"The Tangled Lands" di Paolo Bacigalupi e Tobias S. Buckwell
Sinossi:
Khaim, l'ultima città di un impero un tempo grande, che si aggrappa alla vita.
Questo è un mondo avvelenato dalla sua dipendenza dalla magia. Ogni volta che viene lanciato un incantesimo, rovi tossici germogliano, esplodendo dai campi coltivati, emergendo fra i ciottoli. Un po' di magia e il rovo ne conseguirà, fino a che intere città non saranno consumate da grovigli di vite. Armate incedono e bruciano... ma in un mondo che non può rinunciare al dolce soccorso della magia, il rovo non può essere fermato.
Quando Jeoz l'alchimista scopre una nuova potente arma da impugnare contro il rovo, la sua invenzione promette a Khaim libertà dalla paura e dalla fame. Ma questi sono tempi contorti e il rovo non è l'unica corruzione che rovina la landa.
Tag:
#distopico, #inglese, #racconti, #corruzione, #cupo, #collaborazione, #fantasy, #vendetta
Recensione:
Salve, lettori! Eccoci finalmente con una nuova recensione, non vedevo l'ora di poterla pubblicare. Oggi parleremo di un libro praticamente sconosciuto (almeno in Italia, anche se non ne ho mai sentito parlare da nessun'altra parte), che ho trovato in questa bellissima libreria nel centro di Innsbruck. Devo dire che c'erano un sacco di opere che mi interessavano, in quell'immensa parete di libri in inglese mai visti prima nella mia vita, ma non appena ho incrociato lo sguardo con The Tangled Lands e letto la trama... non ho potuto far altro che comprarlo.
Si tratta di una collaborazione fra due autori, Paolo Bacigalupi e Tobias S. Buckwell, e si trova solo in inglese in quanto in Italia non è mai stato pubblicato. Il che è un peccato.
La trama è semplice: ci troviamo nel continente di Jhandpara, un tempo un rigoglioso impero pieno di vita e magia, ora ridotto all'osso, dove le città stanno per essere inglobate dai rovi e nel deserto imperversano briganti e Paikan, la gente che attacca e distrugge le città per ridurre l'uso della magia e impedire che i rovi crescano. Tutto si concentra su Khaim, o almeno i protagonisti che noi veniamo a conoscere sono di lì o vivono lì, e sull'invenzione di questo alchimista, Jeoz, che contro il suo volere consegna un potere assoluto nelle mani del malvagio Magister della città.
In tutto ci sono quattro storie diverse, autoconclusive, che però seguono un filo conduttore (Khaim e l'invenzione di Jeoz) e una cronologia temporale. Abbiamo quindi quattro diversi protagonisti, due di Bacigalupi e due di Buckwell, e leggiamo la loro storia, il modo in cui sopravvivono in questo mondo devastato da morte e corruzione, dove un solo tocco ai rovi nati dalla magia causa un coma eterno capace di mantenere il corpo in perfette condizioni per decenni.
Dal punto di vista dell'ambientazione, l'idea è più che affascinante, ed è praticamente la motivazione per cui ho acquistato il libro e l'ho letto appena ne ho avuto occasione. E seppure il mondo in cui i protagonisti si muovono sia ricco di plot twist e capace di avvolgere il lettore, riconosco che non è stato sfruttato a dovere. Le informazioni che ci vengono date riguardo al passato di Jhandpara e su come tutto sia decaduto sono poche e ripetitive, quindi non c'è una grande esplorazione dell'ambiente in cui ci troviamo, anzi: ci vengono dati degli elementi, e quelli restano, riadattati per ogni storia.
Diciamo che questo è un vero peccato, perché gli autori avrebbero potuto sviluppare l'idea molto, molto più di così, e creare qualcosa di completamente unico. Sarebbe stato bello, ad esempio, vedere più storie, qualcuna precedente alla caduta dell'impero, con personaggi "storici" interessanti come la Magistra Kalaia, una potentissima e cazzutissima maga che ha devastato interi reami con i suoi eserciti e i suoi poteri.
Speriamo che gli autori tengano fede a quello che hanno scritto nei ringraziamenti ed espandano di più il mondo di The tangled lands, perché ci sono troppi appigli interessanti che possono – no, devono – essere sfruttati.
Nelle varie storie autoconclusive sono presenti alcune incongruenze che mi hanno lasciata poco convinta, comportamenti un po' vaghi da parte di personaggi che dovrebbero essere malvagi e/o potenti (come il re di Paika, che si fa mettere sotto subito) o scelte un po'... stupide?... da parte dei protagonisti. Ma tutto sommato non ho trovato falle né cose particolarmente strane, anzi, i racconti sembrano ben curati.
Ho trovato la lettura abbastanza fluida, seppure fosse in inglese. Ho faticato un po' nella velocità poiché non sono abituata a leggere in inglese e volevo essere sicura di capire ogni parola (qualcuna me n'è sfuggita, termini che non avevo mai sentito), ma generalmente parlando la comprensione non è difficile, l'inglese usato è semplice e per capirlo basta avere delle basi.
Per quanto riguarda l'originalità, credo di essermi già espressa: l'ambientazione è meravigliosa (seppure con i suoi piccoli difetti) e di stereotipi mal usati non mi pare di averne trovati. Bella per esempio l'idea di far avere agli uomini dei baffi se i figli sono vivi e tagliarli quando li perdono, e la contrapposizione fra i cittadini di Khaim, di Paik e di Alacan, la città devastata dai rovi il cui popolo si è rifugiato a Khaim. Abbiamo infatti anche molti temi attuali trattati nel libro, come i rifugiati e il disprezzo che viene loro rivolto, il dislivello fra poveri e ricchi, la corruzione e l'ingiustizia.
Niente, mi è piaciuto un sacco, con quei toni cupi che permeano le pagine e vanno a creare il magone e il senso di compassione nel lettore.
La narrazione degli eventi è abbastanza chiara, ci sono alcuni punti un po' tecnici in cui non si riesce a capire alla perfezione cosa succede, ma per lo più gli avvenimenti si riescono a seguire senza grossa difficoltà.
Le descrizioni sono invece un po' piatte, poiché ci si limita al minimo indispensabile. Questo l'ho notato più che altro nei racconti di Buckwell, perché in quelli di Bacigalupi ci si sofferma di più sull'ambiente circostante. I personaggi sono poco delineati fisicamente.
Al contrario, sui dialoghi non ho niente da dire, lasciano trasparire le emozioni dei personaggi molto bene (soprattutto quelli di Buckwell).
Per quanto riguarda lo stile di narrazione, nemmeno qui ho molto da dire, se non che non ho capito perché tutti i racconti sono in prima persona al passato tranne Children of Khaim, che è in terza persona. In ogni caso, funzionano benissimo.
I personaggi... ah, qui è un po' difficile parlare in modo oggettivo, perché avendo a disposizione solo qualche capitolo a protagonista non è semplice determinarne bene ogni aspetto. Posso solo dire che, nel complessivo, tutti i protagonisti sono mondi a sé, e che per descriverli bene non basterebbe mezzo libro. Tutti e quattro sono personaggi a tutto tondo, e hanno delle caratteristiche peculiari che li distinguono, quasi delle emozioni, se così possiamo chiamarle, che li rendono unici:
▪ Jeoz, da The Alchemist: l'affetto di un padre, la voglia di proteggere la propria famiglia da ogni male, la redenzione;
▪ Tana, da The Executioness: la vendetta di una madre a cui sono stati tolti i figli;
▪ Mop, da Children of Khaim: l'innocenza macchiata dalla corruzione dei ricchi, l'affetto di un fratello per una sorella capace di muovere i cuori;
▪ Sofija, da The Blacksmith's daughter: la vendetta di una figlia e la rabbia di una guerriera.
Generalmente parlando, ognuno di questi protagonisti è profondo e unico, seppure abbia notato una certa ricorrenza nello stile dei due autori: Bacigalupi parla di innocenti costretti a sopportare le conseguenze del male compiuto da altri, Buckwell parla invece di donne forti piene di rabbia che vogliono vendicarsi contro chi ha fatto del male ai loro cari.
L'unico personaggio ricorrente in ognuna delle storie è il Magistro Scacz, il cattivo squilibrato che governa senza pietà sulla città di Khaim. Odioso, ma in modo positivo.
Lo stile dei due autori riesce a congiungersi perfettamente, infatti non si nota una grande differenza fra le diverse opere, il che è un bene e indica anche il lavoro che è stato fatto dietro. Come detto la comprensione non è difficile, e non vi sono errori che disturbano la lettura, se non qualcuno di battitura nelle ultime pagine dell'ultima storia.
Quest'opera, quindi, vale? Non credo sia nemmeno necessaria una risposta. Sì, questo libro vale, è sia un ottimo fantasy distopico – di quelli belli, però – sia un'ottima scelta se si tratta di raccolte di mini-storie, che tratta argomenti delicati in un modo capace di commuoverti e farti pensare a come vada il mondo.
Pertanto, mi sento di consigliarlo a chiunque mastichi un po' di inglese. Il prezzo non è alto ed è di certo un buon modo di passare un bel pomeriggio di lettura. Plus, è pubblicato da una piccola casa editrice inglese, la Head of Zeus, che ha un catalogo niente male fra fantasy, thriller e saggi di ogni genere! Vi consiglio anche di darci un'occhiata!
Quindi che aspettate? Andate a ordinarlo!
Per adesso io vi saluto e vi auguro una buona giornata.
E mo vado a leggere qualcos'altro visto che ho tempo da perdere.
Dasvidania.
Stelle: ⭐⭐⭐⭐ ½
P.S.: devo ritornarci in quella libreria, aveva una parete di soli libri in inglese grossa quanto quella di camera mia.
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