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4 ▪️ SCOMPARSI

Mercoledì 30 Ottobre 2013

Oggi è il compleanno di Fabio, gli ho comprato una sciarpa. Probabilmente avrebbe preferito un videogioco, uno di quelli che va tanto di moda adesso tra i ragazzi, oppure un bel libro fantasy... o forse un nuovo cellulare? Francamente non lo so, non conosco i suoi gusti, tanto meno le sue esigenze. Così, per sicurezza, ho optato per una semplice sciarpa grigia, di lana. L'ho impacchettata con cura in una busta rossa con un fiocco oro, spero che almeno apprezzi l'impegno.

Non appena fatto l'acquisto me ne torno a casa per consegnarglielo il prima possibile, prima che pensi che me ne sia dimenticata.

Ma pochi minuti dopo mi getto di peso sul divano, con il mio pacchetto ancora tra le mani. Ed è in quel momento che me ne rendo conto. È da ben quattro giorni, che mio figlio, in questa casa non lo vedo più.

*****

Al cellulare non risponde. I miei genitori non l'hanno visto, quelli del mio ex nemmeno. A scuola per tre giorni è stato assente.

Con quelle consapevolezze, alle otto di sera mi ritrovo nel panico.

Io e mio figlio, telefonicamente, ci sentivamo più o meno tutti i giorni. Ogni volta che usciva me lo comunicava con un breve messaggio del tipo "esco con gli amici" o "serata in disco", sebbene io non gli avessi mai chiesto di farlo. Oppure lasciava un post-it sul frigo.

Ma in questi giorni non ho ricevuto un solo messaggio da Fabio. L'ultimo risale allo scorso sabato pomeriggio: "esco con Zanna e Flo', torno per cena". Quel sabato l'avevo visto rincasare puntuale, per poi rifugiarsi in camera sua, mentre io mi chiudevo nella mia per riprendere le ricerche sul PC che avevo lasciato in sospeso. Dopo un po' mi ero spostata in cucina per consumare la cena, notando che invece, Fabio, aveva già cenato: dal cartone della pizza ne mancavano tre spicchi e sul tavolo c'erano delle briciole. Ma poi, dopo un po', probabilmente era di nuovo uscito. O forse se n'era andato di domenica mattina, mentre ancora dormivo. Fatto sta che dopo quel pomeriggio non l'ho più visto, né avuto notizie di lui.

Giovedì 31 Ottobre 2013

Verso mezzogiorno Puglisi si trascina pigramente fino alla sedia di fronte alla mia scrivania, annoiato e assonnato.

«Di che cosa dovevi parlarmi ispettrice?» Sospira. «Spero sia importante, hai interrotto il mio pisolino mattutino sulla tastiera del computer.»

Arrivo subito al punto, senza tanti giri di parole. «Fabio, mio figlio, è scomparso.»

«Eh?» All'improvviso sembra risvegliarsi.

«È da sabato pomeriggio che non lo vedo e non lo sento più. Me ne sono accorta solo ieri sera perché era il suo compleanno e...»

«Ma ne sei sicura? Hai provato a chiamarlo?» Mi interrompe. Domanda scontata.

«Certo che ci ho provato, una miriade di volte, a tutte le ore possibili. Gli ho anche mandato dei messaggi, ma niente. E a scuola, ho verificato, è da lunedì mattina che non ci va.»

La paura torna ad assalirmi all'improvviso, un nodo mi stringe lo stomaco mentre troppi scenari macabri si fanno strada nella mia mente. Un incidente, un rapimento... o una fuga folle, come quella del padre.

«E la cosa strana è che anche Anna sembra scomparsa. Non riesco a rintracciarla.» Aggiungo.

«Hai già sporto denuncia?»

«Nei confronti di mio figlio? Certo, ovvio che ho sporto denuncia. Ma sai qual'è il colmo? Hanno affidato il caso a noi due.»

«Coooosa?» L'espressione sul suo volto è a dir poco sconvolta, probabilmente quanto lo era la mia quando ho appreso quell'assurdo notizia.

«Lo so, è pazzesco. Insomma, non sarebbe nemmeno consentito, Fabio è un mio familiare, è mio figlio!»

Dopo un primo attimo di smarrimento, lo vedo arricciare le labbra in un'espressione rabbiosa, facendo oscillare lo sguardo dall'ultima freccetta rimasta nel portaoggetti e la foto di Morelli, appesa alla bacheca, dietro di me. Ha la tentazione di tirargliela in fronte, in mezzo alle altre due, ma si trattiene.

«E quindi adesso...» riprendo io, ma la mia voce viene interrotta da una musichetta country particolarmente allegra.

«È il mio cellulare.» Ammette Milo, quasi imbarazzato, portandoselo all'orecchio.

«Ehi, ciao!» Si guarda attorno. Notando che la porta dell'ufficio è rimasta leggermente aperta, riduce il volume della sua voce a un bisbiglio. «Ma quante volte ti ho detto di non chiamarmi in orario di lavoro!» Lo rimprovera. «Se passa Morelli o qualche collega spione...» si volta di nuovo, circospetto, in direzione della porta. «Valerio, sempre lo stesso errore, cavolo!»

"Valerio". Quel nome fa scattare nella mia mente una serie di ingranaggi.

«Ispettrice?» Milo, dopo aver chiuso la chiamata, mi sventola una mano davanti alla faccia. «Ispettrice, ci sei?»

Sussulto, sobbalzando sulla sedia. Lo fisso con gli occhi sbarrati, continuando a pensare, a ragionare. Poi dal solito cassetto estraggo le nove fotografie dei satanisti, le stendo sul tavolo e le guardo. Un brivido freddo mi corre lungo la schiena quando con una mano ne copro una per metà, e un'inquietante rivelazione mi toglie il fiato dai polmoni.

«Ispettrice, tutto bene?» Mi chiede Puglisi, preoccupato.

Ruoto le foto, una a una, in sua direzione.

«Anna è uscita con un ragazzo, lo scorso venerdì. È andata a una festa.» La mia voce quasi trema. «Mi è appena tornato in mente che il ragazzo si chiamava Valerio e aveva una sorella.»

Avvicino a lui due fotografie. La prima ritrae un giovane sulla trentina, dai capelli mori, un po' scompigliati. Alcuni ciuffi gli coprono parzialmente la fronte, e il viso è leggermente segnato, sulle guance, dai resti di un'acne giovanile, ormai scomparsa.

«Valerio Laner, membro Anatas, pregiudicato per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti. Circa un anno fa si è fatto un paio di giorni di carcere, ma poi è stato rilasciato per mancanze di prove, errori burocratici... solite cavolate, insomma.» Ruoto una seconda foto. «Ha una sorella, Samanta.»

L'immagine ritrae il volto di una donna con un paio d'anni in più rispetto al fratello. Ha i capelli castani, lunghi e molto curati, le labbra particolarmente carnose e gli zigomi alti. Ha una vaga somiglianza con l'attrice Angelina Jolie.

«E quindi?» Mi chiede Milo. «Questo non prova nulla, ce ne sono migliaia di ragazzi con quel nome e con una sorella.»

«Ma non è tutto.»

Faccio scivolare sul tavolo una seconda foto, quella di Manuel Salvoro, detto "il King". Con la mano la copro per metà.

«Lo sguardo che mi ha tormentata per tutto questo tempo, è il suo.»

*****

Durante la breve pausa pranzo i nostri colleghi scendono dai loro uffici a prendere un panino o un trancio di pizza in uno scadente bar a fianco alla questura. Io e Milo, non avendo voglia di vedere le loro brutte facce e di mangiarci tramezzini di dubbia qualità, attraversiamo la strada e ci godiamo il nostro pranzo seduti su una panchina, all'ombra di un rigoglioso ciliegio posto al centro di una piccola area verde. Ovviamente quando il clima lo permette. Di solito a fine Ottobre il freddo e la pioggia ci costringono a restare nel nostro ufficio, ma quest'anno il sole e l'aria mite sembrano non volerci abbandonare.

«Quindi... sei proprio convinta sia lui lo spione.» Esordisce Milo, non appena ci sediamo.

«Te l'ho detto, non ho dubbi.» Con una forchetta di plastica mescolo la mia insalata di riso, guardando distrattamente il viavai di macchine all'incrocio.

Mi sforzo a trovare il capo del filo in questa matassa di misteri, ma nella mia mente regna solo il caos.

«Il leader di una setta satanica inizia a spiarmi, mia cognata sparisce, mio figlio sparisce.»

Dopo aver scartato il suo panino, Puglisi si alza dalla panchina e getta la carta stagnola in un cesto della spazzatura.

«Che cosa sta succedendo, Milo?»

Si risiede accanto a me, pensieroso. «E se ci fosse qualcuno che sta facendo il doppio gioco?» Ipotizza, dopo qualche secondo di riflessione.

Mi volto verso di lui, aggrottando leggermente le sopracciglia. «Che cosa vuoi dire?»

«Magari un nostro collega. O magari lo stesso Morelli. Magari tutto questo caso è solo una messa in scena per farci fuori. Nel campo lavorativo, intendo.»

«Tu pensi davvero che abbiano contattato quell'uomo e che l'abbiano incaricato di spiarmi, di rapire mia cognata e mio figlio, al solo scopo di licenziarci?» Nel mio tono di voce trapela tutto il mio scetticismo.

«È un'ipotesi. Spiegherebbe molte cose.»

Scuoto il capo. «No, no, è impossibile. I nostri colleghi saranno anche degli spioni, imbecilli e stacanovisti, e Morelli sarà anche un bastardo, ma non credo possano arrivare a tal punto. Anche perché se saltasse fuori tutto questo casino le loro carriere andrebbero in fumo all'istante.»

«È una giusta osservazione, ma comunque non scarterei del tutto l'ipotesi. Ricorda che in quel luogo» indica la questura con un dito «regna la follia.»

C'è una breve pausa di silenzio, Milo sembra assorto nei suoi pensieri, intricatissimi.

«E se lo spione in realtà stesse spiando Anna?» Ipotizza, dopo un po'.

«Però il ritratto sul muro di quel bar è il mio.» Gli faccio notare.

«Magari era lì per lei, ma poi si è invaghito di te.»

«E mio figlio? E la scomparsa di Anna? L'ho chiamata anche poco fa, prima di scendere qui, ma continua a non rispondere nessuno.»

«E se lei e tuo figlio si fossero allontanati assieme, volontariamente?»

Ci penso su. «Beh, effettivamente il rapporto tra di loro è sempre stato molto buono, nonostante alcune divergenze di pensiero. Ultimamente, ogni tanto, lo accompagnava anche in discoteca. Tutto ciò, però, non prova nulla.»

«Avete avuto discussioni, ultimamente, tu e tuo figlio?»

«No, non ne abbiamo avute. Ne ora ne mai.»

Annuisce, pensieroso. «Il che è strano. In tutte le famiglie ci sono litigi e discussioni. Non ci credo che non abbiate mai discusso.»

«Fabio è sempre stato un ragazzo molto tranquillo. E ti confesso che l'idea della fuga volontaria mi è passata per la testa più di una volta, ma l'ho sempre scartata. Tra l'altro il budget settimanale che gli metto a disposizione è limitatissimo. E nemmeno Anna naviga nell'oro, a parte qualche gioiello costoso.»

«Non so che dirti ispettrice.» Sospira, rassegnato. «Forse è un po' troppo presto per azzardare ipotesi.»

*****

Io e Puglisi ci siamo divisi i compiti, oggi pomeriggio. Lui proverà a far rintracciare i cellulari di Anna e di Fabio, poi salirà a Ortisei e terrà sott'occhio la zona attorno al bar Sport, nel caso lo spione si ripresentasse, magari seduto sulla sua solita panchina.

Io invece cercherò di capire che cos'è successo a mio figlio, iniziando le indagini nella mia stessa abitazione.

Il primo indizio che scopro è che la sua Smart non c'è più, né parcheggiata nel piccolo piazzale dietro casa, né in garage.

Quindi non si è allontanato a piedi.

Questa prima informazione apre tre possibili ipotesi. La prima: Fabio è uscito di casa per trascorrere, magari, un sabato sera con gli amici, ma un brutto incidente stradale se lo è portato via, in silenzio e senza lasciare tracce. Ipotesi numero due: qualcuno, probabilmente un conoscente (Fabio non era solito fidarsi degli sconosciuti), gli ha teso una trappola, e lui ci è caduto con entrambi i piedi, allontanandosi di casa e non riuscendo più a tornare. Ipotesi numero tre: un colpo di testa, una fuga da una vita che forse gli andava troppo stretta... magari in compagnia di Anna. Uno scenario che avevo già preso in considerazione, ma scartato.

Apro il portone di casa con quei pensieri che mi frullano in testa, e un silenzio assordante mi assale, un vuoto al centro dello stomaco che solo un'altra volta nella mia vita avevo provato: dopo la partenza di Alex, il mio ex marito.

Mi getto di peso sul divano e prima di iniziare le indagini ci provo per l'ennesima volta. Porto il cellulare all'orecchio e attendo.

Ogni squillo è un macigno in più sul cuore, una lacrima in più che scende, un'assurda ipotesi in più che si aggiunge alla lista. Quando chiudo la chiamata per la prima volta mi sveglio dall'incubo. Esco dal personaggio dietro al quale fino ad ora mi sono nascosta: la brava ispettrice di polizia che da scansafatiche si trasforma in stacanovista, solo per salvare una carriera sul punto di andare in frantumi. La donna forte, imperturbabile, che non si lascia intimorire da nulla, fredda e razionale. E divento una bambina indifesa, piango come una stupida, guardo la realtà in faccia e smetto di pensare solo a me stessa. Mio figlio potrebbe essere in pericolo, e forse, per quanto ne sappia, persino morto. Magari dopo una serie di torture violente, forse con un solo colpo di pistola alla tempia, oppure dopo un volo di centinaia di metri, in un terrificante precipizio. Potrebbe essere successo di tutto. E io dov'ero? Troppo impegnata a salvare la mia dannata carriera o a divertirmi con le amiche.

Mi alzo dal divano e mi trascino nella sua cameretta. Mi siedo sul letto, dove piango ancora, oppressa dai sensi di colpa, da una consapevolezza che mi prende a schiaffi in faccia e mi fa svegliare. Quella di essere una perdente. Una cattiva moglie, una pessima madre, l'ispettrice di polizia a cui nessuno vorrebbe affidarsi, con la patetica vita di un'adolescente che passa i suoi week-end a spettegolare con le amiche, e il resto dei giorni rinchiusa in un ufficio, a fingere di lavorare.

Mentre mi tormento con quei pensieri, una chiamata mi fa sussultare, accendendo per un attimo una speranza in me. Forse è Fabio? Mi lascio sfuggire un sospiro deluso quando sulla schermata del cellulare leggo il nome di Milo.

«Sì?»

«Qualcosa non va ispettrice?» Mi domanda, dopo qualche secondo. La sua voce è preoccupata.

«No, no, va tutto bene.» La mia, invece, è cupa e nasale. «Mi sono solo resa conto di essere una pessima persona.»

«Non è vero ispettrice. Stai cercando di fare del tuo meglio e...»

«Perché mi hai chiamato Milo?» Lo interrompo, forse un po' troppo bruscamente. «Ci sono novità?»

«Volevo solo informarti che sono a Ortisei. Il negozio di Anna è chiuso, lei in casa non c'è, e parcheggiata fuori non c'è nemmeno la sua auto. Lo spione non si è visto.»

«Capito. Niente di niente, insomma.»

«Il nulla più totale.» Lo sento sospirare. «Però, prima di far localizzare i cellulari, pensavo di rintracciare la proprietaria del negozio in cui lavora, e di parlare anche con il proprietario e i dipendenti del bar lì di fronte. Che cosa ne pensi?»

«Mi sembra una buona idea.»

«Ottimo. Ci sentiamo più tardi... e su con il morale ispettrice, mi raccomando.»

«Certo, come no!» Gli rispondo, ironica.

«Vedrai che riusciremo a trovare tuo figlio sano e salvo.»

Chiudo la chiamata e decido di mettermi all'opera, seppur molto pessimista.

Mi trascino fino alla scrivania ripetendomi "Non ce la farò mai". Sento che tutta la sicurezza che avevo fino a un giorno fa è svanita nel nulla. Non mi sono nemmeno accorta della sua scomparsa, come posso pretendere di riuscire a trovarlo?

Con quel pensiero che mi dilania, mi siedo sulla sedia da ufficio e mi guardo attorno. Sembra non ci sia nulla fuori posto. Il letto è fatto, gli scaffali sono come al solito stracolmi di libri raggruppati in pile ordinate, le ante degli armadi sono tutte chiuse. La scrivania è occupata semplicemente da un computer, e in un angolo da un paio di videogiochi e un romanzo.

Decido di dare un'occhiata all'interno dei cassetti. Trovo un paio di cuffie, un astuccio con penne e matite, gomme da masticare, fogli pieni di appunti scolastici, e altri oggetti apparentemente insignificanti per le mie indagini, come un portachiavi a forma di ancora e un mazzetto di vecchie cartoline legate assieme con un elastico. Non trovo né il portafogli, né il cellulare. Nell'armadio, invece, mancano alcuni vestiti, ma non molti: due o tre cambi al massimo. Il suo borsone nero, quello che usava un paio d'anni fa per le lezioni di nuoto, non c'è più.

Torno alla scrivania e accendo il computer. Quando un bellissimo tramonto compare sul desktop, noto che quest'ultimo è stato ripulito. Decisamente più spoglio e ordinato dell'ultima volta in cui mi è capitato di dare un'occhiata. Sia chiaro, non sono una di quelle madri super-apprensive che controllano ogni mossa del figlio... anzi, purtroppo sono l'esatto contrario. Mi è semplicemente saltato all'occhio mentre entravo in camera sua, magari per avvisarlo che avrei cenato fuori, o per prendere in prestito qualcosa.

Continuo l'esplorazione e scopro che anche tutto il resto è stato ripulito, come se Fabio, di proposito, avesse voluto far perdere ogni sua traccia.

L'unica cartella piena zeppa è quella dedicata alla musica. Nei video non trovo nulla, nei documenti c'è solo materiale scolastico, nelle immagini c'è solo la cartella "paesaggi vari", contenente una serie di fotografie pittoresche, probabilmente scaricate dal web. Infine, nella cronologia non c'è nulla, su Facebook è stato fatto il logout ed è stata cancellata dalla memoria la password, così come dalla mail.

Credo che con l'aiuto di un esperto tanti dati, se non tutti, si riescano a recuperare, ma scelgo un'altra strada, seguendo l'istinto.

*****

«Pronto? Chi parla?» Mi risponde una voce scocciata, femminile e giovane.

«Salve, sono la madre di Fabio, ho trovato questo numero di telefono su un suo compito scolastico recente.»

«La madre di chi?»

Gli ripeto nome e cognome.

«Oh, mi scusi! In questi giorni sono presa di mira dai call center, e vedendo un numero sconosciuto...»

«Non si preoccupi. Lei è una sua compagna?»

«Sì, Fabio è in classe con me.»

«È una sua amica?»

«Non userei la parola "amica". Lo conosco solo dall'inizio dell'anno scolastico, dato che sono stata bocciata. Ma perché lo vuole sapere?»

«Cinque giorni fa mio figlio è scomparso.»

«Scomparso?» Il tono di voce è allarmato e allo stesso tempo sorpreso.

«Purtroppo sì.»

«Effettivamente negli ultimi giorni in classe non l'ho visto.»

«Hai notato qualcosa di strano in lui, ultimamente?»

«Gliel'ho detto, io e Fabio non eravamo molto amici. Gli ho solo lasciato il mio numero un po' di tempo fa perché ero rimasta indietro con le lezioni di matematica, per farmi aiutare. Che poi in realtà era solo una scusa per uscire con lui.»

«Quindi siete usciti assieme?»

«No, non mi ha mai chiamata. Credo abbia intuito le mie intenzioni ma non fosse interessato a conoscermi.»

«Senta, conosce per caso Zanna e Flo'?» Le chiedo, dopo una breve pausa. «So che sono due vostri compagni di classe, molto amici di Fabio.»

«Sì, certo. Ha bisogno dei loro contatti?»

«Mi farebbe un favore enorme.»

«Credo di averli ancora, attenda un attimo in linea.»

Dopo aver trascritto il loro numero di telefono su un foglietto, la ringrazio infinitamente e chiudo la chiamata, sperando che i due ragazzi possano darmi qualche informazione in più.

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