed io, dobbiamo festeggiare con il botto la tua ultima sera qui a New York! –
La serata tra amici era volata come un battito di ciglia, passato tra drink alcolici e canti stonati al karaoke, portando via un po' di tristezza e malinconia per quell'addio. Di mattina presto, con i postumi della sbornia ancora in circolo, Dennis chiamò un Uber e aiutò a caricare gli scatoloni. Arrivarono stranamente in orario all'aeroporto, e dopo aver imbarcato tutti i pacchi e il trasportino con Ottavia che soffiava a tutto spiano, si salutarono con le lacrime agli occhi. Quando la voce gracchiante dell'auto-parlante annunciò la partenza, Amanda aveva preso a singhiozzare ininterrottamente e Dennis era in piena crisi isterica, mentre Audrey tentava inutilmente di confortarli. Si sentiva davvero male nel vederli così tristi, ma cercava di sorridere loro anche se per lei era difficile; riusciva a stento nel trattenere le lacrime, in modo poco stoico, mentre si incamminava oltre la porta che l'avrebbe portata a White Sulphur Spring per l'ennesima volta.
Arrivò nel tardo pomeriggio in perfetto orario, e intanto che attendeva tutti i suoi bagagli e il trasportino, continuava a guardarsi intorno, nella speranza di vedere Heath ma non c'era alcuna traccia del ragazzo. Stava per prendere il telefono e cominciare a tempestarlo di telefonate quando in lontananza notò un grosso energumeno avvicinarsi velocemente. Quando lo riconobbe esultò – Sam! -
Quest'ultimo rallentò vedendola e le sorrise, andandole incontro - Audrey! Scusa il ritardo ma è stato tremendamente difficile trovare un parcheggio! -
- Come mai sei venuto tu a prendermi? - chiese prendendo il trasportino dove Ottavia sonnecchiava.
- Heath ha avuto un inconveniente, purtroppo un macchinario è fuori uso e doveva aspettare un meccanico per sistemare il guasto... E questo? Non credevo possedessi un animale! - disse sbalordito.
- Perché non dovrei avere animali? Comunque lei è Ottavia, la mia gattona - sorrise affettuosamente.
Sam cominciò ad essere in imbarazzo; non sapeva come dirle il suo pensiero senza sembrare maleducato – Bè sai, non vorrei essere indiscreto ma non mi sembravi un'amante della natura, e degli animali in generale. Mi sa che devo ricredermi eh? - ridacchiò a disagio.
Audrey strabuzzò gli occhi: ok, questo le aveva fatto male – Sono praticamente nata qui, ed anche se me ne sono andata molti anni fa per ragioni che non conosci, e non ti devono nemmeno interessare, non significa sia una persona insensibile e che quindi detesti la casa e ciò che la circonda. Io non mi permetto di giudicare solo a causa delle apparenze o nel suo modo di parlare, perché non possiamo conoscere cosa possa nascondere in sé una persona – disse cercando di mantenere la voce ferma e calma – Prendo un carello, ho molti scatoloni da portare via – concluse dandogli le spalle.
Samuel si diede dell'idiota per averla offesa. Perché sì, era stato un vero stronzo! Era un grande amico di Heath e aveva sempre ascoltato la sua versione dei fatti, e di conseguenza l'idea sulla ragazza si era distorta parecchio; la considerava una donna superficiale e a tratti arrogante e cinica, ma questo perché aveva giudicato troppo in fretta. Non le aveva dato nessuna possibilità, l'aveva giudicata prima di conoscerla di persona. Sospirò sconfortato, avrebbe volentieri desiderato rimangiarsi le sue parole; il viaggio di ritorno sarebbe stato più lungo e silenzioso di quanto poteva solo immaginare.
Giunsero al ranch ormai verso sera e stranamente non c'era nessuno ad attenderli, perciò dovettero scaricare gli scatoloni da soli. Quando Sam terminò di darle una mano, borbottò delle scuse e si dileguò, lasciando Audrey a sistemare le sue cose; aprì la gabbietta dove Ottavia uscì con passo guardingo, cominciando a guardarsi attorno.
- Andiamo Ottavia, più tardi ti faccio uscire, ma prima devo assolutamente togliere qualche vestito da questi pacchi. – '' Non che abbia chissà quanti vestiti con me, li sistemerò in quattro e quattr'otto. Pochi ma buoni no? '' pensò.
Non aveva mai sperperato i suoi guadagni in cose superflue, e il doversi pagare in parte gli studi e gli affitti con annesse bollette, l'avevano resa una persona parsimoniosa. I suoi abiti erano economici anche se erano di fattura abbastanza buona, ma negli anni non le erano passate inosservate le pesanti frecciatine che persone, spesso donne, le rivolgevano quando la guardavano entrare nei locali con i suoi amici. Ma si faceva forza, in fondo, aveva il suo sogno da far diventare realtà, e quindi ingoiava numerosi rospi, sentendo quel sogno avvicinarsi piano.
Ora però, non aveva più nemmeno quello a cui aggrapparsi. Aveva perso il lavoro per cui aveva buttato notti placide e versato lacrime amare; si era trovata a dover condividere quella che un tempo era la sua casa, con una persona che trovava a mala pena sopportabile. Una lacrima scese lungo la sua guancia, per poi morire sulle sue labbra, mentre distribuiva senza nemmeno vedere le sue cose nell'armadio; quando sentì la gola bruciarle, un singhiozzo le fuggì senza nemmeno rendersene conto. Si sentiva così sola, lontana dai suoi amici e da quella che era la sua vita prima di tutto quel disastro. Ottavia le si strusciò addosso e Audrey le carezzò il capo paffuto – Oh Ottavia... Che cosa devo fare? Credevo, speravo che almeno con Samuel potessi stringere un rapporto cortese, e invece pensa che io sia una persona terribile. Nessuno pensa a cosa provo? Non oso immaginare cosa pensino gli altri di me... Odio stare qui. E tutto per quel maledetto testamento! -
Il sole ormai era tramontato già da qualche ora, non aveva terminato di sistemare ma era già a buon punto; si guardò attorno e si sentiva più a suo agio, sentendola più sua. Ottavia miagolò, attirando la sua attenzione – Piccola mia, vuoi uscire eh? Non vorrei cominciassi a marchiare questa stanza per inaugurarla – ridacchiò prendendola in braccio.
Non appena aprì la porta, la sua gatta scese velocemente e cominciò a esplorare il piccolo giardino; fortunatamente era sterilizzata, quindi non sarebbe andata troppo lontana. Il cielo aveva assunto una bellissima tonalità di blu scuro, pieno di stelle brillanti e una brezza fredda le carezzò il corpo, dandole subito un gran sollievo. Ottavia corse a fare pipì vicino ad una piccola siepe d'alloro, poi si mise ad annusare l'aria rizzando appena il pelo. Non si era accorta che un grosso bolide nero stava correndo a gran velocità, solo quando udì un miagolare acuto, Audrey si ridestò; distolse lo sguardo dal cielo con un sobbalzo spaventato: Blaise aveva afferrata per la collottola la sua gatta e non sembrava desideroso di mollare la presa!
Corse veloce e urlò – Blaise! Mollala subito! Lasciala andare, Blaise! – cercò di aprirgli la bocca senza successo.
Heath corse dietro al cane, vedendolo prendere la rincorsa - Blaise! - disse con voce secca.
Quando lo raggiunse, per poco non scoppiò a ridere, ma le urla acute della donna lo fece desistere dal desiderio di sghignazzare. – BLAISE BASTA! – ribatté furioso; il cane percepì il tono e dovette temere una ripercussione da parte del padrone, perciò mollò la povera gatta che si fiondò tra le braccia della padrona, che cominciò a scrutarla con attenzione, sperando di non trovare delle ferite.
Heath guardò la ragazza, preoccupato dal suo pallore - Accidenti Audrey! Non ti ha fatto male vero? –
- Quel maledetto cane! Non è addestrato vero? Avrebbe potuto fare male alla mia piccolina! - gridò istericamente, fissando truce il grosso cane che ora la guardava con le orecchie abbassate.
- Quella specie di palla di pelo è tua? Sembra una grossa palla col pelo! - ma dovette mordersi la lingua quando lo guardò in malo modo - Blaise non l'avrebbe mai attaccata, ma è il suo territorio... Oh andiamo, se avesse voluto fargli male a quest'ora starebbe peggio! Probabilmente voleva solo giocare, sei troppo apprensiva. -
- Oh ma certo! Io non posso preoccuparmi vero? In fin dei conti, io sono fredda e non mi interessa affatto del benessere di chi amo no? Come posso capire?
Ovvio! Audrey Barkley è solo una ragazzina vissuta nella grande città, non è adatta a vivere circondata dalla natura e dagli animali! Se si fosse trattato di Blaise vorrei vedere se avessi parlato a quel modo! Ma in fin dei conti non è successo a lui, cosa può interessarti degli altri! Per te è sempre stato così! Non prendi mai niente sul serio e ferisci le persone con le tue parole e il tuo comportamento menefreghista! E poi sono io quella stronza! - disse tutto d'un fiato, ricominciando a piangere.
L'uomo rimase sbigottito davanti a quello scoppio improvviso di furia. Possibile che l'avesse ferita a quel modo? Non era sua intenzione! Insomma, voleva solo tranquillizzarla e farle capire che non era successo niente di tragico; alla fine Blaise rimaneva pur sempre un animale e non poteva certo capire cosa era giusto e cosa no. Ma quel discorso aveva radici più profonde, non capiva quanto affondassero in profondità, ma aveva tutte le intenzioni di approfondire la faccenda.
- Audrey, non volevo sembrarti insensibile o sottovalutare ciò che è successo. Blaise è un cane e non capisce che ciò che ha fatto al tuo gatto era sbagliato, e soprattutto non volevo sminuire l'affetto che provi per il tuo animale. Però c'è qualcos'altro vero? Non capisco cosa sinceramente, e vorrei davvero che tu mi aiutassi a capire. Davvero non lo comprendo affatto tutto questo astio nei miei confronti, so solo che non arriva solo dal testamento non è vero? – le chiese avvicinandosi, ma si bloccò quando la vide indietreggiare. Gli si spezzò il cuore: sembrava un cervo braccato da un branco di cacciatori.
Audrey divenne improvvisamente di ghiaccio e sibilò piano - Uno come te non potrà mai capire... - e se ne andò, lasciandolo lì come un allocco in mezzo al giardino.
Heath sbuffò infastidito. Come poteva avvicinarla se lei continuava a chiudersi a riccio? - Blaise, stavolta l'hai combinata grossa! Ed io adesso mi sento uno schifo, di nuovo, e non capisco nemmeno perché! - disse osservando la finestra della camera di Audrey; rimase a guardare fino a che non vide la luce spegnersi vide la luce spegnersi. Si grattò la nuca nervosamente ed esasperato entrò in casa a preparare qualcosa da mettere sotto ai denti, anche se gli era passata la fame.
Avrebbe mangiato anche quella sera da solo.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro