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Run away

Sono seduta sulle scale di casa, fa caldo e c'é il sole.
Il caldo non é soffocante, é al punto giusto, il sole soffoca ma la brezza leggera allevia il tutto.
Sono seduta sulle scale di casa e fisso il giardino davanti a me, gli alberi e i fiori, una lucertola é immobile sul marciapiede.
Sono seduta sulle scale di casa e penso, penso alla mia vita e allo stesso tempo non penso a niente; fisso il vuoto, dovrei alzarmi ma non riesco, o forse non voglio. Non lo so.
Al momento mi sento come se non volessi esistere.
Vorrei che la mia esistenza fosse come quella lucertola sul marcipiede. Semplice.
Si dice che le cose più belle sono quelle difficili, quelle per cui lotti e spendi sudore per guadagnartele.
Io? Oh io no, a me piacciono le cose semplici, quelle che ti si presentano davanti già pronte, quelle per cui un altro fatica e tu te ne prendi.
Certo detta così é brutto ma é la verità.
Ma in ogni caso mai forzerei qualcuno a fare qualcosa per me, o ruberei, assolutamente no.
Per ironia o controsenso, quello che c'é da fare lo faccio, fatico se devo, lotto e sudo.
Strana vero? Sono un controsenso.
Sono seduta sulle scale di casa e vorrei alzarmi, ma resto qui.
Vorrei prendere lo stretto necessario e scappare via, andarmene.
Senza telefono.
Senza avvisare nessuno.
Sparire.
Sono seduta sulle scale di casa e finalmente mi alzo in piedi, vado in camera da letto, tutte le cose sono ordinatamente posizionate sul letto.
Prendo il borsone e dentro ci infilo quello che ho sul letto, lo faccio con cura e con calma, prendo la zip e lo chiudo, mi volto e mi guardo allo specchio, mi sembra di non riconoscere la ragazza che vedo nel riflesso, ha i capelli castani, gli occhi color nocciola quasi ambrati, la pelle candida come la neve.
Prendo la spazzola sul comó, la passo tra i miei capelli lisciandoli e districandoli, poso la spazzola e mi giro, prendo il borsone e vado verso la porta d'entrata, prendo il telefono e lo lascio sul tavolo del salotto, é accesso, ho due messaggi e una chiamata persa, afferro le chiavi di casa ed esco da essa, le nascondo nella terra del vaso fuori la porta, rimetto a posto la terra con cura per poi sfregarmi le mani per togliere i residui di nero.
Afferro il borsone e scendo le scale di casa, apro il cancello del giardino e lo richiudo alle mie spalle.
Non ho idea di dove andró, so solo che sto camminando.

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