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Il Vecchio del Capanno (#5)


Tutti lo chiamavano Vecchio, un giorno gli chiesi il suo nome, alzò lo sguardo cercando nella sua mente un ricordo lontano e scrollando la testa mi rispose "Sai piccolo randagio... non lo ricordo proprio! Non ti piace chiamarmi Vecchio?" e rise di gusto. Lui pero' non è vecchio, l'unico segno della sua vecchiaia è il sorriso sdentato. E' un uomo alto e robusto, con i capelli e la barba rossi, la pelle abbronzata segno di una vita per lo più all'aperto, ma la sua pelle bronzea è soprattutto dovuta alla sua saldatrice. Il Vecchio del capanno è un tutto fare, un inventore. Lui è libero, non fa parte degli Antichi, ne del governo, non lavora per i "coadiutori", ne per le famiglie dei "figli veri". Lui è libero. Pur essendo "libero" di contro non puo' comprare niente, puo' essere proprietario solo di cio' che costruisce, puo' fare baratti, ma raramente il Vecchio ne faceva.

Il capanno del vecchio era un edificio strano, non era come i casolari, ne come gli alloggi. Era di pietra, aveva il tetto spiovente fatto di rami intrecciati in mezzo al tetto, al culmine di esso spuntava il camino. Il suo capanno era il posto più bello che io avessi mai visto. quando tornavo infreddolita, sedermi affianco al fuoco mi procurava un sollievo immenso, ed il Vecchio mi raccontava storie fantastiche, un giorno mi fece vedere un libro con illustrazioni bellissime. Raccontava di principi, principesse, cavalieri e battaglie per la libertà. Mi insegno' a leggere, scrivere, e dipingere.

Quando Carlo era in città a fare il test, io passai il giorno in attesa, più nervosa che mai. Cercai di distrarmi in tutti i modi, ma giocare da sola non era più divertente, ed infine andai dal Vecchio.

Era una giornata particolarmente fredda, il vecchio stava tagliando dei ciocchi di legno per il camino.

"Ciao Aline, oggi non c'è il tuo amichetto del fiume?"

"No..." ero tesa e si vedeva, calciavo i malcapitati sassi o legnetti che si paravano davanti al mio percorso, sbuffavo e rimuginavo.

"E' in città. Lui fa i test!" dissi anche un po' arrabbiata perché io non li avevo fatti. La mattina mi ero appostata sul l'albero della casa di Carlo e l'avevo visto uscire con altri bambini. Erano saliti su pulmini gialli e li avevo visti uscire dal casolare e prendere una strada polverosa verso est. Quando il cielo era limpido si vedevano gli alti grattacieli della città e dietro essi le montagne imbiancate.

"Ah, capisco. Vuoi venire dentro ti offro un tè caldo" con in mano la legna appena tagliata si diresse in casa, entrai anche io e mi misi vicino al fuoco, faceva davvero freddo, pensai che nella notte dovevo coprirmi bene e portarmi qualcosa di caldo.

"Vecchio ... perché io non ho fatto i test?"

"Perché sei una ragazzina speciale."

"Ma io voglio essere come gli altri. Tutti i bambini fanno i test! Io invece no... sono l'unica bambina che non ha fatto i test?"

"Credo di si."

Il Vecchio aveva messo alcuni legni nel camino e aveva ravvivato il fuoco. Le luci ballavano sulle pareti di pietra bianca del capanno, che erano piene di cose appese, tele, pelli, arnesi vari. C'erano anche diverse mensole, stracolme di oggetti. Il capanno era un'unica stanza quasi circolare le pareti erano pietre bianche, in mezzo c'era il camino e intorno ad esso ci si poteva sedere sulla pietra che lo circondava.

"Stamattina, sono stata al casolare di Carlo" aspettai la reazione del Vecchio, che si limitò ad alzare gli occhi verso di me distogliendo l'attenzione dalla teiera che stava per bollire "Ho visto partire i pulmini, sono stata tentata di salire anche io ... e ... andare a fare i test"

Mi guardò severo, come mai prima "Sarebbe stato un bel guaio, ed avrebbero scoperto che sei speciale! Non saresti più tornata!" prese la teiera e versò l'acqua bollente nelle due tazze già pronte con l'infuso nel colino.

"Comunque ora sei qui, e non c'è da preoccuparsi."

"Già ... sono qui!" guardai il te, e rimuginai ancora un po' prima di berlo. Il vecchio mi si avvicinò e mi mise una coperta sulle spalle. "Fa freddo oggi" Era in piedi con la tazza in mano e guardava fuori assorto "Guarda Aline sta iniziando a fioccare." Si girò verso di me sorridendo "Iniziamo gli allenamenti, e poi se ti va aiutami a lasciare il sale da casa tua a qui e da qui al salice. Va bene?"

Era certamente un modo per non pensare a Carlo e ai test.

Gli allenamenti consistevano in diversi esercizi fisici, oltre che a tecniche varie di combattimento e autodifesa. Un paio di volte a settimana mi portava in una azienda della sig.ra Marisa dove venivano allevati diversi animali tra cui i cavalli, bellissimi, mi chiese di sceglierne uno, e da quel giorno iniziai anche le lezioni di equitazione. In un'altra azienda mi insegnava a guidare vari veicoli auto, trattori, treni camion e anche veicoli che ci permettevano di volare.

Iniziai i soliti esercizi di riscaldamento, andammo nel vicino boschetto per gli allenamenti tra gli alberi. Mi arrampicai agevolmente su una quercia, e poi scivolai su un ramo coperto di neve. Atterrai malamente, ma senza farmi male. Ricominciai il percorso, che ormai conoscevo a memoria, anche se il Vecchio ogni tanto mi inseriva qualche ostacolo o mi indicava esercizi nuovi.

Feci tutto in poco più di mezz'ora.

"Sei stata veloce. Molto bene, così oggi abbiamo più tempo per imparare a sopravvivere soprattutto di notte e al freddo"

"Cosa?"

"Certo! Mica penserai di vivere per sempre al casolare. Hai dieci anni e fra qualche anno dovrai uscire di notte per i lavori che ti assegneranno."

Per un attimo pensai che il Vecchio sapesse delle uscite notturne, ma soprattutto che sapesse che proprio quella notte avevo appuntamento con Carlo, al solito orario verso le due. Certamente era una coincidenza strana che avesse deciso di iniziare questa lezione proprio ora.

La neve aveva iniziato ad attaccarsi e pian piano il panorama si trasformo in un letto bianco, con i classici suoni ovattati, e quel odore che solo la neve ha.

"Prima passiamo il sale nei nostri percorsi abituali" Entrammo in una piccola casetta di legno dietro il capanno, dove c'erano diversi attrezzi, prevalentemente per la terra: zappe, pale, sacchi pieni di terra, torba, corteccia, in un angolo c'era la grossa pala della neve e diversi sacchi di sale. Ne prendemmo uno a testa e il Vecchio prese anche la pala, posammo tutto sulla cariola e ci incamminammo lungo la stradina che collegava il casolare al capanno. Continuava a nevicare, i nostri piedi affondavano già di una spanna. Il Vecchio spalava ed io spargevo il sale. Ritornammo al capanno liberando un altro percorso.

"Aspetta un attimo qui." Il Vecchio entrò nel capanno torno da me con un marsupio, che mi diede in mano "Se devi passare l'inverno fuori, devi sapere come sopravvivere, soprattutto al freddo." Guardai dentro c'era un acciarino, un coltellino multi uso, una bussola, dei guanti senza dita, un libricino strano.

"E' tuo. Fanne buon uso."

"Grazie Vecchio. Grazie."

Lungo il sentiero verso il salice piangente, il Vecchio mi indicò alcune piante commestibili del sottobosco. Apriva il libricino e puntandolo sulle varie piante si illuminava identificando ogni arbusto, ogni fiore descrivendone caratteristiche e utilizzi. Pur essendo ricoperto da una custodia di cartone rigido, il libricino era un oggetto elettronico. Il Vecchio mi spiegò come usarlo.

"Ha in memoria moltissime informazioni utili, puoi inserire anche tutte le tue scoperte, e memorizzare i tuoi percorsi. E' un piccolo tablet e funziona attraverso l'energia del calore o della luce, oppure puoi anche caricarlo di energia mettendolo sotto l'acqua corrente."

Mi indicò alcune grosse querce dove ci si poteva riparare, poi appena fuori dal bosco, mi chiese se avessi mai visto la cascata.

"Certo, ci andiamo spesso io e Carlo."

"E' bellissima vero? L'hai mai vista dal basso?"

"No. Non abbiamo mai trovato la strada"

"Sono sorpreso!" e rise "Ero certo che l'avessi trovata. Vieni qua! Ti ci porto."

Lasciammo la cariola ai piedi del salice, e ci incamminando nella neve fresca senza attraversare il fiume. Percorremmo qualche metro fino ad arrivare alle roccie che scendevano a precipizio sul fiume, le aggirammo, allontanandoci molto dal letto del fiume e anche dalla gola dove iniziava la cascata. Raggiungemmo la strada che portava alla città. Era una strada asfaltata, che percorreva tutti i dintorni della città era raggiungibile da tutti i casolari, ma non l'avevo mai raggiunta dal fiume, era un percorso che ne io ne Carlo avevamo mai fatto. Camminammo lungo il ciglio della strada, era libera dalla neve, erano passati con gli spazzaneve con il sale. Solitamente c'erano auto e vari veicoli, ma oltre al fatto che tutti erano in città per i test, la neve che era scesa copiosa scoraggiava chiunque ad uscire di casa. Ad un certo punto la strada iniziava a scendere fino ad una curva secca dove un alto battistrada impediva di vedere cosa ci fosse al di la. Invece di seguire la strada ci fermammo davanti a quel alto recinto e il Vecchio aprì una porta, appena varcata le cascate si fecero sentire con il loro roboante rumore, e l'acqua cadeva in diversi punti sporgevano le rocce ricoperte di neve, la luce bianca del pomeriggio illuminava a tratti l'acqua ricordando filamenti di cristallo. La neve brillava e il profumo del freddo inebriava quello spettacolo imponente.

"Chiudi la bocca. Altrimenti ti si ghiaccerà la gola!" disse il Vecchio chiudendomela delicatamente spingendo verso l'alto la mia mandibola, con il dito sotto il mento. "Favoloso, vero?"

"Vecchio, è uno spettacolo ancor più bello della grotta delle rocce brillanti!"

Il ritorno fu faticoso, anche se aveva smesso di nevicare per qualche ora, la neve era alta e fino al salice ad ogni passo affondavamo nella neve, a me arrivava fin sopra il ginocchio. Ad un certo punto il Vecchio mi disse di aprire la cerniera più piccola del marsupio, dove trovai una bella tavoletta di cioccolato fondente di un bel colore marrone e dolce.

"Su mangia, ci vuole energia e calore, per affrontare la neve." 

"Ooook" dissi titubante.

"Tranquilla al capanno ne ho una montagna di cioccolato." 

Da subito il cioccolato ci diede energia e finalmente giungemmo al salice, era pomeriggio inoltrato e presto sarebbe diventato buio, dovevamo affrettarci. Per fortuna avevamo messo il sale ed avevamo liberato il sentiero, quindi anche se aveva ricominciato a nevicare, arrivammo al capanno velocemente. Fu un sollievo entrare al caldo sentivo bruciarmi il naso e le guance, e le dita erano viola. Come mi aveva insegnato il Vecchio le misi sotto l'acqua fredda, e pian piano le passai all'acqua calda, finchè tornarono al loro colore quasi naturale.

Mi misi vicino al fuoco per scaldare il resto del corpo e sussultai sentendo la voce del Vecchio.

"Aline, corri al casolare. E' quasi buio." Mi ri-infilai i guanti, giacca a cappello velocemente e corsi fuori, il Vecchio mi segui' trafelato con il marsupio.

"Non devi mai separartene! Ci ho messo due nuove tavolette di cioccolato."

"Grazie." Gli urlai correndo via, lui mi saluto' con la mano e mentre mi allontanavo e lui rimpiccioliva, mi sembrò di sentirgli dire "Mi raccomando, sta attenta questa notte!".    

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