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Capitolo 2

Audrey si guardava attorno con molta attenzione, stando bene attenta a non sbattere addosso alle persone che percorrevano l'atrio dell'aeroporto internazionale di Great Falls. Sbuffava ogni cinque minuti, come una teiera lasciata troppo sul fuoco, e quel continuo via vai di persone che le venivano contro con le loro enormi valigie le stava facendo saltare i nervi. Continuava a controllare l'ora sul suo orologio da polso e l'irritazione continuava a salire notevolmente, consapevole del fatto che chi doveva andare a prenderla lì fosse in mostruoso ritardo. Aveva deciso di non portarsi dietro Ottavia, preferendo lasciarla ad Amanda visto che comunque contava di rimanere lì solo lo stretto necessario, ovvero solo un paio di giorni per sistemare la faccenda.

Con la sua valigia giallo canarino stretta in mano decise di avviarsi verso l'uscita e sgranchirsi così le gambe, magari avrebbe trovato un taxi libero invece di rimanersene lì ad aspettare... '' Oh no. No, non è possibile! Deve essere un'allucinazione dovuta alla stanchezza. Non poteva essere lui! '' pensò inorridita quando il suo sguardo si posò sull'uomo che stava percorrendo con ampie falcate i metri che lo separavano da lei. Alto e muscoloso come un tronco di pino, con una chioma selvaggia color mogano e gli occhi d'un verde menta, sembrava ad un grosso felino pronto all'attacco; jeans sbiaditi e una camicia a quadri rendevano quell'esemplare d'uomo qualcosa di illegale. Era decisamente sexy e probabilmente avrebbe iniziato a sbavare come molte delle donne che lo stavano osservando con un sorriso beota in viso, se non fosse che lei conosceva quella persona e sapeva che non bisognava fermarsi all'apparenza.

Bello da togliere il respiro, ma uno stronzo di prima categoria dentro.

Le veniva una gran voglia di urlare, e probabilmente il tic all'occhio sinistro indicava che avrebbe potuto anche farlo a breve. Perché, in nome di Dio, di tutte le persone che abitavano a White Sulphur Spring doveva venire lui a prenderla? Avrebbe preferito addirittura farsela a piedi piuttosto che fare un viaggio in macchina con Heath! '' Forse sono ancora in tempo. Magari non mi ha ancora vista e posso svignarmela confondendomi tra la folla! '' pensò guardandosi velocemente attorno, ma lui l'aveva già notata e lo sapeva perfettamente, perciò non le restò che rimanersene lì impalata come un palo della luce.

- Ciao Audrey, hai fatto buon viaggio? – le chiese cortesemente una volta arrivatole di fronte.

- Heath. Come mai sei qui? – disse stringendosi la valigia addosso.

- L'avvocato mi ha chiamato ieri pomeriggio, ha detto che avresti preso questo volo e non volevo prendessi inutilmente un taxi quindi sono venuto a prenderti io. – le rispose con tono quasi indifferente.

- Non dovevi disturbarti. Un'ora di taxi non mi avrebbe uccisa – sibilò rabbiosa. '' Cosa che senz'altro rischierò di fare io se salgo in macchina con te. Avrei volentieri fatto a meno del tuo brutto muso un altro po!' ''

- Non ti ucciderà nemmeno un'ora in mia compagnia duckling – sogghignò Heath.

- Non chiamarmi paperotto! – sbraitò a gran voce. Capendo che non avrebbe risolto nulla con quel beota, sospirò tentando di darsi un tono – Muoviamoci. Prima sistemiamo questa faccenda, prima posso tornarmene a casa! –

L'uomo la fissò sogghignando interiormente, le fece strada prendendo la sua valigia nonostante le proteste della proprietaria ed uscirono verso il parcheggio. Adorava stuzzicarla e prenderla in giro a quel modo; sapeva perfettamente quanto si infastidisse e lui ci godeva enormemente facendole ricordare il perché di quel soprannome. Camminarono in silenzio per qualche minuto prima di arrivare alla macchina, fino a che si trovarono di fronte ad un grosso pick up rosso sporco di fango.

Audrey lo fissò inorridita. Se c'era una cosa che le dava enormemente fastidio oltre ai ritardatari cronici, era la sporcizia. Ok, lei non era la regina d'Inghilterra ma diamine! Poteva almeno dargli una ripulita prima di venire a prenderla! '' Chissà quanti germi ci sono su quest'auto... Ho la nausea, qui non c'è solo fango! ''

Dovette prendere molte volte il respiro tentando di reprimere un attacco di panico ma quando lo vide mettere la sua meravigliosa valigia nel bagagliaio, per poco non svenne – Per tutti i muffin al cioccolato... Qui dentro si sta svolgendo la terza guerra mondiale dei germi! – pigolò.

Heath la fissò perplesso, poi si rese conto dell'effettivo stato della sua auto ed arrossì lievemente – Scusami, purtroppo non ho avuto molto tempo per pulirla, il lavoro al ranch non mi lascia molto tempo libero – borbottò salendo alla guida.

La ragazza si mordicchiò una pellicina del pollice, indecisa se salire e prendersi il tetano oppure se chiamare un taxi e pagare una corsa molto salata. Quando però lo sentì sbuffare fu costretta a salire con malincuore; deglutì due volte e salì, rimanendo rigidamente seduta facendo ben attenzione a non toccare nulla se non lo stretto necessario.

Dopo mezz'ora passata in silenzio dove Audrey sospirava continuamente, fissando la vegetazione al di là del finestrino dove lunghe distese erbose e grandi alberi sfrecciavano a tutta velocità sotto ai suoi occhi. Qualcosa come la nostalgia la pervase nell'osservare la natura circostante, quasi felice nel rivedere quella che un tempo considerava la sua casa.

La voce del suo compagno di viaggio interruppe i suoi pensieri - La pioggia durante la stagione primaverile esalta ancor di più la bellezza di questi luoghi, non trovi? –

- Ah-ha – rispose controvoglia. Non aveva nessuna intenzione di intavolare un discorso mieloso con lui. Alla fine si detestavano a vicenda e non l'avevano mai nascosto, quindi perché fingere una simile cortesia?

- New York non può certo vantare un simile capolavoro naturale – era decisamente propenso a stuzzicarla.

Audrey lo guardò in malo modo con la coda dell'occhio – New York è una grande metropoli: vanta grandi grattacieli ed è una città sempre in movimento e con molti colori. E anche noi gente di città possiamo vantare di splendide zone verdeggianti di cui godere, come Central Park. -

Heath fece una smorfia – Ceeerto – esordì con sarcastica enfasi – Metallo e natura, un connubio perfetto! Caotica e rumorosa sicuramente, ma affascinante? Paragoni davvero i nostri posti con quelle aiuole che ci sono lì? –

- Se non ti aggradano questi discorsi puoi scegliere tranquillamente il silenzio Heath. Io di gran lunga lo prediligo quando non si ha niente di meglio da dire. –

- Volevo solo fare quattro chiacchiere; non so niente di te Didy: che lavoro fai? Dove abiti? Che cosa fai nel tempo libero? Speravo che... Non lo so. Di farti sentire a tuo agio! – dal tono della sua voce si poteva percepire della stanchezza e anche della tristezza. Era così stanco, e non erano insieme nemmeno da un'ora!

- La mia vita privata non è affar tuo. Non sei mio fratello, né mio amico! Non sarò mai a mio agio con te e con questo posto, mettitelo bene in testa. Sono qui solo per un obbligo, non per piacere personale! –

- Come vuoi. – le rispose seccato, chiudendo così quella breve conversazione.

Entrambi dovettero tenere a freno la frustrazione che sentivano, non desideravano rovinarsi ulteriormente la giornata continuando a litigare anche per le cose più stupide.

Quasi due ore dopo, la città di White Sulphur Spring si aprì davanti ai loro occhi. Nulla era cambiato in quegli anni! Non lo aveva notato quando era tornata per il funerale di Jonathan, mentre ora poteva vederlo con tranquillità. Il vecchio Castello, Rader Park, il saloon La Taverna! Tutto era rimasto inalterato nel tempo... Le sembrò quasi di vedersi bambina mentre camminava mano nella mano con sua madre, guardando con interesse i piccoli negozi di vestiti o quando andavano a fare colazione solo loro due al The Mint con grandi pancake, sciroppo d'acero e tanta panna montata! Se pensava a lei le venivano le lacrime agli occhi. Si chiedeva spesso dove fosse ora sua madre, se fosse orgogliosa di lei nonostante fosse cresciuta lontana da casa. Casa. '' Questa non era più casa mia. Sono un estranea qui '' pensò asciugandosi di soppiatto una lacrima che era scesa, nonostante avesse provato con tutte le sue forze a trattenerla.

Heath svoltò verso un sentiero acciottolato e Audrey riconobbe la strada che l'avrebbe portata al ranch; s'arrabbiò con se stessa per non aver preso una stanza in paese. Si diede della stupida, massaggiandosi con forza le tempie mentre un inizio d'emicrania si faceva strada nella sua testa.

- Ti senti bene? – le chiese il ragazzo leggermente preoccupato dal pallore della sua pelle.

Lei lo guardò appena. '' Sembra un mustang selvaggio. Oddio! Sto iniziando a delirare! '' pensò scuotendo la testa – A meraviglia, grazie – rispose concisa. Il cuore cominciò a battere fortissimo nel suo petto quando vide la strada farsi stretta e piena di buche e sassi.

- Potresti rallentare? – balbettò, percependo chiaramente la cena della sera prima risalire velocemente lungo la gola. – Cristo! Ma non è mai stata sistemata questa strada?! –

- Non dirmi che hai paura! Non ricordi la nostra meravigliosa strada? –

- Si. Ma pensavo almeno che in questi anni qualcuno l'avesse sistemata... - una buca presa a tutta velocità la fece balzare malamente sul sedile, e probabilmente avrebbe anche battuto la fronte sul parabrezza se non avesse avuto la cintura di sicurezza. – Basta! Fammi scendere maledizione! –

Heath esplose in una risata sarcastica, facendo un lieve cenno alle sue scarpe – Con quei trampoli addosso? Arriveresti tra due settimane, sempre se non rischi di fare brutti incontri nel bosco. Ci sono serpenti, lupo e orsi, te ne sei forse dimenticata ragazza di città? –

- Preferisco morire per mano di un orso e non per causa tua! Non siamo in un rodeo cazzo! Puoi anche andare a passo di lumaca! Mi meraviglio che con questa guida il tuo fuori strada sia ancora tutto interno! –

- Io guido benissimo, sei tu che non riusciresti a guidare su una semplice stradina di bosco! Posso solo immaginare cosa guidi tu in città guarda, quelle sottospecie di macchine minuscole che sembrano delle scatolette di tonno! –

- Infatti non guido, sottospecie di grizzly con gli speroni. Uso comodamente la metropolitana per spostarmi ed è anche più conveniente! Non amo le automobili e a maggior ragione se sono dentro ad un bolide con te alla guida! – rispose seccata lei, troncando la conversazione, incrociando le braccia sul seno e chiudendosi di fatto a riccio. Heath non ribatté, probabilmente comprendendo il motivo per cui la ragazza al suo fianco detestasse i veicoli a quattro ruote perciò preferì non infierire.

Finalmente dopo una ventina di minuti con balzi sul sedile scomodo, molteplici bestemmie mentali e un sedere dolorante, davanti ai loro occhi s'aprì una grande distesa verde. Lunghi steccati fiancheggiavano la strada e alla fine si stagliava un enorme casa.

- E' un po' cambiata dall'ultima volta che l'hai vista. Abbiamo fatto diverse ristrutturazioni e ampliato alcune parti, tuttavia abbiamo scelto di non cambiare il suo aspetto esterno e anche gli interni sono rimasti gli stessi, tranne ovviamente per alcune stanze in più. – disse Heath in tono pacato.

- Lo vedo – disse atona. Ma non avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura che le piacevano quei cambiamenti.

La casa era situata in una piccola vallata e dietro di essa si mettevano in mostra le montagne tinteggiate d'un verde intenso; sembrava il paesaggio di una cartolina tanto era bello! L'edificio era strutturato su due piani su una base rettangolare e la facciata era in legno e pietra a vista; una scalinata in legno e acciaio portava all'ingresso dove c'era una grande porta in vetro colorato e legno chiarissimo di quercia, dando quasi un caloroso saluto ai suoi proprietari. C'erano molte alte finestre che davano chiare indicazioni sulle stanze da giorno, a sinistra c'era la cucina e a destra il salotto, con il suo camino in pietra; sopra il salotto si intravedeva un balcone a soppalco delimitato da una ringhiera in ferro battuto. Audrey sapeva che proprio lì si apriva la stanza matrimoniale, la camera da letto dei suoi genitori e si chiese se Anna avesse almeno avuto l'accortezza di scegliere un'altra stanza in cui dormire con il marito; c'erano altre stanze, alcune nuove a giudicare dalle finestre, ma di cui si sarebbe interessata in seguito.

Heath fermò l'auto proprio davanti all'ingresso e scese, afferrando la valigia prima che lei potesse ribattere – Vieni, ti mostro la tua stanza – le sorrise, sperando avrebbe apprezzato – O magari vuoi mangiare qualcosa? In fin dei conti l'ora di cena è passata da un pezzo –

- No grazie, preferirei fare una doccia e poi mettermi a letto. Quando dobbiamo vedere l'avvocato domani mattina? – chiese riuscendo a strappare dalle sue mani la valigia.

Heath alzò gli occhi al cielo, lasciandola fare – Dobbiamo andare domani pomeriggio, la mattina aveva un impegno urgente quindi ha spostato l'appuntamento. Ti ho fatto preparare la tua stanza, ricordi dov'è? – le chiese gentilmente fissandola con intensità. Rimase affascinato come sempre nel guardarla, nonostante fosse provata; non poteva non vedere quanto fosse diventata ancora più bella in tutti quegli anni, al funerale non aveva potuto osservarla molto anche se l'aveva trovata bellissima con quel completo scuro addosso. Ora poteva guardarla con più attenzione e di quella ragazzina che lo affrontava nei corridoi della scuola non era rimasto nulla, il suo viso s'era addolcito rendendo i suoi lineamenti più femminili e aggraziati. I capelli biondi che gli ricordavano il grano maturo erano acconciati in una treccia disordinata, le labbra erano invece ancora più carnose di quello che ricordava facendogli venire in mente pensieri decisamente poco casti e puri. Il nasino a patatina era cosparso da lentiggini, e nonostante fosse meno abbronzata di quando abitava lì si potevano ancora vedere con chiarezza ma ciò che più lo colpiva da quando l'aveva conosciuta erano i suoi splendidi occhi. Quegli occhi ch'erano d'un grigio-azzurro chiarissimo, gli ricordava il cielo invernale carico di neve, occhi che cambiavano luminosità in base alla luce che li colpiva e che in quel momento erano scuri, forse era dovuto alla stanchezza o dalla rabbia che dormiva sopita sotta la cenere fatta di anni carichi di ostilità e repulsione.

- Si, lo ricordo – rispose lei, distogliendolo da quei pensieri.

La osservò afferrare saldamente quell'orribile valigia gialla e sparire dalla sua vista velocemente. '' Saranno giorni lunghissimi '' pensò lugubre, uscendo di casa per portare la macchina al fienile.

Audrey cercò di controllare il battito frenetico del suo cuore, marciando come un soldato verso la sua vecchia cameretta. '' Cosa diavolo era quello sguardo? Perché mi ha guardata a quel modo? '' pensò frustrata '' Ma che problemi mi faccio? Non mi interessa affatto, mi guardi pure come diavolo gli pare! ''

Aprì la porta e rimase sconvolta da ciò che le apparve davanti. Tutto era rimasto identico! Il letto a una piazza e mezza in ferro battuto aveva splendide lenzuola color malva e cuscini bianchi in seta che poggiavano sulla tastiera; era ancora posato sulla parete in pietra su cui era appeso un grande scaccia pensieri e lo toccò con delicatezza. Ai suoi lati c'erano comodini in legno chiaro e su uno di essi c'era ancora la sua lampada preferita, sul paralume c'erano disegnati degli orsi e l'aveva acquistata in un negozio ad Aspen durante una gita in famiglia. Ai piedi del letto c'era una piccola panca in legno chiaro su cui era posato un cuscino soffice per sedersi e una coperta pesante da usare nelle notti più fredde. Sulla destra c'era un grande comò con l'enorme specchio rettangolare su cui erano ancora attaccate vecchie fotografie della sua famiglia e dei suoi vecchi amici di scuola. Aveva scelto di lasciarle lì, perché non voleva nessun ricordo legato a quella vita. Che idea stupida la sua. In fin dei conti, che colpa ne aveva sua madre o i suoi amici se non si sentiva più a casa ed aveva bisogno d'andarsene? Avrebbe dovuto portarsele dietro...

Mollò la valigia sul tappeto che ricopriva solo in piccola parte il parquet e notò che le pareti erano state ridipinte di bianco da poco. '' Perché? Perché lasciare tutto intoccato se non avevo nessuna intenzione di tornare qui? Potevano creare una nuova stanza '' pensò chiudendosi in bagno.

Da non credere! Pure il suo bagnetto privato era rimasto uguale!

Tutto era in ceramica bianca e lilla, pure la sua amatissima vasca con le zampe di leone dorate era rimasta ancorata al pavimento; suo padre la odiava, ma lei la desiderava così tanto che alla fine aveva ceduto e gliel'aveva comprata. Toccò gli asciugamano morbidi messi lì per lei, e ciò che la fece sorridere erano le saponette e i sali da bagno al muschio bianco che era solita usare spesso e volentieri. '' Ricorda ancora i miei gusti '' pensò scuotendo la testa, e cominciò a riempire la vasca d'acqua calda.

- Mmm che goduria! – mugolò di piacere rilassandosi nella vasca piena di schiuma – Non sapevo potesse mancarmi così tanto un bel bagno caldo! Peccato non possa permettermi di mettere una vasca nell'appartamento. – Uscì quasi un'ora dopo e dovette ammettere con se stessa che aveva decisamente bisogno di quel bagno caldo; pensieri sgradevoli e molesti si erano volatilizzati in quel lasso di tempo ed era quasi certa che avrebbe dormito senza problemi quella sera.

E non aveva tutti i torti: nemmeno cinque minuti dopo aver posato il capo sul cuscino, che già era volata nel mondo dei sogni.

Si svegliò di soprassalto quando, da qualche parte, qualcosa aveva preso a battere furiosamente su una superficie non bene identificata. Si sedette sul materasso e si guardò confusamente attorno con occhi addormentati; doveva essere mattina inoltrata vista la luce che filtrava allegramente tra le tende. Posò a terra i piedi e rabbrividì percependo l'aria fredda che entrava dalla finestra aperta, il clima era decisamente diverso da New York! Nonostante qualche incubo notturno aveva dormito come un ghiro, non c'erano state le sirene delle volanti o delle ambulanze a tenerle compagnia la notte ma solo il verso di qualche volatile notturno. S'affacciò alla finestra e si stropicciò gli occhi, non credendo minimamente a ciò che vedeva, ovvero un corpo decisamente massiccio con muscoli guizzanti stavano sfilando in giardino; quando l'uomo si voltò verso di lei per poco non si mise ad ansimare come un cagnolino con l'osso capendo perfettamente a chi apparteneva quel corpo statuario da Dio Nordico.

Heath stava sistemando una parte della staccionata che separava la casa dal resto dei campi. Un calore al basso ventre le fece stringere le cosce in maniera indecente, e dovette stringere con forza i pugni facendo penetrare le unghie nella pelle pur di distogliere lo sguardo. Dannazione, sembrava una sedicenne in preda agli ormoni! Come se non avesse mai visto un bell'uomo in vita sua. '' Bè, non è che mi sia data granché da fare in questi anni, in effetti '' pensò sconsolata '' E poi Heath è sempre stato un bel ragazzo, ora non c'erano parole per descriverlo. Non posso certo negare l'evidenza dei fatti no? ''

- Non devo pensarci, non sono qui per questo genere di cose – borbottò chiudendo la finestra in malo modo e si chiuse in bagno, dove si diede una veloce rinfrescata. Indossò un semplice paio di jeans scuri ed una camicetta a quadri rosa e s'avviò in cucina, dove sbirciò nelle varie credenze non scorgendo però né biscotti né merendine di alcun genere. Decise perciò di prendere una misera fetta di pane e del burro spalmabile e la divorò in pochi morsi, l'unica soddisfazione era il caffè già pronto nella macchinetta e se ne versò una tazza piena.

Era così concentrata sul sapore della bevanda che non percepì la presenza che la stava fissando guardingo da più di cinque minuti.

Audrey abbassò gli occhi e per poco non sputò il caffè, e cominciò ad urlare. Di fronte a lei se ne stava seduto un enorme cane dal lungo pelo nero e dagli occhi ambrati, era un grosso cane da pastore belga e la osservava emettendo bassi ringhi, facendole venire i brividi.

La porta si spalancò quasi immediatamente – Che succede? Oh! Hai fatto conoscenza con il mio cagnolone, ti presento Blaise – disse ridendo Heath, accarezzando le orecchie del cane per calmarlo – Blaise, lei è Audrey, un'amica venuta da lontano. Vai a fare amicizia su –

- Quello non è un cane, ma un lupo! – rispose Audrey cercando di proteggersi dietro ad una sedia.

Il cane si rilassò e con passo fiero si avvicinò alla donna, e dopo una lunga annusata guaì alzandosi così velocemente che la ragazza non riuscì a sfuggirgli. Le mise le sue enormi zampe sulle spalle e cominciò a leccarle il viso entusiasta, mentre la ragazza non poté fare altro che lasciarlo fare essendo alta un metro e cinquantacinque. Non sarebbe riuscita a scrollarselo di dosso nemmeno se lo avesse voluto!

- Adesso smettila! Giù maledizione, non sono il tuo lecca-lecca personale...! – Audrey annaspò sotto quell'assalto in piena regola, mentre Heath continuava a ridere e il cane continuava sempre più entusiasta.

- Blasie, adesso basta. Qui. – disse il ragazzo che ridacchiò vedendo il viso della donna completamente rosso a causa dello sforzo – Gli piaci! Non fa così nemmeno con gli uomini che lavorano per me, devi essergli molto simpatica – e cominciò ad accarezzare l'animale sul collo.

Audrey rischiò un infarto vedendo l'affiatamento tra i due, ma soprattutto vedendo i muscoli tesi e sudati dell'uomo, - Quando vedremo l'avvocato? – domandò con voce roca, tentando di darsi un tono.

- Per le due. Mangiamo qualcosa e poi faccio una doccia, va bene? – le rispose alzandosi, facendo guizzare i pettorali.

Rischiò seriamente di strozzarsi con la sua stessa bava per quella meravigliosa vista. '' Datti un contegno donna! ''

Qualche ora dopo arrivarono finalmente all'appuntamento; la segretaria sorrise ad entrambi guardando però unicamente l'uomo accanto a lei. '' Lo so ragazza, lo so. E' un bel manzo, ti capisco '' pensò mentre li faceva entrare nell'ufficio dell'avvocato. Era un uomo abbastanza alto e robusto, dai capelli grigi ed occhi nocciola e vestiva con un abito di sartoria color antracite. Li accolse cordialmente – Buongiorno a voi. Audrey, è un piacere rivedere la figlia di Jonathan dopo così tanti anni! –

La ragazza sorrise appena, capendo chiaramente la frecciatina, decidendo di non rispondere a tono e si mise ad osservare l'arredamento semplice dello studio. Una scrivania in legno massiccio su cui posava un Pc portatile e diversi fogli, una sedia girevole in pelle e un armadio alto e lungo che prendeva tutta una parete, pieno di faldoni.

- Maurice, è un piacere rivederti. Come va? So che tua nipote è venuta a farti visita – disse Heath dopo essersi accomodato su una delle sedie poste di fronte al tavolo, Audrey fece lo stesso subito dopo.

- Oh si! Aveva bisogno di staccare la spina dal lavoro – sorrise bonariamente l'avvocato, perdendosi in inutili chiacchiere.

Audrey stava cominciando ad annoiarsi. '' Non erano forse lì per parlare del testamento? E allora perché perdere tanto tempo? '' pensò reprimendo a stento uno sbadiglio '' Che cosa ci sarà mai su quel pezzo di carta? ''

Maurice interruppe i suoi pensieri – Dunque ragazzi, prima di morire Jonathan mi aveva contattato per stillare un testamento dove siete entrambi citati. Ora, sapete già di cosa possa esserci scritto? –

Entrambi scossero il capo.

- No, non mi ha mai detto niente. Forse mia madre – disse con franchezza Heath.

- Io non parlavo con Jonathan da anni – rispose Audrey.

Maurice annuì – D'accordo. Jonathan fece scrivere questo testamento con la speranza potesse migliorare la vostra situazione, conosco la vostra situazione quindi so di cosa parlo. Direi che possiamo iniziare allora – aprì il sigillo e cominciò a leggere – Io, Jonathan Barkley, lascio ogni mio avere in modo equo e paritario ai miei due figli, Heath e Audrey Barkley. Ogni conto, ogni proprietà verrà divisa, con la speranza che possano continuare a dare onore e grandezza al ranch, inoltre... -

Audrey però non ascoltava più nemmeno una parola. '' Luridissimo stronzo! '' pensò mentre la rabbia iniziava a ribollire nelle sue vene. Jonathan possedeva SOLO il ranch, quello stesso ranch che sua madre contribuì a comprare e ristrutturare ed ora non solo non apparteneva del tutto a lei, sua unica e vera figlia, ma doveva dividerlo con un uomo che non era nulla per lui!

Heath era incredulo e felice. Aveva sputato sudore e sangue in quel posto, e che Jonathan lo avesse premiato nonostante i momenti di tensione tra loro, lo lusingava. Tuttavia sapeva che ciò non andava a genio ad alcuni e, dopo aver gettato un breve sguardo alla donna seduta rigida accanto a lui, pensò a ciò che sarebbe avvenuto a casa e sospirò tristemente.

Non sbagliò di molto.

Audrey era rimasta in silenzio per tutto il tempo di lettura del testamento, impallidendo ad ogni riga letta dall'avvocato, e una volta giunti a casa era esplosa.

- Calmati per favore! Senti, mi dispiace Audrey, non conoscevo le intenzioni di Jonathan! Certo, immaginavo che potesse aver lasciato qualcosa a mia madre ma... -

- Sta zitto! ZITTO! Quel bastardo... non credevo potesse essere così stronzo! Voglio vendere questo cazzo di ranch! Non ho alcuna intenzione di vivere qui e mandare avanti questo posto! –

- Che cosa? Assolutamente no! Sono io che ho tirato su il ranch, l'ho migliorato spendendo denaro ed energie! E Jonathan non voleva venisse venduto, perciò rispetterò il suo volere! Ti darò la tua parte in denaro e... -

- Scordatelo! Voglio tutto, non solo metà! IO sono sua figlia, e non permetterò che tutto questo finisca in mani estranee! –

- Estranee? Sono tuo fratello! –

- No, non lo sei! Sei il figlio della seconda moglie, nulla di più! Per mio padre potrai essere stato come un secondo figlio per lui, ma per me non sei NIENTE, così come tua madre! Avete smetto d'essere importanti per me anni fa! –

Heath la lasciò sfogare, nonostante le sue parole lo avevano ferito pesantemente; non aveva smesso di considerarla una sorella, fin da quando da bambini giocavano insieme. Ed era certo che lo considerasse così anche lei, almeno fin quando Jonathan non aveva scelto di riprendere moglie... Da allora, tutto era andato a puttane.

- Mi dispiace, ma non venderai il ranch visto che per metà è mio. Dovrai passare sul mio cadavere! Comprerò la tua parte e te la farai bastare, puoi anche cercare di portarmi in tribunale se vuoi, ma c'è un testamento di mezzo quindi non vinceresti la causa. Quindi hai due opzioni: o cerchiamo di andare d'accordo con le buone, oppure lo farai con le cattive. A te la scelta –

Sapevano entrambi che quelle parole erano veritiere, e sapeva di non potersi permettere di iniziare una causa dove ne sarebbe uscita a pezzi. Non poteva nemmeno permettersi di prendere la sua quota ed andarsene, poiché sapeva con certezza che comprare e ristrutturare un negozio a New York era davvero impossibile.

Quel bastardo le aveva rovinato la vita, di nuovo!

- Va bene, vuoi la guerra? L'avrai. Ti renderò la vita un inferno come è vero Iddio! – sibilò gelida, dirigendosi verso la sua stanza e sbattendosi la porta alle spalle con forza.

'' Oh, te ne pentirai amaramente. Farò ogni cosa in mio potere per farti cedere stronzo! '' pensò furibonda.

Heath la guardò correre al piano superiore e gongolò a bassa voce – Non vedo l'ora dolcezza! Farò in modo di farti cedere, in un modo o nell'altro! -

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