1°capitolo
Dieci anni prima:
Era una bella domenica di dicembre. La neve era scesa già da parecchi giorni, come soffice zucchero a velo e io, un bambino di soli sette anni, ero andato al centro commerciale con mia madre per comprare alcuni regali per la mia famiglia.
Ricordavo che ero molto felice quella giornata. Avevamo comprato tanti bei pacchi: uno per mio fratello Jacob, uno per mio padre e di nascosto mia madre, ne aveva comprato uno anche per me.
«Axel, aspettami qua fuori, devo fare una cosa in questo negozio e poi andiamo, ok?» Mi disse mia madre entrando in un negozio di vestiti per adulti. Sicuramente, pensai, doveva comprare qualcosa per mio padre.
«Va bene.» sorrisi.
Mi sedetti in una panchina e di fronte vidi a un tratto due ragazzi, forse entrambi sedicenni, che si tenevano per mano e che ridevano. Sembravano felici, da come erano vicini. Pensai che dovevano volersi davvero bene. Ero rimasto senza parole, non avevo mai visto due maschi volersi in quel modo e per un bambino di sette anni quella scena sembrava essere stata presa da dalle favole.
Però ero un po' confuso, quei ragazzi si volevano solo bene, non capivo perché la gente li guardava come se fossero dei delinquenti. Gli stavano alla larga e alcune signore bisbigliarono qualcosa di cattivo nei loro confronti.
«Su, Axel, andiamo.» mi prese per mano mia madre facendomi alzare.
«Mamma guarda! Perché quei due maschi si stanno baciando?» le chiesi meravigliato da quei due ragazzi che non avevano paura di dimostrare al mondo intero il loro amore. Non pensavano alle conseguenze e di quello che diceva la gente, loro se ne fregavano, perché il loro, era vero amore.
«Andiamo! Non li guardare, sono malati!» La sua risposta mi sconvolse tantissimo segnandomi per tutta la vita. La mia famiglia odiava tantissimo gli omosessuali, come tutti ne avevano paura, ma io non capivo il motivo. Che male c'era ad amare un'altra persona dello stesso sesso?
***
Oggi:
18 ottobre 2018
«Axel, svegliati devi andare a scuola.» mi chiamò mia madre entrando nella mia stanza e aprendo la finestra. I raggi del sole, seppure deboli, raggiunsero i miei occhi e sentendo il fastidio della luce mi alzai.
«Lavati la faccia e scendi giù, la colazione è già pronta.» mi sorrise, mentre stava risistemando il letto. Io non risposi, mi limitai semplicemente ad andare in bagno e fare quello che mia madre mi aveva detto.
Dopo uscii dal bagno e indossai una maglietta nera, un paio di jeans e delle Nike nere con le strisce bianche, presi la cartella e poi scesi giù.
«Buon giorno fratellino.» mi salutò mio fratello maggiore Jacob. Aveva diciannove anni, alto, faccino d'angelo, addominali scolpiti, ma uno stronzo nato; amava tantissimo portarsi a letto una ragazza diversa ogni notte.
«Ciao, Axel.» mi salutò timida la ragazza e io ricambiai con un semplice cenno con la testa.
"Aspetta cosa?" Pensai sconvolto non appena capii chi fosse. Non avrei mai dimenticato quei suoi capelli perfettamente ricci e neri e quel suo neo vicino al labbro superiore, come lei non c'era nessuno. Vederla sulle ginocchia di mio fratello, mi spiazzò completamente.
«Melissa?» Chiesi senza parole. Appena mi risvegliai per bene mi salì una grande rabbia. Quel fottuto bastardo si era scopato la mia migliore amica?
«Sì.» mi rispose guardando da un'altra parte.
«Su, mangia che devi andare a scuola.» mi sorrise trionfante quel figlio di...buona donna, quel figlio di buona donna.
«Perché?» Domandai con un filo di voce e con gli occhi pieni di lacrime.
«Umh? Cosa?» Mi disse mio fratello guardandomi storto.
Ero furioso. A me non interessava niente di quante donne lui si portasse a letto, ma Mellissa no, doveva stare alla larga da lui.
«Perché te la sei scopata cazzo! Sai benissimo che lei è la mia migliore amica.» ringhiai stringendo forte la mano in un pugno, volevo ammazzarlo. Lui non rispose, si limitò a ridere fregandosene di quello che gli avevo detto.
«Rispondi!» Urlai adirato. Lui si avvicinò a me in modo minaccioso e mi disse in un orecchio: «Almeno io non fingo di essere etero come fai tu, frocetto del cazzo.» sentendo quelle parole il mio cuore si fermò per alcuni secondi. Non ci credevo Melissa gli aveva confessato tutto? Perché? Credevo che di lei mi potessi fidare ciecamente e invece era uguale come tutti gli altri, lei mi odiava come mi odiavano tutti.
«Che succede qua? Cosa sono queste urla?» Ci chiese mia madre preoccupata.
«Niente, Axel, si è scottato con il latte, vero fratellino?» Sorrise beffegiandomi di nuovo.
«Sì.» riuscii a dire solo questo e poi scappai via. Prima che le mie lacrime scendessero lungo il mio giovane viso, prima che "loro" potessero farmi ancora del male.
Arrivai a scuola molto presto quella mattina. Il cancello di ferro, era ancora chiuso e non c'era quasi nessuno. "Quasi" perché oltre a me c'era un bellissimo ragazzo dai capelli biondi che stava morendo dal freddo. Non riuscivo a vedere bene il suo viso, era coperto da una sciarpa verde. Rimasi comunque senza fiato. I suoi occhi per me erano come droga, mi attirarono a sé come una calamita. Era bellissimo.
Volevo riscaldarlo con il mio corpo, con i miei baci, ma forse lui era come tutti gli altri. Come quei tizi che odiavano gli omosessuali, che li prendevano in giro e che ne avevano paura.
«Ciao, ma oggi è aperta la scuola?» Mi sorrise tremando ancora dal freddo. Sentendo quella domanda sorrisi. Per me che vivevo da sempre a Saint Paul, la capitale del Minnesota, era normale tutto quel freddo, ma ovviamente per "quell'angelo decaduto" era una cosa strana.
"Sicuramente viene da lontano, sembra europeo" pensai ancora più affascinato e attratto da quel misterioso ragazzo.
«Certo! Sei nuovo, vero?» Gli dissi porgendogli la mano e mostrando il mio sorriso più bello.
«Sì, sono arrivato due giorni fa con i miei genitori, piacere mi chiamo Adrien.» mi strinse forte la mano e io sentendo quel contatto andai in tilt.
« Piacere Adrien, io mi chiamo Axel. Dal tuo nome e dal tuo accento, capisco che non sei americano, da dove vieni?» Gli domandai curioso di scoprire sempre più cose da quel bellissimo Dio greco che avevo davanti.
«E sì, hai azzeccato, vengo dalla Francia.» mi rivelò con gli occhi lucidi. Si vedeva benissimo che quel suo trasferimento lui, non lo aveva digerito bene.
«Cosa? Sei francese? Però parli benissimo l'americano, complimenti!» Gli risposi sorpreso.
«Eh sì, mio padre è americano, mentre mia madre era francese, quindi ho sempre parlato benissimo le due lingue senza nessuna difficoltà.» mi spiegò un po' addolorato.
«Ah! Mi dispiace.» dissi intuendo che sua madre, forse, non c'era più.
«Tranquillo, si va avanti.» mi rispose guardando in un'altra direzione.
Dopo non parlammo più, mi sentivo in imbarazzo. Poi arrivarono anche gli altri ragazzi e il cancello si aprì. Entrai tenendo bassa la testa, non mi andava di vedere nessuno quel giorno.
«Axel, Aspetta! » Sentii Melissa chiamarmi da giù, ma io avevo già salito un bel paio di scale e non avevo nessuna intenzione di vedere una persona falsa e traditrice come lei. Arrivai nella mia classe e già quei cavernicoli che avevo come compagni di squadra e di classe erano seduti a sghignazzare e a pianificare qualche scherzo per la prossima sfortunata vittima. Odiavo quando facevano così, ma io ero il capitano della squadra di football, avevo una reputazione da mantenere intatta, quindi l'unica cosa che facevo era quello di non partecipare alle loro cazzate.
«Perfetto, abbiamo deciso, sarà divertente.» disse Paul, il vice capitano, nonché il mio finto migliore amico. "Finto" perché nessuno in quella scuola mi avrebbe accettato se avessero scoperto che io ero un omosessuale.
Fingevo ogni santissima giornata di essere quello che non volevo, di essere etero e di desiderare le ragazze, ma in realtà io amavo follemente i maschi in ogni loro sfumatura.
«Capitano, per te va bene se prendiamo di mira Melissa?» Mi disse un po' in imbarazzo.
«No, fatelo pure, basta che non le fate male fisicamente, e credo che abbiate capito cosa intendo!» Li avvertii guardandoli male. Accettai solo perché volevo vedere Melissa soffrire per quello che mi aveva fatto, ma a quella puttana ci tenevo ancora, quindi cercai ancora di proteggerla vietando a quei cretini di stuprarla o fare altre cose che includeva il sesso.
«Certo! Nessun problema...» mi sorrise e tornò da quei maiali che aveva come amici. Ero seduto da solo nel mio banco a sentire le cavolate che si dicevano quel branco di scimmie senza cervello, mentre pian piano entravano gli altri miei compagni.
«Ciao! Vedo che siamo nella stessa classe di chimica... Posso sedermi con te?» Mi salutò raggiante Adrien.
«Sì certo.» gli risposi facendo finta che non mi importasse se lui si sarebbe seduto lì o in un altro posto, ma invece ero al settimo cielo.
«Axel.» all'improvviso mi chiamò Melissa con gli occhi pieni di lacrime. Io non la guardai nemmeno in faccia, mi faceva schifo quella puttana.
«Oh ciao! È tuo questo posto? Scusami, mi alzo subito.» le disse il biondo alzandosi.
«No fermo! Non c'è bisogno si cercherà un altro posto, tranquillo.» lo bloccai per un polso facendolo nuovamente sedere e sentendo la sua pelle calda, mi arrivò una scossa elettrica lungo tutto il corpo.
Possibile che mi stessi innamorando di lui? Il mio cuore batteva forte dalla gioia. La ragazza non disse più niente e si sedette in fondo, nell'ultimo banco a destra.
«Ah ho capito, sei il solito figo della scuola stronzo con le ragazze... vero?» Mi disse dispiaciuto Adrien.
«Cosa? No.» gli risposi sconvolto.
«Allora perché l'hai fatta piangere? Te la sei scopata e adesso non ti interessa più niente di lei?»La sua voce era carica di rabbia.
«Ti sbagli, non sono il solito figlio di puttana... Lei era la mia migliore amica, ma mi ha tradito e adesso non voglio più vederla.» gli spiegai guardandolo intensamente negli occhi.
«Ok.» si alzò e andò da Melissa porgendole un fazzolettino e parlarono per alcuni secondi. Poi tornò a sedersi accanto a me.
«Mi credi?» Gli chiesi nervoso.
«Sì, lei me lo ha confermato.»
«Bene, cosa ti ha detto?» Gli domandai un po' ansioso.
«Che lei ti ha ferito e le dispiace molto.»
«Ok» strinsi forte la mascella e non parlai più. Dopo arrivò il professore e dovettimo ascoltare la sua lezione.
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