Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

8 ▪️ L'IMBOSCATA

Sabato 2 Novembre 2013

Ci acquattiamo dietro un muretto imbruttito da graffiti sbiaditi, dell'altezza di circa un metro e lungo una decina. Intorno a noi una fitta boscaglia di spini ed erbacce ostacola la nostra visuale. Dei cespugli umidi mi bagnano i pantaloni della divisa, deve aver piovuto stanotte. Inoltre le temperature si sono nettamente abbassate, l'aria è fredda, porta alle mie narici l'odore della terra umida e la sensazione che l'inverno è ormai alle porte.

Milo si stringe in un abbraccio, accovacciato accanto a me, anche lui probabilmente ha freddo. O forse, più probabilmente, ha paura. Di tanto in tanto lancia un'occhiata alla boscaglia dietro di noi, al di là della quale una stradina sterrata porta alla cava di pietra. Ed è proprio di fronte alla cava che tra poco avverrà l'incontro tra Valerio e i suoi aguzzini. Ma i rami fitti e contorti non permettono di vedere nulla.

«Dovrebbero arrivare a minuti.» Mi sussurra. Il suo viso è teso, e anche il mio probabilmente lo è. Per la seconda volta mi troverò faccia a faccia con dei pericolosi criminali. Delinquenti che dovrò provvedere ad arrestare.

E se ci sfuggono? Se qualcosa va storto? La mia mente si affolla di paure.

«Forse dovremmo chiamare rinforzi.» Propongo. Sono nervosa. Le mie mani tremano e sento le gambe molli, prive di forza. Mi sento anche stanca, questa notte ho dormito pochissimo, in più mi sono dovuta svegliare all'alba per venire qui.

«Figurati se ci mandano rinforzi.» Ride lui. «Ti ricordo che non vedono l'ora di farci fuori.»

«Ma non è così che dovrebbe funzionare!»

«Ti ricordo anche che quel luogo è anarchia.»

Di lì a poco alla nostra destra intravediamo una macchina nera che percorre lentamente la strada sterrata. Attendo qualche secondo, poi con cautela mi affaccio sopra il muretto: vedo Laner scendere della sua berlina, parcheggiata davanti alla cava di pietra. Muove qualche passo, si guarda attorno, nervoso, con una mano in tasca e l'altra impegnata a reggere una valigia vuota.

«È Valerio?» Mi domanda Milo.

«Sì, è lui.» Gli rispondo, mentre l'uomo si sposta all'ombra di un'alta struttura arrugginita, forse infastidito dal sole in faccia.

Mi abbasso dietro al muretto, sempre più agitata.

«Stiamo attenti, okay? Agiamo con prudenza e al momento giusto.» Dico.

«Sarà fatto.» Mi risponde lui. Cerca di tranquillizzarmi distendendo le labbra in un sorriso appena accennato.

Proprio in quell'istante sentiamo un rumore alle nostre spalle, quello del motore di una macchina. Il cuore mi schizza in gola.

«Cavolo, sono loro. Sono già arrivati!» Sussurro.

Puglisi si sporge con cautela sopra il muretto. «Sì, sono loro. Ecco il capo. Uno, due, tre... cavolo, sono cinque uomini!»

«Milo abbassa la testa o ti vedranno!»

Lo tiro per la divisa e lui con uno scatto si accovaccia a terra.

«Dobbiamo aspettare. Se ci scoprono salta tutto.» Bisbiglio.

Attendiamo minuti. Sono minuti d'angoscia, in cui non posso fare a meno di pensare a cosa succederà quando usciremo da questo nascondiglio. Puglisi percepisce il mio stato d'animo e mi afferra una mano, stringendola appena.

«Andrà tutto bene, okay?» Sussurra.

Io annuisco, anche se per nulla convinta.

«Abbiamo dalla nostra parte l'elemento sorpresa e due armi cariche.» Prosegue.

«E se anche loro sono armati?»

Nel frattempo il vociare si fa più forte.

«In tal caso dovremmo essere noi i primi a usarle.» Mi risponde dopo un po'.

A un certo punto sentiamo un debole urlo. È la voce di Valerio.

«È il segnale? È questo?» Chiedo a Milo, estraendo la pistola dalla fondina.

«No, no, non credo. Aspettiamo ancora. Ma preparati perché non mancherà molto.»

«Okay.» Faccio un lungo e profondo respiro. Sono terrorizzata. Credo che le gambe mi cederanno non appena mi alzerò in piedi e che non riuscirò nemmeno a saltare questo dannato muretto.

Appena formulo quel pensiero, ecco l'inequivocabile segnale: un disperato grido di dolore, sin troppo realistico.

La mia mente si svuota, agisco d'istinto. Schizzo in piedi e salto il muretto, tenendo il braccio proteso in avanti, con la pistola puntata in direzione dei quattro uomini che circondano Laner e del loro leader, in piedi accanto berlina scura di Valerio. Milo segue le mie mosse.

«Mani in alto, polizia!» Li intimo, con voce ferma e decisa, avvicinandomi al gruppetto di  delinquenti, che lentamente alzano le mani al cielo, lasciando cadere le loro armi a terra: coltelli e mazze da baseball.

Ci fermiamo a pochi metri da loro. Il mio petto si alza e si abbassa a ritmo frenetico, sento il cuore pompare al massimo e l'adrenalina che mi pervade.

L'uomo vestito elegante (probabilmente il boss) rimane pietrificato di fronte alla nostra presenza, mentre i quattro scagnozzi non sembrano avere paura, ci guardano inferociti.

Con cautela ci avviciniamo a loro di qualche passo. Noto che Valerio è stato ferito a un braccio, si sta premendo il taglio con una mano per bloccare il flusso del sangue, guardandoci speranzoso. Ma di lì a poco i suoi occhi si colmano di terrore, quando uno dei quattro uomini con scatto felino raccoglie da terra la sua mazza, lancia un grido e si avventa su di noi, con l'arma alta sopra alla testa. Sembra puntare Milo, che però non si lascia intimorire e agisce d'istinto, premendo il grilletto.

Un boato spezza il silenzio e l'uomo crolla a terra, contorcendosi tra urla e lamenti strazianti. La pallottola si è conficcata in una coscia e il sangue sta uscendo copioso, se ha centrato l'arteria femorale probabilmente ci sarà poco da fare.

Mentre il delinquente starnazza sul pietrisco, ci avviciniamo al resto del gruppo. Milo continua a tenerli sotto tiro, mentre io provvedo all'arresto.

*****

«Mi congratulo con voi, signori. La Bianchini mi ha appena riportato tutto e devo dire che sono rimasto piacevolmente colpito.» Esordisce Morelli, entrando nel nostro ufficio. La sua faccia da primate è sorridente e compiaciuta. «Stavamo cercando quei furfanti da un bel po' di tempo, avete fatto un ottimo lavoro.»

Si avvicina a noi e si posiziona a fianco a Puglisi, a braccia incrociate.

«La ringrazio. Nostro dovere.» Gli rispondo, mentre Milo sfoggia un sorriso più falso dei soldi del Monopoli, totalmente indifferente ai suoi complimenti.

Io, invece, sono piuttosto sorpresa. È la prima volta che si congratula con noi, ed è anche la prima volta che solleva le sue grosse chiappe dalla sua comoda poltrona e le trascina nel nostro ufficio.

«E il caso Anatas? Come procede?»

Ecco. La domanda tanto temuta.

«Stiamo procedendo.» Rimango sul vago, sperando che se ne vada.

«E a che punto siete?» Corruga appena le folte sopracciglia. Il suo iniziale buon umore è già andato a farsi benedire.

«Stiamo procedendo con gli interrogatori e... non dovremmo essere lontani dalla risoluzione del caso.» Risponde Puglisi.

In realtà solo un miracolo ci porterà all'obiettivo.

«Bene. Allora vi lascio al vostro lavoro.»

Finalmente esce dal nostro ufficio, e io e Milo tiriamo un sospiro di sollievo. Continuiamo a discutere sulla seconda fase del piano fino all'ora di pranzo. Un piano folle e contorto, che dubito funzionerà.

*****

Dopo pranzo me ne torno a casa. Milo passa al bar a prendere un caffè, poi mi raggiunge.

«Che cos'è quella faccia mogia?» Esordisco, non appena vado ad aprirgli la porta. «Se non risolviamo il caso al massimo ci licenzieranno» Aggiungo, ironica.

«Eh?» Improvvisamente sembra risvegliarsi da quello stato di torpore.

«Sei preoccupato per Fabio?» Lo lascio entrare in casa. «Vedrai che Valerio ci aiuterà. Dobbiamo essere ottimisti.»

Si siede sul divano, con il capo chino, la schiena curva e i gomiti appoggiati sulle ginocchia.

«No, no, non è per quello.» Il suo viso è cupo, gli occhi leggermente arrossati.

«E allora?» Mi siedo accanto a lui, inizio a preoccuparmi.

«Si tratta di Anna... mi ha chiamato e...»

«Aspetta, aspetta... Anna ti ha chiamato?» Lo interrompo, incredula.

«Sì, aveva ancora il mio numero a quanto pare. Ha chiamato me perché non aveva il coraggio di chiamare te.»

Non capisco dove voglia andare a parare. Che diamine è successo ora?

«Ecco... Anna è in America, da suo fratello.»

Rimango allibita. «Che cosa?! Dal mio ex?»

«Sì, hai capito benissimo.»

«E perché non me lo ha detto?» Nella mia voce trapela tutta la mia rabbia.

«Saresti andata con lei?» Il suo tono cela aggressività, lo sguardo duro pare volermi incenerire.

«No! Come puoi pensarlo?!»

«Sempre a perderti nei tuoi preziosi ricordi, legati al tuo ex...» sibila. La mascella è contratta in un'espressione tesa e nervosa.

«Sai, negli ultimi giorni non ci ho pensato nemmeno più... o almeno non con nostalgia. E sai cosa ti dico?»

Lui solleva lo sguardo su di me. Ha gli occhi lucidi, un po' gonfi, sembra abbia pianto.

«Ti dico che ho piacere per lei. E non mi interessa, davvero. Non mi interessa. Né di lei, tanto meno di suo fratello. Che si godano la loro vita oltreoceano.» Mento.

Lui si preme due dita sugli occhi, se li strofina, sembra sull'orlo di un pianto.

Gli poso una mano su una spalla, chinandomi leggermente su di lui, sorpresa da quella reazione. Che cosa sta succedendo?

«Tutto bene?» Gli chiedo, incerta.

«Il fatto è che mi dispiace per quella ragazza.» Raddrizza la schiena. Non ci sono lacrime sul suo volto, ma probabilmente ci sono state. Una reazione eccessiva a mio avviso.

«Non ti devi dispiacere per lei, Milo. Forse in America avrà una vita più interessante di quella che conduceva qui.»

«E poi non riesco a togliermi dalla testa il graffito sul muro di quel bar. Quell'uomo mi fa paura.»

«Hai paura che Valerio ci abbia teso una trappola?»

«Ne ho il terrore.»

Di nuovo gli poso una mano su una spalla, un gesto di conforto. «Ce la caveremo. In un modo o nell'altro ce la faremo.»

Grazie a quel contatto inizio a provare una strana sensazione. Il cuore a mille e una sorta di calore nello stomaco che mi scombussola tutto. Vorrei abbracciarlo, stringerlo a me, e forse...

Ma a che cosa sto pensando?! Io ho chiuso con gli uomini, per sempre!

Mi riscuoto da quel pensiero, ritraendo il braccio. Torno a concentrarmi sul caso, e una domanda mi sorge spontanea.

«Perché credi sia una trappola?»

«Non mi fido di Valerio. Dopotutto è un delinquente. Come posso fidarmi di lui?»

«Io credo che voglia solo collaborare.»

O almeno è quello che spero.

«A costo di tradire il suo amico?» Dal suo tono di voce trapela tutto il suo scetticismo.

«Magari non sono così amici come crediamo.» Ipotizzo.

«E se ha cambiato i piani quando ha scoperto che siamo sbirri? E se ti sta mandando da lui solo per farti ammazzare?»

«Non lo farà, se ha un minimo di cervello.»

«Stiamo parlando di un criminale, Elenia! Se avesse un minimo di cervello non sarebbe un criminale!»

Sospiro. «Hai ragione. Ma ormai abbiamo scelto una strada. Ormai il patto è fatto. Abbiamo eliminato quegli strozzini, risolvendo in parte i suoi problemi economici e salvandogli la pelle. E ora lui, se alla sua pelle ci tiene davvero, rispetterà l'accordo, riportandoci Fabio e facendo arrestare il King.»


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro