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Capitolo 13

Il telefono prese a squillare fastidiosamente diverse volte in quelle ore, lo schermo si illuminava con costanza, vibrando e suonando quella stupida canzone che era arrivata ad odiare profondamente da quanto l'aveva ascoltata. Servì a poco mettere anche la modalità silenzioso, il lampeggiare dello schermo faceva saltare i nervi e quindi, dopo la ventesima chiamata ''persa'', scelse semplicemente di spegnerlo nella speranza di cancellare anche solo per qualche ora, l'esistenza di quello stronzo d'uomo che la stava chiamando con insistenza. Decise di aver dato abbastanza per quel giorno, scegliendo se stessa per una volta da quando era arrivata.

Non era stato abbastanza passare ore intere a farsi torturare per sembrare carina; non era stato abbastanza logorarsi la ragione nel pensare a lui costantemente. Avrebbe voluto divertirsi come una qualunque ragazza della sua età una volta tanto, e ci sarebbe pure riuscita se non le avessero rovinato la serata, lui e la sua combriccola di stronzi. '' Imbecille! '' Se si riferisse a lui o a se stessa, era ancora da decidersi, ma probabilmente lo si poteva dire di tutti; continuava a rimuginarci sopra, seduta su una scomodissima poltrona vecchia e logora, esausta e senza nemmeno aver dormito neanche un minuto, troppo presa dal controllare l'amica svenuta sul letto singolo che continuava a borbottare nel sonno. L'aveva dovuta letteralmente trascinare di peso fino all'appartamento, e per miracolo era riuscita a non farla vomitare sulla rampa di scale; le aveva fatto vomitare tutto l'alcool nel water e dopo averle tolto gli stivaletti, l'aveva messa a dormire. Non si era arrischiata nel fare una doccia rigenerante, avendo paura di svegliare l'amica, perciò si tolse semplicemente le scarpe e s'era accomodata malamente su quella cosa così scomoda per la schiena, inveendo contro tutto e tutti. Mentre il dolore alla testa cominciava ad accentuarsi di minuto in minuto, chiuse gli occhi ed inspirò a fondo, cercando una soluzione a quel enorme problema. Come avrebbe fatto ad affrontarlo? Se prima si sentiva tremendamente in imbarazzo per essersi lasciata trasportare dagli ormoni, ora non ce l'avrebbe fatta per il semplice motivo che le sarebbe sempre venuto in mente lui che si slinguazzava Susan a tutto spiano.

Sprofondò tra i cuscini, mugolando disperata. Se all'inizio si era sentita carina, ora era tornata a sentirsi il brutto anatroccolo della situazione, e tutto per colpa di quei due! '' Come ho potuto solo lontanamente pensare di essere abbastanza per lui? Come ho fatto a credere che potesse provare qualcosa per me? Nonostante siano passati gli anni, non siamo cambiati di una virgola: io mi sono lasciata irretire come una qualsiasi donna di passaggio e lui il solito coglione che ragiona solo con l'uccello! '' pensò inacidita. Il sole faceva già capolino tra le tende, e ciò le fece voltare lo sguardo sull'orologio a muro, che ora segnava le sei in punto. Si alzò con cautela, e si avvicinò all'amica, notandola ancora dormiente in posizione fetale; Poppy non si sarebbe svegliata prima delle sette, perciò decise di andare a comprare qualche brioches e un paio di caffè da portare via. Si lavò il viso, facendo attenzione a non svegliare la bella addormentata ed uscì, non prima però d'aver lasciato un post-it all'altra, in caso si fosse svegliata mentre lei era fuori; i negozi stavano già aprendo, e la tavola calda non faceva eccezione, mentre spandeva già i suoi profumi sul marciapiede ed alcuni clienti già pronti ad acquistare qualcosa da portare a lavoro. La campanella sulla porta segnalò la sua entrata, mentre si avvicinava velocemente al banco dove poteva osservare stupita le paste già messe in fila.

- C'è nessuno? – chiese avviandosi verso le cucine.

- Audrey cara! Non ti ho sentita entrare, ti serve qualcosa? – chiese Marge con il suo grembiule rosso addosso, infornando dei biscotti.

La ragazza sorrise – Si, avrei bisogno di due brioches e due caffè da portare via, se non ti dispiace. –

- Oh! Bè visto che sei tu, serviti pure da sola, io ho un poco da fare qui in cucina! – borbottò la donna mentre si puliva le mani addosso all'indumento, facendole un cenno col capo.

- Grazie mille! Prendo solo il necessario, mi preparo anche due cappuccini allora se non ti dispiace, credo che il caffè sia troppo per Samantha. – le rispose allegramente, dirigendosi a passo di carica verso la macchinetta del caffè. Si mise di fronte alla suddetta con zelo, azionandola perché si riscaldasse e poi afferrò il bricco del latte, ancora freddo. Mise i due bicchieri sotto al beccuccio e fece scendere la bevanda amara, poi bollì qualche secondo anche il latte, in modo che facesse della bella schiuma, infine ci sparse sopra del cacao amaro; il tutto condito con della musica nel sottofondo e scuotendo il bacino a ritmo. Una voce dietro di lei la fece sobbalzare di spavento e vergogna, perché immersa com'era non aveva sentito un cliente entrare dalla porta d'entrata.

- Non sapevo che Marge avesse assunto una cameriera così carina! -

Audrey imprecò mentalmente mentre metteva il coperchio sui bicchieri e si voltò lentamente, prendendo un colpo quando di fronte a lei apparve Jim, il barista belloccio che ora era seduto comodamente al banco e la stava scrutando con minuzia, sogghignando con malizia. Arrossì di vergogna, facendolo esplodere in una risata – E in grado anche di arrossire ai complimenti! – le disse, facendole poi l'occhiolino. – Potrei avere un caffè e magari qualcosa da mettere sotto ai denti? –

'' Qualcosa di commestibile? Cioè io? Bè, tecnicamente potrei, sono tutta in carne! Ma sarebbe cannibalismo! Ma che cazzo vado a pensare?! '' scosse il capo, completamente accaldata nell'immaginare quel gran pezzo d'uomo divorarla, in altri sensi. Si schiarì la voce per dare una calmata ai suoi ormoni in tilt – Preparo subito un caffè... Come lo vuoi? –

- Solitamente lo preferisco lungo... - sogghignò in risposa lui; lei lo fissò a malapena mentre borbottava – Si, anche io lo preferisco lungo... Il caffè! – squittì rendendosi conto di quanto suonasse male la frase – Ma oggi ho optato per un cappuccino con molta schiuma! –

- Deve essere buono. Cremoso e dolce, già me lo sento scendere in gola! – le sussurrò rocamente, mordendosi il labbro inferiore. Poi si mise a ridere sguaiatamente quando la ragazza lo mandò al diavolo, completamente rossa da capo a piedi. – Rinfodera gli artigli micetta, non ho detto nulla di strano. O forse no? Avevi pensato qualcosa di sconcio eh? –

- Guarda che il caffè te lo prepari da solo, o se preferisci te lo verso direttamente sulla lingua lunga, chissà che si bruci e per un po' almeno la tieni a freno! – sibilò Audrey in preda all'imbarazzo.

Jim alzò le mani – Nessuna si è mai lamentata della mia lingua lunga però! –

La ragazza boccheggiò, ormai al limite di sopportazione – Smettila! Ma che cavolo, vuoi uomini siete in grado di pensare solo ad una cosa! –

- Va bene, afferrato! Per oggi mi accontento di due caffè lunghi da portar via, e mettici anche due muffin al cioccolato, e una ciambella che mangio qui però. –

Audrey alzò il sopracciglio – Va bene, quale vuoi? –

- Ciambella ripiena di crema di burro d'arachidi, che domande! –

- Tipico... Diventerete tutti dei grassoni alla pari di Homer Simpson, voi e le vostre ciambelle... - sbuffò lei in risposta, porgendogli però il dolce senza fare storie.

- Parli come se non fossi americana pure tu! È praticamente la nostra merenda base! – mugugnò Jim addentando il dolce e sospirando di godimento.

- Sono americana, ma ho avuto l'opportunità di studiare in Francia, per imparare ed apprezzare molti dolci diversi. – sorrise orgogliosa mentre gli porgeva in un contenitore i caffè e i muffin.

- Ah si? Ora sono curioso di mangiare qualcosa preparato con le tue mani. –

Marge uscì dalla cucina ed esclamò – La nostra piccina prepara dolci squisiti! Anna e molte altre persona hanno avuto l'occasione di assaggiarne qualcuno alla festa di Matt, e molti hanno iniziato a commissionargliene! Potresti chiederle di prepararti qualcosa per il compleanno di tua zia, è tra qualche giorno no? –

Audrey arrossì – Grazie Marge, sei troppo gentile. –

Jim la fissò in silenzio, piegando il capo a sinistra, poi replicò – Perché no? Ogni anno io e Jack non sappiamo dove sbattere la testa per la sua torta, è una persona molto esigente. Non ha studiato a Parigi, ma era molto brava ai suoi tempi anche lei sai? Comunque, possiamo parlarne per strada? Ti accompagno fino a casa! Marge, i soldi sono sul bancone, offro anche per la signorina che mi ha preparato con attenzione il caffè. Dovresti proprio assumerla sai? Oltre ad essere brava, è anche un bel vedere di prima mattina! –

Audrey sbuffò, stornando lo sguardo e Marge ridacchiò e li salutò prima che uscissero dal locale – Potrei prenderti in parola caro! Buona giornata ragazzi. -

Camminarono lentamente sul marciapiede l'uno a fianco all'altra, chiacchierando sulla torta da preparare, poi Jim le chiese dove dovesse andare ed Audrey gli indicò la piccola palazzina a qualche metro di distanza. - Non è casa mia ma quella della mia amica, ero in macchina con lei ieri sera ma non era proprio in grado di guidare e non volevo lasciarla sola – disse sospirando, e i brutti pensieri tornarono prepotenti nella sua testa, con la stessa forza di un tifone.

- Si, non eravate messe proprio bene, specialmente la tua amica. Immagino che la colpa sia di qualche ragazzo. – rispose mesto.

- Abbiamo dato spettacolo eh? –

- Si, ed è stato surreale ma anche abbastanza scenico da vedere: uno scricciolo che ha dato del filo da torcere a due omoni enormi e a due oche dagli occhi a palla. Mi spiace che quei due preferiscano certe compagnie, quando potrebbero avere due ragazze carine e simpatiche come voi. –

L'ultima frase la fece bloccare sul posto, facendola soffiare ferocemente – Hai capito male. Samantha forse avere un infatuazione per Ethan, ma io non provo niente per Heath. Mi infastidisce solamente il suo comportamento ipocrita e bipolare, oltre all'evidente odio che provo per Susan e le sue amiche. –

Jim ridacchiò – Va bene, ti crederò sulla parola! – e le sorrise gentilmente, facendole chiaramente capire che non se l'era bevuta nemmeno un po'. – Comunque siamo arrivati! Potresti lasciarmi il tuo numero? Così ci mettiamo d'accordo sulla torta e per la sua consegna. –

Lei sorrise un po' civetta – Dì la verità, volevi chiedermi il numero e l'occasione per la torta è capitata a fagiolo! –

Lui le sorrise ampiamente, stuzzicandola ancora per un secondo prima di andarsene – Lo ammetto senza troppi problemi! Spero di sentirti presto! –

Non appena varcò la porta d'ingresso, un tornado con un caschetto spettinato le piombò addosso, sogghignando e saltellando come un folletto norvegese. Poppy la guardava maliziosa – Lo hai conosciuto soltanto da ieri, e vi siete già dati appuntamento? –

Audrey la fissò accigliata – Ma che stai dicendo? Sono uscita a prendere la colazione per entrambe e l'ho incontrato da Marge. –

- Oh! Coincidenza fortuita eh? Comunque perché non hai fatto colazione qui? Avevo qualcosa già in casa. – le rispose l'amica, andando a sedersi sul divano.

- Non avevo voglia di preparare, preferivo qualcosa di pronto sul momento. E poi aspettavo ti svegliassi per farla insieme. – le disse addolcendo la voce, porgendole il cappuccino e la brioche; la guardò con attenzione, notando quanto sotto quel sorriso stanco, l'amica stesse male. La conosceva come le sue tasche e, nonostante gli anni di separazione, non era cambiata affatto: i capelli arruffati, il pigiama scolorito con delle mucche disegnate sopra e gli occhi gonfi e lucidi denotavano un profondo stress e tristezza.

Una donna con il cuore spezzato.

- Come stai veramente Samantha? –

Poppy bloccò la tazza a mezz'aria, poi sorrise di circostanza – Benissimo! Perché dovrebbe essere diversamente? – ma una lacrima iniziò a scendere lentamente sul suo viso.

Audrey sospirò e si sedette accanto a lei, posandole un braccio sulle spalle – Lo sai che è una bugia bella e buona. Perché non mi hai detto che ti piaceva ancora Ethan? –

- Perché mi sentivo a disagio... – iniziò a balbettare, singhiozzando – Insomma! Chi è quella sana di mente che è ancora innamorata di uno che non l'ha mai considerata una donna? –

- Tesoro... Siete cresciuti insieme, è normale che l'amicizia a volte si trasformi in amore; quando è così radicato in fondo al cuore, spesso non si riesce a cancellarlo come il segno di una matita su un foglio. E poi, io che dovrei dire? Sono andata a letto con uno che detesto, io sono doppiamente idiota! – rispose Audrey, tentando di smorzare la tensione del momento.

Il sorriso le si spense lentamente, quando Poppy la fissò con compassione – Audrey, tu non provi semplice attrazione fisica, per quanto possa essere pericolosa anche quella. Anche tu come me ti sei innamorata con il tempo, ma hai sofferto così tanto per colpa di Heath che come me, neghi l'evidenza. Noi due siamo sempre state simili, ecco perché siamo sempre andate d'accordo; ho visto come lo hai guardato, ero ubriaca ma ricordo perfettamente tutto. E ho visto anche come ti guarda lui, ma come te ha così paura di soffrire e di accettare i suoi sentimenti che trova tutti i modi per fingere che non sia innamorato di te. Non ci sono giustificazioni, questo è sicuro, ma almeno lui ti ricambia. E poi anche io come te ho ceduto ad Ethan... -

- Come?! Sei andata a letto con Ethan? E quando?! – sbottò Audrey, senza parole.

Samantha sospirò, fissando il bicchiere tra le mani, alzando le spalle – Si, l'anno scorso. Sono andata a questa festa solo perché non volevo stare chiusa in casa, così mi sono preparata senza pretese e ci sono andata. Feci comunque colpo su un ragazzo, era un turista, era molto carino! Ethan però era più inopportuno del solito, continuava ad infastidirmi ogni due minuti fino quando non mi trascinò via; l'altro ragazzo si era fatto piuttosto insistente, ma lo avrei rifiutato tranquillamente da sola, senza che dovesse intervenire lui! Cominciammo a litigare furiosamente, lontano dalla festa, poi non so cosa accadde: semplicemente mi baciò; ricambiai dopo un secondo di esitazione, non mi posi domande anche perché erano anni che aspettavo che lui mi notasse. Mi portò nella sua macchina e... Bè, sicuramente non mi ha portata lì per insegnarmi l'uso delle marce! Nonostante il momento e il posto, fu una notte meravigliosa per me, ero sinceramente convinta si fosse accorto di me, e credevo che anche lui mi amasse. – rise amaramente, tentando di asciugarsi le guance bagnate – Immagina la mia sorpresa quando il giorno dopo lo vidi insieme ad Olivia! Dopo un momento di smarrimento, iniziai ad insultarlo, lo odiai profondamente e sai cosa mi disse dopo avermi fissata freddamente? '' Cosa è successo ieri sera? Avevo bevuto e non ricordo! '' ecco cosa mi disse! E Olivia, nonostante la sua immensa stupidità, aveva chiaramente capito cosa era successo ed esplose in una risata malefica, e guardandomi mi disse che evidentemente non era stata una cosa memorabile se lui non ricordava! Credo che Ethan avesse capito, ma ha semplicemente fatto finta di non comprendere il discorso; comunque non rimasi lì un minuto di più e me ne andai, con la risata crudele di quella schifosa nelle orecchie. Piansi tanto quel giorno, e mi ripromisi di non cadere più tra le sue spire ma ogni volta che lo vedo con lei, muoio un po' di più. Perché quando è con lei, non vedo il mio Ethan, ma una persona completamente diversa, un uomo che usa gli altri e se ne frega; avevo così tanto bisogno di qualcuno con cui parlare, ma non c'era nessuno per me. Tu non c'eri, te n'eri andata senza dire niente, mollando tutti senza nessuna spiegazione; mi hai lasciata senza pensarci due volte ed io sono rimasta sola! Con chi potevo parlare? Nessuno avrebbe capito, eri l'unica che avrebbe potuto farlo ma... Non potevo nemmeno chiamarti! –

Audrey chiuse gli occhi, percependo un grosso groppo in gola che non le permetteva di respirare bene. Sapeva perfettamente quanto avrebbe ferito l'amica, ma era così sconvolta che non ci pensò e troncò i rapporti con tutti; si era comportata da stronza, era stata una pessima persona e una pessima amica, anzi, lo era tutt'0ra. Cominciò a singhiozzare anche lei, abbracciandola con forza – Mi dispiace tantissimo, non ho scusanti per quello che ho fatto e non ho fatto, perdonami. Ero così arrabbiata con il mondo che non ho riflettuto e me ne sono andata senza voltarmi indietro! Ma ora sono qui, e ti prometto che non ti lascerò più sola! E anche se dovessi andarmene di nuovo, giuro che troverò ogni modo per restare in contatto con te, ma non ti abbandonerò mai più! Perché anche se sono passati anni e pensi che io ti abbia lasciata in disparte, non c'era giorno che non pensassi a te, perché non eri solo la mia migliore amica, ma eri e sei mia sorella, e questo non cambierà mai! Nonostante il tempo e la distanza, sei l'altra metà di me. -


Dopo aver consumato tutte le lacrime che avevano a disposizione e il cuore più leggero, fecero colazione con la promessa che presto avrebbero parlato meglio e di tutte le cose che si era persa negli anni. Parlarono dell'ultimo anno scolastico e della scelta di fare come lavoro la parrucchiera, ridendo e scherzando per tutto il tragitto verso il ranch; Poppy doveva andare a lavoro, per cui non poterono stare insieme una giornata intera, e questo rese Audrey nervosa oltre il limite. Di tornare al ranch non aveva alcuna voglia, ma non poteva nemmeno continuare a nascondersi a casa dell'amica, perciò con poca voglia si costrinse a stringere i denti e affrontare il suo incubo personale. Quando raggiunse la porta di ingresso si bloccò al solo pensiero di trovare Heath oltre la soglia, e se l'avesse magari trovato in compagnia di quella specie di barbie umana... Sentì la colazione cercare di risalirle lungo l'esofago. Sospirò ed entrò senza fare il minimo rumore e, soddisfatta nel non trovare nessuno, corse su per le scale, cercando di arrivare in camera sua sana e salva; il silenzio innaturale in cui era avvolta la casa la rese nervosa e pensierosa, ma ciò che per ora le interessava era farsi una doccia e stendersi sul letto, cercando di evitarlo il più possibile. Riuscì a toccare a mala pena la maniglia, che la porta di fronte alla sua stanza si spalancò, rivelandolo in tutta la sua altezza con barba non fatta, il volto pallido, brutte occhiaie e i vestiti stropicciati, segno che non aveva dormito molto. Sobbalzò notando il suo sguardo furioso e tormentato, oltre a notare il suo stato pietoso.

Lui la fissò, quasi avesse visto un fantasma, poi riprese lucidità e sbottò – Audrey! Ma dove cazzo eri finita? Porca puttana, ti ho chiamata un sacco di volte, ma non hai mai risposto, credevo ti fosse successo qualcosa! – in una falcata la raggiunse e le afferrò malamente un braccio, strascinandosela addosso, stringendola in un abbraccio nervoso.

Finalmente poté tirare un sospiro di sollievo! Era lì, davanti a lui anche se sciupata quanto lui, ma sana e salva. Non appena gli aveva voltato le spalle, aveva allontanato Susan in malo modo e le era corso dietro, ma non riuscì a fermarla che era già partita con la macchina. Aveva iniziato a chiamarla ripetutamente al cellulare ma suonava sempre a vuoto, tanto da spaventarlo a morte; era arrabbiata con lui e temeva che, con la mente accecata dalla rabbia, potesse rischiare un incidente con la vettura. Era partito subito con Ethan, e quando non videro nessuna macchina sulla strada, andarono diretti sotto l'appartamento di Samantha e, quando videro la sua macchina parcheggiata, poterono tirare un sospiro di sollievo. Tornando a casa, si diedero dei coglioni da soli, chi per un motivo e chi per un altro; ogni loro tentativo di soffocare i loro sentimenti per le due ragazze, automaticamente finiva sempre con una lite furiosa e la paura che non volessero più avere a che fare con loro.

Audrey rimase rigida e fredda di fronte a quell'abbraccio, nonostante sentisse chiaramente il cuore di Heath battere furiosamente sotto il suo orecchio; doveva essersi spaventato parecchio non avendola vista tornare a casa, e quasi si dispiacque, per poi ricordarsi della serata precedente e la sua furia montò in lei come una tempesta in pieno oceano e si divincolò.

- Non azzardarti a toccarmi, non fare come se la cosa ti importasse! Prima ti comporti bene con me e poi torni ad essere uno stronzo bipolare, perché? Perché almeno non hai aspettato? Cazzo, hai scopato con me solo la notte prima, e poi esci con lei! Ben sapendo quanto la cosa potesse ferirmi! Vaffanculo, non è così che funziona con me! Puoi farlo con quella troia che ti scopi puntualmente, ma non con me. Lascia in pace me, se vuoi continuare a comportarti come un ragazzino, ok? Lasciami stare, dico sul serio; se vuoi discutere del ranch va bene, anche se non lo farai visto il tuo recente comportamento a riguardo, ma non farai e non avrai altro da me. Non venire da me per divertirti e poi scaricarmi come se non fosse successo niente, te l'ho permesso l'altro giorno, ma non si ripeterà, te lo garantisco. Ti ho sempre acconsentito tutto, anche quando hai rotto la nostra amicizia e hai iniziato a trattarmi di merda a scuola, ma ora non lo farai più, quanto è vero che mi chiamo Audrey Barkley! – esplose furiosa, tirandogli un cazzotto sullo stomaco.

Heath chiuse gli occhi, addolorato per le parole più che per il pugno – Mi dispiace, non so nemmeno io il perché sono uscito con Susan, ieri sera, ma non abbiamo fatto nulla, questo posso giurartelo! Non so perché l'ho fatto.. anzi, lo so Cristo: ho paura! Sono terrorizzato, lo sono sempre stato, dai quello che provo per te, tanto da comportarmi come un coglione e fare cose stupide! Ma ti prego, non allontanarmi! Ti voglio in un modo che mi spaventa, non ho mai provato una cosa simile in tutta la mia vita! – disse disperato.

Audrey scosse la testa, reprimendo a fatica le lacrime – Basta così, non... non mi interessa, non più. Mi hai fatto così male da esserti bruciato tutte le possibilità che ti ho dato. Se vuoi parlare del ranch ok, ma per il resto... Cerchiamo di mantenere un rapporto civile fin quando non troveremo un accordo che ci soddisfi entrambi ma per il resto basta. Mi dispiace Heath. – e si chiuse in camera, non resistendo un minuto di più. Si portò le mani sul viso e pianse silenziosamente, esausta. Avrebbe voluto sentire quelle parole molti anni fa, ma adesso era troppo tardi, non riusciva a fidarsi di lui nonostante il desiderio di stare con lui fosse ancora forte, ma non poteva più bastare l'attrazione. Non poteva combattere un amore a senso unico.

Heath si morse con forza il labbro inferiore, gli occhi iniziarono a pungere dalla rabbia e dalla frustrazione che provava. In fin dei conti, cosa poteva dire? Niente, lei aveva ragione e lui torto marcio; era stato un bastardo senza spina dorsale e adesso ne pagava le conseguenze. L'aveva allontanata, e per cosa? Niente. Era troppo tardi per accettare i suoi sentimenti, l'aveva persa e la colpa era sua, solo sua.

Audrey si fece un bel bagno caldo, sperando di recuperare un minimo di sanità mentale e poi, dopo aver perso un ora a fissare la porta della sua stanza, prese coraggio e uscì. Chiamò Amanda, sperando di non disturbarla, e dopo averla sentita rispondere malamente la chiamò con voce tremula, tanto da far zittire l'amica immediatamente; si confidò con lei, cercando di non piangere ancora, ma l'altra aveva un sesto senso per le cose e, con dolcezza, le diede dei consigli, cercando di sostenerla a distanza. Dall'altra parte della cornetta, Amanda fumava di rabbia e sofferenza al pensiero che la sua più cara amica soffrisse a quel modo, e una volta messo giù il telefono andò a recuperare il suo portatile e comprare dei biglietti per lei e per Dennis, che stava borbottando affianco a lei.

- Taci Dennis! Audrey ha bisogno di noi, e visto che abbiamo delle ferie arretrate, andremo da lei. Chiaro? Non voglio sentire nemmeno un fiato! –

Dennis alzò le mani al cielo – Non ho detto niente, solo che magari dovresti darmi il tempo di fare la valigia ti pare? Io non abito qui, non ho le cose a portata di mano. –

- Ah già.. bè, il tempo lo troverai, vai a casa e fai 'sta maledetta valigia! Al massimo compreremo dei vestiti lì; comunque sarebbe ora ti trasferissi da me, tanto sei sempre qui a rompermi le palle! E inoltre ora hai la scusa di prendere finalmente l'aereo, devi farti passare sta fobia! -


Dopo aver potuto parlare con la sua migliore amica, Audrey si sentì rincuorata; si era tolta un grande peso dal cuore e dallo stomaco, e decise di seguire i consigli dell'amica. Andò in cucina per mettere qualcosa sotto ai denti, optando per sgranocchiare delle patatine al gusto barbecue; uscì per andare sotto al portico, accarezzando la sua gatta, poi si bloccò quando dei singhiozzi giunsero sofferenti alle sue orecchie. Seduto a terra, poco distante, c'era la grossa figura di Sam rannicchiato, con le mani sul volto e le spalle che sobbalzavano; con cautela si avvicinò e gli mise lentamente una mano sulla spalla, temendo che l'uomo potesse allontanarla malamente; Sam sobbalzò e la fissò con sguardo perso nel vuoto. Le venne un groppo in gola – Sam? Tutto bene? – gli chiese con gentilezza, non volendo forzarlo.

- Si, tutto bene... Torno a finire il lavoro. – le rispose, alzandosi in piedi agilmente e con velocità.

Audrey lo afferrò per il polso, fermandolo – Non va tutto bene. Hai qualche problema che ti turba... Il lavoro ti porta via tempo? La paga non è buona? Heath... É stato sgarbato con te? O vuoi che magari lo chiami, forse ti sentiresti più a suo agio con lui, per parlare...? –

Sam sospirò indeciso se parlarle oppure no, poi però decise di confidarsi con qualcuno di estraneo alla faccenda – Si tratta di mia moglie. Se ne è andata di casa senza dire una parola, due giorni fa però mi è arrivata una lettera dal suo avvocato per chiedermi il divorzio. Ho sacrificato anni della mia vita per accontentarla, ho lavorato come un pazzo per darle una bella casa e una vita stabile, ed ora è tutto finito perché per lei non era abbastanza! Quasi cinque anni di matrimonio, e un bambino di quattro anni che non merita una bastonata simile! La sera torno a casa esausto e non so come comportarmi con lui, non so cosa dirgli quando mi chiede innocentemente dov'è sua madre! Non so cosa fare... - e si afflosciò nuovamente sull'erba, senza forze.

Audrey si morse la lingua, cercando di non imprecare contro quella stronza di donna: Sam era un uomo onesto e gentile, non meritava un trattamento così menefreghista.

- Senti, se vuoi durante il giorno posso tenerlo io, magari potrebbe riuscire a sfogarsi se gli faccio compagnia. In fin dei conti, anche io mi sento sola in questa casa, quando non sono con Poppy; non so mai cosa fare, ed Heath non ha alcun piacere a coinvolgermi nelle questioni del ranch. – disse amaramente.

L'uomo la guardò sollevato – Dice davvero? Non le è di troppo disturbo? Sa essere sfiancante alle volte... - mugugnò.

- Non preoccuparti di questo, domani puoi portarlo qui! Devo preparare una torta per una cliente, e potrebbe aiutarmi. –

- Grazie! Grazie signorina! Almeno Aron avrà qualcuno con cui passare qualche ora. – disse sollevato mentre si alzava in piedi, poi le baciò velocemente la fronte e tornò a lavoro con un accenno di sorriso sul volto.

Audrey ridacchiò, contenta del vederlo allontanarsi più tranquillo; rientrò in casa, non notando il cipiglio scuro di Heath, che aveva osservato tutta la scena in disparte, irritato come un porcospino. Quando Sam si avvicinò e vide la sua faccia scura, ridacchiò – Non fare quella faccia, l'ho baciata perché provo ammirazione e affetto fraterno verso una ragazza gentile ed altruista. Mi ha proposto di tenere Aron sai? – poi scoppiò in una risata di pancia – Dovresti seriamente ammettere i tuoi sentimenti verso quella donna sai? E soprattutto, smettila di ferirla; non fare quella faccia sorpresa, ho sentito le vostre urla! Merita un uomo che la ami e la rispetti, un rapporto stabile e solido di basa sulla fiducia reciproca; piantala quindi con questo gioco alla fune, armati di coraggio e confessale i tuoi sentimenti, iniziando con lo smettere di frequentare donne stupide e inutili. –

Heath sospirò, sapendo perfettamente quanto l'amico avesse ragione. Doveva seriamente smetterla di fare il coglione e dimostrarle che sotto la superficie di stronzo superficiale, c'era ancora il suo migliore amico e l'uomo di cui si era innamorata. '' Ti conquisterò Audrey, e ti dimostrerò una volta per tutte che puoi fidarti e affidarti a me. '' pensò calcandosi sul capo il suo cappello, poi tornò a lavoro, con una nuova energia in sé.

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