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Penne di Fuoco

Eren's pov

Arrivato sul posto stabilito in precedenza guardai l'ora, 5:54, perfetto, mancavano ancora sei minuti; il mio sguardo si concentrò sulla piazza, cercando di individuare il mio aiutante, a prima vista poteva sembrare vuota, ma ad uno studio attento non potevano sfuggire i numerosi poliziotti lì appostati.

La piazza era circolare e si collegava a tutti i quartieri della città in quanto principale, al centro vi era un'enorme fontana, con sopra scolpite le statue di tutte le leggende del passato, e di fronte ad essa si ergeva un imponente struttura dal colore bianco panna: la Banca; l'esterno era delineato da colonne e semicolonne, il primo piano aveva i muri fatti in vetro e per raggiungere l'entrata bisognava salire una scalinata, alzando lo sguardo verso i piani superiori si poteva notare un timpano, decorato dai simboli di tutti e tredici i quartieri della città, e numerose finestre che si affacciavano, principalmente, sulla piazza.

I miei occhi vagarono in tutte le direzioni, concentrandosi maggiormente sulla via che collegava la piazza al quartiere sette, era infatti in quel quartiere che abitava il mio collega e, come supponevo, lo intravidi nascosto dietro l'angolo che la parete della via formava.

Mi avvicinai a lui silenziosamente cercando di non farmi vedere neanche dai poliziotti, non che ci fosse tutta questa difficoltà, le mie abilità di deduzione, combattimento, spionaggio ed occultamento erano molto più sviluppate rispetto alle loro; dovendo essere sincero l'unico motivo per cui collaboravo con quella banda di idioti, per la quale provavo un rancore profondo, era il mio migliore amico.

Arrivai dietro al mio aiutante, gli picchiettai due volte la spalla ed una la schiena, era questo il nostro segnale per riconoscerci -Eren... vedo che alla fine sei venuto- sussurrò girandosi, dandomi una pacca sulla spalla, ricambiai il saluto abbassandomi leggermente il cappello -Elijah-.

Elijah era un uomo di altezza media, più basso di me di 4 cm, aveva un corpo magro, alcuni muscoli accennati si differenziavano da altri, ma non uno strato di grasso solcava il suo essere, i capelli, legati spesso in un codino a causa della loro lunghezza, erano rossicci, con qualche accenno di color rame; gli occhi, di piccole dimensioni, erano di un colore castano chiaro, che, se esposti alla luce, tendevano al colore dorato, il naso alla francese e la bocca piccola, insieme alle sopracciglia delicate, gli conferiva quel fascino che faceva impazzire le donne.

-Sai benissimo il motivo per cui ho accettato, così come sai che continuo ad avere i miei dubbi su questa rapina- non negavo che fosse un uomo intelligente, se così non fosse non sarebbe stato di certo il mio aiutante, ma in certe situazioni poteva diventare irritante, soprattutto quando discutevamo del tema "polizia".

Analizzando il suo carattere la prima cosa che saltava all'occhio era la sua capacità di adattarsi alla situazione, sapeva perfettamente quand'era momento di scherzare e quando, invece, bisognava restare seri, inoltre possedeva ottime capacità deduttive oltre al fatto che sapesse combattere, in più occasioni queste sue abilità si sono dimostrate utili, soprattutto quando, per far parlare un sospettato, mi mettevo ad improvvisare dal nulla e lui, senza agitazione, mi reggeva perfettamente il gioco, altra occasione potrebbe essere la volta in cui si ritrovò sotto tortura, ma neanche per un secondo aprì bocca, dimostrandomi così la sua lealtà e la fiducia che riponeva in me, lo consideravo un compagno perfetto, oltre che amico impeccabile.

Il ricordo di quando lo conobbi aleggiava per la mia mente: il caso su cui stavo indagando allora era quello dell'omicidio di una vecchia signora vedova, ormai non c'erano più dubbi che fosse stato il figlio ad avvelenare le pastiglie che l'anziana prendeva la sera; il flashback di Elijah fermando l'uomo prima che potesse perdersi in mezzo alla folla ed io che mi affrettavo ad arrestarlo invase la mia mente, se non fosse stato per lui, probabilmente, non l'avrei mai acciuffato da solo. Quando gli chiesi come mai avesse fermato quell'uomo lui mi rispose con un semplice -Beh, quello viene sempre a questo bar, lo vedo sempre da fuori ed ho visto che da una settimana lo seguivi, così mi sono informato un po' ed ho scoperto che la madre era morta, da lì non è stato difficile capire che fosse stato lui, punto primo perchè da quando è avvenuto l'omicidio lo stavi pedinando, punto secondo perchè lui odiava la vecchia, lo ascoltai per caso sussurrare queste parole, ed infine lui era l'unico che si avvicinava alla signora per darle i pasti e le medicine, questo lo so perchè ogni volta si lagnava con i suoi amici di questa cosa. Dato che il suo pedinamento è iniziato dopo l'omicidio ho dedotto tu fossi un poliziotto, ma non vedendo agenti in giro al momento in cui decidesti di arrestarlo supposi fossi un investigatore e perciò decisi di darti una mano per non fartelo scappare- ricordo come per poco la mia bocca non si spalancò vedendo come un comune cittadino, senza casa, lavoro, famiglia ed amici fosse stato in grado di fare tali deduzioni con ciò che aveva; decisi di assumerlo come aiutante e devo dire che fu una delle migliori scelte che presi nella mia vita, inoltre lui, grazie a questo lavoro riuscì a comprarsi una casa in uno dei quartieri più ricchi di tutta la città.

-Almeno ti degneresti di spiegarmi il perché?- alzai gli occhi al cielo dando un'occhiata all'orologio, 5:56 -Questa rapina non mi convince per niente, anzi mi sembra più un modo per spostare la nostra attenzione lontano dal luogo della rapina- cedetti alla fine lasciando uscire tutti i miei dubbi -Come tu ben sai le "Penne di Fuoco" sono dei ladri abilissimi e molto intelligenti, dubito fortemente che avrebbero permesso alla polizia di capire qualcosa a meno che non fosse per distrarli, inoltre è risaputo che per quanto riguarda le rapine non fanno mai grandi furti di denaro, piuttosto a me sembra un pretesto per rubare ciò che gli interessa davvero e non farci capire cos'è; infine il modo in cui hanno informato la polizia mi sembra troppo... non lo so... ehm... banale? Dai siamo seri, non hanno mai lasciato un indizio degno di questo nome, com'è che tutto d'un tratto le ceneri di un foglietto ancora integro vengono ritrovate di fianco alla penna d'oca bruciata? Non ti sembra un po' strana come cosa?-.

Elijah mi guardò un attimo, annuendo infine e concordando con me; più i secondi passavano e meno la cosa mi convinceva, decidemmo di riunirci insieme alla squadra del mio migliore amico; camminammo fino all'incrocio con la via del quartiere 2, dove si trovava una squadra formata da cinque poliziotti.

Tra di essi riconobbi Armin, il mio migliore amico, era molto più basso di me, di corporatura esile, la pelle era chiara ed i capelli biondi e lisci erano tenuti in un caschetto ordinato che gli arrivava fino alle spalle, la fronte era coperta dalla frangia, infine vi erano i suoi occhi azzurri e profondi come il cielo in una giornata limpida.

Ci salutammo con un cenno del capo, 5:59, mancava un minuto all'inizio dell'operazione e quella sensazione di scetticismo e dubbio incrementava: era un diversivo, oramai ne ero sicuro, il mio istinto non sbagliava, eppure mi dovetti ricredere.

Le 6:00 scoccarono e subito tre figure vestite di nero da capo a piedi si avvicinarono all'entrata della banca, dalla nostra posizione non riuscii a vedere bene ciò che facevano, ma in pochi secondi entrarono dentro; il biondo fece un segnale alle squadre appostate che in un attimo fecero irruzione, circondando i tre criminali.

Non c'era alcun dubbio che fossero loro, infatti nella mano tenevano tutti e tre una penna d'oca che stava bruciando, il poliziotto con il più alto grado di comando si avvicinò tenendo fra le mani le manette magnetiche, ovvero delle manette che utilizzando l'effetto del magnetismo e dell'elettromagnetismo impediscono all'imprigionato di liberarsi o di compiere movimenti bruschi.

I tre ladri non opposero resistenza né cercarono di scappare, facendomi insospettire parecchio, i miei sospetti si rivelarono essere giusti quando gli individui, non appena le manette toccarono i loro polsi, scomparvero; tutti si sorpresero, esclusi Elijah e me -Che sta succedendo qui?- domandarono spaesati i poliziotti -Succede che ci hanno fregato tra poche ore arriverà una chiamata dove verrà denunciato un furto. Per questo mi rifiuto di collaborare- ringhiai le ultime parole sotto voce e senza aggiungere nient'altro me ne andai seguito dal mio collega.

Levi's pov

<Una settimana prima

Rientrai alla base con ancora un po' di polvere addosso -Tks e quegli idioti pensano di pulire decentemente, guarda che schifo- non appena aprii la porta due ragazze spuntarono davanti a me e per poco non mi spaventai -Allora l'hai presa?- domandarono all'unisono facendosi appena indietro per farmi passare.

-State parlando con Levi Ackerman, non con un ladruncolo da quattro soldi- appoggiai gli oggetti rubati sul tavolo e subito separammo i soldi ed i gioielli da ciò che realmente ci interessava: la penna stilografica.

Sul volto di una delle ragazze comparve un sorriso -Hai lasciato il biglietto come avevamo programmato?- sbuffai scocciato da quelle domande, come se fossi un incompetente, e mi limitai ad annuire -Voi invece? I cloni sono pronti?- entrambe risposero con un sì voltandosi appena nel luogo dove si trovavano tre figure completamente coperti di nero, da capo a piedi.

Mi alzai dalla sedia e mi diressi verso le porte dell'ascensore che avrebbero portato in camera mia, giacché la nostra base era una stanza sotterranea posizionata diversi metri sotto alla villa dove vivevo insieme a mia sorella; le ragazze mi notarono ma non dissero niente, sapevano perfettamente, che dopo ogni furto avevo la necessità di farmi una doccia.

Entrai nell'ascensore e lasciai che questo salisse, quando le porte si aprirono mi ritrovai davanti il muro della mia cabina armadio, lasciai che il lettore delle impronte facesse il suo mestiere e pochi istanti dopo presi dei vestiti puliti ed entrai nella mia stanza.

Le pareti della camera erano di un azzurro chiaro, simile al colore che assume il ghiaccio nelle grotte, la stanza era molto spaziosa e luminosa, la parete che dava verso l'esterno, ovvero quella di fronte alla porta della camera, era completamente fatta di vetro, chiaro all'interno ed oscurato all'esterno.

Entrando dalla porta le prime cose che si notavano erano il letto a due piazze, posizionato al centro della parete laterale a sinistra, i due comodini al fianco di esso, le due porte che si trovavano nella parete di fronte posizionate ad una certa distanza fra loro, esse erano rispettivamente la cabina armadio e il bagno, infine si poteva notare, a lato sinistro della porta, un mobile dove custodivo foto, souvenir e cartoline.

Mi diressi verso il bagno, alla mia sinistra ed una volta entrato chiusi la porta a chiave, non potevo sapere se quelle due sarebbero tornate su, ma di certo la quattr'occhi non aveva discrezione, perciò sempre meglio prevenire.

La stanza aveva le pareti coperte da piastrelle bianche ed il pavimento era di un nero lucido, sul fondo si poteva osservare un'enorme vasca provvista di idromassaggio, metà della parete di sinistra era occupata dalla doccia, mentre di fronte si trovavano il water, con al fianco il bidè ed il lavandino; un grande specchio era posto al lato della doccia, sopra un mobiletto dove tenevo il kit di pronto soccorso, il rasoio, la schiuma da barba, i saponi, il gel, il deodorante...

Aprii il getto della doccia regolandola in modo che avesse una temperatura tiepida tendente al freddo, mi spogliai velocemente di quei vestiti lerci e, dopo averli messi nella cesta dei panni sporchi, situata sotto il lavandino, mi tuffai sotto il getto dell'acqua e mi insaponai, cercando di rilassarmi e di scacciare i miei pensieri.

Quand'ebbi finito di lavarmi e di vestirmi, tornai nuovamente nella cabina armadio per scendere alla base; bussai tre volte sulla parete, con un intervallo di due secondi fra un colpo e l'altro, infine diedi un colpo più forte con la mano aperta e subito comparve sul muro, dietro alle mie camice, il lettore delle impronte digitali, appoggiai la mia mano e dissi -Contatto- il muro si aprì ed io potei continuare il mio cammino.

Arrivai alla base e mi sedetti davanti alla mia scrivania, aspettando che le altre due facessero lo stesso per ricapitolare il piano.

La prima a sedersi fu una ragazza dai capelli castano scuro, quasi nero, molto mossi ed altrettanto lunghi, che facevano contrasto con la pelle molto chiara che ella possedeva; non era molto alta, 1,57, ma era ancora in fase di crescita, più o meno; la corporatura, all'apparenza, non molto robusta nascondeva la vera forza della ragazza, infine i suoi occhi erano molto particolari, più di una volta notai il cambio di colore a seconda della luce, della stagione, del tempo o del suo umore e più di una volta ne rimasi stupito di come essi cambiassero da un secondo ad un altro.

In quanto a forza fisica era imbattibile, non esisteva persona, oltre al sottoscritto, capace di tenerle testa senza finire steso al suolo, considerando anche il fatto che fosse una persona estremamente intelligente, capace di mantenere la sua freddezza e compostezza in ogni situazione, riuscendo ad analizzare e dedurre in poco tempo e avendo ottime capacità di occultamento, potrei affermare senza ombra di dubbio che fosse il componente perfetto per la mia squadra.

Dopo di lei si sedette una donna dai capelli bruni, legati in una coda di cavallo disordinata, e gli occhi marroni, la più alta fra i tre; aveva una corporatura robusta e la pelle rosa carne, sul naso portava degli occhiali e stampato in faccia aveva un enorme sorriso.

Nutrivo un grande rispetto verso di lei, anche se spesso diventava irritante, oltre che pazza e pervertita, sapeva sempre quando bisognava restare seri e concentrati, quasi spaventandomi ogni volta che da idiota e spensierata passava, in un attimo, ad essere seria e concentrata; per quanto stupida potesse sembrare, però, era molto preparata, soprattutto dal punto di vista scientifico, non a caso era colei che si occupava delle ricerche e degli studi per i nostri furti, oltre a questo sapeva esattamente come muoversi e come agire durante dei furti e nel caso sapeva difendersi senza difficoltà e ciò la rendeva l'elemento perfetto per completare il nostro gruppo.

-Ricapitolando il piano: tra due giorni Hanji entrerà negli archivi della polizia, controllerà che abbiano ricevuto il messaggio ed infine infiltrerà fra i referti un piano di azione che sarà letto dall'agente Armin Arlet, quando saremo sicuri che l'avrà letto lo rimuoveremo ed utilizzando il dispositivo di modifica della memoria, io mi infiltrerò a casa sua e gli farò credere che sia stata una sua idea, mi assicurerò, inoltre, che anche l'investigatore Eren Jeager- e a questo punto, la castana, mi rivolse un'occhiata maliziosa -Sia con loro al momento del presunto furto, intanto Levi programmerà i cloni, spiegando loro cosa devono fare; da quando mi sarò infiltrata a casa Arlet fino al momento della rapina avremo ancora cinque giorni, mentre Levi finirà di programmare i cloni Hanji entrerà nel sistema di sicurezza della villa e farà in modo che esso si disattivi il mercoledì dall'una fino alle sette del mattino. Se fino ad allora tutto si svolge secondo i piani allora potremo agire mercoledì alle quattro del mattino senza problemi, tenendoci sempre pronti ad una possibile imboscata; io e Levi entreremo ruberemo la penna ed alcuni soldi e gioielli per mascherare tutto, come sempre, Hanji rimarrai fuori appostata a controllare e sarai pronta a darci l'allarme nel caso si verificassero complicazioni, finita la rapina ci dirigeremo alla piazza supponendo che abbiano piazzato delle telecamere, utilizzeremo i tetti per spostarci, se ci fossero allora ci collegheremo a quelle e faremo in modo di vedere le stesse immagini visibili alla polizia, nel caso contrario ne metteremo noi una, dovremo controllare il campo visibile della telecamera e la potenza del microfono, noi poi torneremo alla base e alle sei in punto faremo in modo che i cloni entrino in azione, io e Levi controlleremo i cloni e ci assicureremo che tutto vada secondo i piani mentre Hanji cancellerà tutte le possibili tracce-.

Annuimmo e ci disponemmo per andare a dormire, avremmo dovuto lavorare il giorno dopo, perciò era meglio riposare il tempo rimanente, ma una domanda della bruna ci fermò -Solo non mi è molto chiara una cosa, perché fare tutta questa messinscena e non compiere il furto come sempre?- sospirai stanco e mi accinsi a spiegarle le motivazioni -Da quando Eren ha iniziato ad investigare sul caso si è iniziato a concentrare su ciò che il ladro o i ladri rubano, una volta che avrà scoperto cos'è non sarà difficile escogitare un piano per catturarci o arrivare a noi, perciò se mandiamo la nostra attenzione alla banca potremo guadagnare un po' di tempo, magari riusciremo a trovarle tutte o magari no, ma ci avvicineremo al nostro obbiettivo, inoltre potremo studiare le capacità della polizia e quanto Eren abbia fiducia in loro-.

Una volta che finii di parlare ci dirigemmo verso l'uscita, permisi alla quattr'occhi di occupare una stanza a patto che non disturbasse, quando le due ragazze furono fuori da camera mia mi spogliai, mettendomi solo dei comodi pantaloni della tuta e stendendomi sul letto, appoggiai la testa sul cuscino e mi affidai alle braccia di Morfeo, sprofondando in sogni lontani.>

Tutto si era svolto secondo i nostri piani, calcolando anche il fatto che la polizia non aveva messo telecamere e che i cloni avevano eseguito tutti gli ordini senza destare sospetti fino all'ultimo, potevamo affermare che i poliziotti erano dei pessimi avversari, mentre il vero divertimento si preannunciava con Eren ed il suo collega, quel tale Elijah.

"Quello lì deve stare lontano da Eren, perché se prova ad avvicinarsi anche solo di un centimetro giuro che lo ammazzo e non me ne frega niente della galera" questi erano i pensieri che ronzavano nella mia mente mentre osservavo il video dove il castano e il rosso si salutavano -Oh oh, qui qualcuno è geloso- esclamò la ragazza vedendo i miei pugni stretti in una morsa ed i miei lineamenti tesi come le corde di un violino -Taci Gea-.

Finimmo di controllare le registrazioni, poi attivammo il sistema di autodistruzione delle telecamere e dei video -Beh, direi che momentaneamente possiamo stare tranquilli, ma è meglio non abbassare la guardia- concordammo con un movimento del capo e poi uscimmo dalla base ritornando nell'appartamento vero e proprio.

Ognuno si diresse nella propria stanza, dove ci lavammo e cambiammo, una volta che finimmo di prepararci ci dirigemmo verso la cucina, posizionata al piano inferiore, sulla destra, a una decina di metri dalla porta.

La bruna fece velocemente colazione poichè sarebbe dovuta entrare a lavorare in mezz'ora ed erano già le 6:32; la donna era una scienziata che studiava ed elaborava nuove tecnologie, era una delle migliori nel suo campo, se non la prima, proprio per questo non aveva problemi ad evadere un sistema; ovviamente tutti gli esperimenti usati per i furti, come ad esempio i cloni, erano esposti sul mercato dopo che il furto veniva compiuto, ma i primi modelli erano già stati sperimentati; in questo modo potevamo evitare che la polizia sospettasse di Hanji, in quanto non avrebbe senso utilizzare le proprie scoperte per eseguire un furto sapendo di essere i primi sospettati, e allo stesso tempo impedivamo che si potesse sospettare di me o di Gea, dato che solo agli scienziati era permesso di sapere delle nuove invenzioni.

La donna uscì di fretta e furia da casa mia, benedicendomi per abitare relativamente vicino al suo luogo di lavoro.

Gea ed io uscimmo una decina di minuti dopo, la accompagnai fino al suo luogo di lavoro: un bar, o meglio il bar più famoso di tutta la città, posizionato al centro del quartiere nove, il nostro quartiere ed il più ricco; la ragazza era la proprietaria di quel bar, all'inizio l'avevo aiutata prestandole i soldi necessari per mettere in moto i locale ed in poco tempo me li aveva restituiti tutti, fino all'ultimo centesimo.

Contando anche la castana, in totale erano sette i dipendenti, naturalmente prima sottoposti ad un mio "colloquio", la ragazza riusciva a gestire tutto alla perfezione, contando ogni tanto sul mio aiuto o quello della bruna nei momenti in cui aveva gli esami dell'università o lezioni importanti, che, nonostante tutti gli impegni che l'assillavano, frequentava con rigorosità, senza mai essere bocciata ad un solo esame.

Arrivammo davanti un locale abbastanza spazioso, sulla porta svettava un'insegna che portava il nome del locale: The sea of flavors, dalle vetrate oscurate si poteva scorgere l'interno la disposizione precisa ed ordinata dei tavoli e delle sedie lungo le pareti e le vetrate, di fronte alla grande porta, sul fondo, si trovava il bancone e dietro di esso si poteva osservare una scaffalatura piena di alcolici, caffè, tè ed ogni genere di bevanda; al lato del bancone si trovava una vetrina, che di lì a poco sarebbe stata ripiena di dolci e cibi vari; i colori erano molto sobri: le pareti erano di un bianco panna con decorazioni a tema marino, mentre il pavimento era di un nero lucido, quasi brillante, infine il bancone era in marmo scuro.

Dopo aver inserito la carta che fungeva da chiave nell'apposito spazio, Gea, svolse tutte le procedure di sicurezza secondaria, procedendo quindi al controllo della voce, della retina e delle impronte digitali e sì, secondaria perchè la prima erano i vetri antisfondamento, Hanji stessa li aveva realizzati, assicurandosi che neanche cinque camion o un bazooka possano sfondarli.

Mentre la ragazza si accingeva a cucinare, io portai fuori tavoli e sedie, disponendoli con precisione maniacale, in seguito diedi una veloce ripulita al locale e ai bagni, sempre impeccabili, disposi infine le ultime cose che le sarebbero servite.

Non avevo fretta di andare a lavorare come la quattr'occhi, inoltre il turno degli impiegati iniziava solo alle 8:00, tendevamo ad aprire il bar prima solo per permettere di mangiare qualcosa anche alle persone che facevano il turno notturno o, come la bruna, dovevano lavorare molto presto.

Ci vollero pochi minuti prima che Gea uscisse dalla cucina con una teglia dov'erano situate una decina di brioche, alzò il suo sguardo su di me e rilassò appena i lineamenti del volto -Potresti aiutarmi a portare di qua le cose?- mi alzai dal mio posto mentre con la testa facevo un cenno positivo e mi dirigevo verso la cucina, uscendone pochi istanti dopo con due vassoio ricolmi di pasticcini e vari tipi di focaccia e pizzette.

Nell'esatto istante in cui finimmo di riporre i dolci degli ultimi vassoi la porta si spalancò, alzai il mio sguardo, che si scontrò con due magnifiche gemme di giada, con sfumature verdi come lo smeraldo e turchesi come il mare, con un leggero spruzzo d'oro intorno alla pupilla.

Mi persi per quella che mi sembrò un'eternità in quelle pozze di giada, riuscii a vedere la frustrazione in esse, ma anche della felicità; ruppi il contatto visivo e feci vagare il mio sguardo su tutta la sua figura alta e slanciata, la corporatura magra, con alcuni muscoli, alcuni più evidenti di altri, racchiusa in un impermeabile beige, i capelli mori, perennemente spettinati, nascosti sotto ad un cappello del medesimo colore dell'impermeabile.

I miei occhi si posarono sul suo viso, contornato da alcune ciocche more, le labbra erano carnose, soffici alla vista, il naso delicato, i suoi enormi occhi espressivi contornati da leggere occhiaie ed infine le sue guanciotte un po' paffutelle avevano assunto una sfumatura rosea, che si distingueva nitidamente dalla sua pelle abbronzata naturalmente.

-O-Oh, c-ciao Levi, aiutando tua sorella?- il suo saluto impacciato mi fece sorridere internamente, mentre un piacevole calore, ormai conosciuto, si espandeva all'altezza del mio petto -Oi moccioso, come va?- annuendo alla sua domanda risposi al suo saluto cercando di addolcire la voce, riuscendo ad evitare il solito tono duro e freddo che utilizzavo con tutti; con tutti meno che con lui, con lui non ci sono mai riuscito -Ciao Eren, come mai così mattiniero?-.

Il ragazzo si sedette a uno degli sgabelli bassi del bancone e chiese a Gea di preparargli il solito, lo vedevo molto teso ed un po' mi dispiaceva se pensavo che in parte la colpa era nostra -Sono solo un po' stanco ed irritato- la sua voce era frustrata, con una mano si tolse il cappello e si passò l'altra fra i capelli, tirandoli indietro, rendendolo, inconsapevolmente, molto più eccitante -Questa mattina mi sono dovuto svegliare alle 5:00 per essere alla piazza alle 6:00, perchè secondo la polizia le "Penne di Fuoco" avrebbero compiuto un furto lì, io gli ho detto che era solo un diversivo, ma no, loro hanno ragione e loro sanno tutto ed indovinate un po' chi aveva ragione? Io! Morale della favola ho dovuto fare un'alzataccia per niente, cosa ci ho guadagnato da questa presunta rapina? Niente! So che i ladri sono dei geni dell'informatica, sai che novità, questo lo sapevo già. E tutto ciò è colpa di quegli imbecilli che dicono di essere dei poliziotti, sapevo che non mi dovevo fidare e che sarei dovuto stare a casa a dormire, che poi neanche sanno dell'esistenza dei cloni quelli, vogliamo capire con che massa di idioti ho a che fare! Se collaboro con loro devono ringraziare Armin, non riesco a rifiutarmi se me lo chiede lui. In ogni caso sono gli stessi incompetenti di sei anni fa, coglioni erano, coglioni sono e coglioni saranno- ad ogni frase la sua voce si alzava, affievolendosi leggermente nelle ultime due.

Gea gli consegnò il suo solito caffè con quattro cucchiaini di zucchero ed una brioche al cioccolato, con tanto cioccolato. Mi posizionai dietro di lui ed iniziai a massaggiargli le spalle, non so perché, avevo l'estremo bisogno di toccarlo, di fargli capire che ero e sarei restato con lui, che con me poteva confidarsi, poteva liberare ogni emozione che riteneva rinchiusa; al principio s'irrigidì, ma in poco tempo si rilassò, appoggiandosi appena sopra il mio petto, abbandonando quell'aria tesa -Tranquillo, ora rilassati e goditi queste attenzioni, colazione compresa, in santa pace- sussurrai al suo orecchio sentendo la sua pelle fremere leggermente a quel contatto.

Eren's pov

Le sue mani massaggiando le mie spalle, la mia schiena appoggiata al suo petto, il suo fiato caldo vicino al mio orecchio soffiandomi quelle dolci parole con quella voce profonda, un po' roca, unito al fatto che stessi consumando un'ottima colazione mi fece ricordare di quanto incredibile fosse quell'uomo, e della prima volta che l'avevo visto.

<6 anni prima

Mi trovavo davanti alla porta di una villa enorme, nel quartiere nove, guardai l'ora, 17:54, dovevo trovarmi davanti a quella "casa" per le 18:00, era il 12 gennaio, una mia cara amica compiva 15 anni, lei era di prima, io di quarta; l'avevo conosciuta nei corridoi della scuola, dei ragazzi mi stavano importunando, sicuramente mi avrebbero picchiato se Gea, la ragazza, non fosse intervenuta bloccando il colpo e liquidandoli dopo un acceso scambio di battute, le fui sempre grato per quello, da quel giorno le iniziai a parlare, all'inizio era un po' fredda, ma alla fine cedette e si convertì in una delle mie migliori amiche.

Respirai profondamente, presi un po' di coraggio e suonai il campanello, non dovetti aspettare molto prima che la porta si spalancasse e rivelasse una figura alta non più di 1.60, capelli corvini, taglio militare, rasati sulla nuca, le ciocche più lunghe contornavano il suo viso dalla carnagione pallida, i suoi muscoli s'intravedevano da sotto i vestiti, le sue labbra sottile, appena carnose, avevano un colorito roseo, il naso delicato; infine quegli occhi, quelle meravigliose pozze grigie, simili a due lune argentate, che sembravano scrutare dentro la mia anima, erano contornate da due profonde occhiaie, che però non riuscivano a rovinare quella meraviglia più unica che rara.

-Tu devi essere il moccioso amico di Gea, giusto?- annuii, stregato dai suoi occhi, troppo incantato anche solo per distorcere la bocca al soprannome che mi aveva rivolto; si fece da parte, lasciandomi entrare in quella casa e facendomi togliere le scarpe, obbedii e mi guardai intorno, cercando di cogliere ogni minimo dettaglio di quella casa, eppure ciò che continuava ad attrarre la mia intenzione non era la villa, ma la persona, o meglio il dio greco, che mi aveva aperto, accogliendomi in quelle mura.

Decisi di presentarmi, per non essere maleducato, non c'erano altri fini -Piacere mi chiamo Eren, sono il migliore amico di Gea- sfoggiai il mio miglior sorriso e gli tesi la mano, lui mi guardò un attimo e poi la strinse in una presa ferrea -Levi Ackerman sono il fratello di quella mocciosa lì- disse ammiccando dietro di me; guardai appena sopra la mia spalla e vidi la castana scendere le scale -Ti ho sentito Oni-chan- -Tks, tanto meglio- rispose ghignando.

-Brutto nano, vieni qua che te la faccio vedere io- il corvino la guardò assottigliando gli occhi -Come mi hai chiamato?- la castana sembrò rendersi conto solo in quel momento di ciò che aveva detto, guardò un secondo il fratello, poi si guardò intorno e finalmente rispose -Ciao nano- con la velocità di una saetta scattò verso la porta che stava alla sua destra, ma il corvino non fu da meno, iniziò ad inseuguirla, vedevo due fulmini scattare di fronte a me, rincorrendosi come gatto e topo.

Dopo aver superato con un salto il divano, la ragazza, aprì una porta scorrevole di vetro che probabilmente dava sul giardino, mi avvicinai alla sala e potei vedere come il più grande chiuse la porta nel momento in cui la minore mise piede fuori; Gea iniziò a battere sul vetro e ad urlare qualcosa indignata, ma il vetro era insonorizzato, Levi fece segno di non sentirla e si girò indifferente dall'altro lato, mentre sua sorella cominciava a battere più forte, probabilmente, lanciando le peggiori imprecazioni verso il ragazzo.

Trovai la scena abbastanza comica e non riuscii a trattenere una risata che risuonò nel salotto, il corvino si girò, puntando le sue iridi grigie nelle mie verdi -Ti diverti moccioso, mi trovi così buffo? Beh ora ti faccio vedere io- con un balzo felino si ritrovò di fronte a me ed ancorando le sue mani a metà fra i miei fianchi e la mia vita mi sollevò.

-No, Levi, cosa vuoi fare?- mi lanciò sopra il divano, si mise a cavalcioni su di me e con una mano bloccò i miei polsi sopra la testa -Voglio farti ridere- disse con voce roca, che in quel momento mi parve incredibilmente sensuale -Cos-No no no no no no no no no Levi n-AHAHAHAHAHAHAHAH- cominciai a ridere nell'esatto momento in cui le sue dita sottili finirono sulla mia pancia, iniziando a farmi il solletico.

La tortura andò avanti un paio di minuti, fin quando Gea, entrata da chissà dove insieme ad altri due ragazzi, non irruppe nella stanza -Levi-bro, avanti lascialo, se continui così l'uccidi- il ragazzo fece schioccare la lingua sul palato e prima di scostarsi da me sussurrò -Comunque la tua risata è splendida- mi morsi lentamente il labbro inferiore mentre venivo liberato, quel ragazzo era la cosa, o meglio dire la persona, più sexy che avessi mai conosciuto e se prima avevo dei dubbi sulla mia sessualità, in quel momento non avrei esitato un attimo ad andare a letto con quel dio sceso dall'Olimpo.

Una volta che mi fui sistemato mi girai verso i due ragazzi e spalancai gli occhi riconoscendo mia cugina Isabel -Che ci fai tu qui?- domandammo contemporaneamente; il fatto è che non andavamo molto d'accordo, o almeno, i miei genitori mi proibirono di vederla quando avevo cinque anni, perché viveva in uno dei quartieri più malfamati della città, il quartiere uno.

Io le volevo molto bene, ma lei non ha mai accettato il fatto che i miei genitori l'allontanassero, prova ancora rancore per quello e ciò le impedisce di vedermi sotto una luce diversa -Sono stato invitato da Gea dato che è il suo compleanno- dissi tranquillamente, chiunque avrebbe potuto prendere un coltello e tagliare la tensione che c'era fra noi -Fa' come vuoi- detto ciò salutò il corvino con un abbraccio.

Insieme alla ragazza bassa, magra, dalla carnagione leggermente abbronzata, dai capelli rossi tenuti in due codini e gli occhi verdi, era entrato un ragazzo alto più o meno quanto me, i capelli erano di un biondo cenere e gli occhi azzurro chiaro, era magro e di pelle chiara, ma mai quanto il corvino; era Farlan il fidanzato di mia cugina, lui aveva sempre avuto un po' più di comprensione nei miei confronti, ma ovviamente non poteva andare contro la sua ragazza.

I due ragazzi furono condotti nella sala da pranzo da Gea, lasciando me e Levi da soli, quest'ultimo guardandomi con un sopracciglio alzato -Quindi tu saresti quel cugino di cui Isabel parla sempre- non c'era cattiveria nella sua voce, non esisteva rimprovero, era solo una constatazione, una constatazione che ferì il mio umore, solo per la delicatezza di quell'argomento.

-Se vuoi odiarmi- esalai con tono affranto -Sei libero di farlo, io non sono nessuno per impedirtelo; però sono sincero quando dico che vorrei veramente tornare ad avere il rapporto che avevamo quando avevo cinque anni, non è stata colpa mia, i miei genitori ci hanno separato ed io ho sofferto, ho sofferto tanto, vorrei solo rimediare ad uno stupido errore di cui non sono il carnefice- quelle parole erano rivolte a me stesso, erano state sussurrate e così come tutto il dolore che tenevo dentro era stato dimostrato da poche parole, così una sola lacrima solitaria si permise di solcare il mio volto.

Una mano si posò sulla guancia, accarezzandomela e scacciando quella lacrima, il mio sguardo, fino a quel momento basso, si posò sul corvino che non aveva smesso per un secondo di accarezzarmi -Forse dovresti mettere da parte il tuo rancore, alla fine non è stata colpa sua- non capii il significato di quelle parole.

Poi due braccia avvolsero il mio corpo in una morsa e gocce salate ed amare si ruppero sul tessuto della mia maglietta -Scusami... scusami, scusami, scusami, ti prego perdonami, lo so che non è stata colpa tua, ma ho avuto paura, ho temuto che mi avresti trattato come hanno fatto loro, per favore perdonami- riconoscendo la voce di mia cugina non potei far altro che ricambiare l'abbraccio e sussurrarle poche parole -Non sai per quanto ho aspettato questo momento- gli altri ci guardavano, senza dire niente, con un accenno di sorriso sul viso.

In cuor mio ringraziai Levi, non aveva fatto niente di speciale, eppure grazie a lui mi ricongiunsi con mia cugina, non fece niente e allo stesso tempo fece troppo.

In quel momento sentii un piacevole calore espandersi all'altezza del petto, sentii come se un profondo legame ci unisse da tempo, come se i nostri destini fossero nati per essere uniti; non seppi mai se quel sentimento tanto piacevole era ricambiato, ma sicuramente notai nel suo sguardo lo stesso calore ed affetto che io rivolgevo a lui.

3 mesi dopo

Correvo, correvo, correvo.

Non facevo altro che correre, tentavo di scappare, occultarmi da quei bastardi, da quegli idioti che continuavano a prendermi di mira, che non mi lasciavano in pace, che cercavano di insinuarsi nella mia testa, che provavano a maltrattare il mio corpo. E tutto ciò per il loro divertimento, per la loro stupidità, per il loro ego ed io non potevo far altro che subire in silenzio, nascondermi e scappare.

Ero stanco. Stanco di quei continui insulti, stanco dei pestaggi, stanco di essere una preda. Ero stanco, ma neanche per un secondo l'idea di fermarmi, di arrendermi, sfiorò la mia mente. E allora ripresi a correre con più forza, con più vigore di quanto ne avessi prima.

La pioggia fitta cadeva incessabile sul suolo terrestre, goccia dopo goccia, avvolgeva tutto ciò che incontrava al suo passaggio, permettendo di vedere a malapena le auto che passavano.

Ed io correvo, non mi fermavo, continuavo a correre, angolo dopo angolo, vicolo dopo vicolo, i polmoni bruciavano e le gambe tremavano, il respiro mi mancava e miei vestiti erano fradici, ma non mi fermai continuai a correre.

Poi tutto si fermò.

Svoltai l'angolo, una caduta dettata dalla pioggia, uno scivolamento, tentai di alzarmi e il muro di un vicolo cieco mi si parò davanti.

Non avevo più vie di fuga, non potevo fare più niente, potevo solo aspettare la mia sorte e sperare.

Presi il telefono e composi quel numero che sperai di non dover mai chiamare; uno squillo, due, tre e finalmente una risposta -Centrale di polizia- -Per piacere sono seguito da tre ragazzi, hanno dei coltelli, sono in un vicolo del dodicesimo quartiere, tra la quarta e la sesta via, ho diciasette anni e so- fui interrotto dal centralinista -Ho capito ragazzo, non sei il primo, vedrò di mandarti degli agenti il giorno in cui smetterete di fare questi ridicoli scherzi, stiamo lavorando, non abbiamo tempo da perdere- -No, la prego, sono se- mi bloccai quando mi accorsi che mi aveva chiuso in faccia.

Il mio cuore perse un battito quando, sulla stradina, comparvero tre figure, una di queste con un coltello in mano, si avvicinarono ed io cercai di appiattirmi contro il muro, nella speranza che esso mi risucchiasse.

Uno di questi cercò di afferrarmi, ma io mi scansai, iniziando a gridare una sola parola "aiuto!", urlavo, strillavo, mi dimenavo. Nessuna delle mie richieste fu ascoltata, tutti passavano, fregandosene che un povero ragazzo stesse soffrendo le pene dell'inferno, nonostante la pioggia, che mi sembrava essere diventata più fitta e violenta, potevo vedere. Potevo vedere come la gente incuriosita dalle grida si avvicinava per poi proseguire il proprio cammino una volta constatato di cosa si trattasse.

Smisi di gridare, smisi di muovermi, smisi di scappare, consapevole che nessuno mi avrebbe aiutato, alzai lo sguardo, perché non smisi di combattere e se avessi dovuto attraversare l'inferno l'avrei fatto dimostrando ai demoni che non mi sarei mai arreso, neanche di fronte a loro, neanche di fronte a Satana.

Lacrime amare caddero sul mio volto, nascoste dalla pioggia, lacrime di rabbia e di paura: era così sbagliato essere se stessi? Era così sbagliato tentare di difendersi? Era così sbagliato chiedere aiuto?

In quel momento solo una risposta balenava nella mia mente: no, non lo era, e se la società la pensava così, allora io sarei stato quell'idiota che ci sarebbe andato contro; perché io ero libero e nessuno avrebbe deciso per me, nessuno avrebbe imposto le sue regole su di me, nessuno avrebbe mai tappato le ali che mi permettevano di volare verso la libertà, di vivere un sogno di cui ero il solo padrone.

Due di loro mi afferrarono per le braccia e il terzo mi diede un pugno in faccia, facendomi sputare del sangue, estrasse il coltello e me lo puntò alla gola -Non avresti mai dovuto permetterti di tirarmi un calcio, ora pagherai le conseguenze, stupida feccia- sputò quelle parole con tutto il disprezzo che aveva in corpo ed iniziò ad esercitare pressione con la lama sul mio collo -Di' addio alla luce del sole-.

Chiusi gli occhi con forza, pensando che la mia ora fosse giunta, pensando che tutto si sarebbe concluso in quell'istante, rimpiangendo tutte le cose che non avevo fatto, tutto ciò che non avevo detto; presi un ultimo respiro, pensando che sarebbe stato l'ultimo che avrei liberato con un sospiro.

Aspettai, aspettai, aspettai.

La lama smise di fare pressione, le mie braccia furono liberate e per pochi istanti non sentii più nulla; poi un tonfo, il rumore metallico di un oggetto caduto al suolo e il rumore di colpi, tanti colpi.

Aprii i miei occhi e in quel momento pensai veramente che Dio esistesse e avesse fatto un miracolo: davanti ai miei occhi Levi colpiva i tre tizi assestandogli colpi dolorosi e schivandone altrettanti, utilizzando la pioggia per occultarsi e coprire il rumore dei suoi movimenti; prese il capo del trio per il colletto e con una forza sovraumana lo gettò al fianco degli altri due, già stesi al suolo -Non osate avvicinarvi mai più a lui, o giuro che la prossima volta l'inferno vi sembrerà il fottuto paradiso- la sua voce era minacciosa, resa più roca e tamponata dalla pioggia, i suoi occhi ridotti a due fessure e tutti i suoi muscoli erano in tensione.

I tre bulletti fuggirono come conigli di fronte a tanta forza ed autorità. Il corvino si accovacciò alla mia altezza, io ancora seduto a terra, studiò per un momento il taglio non troppo profondo che la lama aveva lasciato; i miei occhi incontrarono i suoi e a quel punto non potei fare altro che abbandonarmi ad un pianto disperato sopra al suo petto, abbracciandolo e stringendolo forte.

Lui mi strinse con un braccio, mentre l'altra mano accarezzava i miei capelli, restò in silenzio un paio di minuti, mi lasciò sfogare, poi iniziò a sussurrarmi dolci parole all'orecchio che venivano attutite dalla pioggia -Tranquillo, va tutto bene, sei al sicuro adesso, ci sono io, vedrai che andrà tutto bene, non aver paura, ci sono io a proteggerti-.

Dopo minuti interminabili che passammo abbracciati, il corvino mi sollevò come se fossi una sposa e senza lasciarmi un secondo mi condusse a casa sua, dove mi curò e mi fece riposare, senza lasciarmi solo un attimo, dopo aver avvisato i miei genitori si accoccolò vicino a me, stringendomi in un nuovo abbraccio protettore.

La mattina dopo mi disse che mi avrebbe insegnato a combattere per difendermi, inutile dire che fosse un eccellente maestro e che da quel giorno nessuno riuscì più a sottomettermi.>

-A che stai pensando- domandò il corvino con un sorrisetto divertito sulle labbra, il mio viso assunse un colorito tendente al rosso quando mi accorsi di aver finito la mia colazione e di essermi aggrappato al ragazzo come se fossi un koala -I-Io... ecco- tentai di scendere, ma una presa ferrea sul mio sedere me lo impedì -Gea, possiamo usare un secondo la stanza dietro-.

La castana ci guardò con uno sguardo malizioso dicendo di usarlo tranquillamente, ma per piacere di non fare troppo rumore "Cosa ho detto mentre ero perso nei miei pensieri?" domande incontrollate volavano per la mia mente e risposte peggiori sorgevano indomabili.

La porta dello stanzino fu aperta e Levi ci fece entrare a entrambi, io ancora ancorato a lui, lui reggendomi senza il minimo sforzo -Allora? A cosa stavi pensando?- il suo viso si fece improvvisamente più vicino al mio, il suo fiato sfiorava delicatamente il mio volto, era apochi centimetri da me, i nostri corpi erano incollati, i nostri sguardi incatenati, i nostri respiri fusi e, come potevo leggergli negli occhi, i nostri pensieri confusi.

Levi's pov

Dovevo sapere se era reale ciò che aveva detto, ne avevo bisogno e non avrei sopportato sentire una risposta diversa da ciò che speravo; lui mi guardò un attimo e finalmente si decise a rispondermi -Ricordavo la prima volta che ci siamo incontrati e quella in cui mi hai salvato- un piccolo sorriso contornò le mie labbra "Oh! Allora anche a lui è scattato qualcosa in quel momento".

Sentii come le sue dita dietro al mio collo si muovevano nervosamente -C-Cosa ho d-detto?- l'imbarazzo nella sua voce, così come sul suo viso, era ben visibile, avvicinai ancora di più il mio viso al suo: le nostre fronti si unirono, i nostri nasi si toccarono e le nostre labbra si sfiorarono, non riuscivo a resistergli -Nulla di grave- iniziai appoggiandolo contro la parete, schiacciando il suo corpo tra il mio e quest'ultima, creando ancora più contatto fra i nostri corpi.

-Sappi solo che la cosa è reciproca- il suo respiro accelerò e i suoi occhi divennero ancora più belli, illuminandosi di una luce abbagliante, che mancava in quella stanza.

-Hai solo detto- presi un respiro e feci una piccola pausa -Che sei follemente ed irrimediabilmente innamorato di me- sgranò i suoi occhi all'inverosimile, ma non gli diedi il tempo di rispondere o di elaborare una scusa idiota.

Feci scontrare le nostre labbra, in un contatto dolce e desiderato da tempo da entrambi, il moro ricambiò da subito senza esitare neanche un secondo, le nostre bocche cominciarono a muoversi in sincronia e le nostre lingue si unirono in una battaglia dove non vi erano vinti ma solo vincitori.

Se avessi potuto congelare il tempo l'avrei fatto senza esitazione, in quel momento il nostro bisogno primario non era respirare, ma assaporare l'uno la bocca dell'altro, purtroppo però quel deficiente dell'ossigeno ci venne a mancare e ci costrinse a separarci; ci guardammo un attimo negli occhi, Eren fece scontrare di nuovo le nostre labbra riaccendendo quella passione ardente.

Quando le nostre bocche si abbandonarono un leggero filo di saliva e le nostre fronti congiunte rimasero ad unirci ci guardammo negli occhi perdendoci nello sguardo dell'altro "Se tu non fossi un investigatore, se io non fossi un ladro, allora in questo mondo, per la prima volta avrei incontrato la vera felicità. Ricorda che non dirò mai parole più sincere" -Ti amo, più della mia stessa vita- "Ma purtroppo in questo mondo crudele ogni cosa bella è destinata a finire, ti prego solo di restare al mio fianco".

6 mesi dopo

-PERCHÈ MI HAI MENTITO? PERCHÈ L'HAI FATTO?- le sue urla di disperazione unite a quelle lacrime di dolore furono come mille pugnalate per il mio cuore -Allora anche quando mi baciavi, quando mi guardavi negli occhi e dicevi che mi amavi mi mentivi... DIMMI NON È COSÌ?!- quelle parole furono come l'inferno vivo, alzai il mio sguardo fino a quel momento basso e lo guardai dritto in quelle due gemme smeraldo, mi avvicinai a lui e lo inchiodai alla parete.

Ci trovavamo in camera mia; Eren aveva ormai scoperto tutta la verità, solo una cosa non sapeva il motivo che mi aveva spinto a farlo, era venuto per "arrestarmi", ma l'avrei costretto ad ascoltarmi, inoltre sapevo che non mi avrebbe mai consegnato alla polizia.

-Ascoltami bene: l'ho fatto perchè un anno e mezzo fa quando sono spariti mia madre, Isabel e Furlan, ho ricevuto numerosi messaggi che mi dicevano che erano stati rapiti e per sapere cosa era successo loro avrei dovuto rubare tutte le penne stilografiche esistenti nella città; dicevano che se le avessi comprate e non rubate la stessa sorte sarebbe toccata a mia sorella e a te, capisci che non potevo permettermi ciò? Hanji e Gea erano presenti quando mi è arrivato il messaggio per la prima volta e hanno deciso di aiutarmi, tuttavia quando tu ti sei messo ad indagare le cose sono rallentate, non sto dicendo che stai sbagliando, ma voglio che tu capisca il motivo che mi ha spinto a farlo, pensi davvero che essendo uno degli impresari più influenti del mondo mi sarei messo a rubare. Non ti ho mai mentito sui miei sentimenti e non ti amavo, perché ti amo ancora-.

-Ti potrei anche credere per la storia del rapimento, m-ma chi mi as-assicura che tu n-non mi stia usa-usando?- lo guardai con estrema dolcezza, mentre dai suoi occhi continuavano a cadere lacrime -Lo ripeterò fin quando non cederai-.

-Ti amo-

-No, non mentire-

-Ti amo-

-Non ti credo-

-Ti amo-

-Smettila, stai mentendo-

-Ti amo-

-Basta... Per piacere-

-Ti amo-

-N-No...-

-Ti amo-

-I-Io-

-Ti amo Eren, più della mia stessa vita, più di quanto tu immagini-

-Ti amo, ti amo troppo e non riesco a lasciarti andare, ti prego, resta con me, non abbandonarmi- le lacrime scendevano copiose sul suo volto e i singhiozzi erano sempre più frequenti -Se le mie parole non riescono a convincerti allora sarà il mio corpo a farlo-.

*Lo trascinai fino al letto facendolo stendere mentre baciavo le sue labbra con tutto l'amore e la passione che il mio intero essere possedeva; iniziai a spogliarlo dei vestiti lasciando scoperto il suo petto, il suo addome e le sue gambe.

La mia lingua iniziò a scorrere su quel corpo troppo perfetto, quasi peccaminoso, le mie labbra si posarono sul suo collo andando a cercare il suo punto più sensibile, succhiandolo con avidità quando finalmente l'ebbero trovato.

Scesi fino a raggiungere i suoi capezzoli che torturai sia con le mani che con la bocca: leccandoli, succhiandoli, baciandoli, giocandoci; un bellissimo gemito fuoriuscì dalle magnifiche labbra del mio moro, alzai la testa scontrandomi con una scena divina: le guance erano arrossate, gli occhi languidi e lucidi di piacere, infine i capelli tutti disordinati.

Gli lasciai un casto bacio sulle labbra per poi continuare la mia discesa, lasciando baci e succhiotti sul suo petto e addome,scendendo poi a lambire le sue cosce, dove concentrai i miei morsi, mentre le mie mani saggiavano quella carne piena e soda che erano le sue gambe e il suo sedere.

Mi drizzai con il corpo levandomi la camicia e i pantaloni, mentre i miei occhi non si spostavano da quella figura unica e splendida, la sua pelle bronzea era coperta da un leggero strato di sudore e il segno dei miei morsi era ben evidente, mi sfuggì un sorriso che non cercai di reprimere, ma che al contrario allargai quando rimossi i suoi boxer, incontrandomi con una grande e piacevole sorpresa.

Presi il suo membro in mano cominciando a masturbarlo, per poi scendere con le labbra per baciare e leccare tutta la sua lunghezza; un gemito più forte uscì dalle sue labbra nel momento in cui presi il suo pene tutto in bocca, fino a raggiungere la mia gola, nel mentre avevo portato tre dita alla bocca del ragazzo, che non esitò un secondo a leccare e succhiare.

Quando sentii le dita abbastanza umide le portai davanti alla sua entrata facendone scorrere dentro uno, poi due, fino ad arrivare al terzo, il tutto mentre continuavo a fargli un lavoretto di bocca; iniziai a muovere le dita, prima circolarmente, cercando di allargarlo e di farlo abituare a quella presenza estranea senza fargli sentire troppo dolore, poi iniziai a simulare delle stoccate e quando lo ritenni sufficentemente pronto mi posizionai in mezzo alle sue gambe, allargandogliele e posizionando le sue caviglie sulle mie spalle, mi levai i boxer, lasciando libera la mia erezione -Farà un po' male all'inizio, cerca di rilassarti e di respirare- lui annuì, mi sporsi per baciarlo e iniziai a penetrarlo lentamente.

Quando fui completamente dentro di lui mi fermai per lasciargli il tempo di abituarsi alla mia presenza; con le labbra rimossi le piccole lacrime che uscirono dai suoi occhi. Iniziai a muovermi nell'attimo in cui mi diede il consenso -Ah Eren, sei così caldo e stretto- -Ah ah e tu così ah ah così grande ah-.

Cominciai con stoccate delicate per poi aumentare la velocità con l'aumentare dei suoi gemiti -Ah LEVI LEVI, LÍ ANCORA, ANCORA ah ah- Eren ansimava e gemeva senza controllo e quel grido mi diede conferma di aver trovato la sua prostata; continuai a spingere su quel punto senza sosta, fin quando, con un gemito più acuto degli altri, Eren venne in mezzo ai nostri ventri, la pressione che il suo interno esercitò sul mio sesso fu deliziosa e poche stoccate dopo venni, abbondantemente, dentro di lui.

Quando le nostre respirazioni si furono calmate uscii da lui beandomi della vista del mio seme scorrere lungo la sua entrata e le sue cosce.*

#Con una rapida mossa invertii le posizioni, lasciando il mio moccioso sopra di me ed io sdraiato sul letto -Avanti, mostrami come mi fai godere- sussurrai con uno sguardo sexy e una voce provocatoria.

Il ragazzo senza pensarci due volte prese a baciarmi accarezzandomi l'interno coscia; pian piano i suoi baci scesero al mio collo, dove lasciò un succhiotto vicino alla nuca, facendomi reprimere un gemito, seguirono il loro percorso fino al mio petto, dove quelle labbra divine catturarono un mio capezzolo, mentre l'altro era torturato dalle sue dita, un piccolo ansimo, misto ad un sospiro sfuggì dal mio controllo.

La sua bocca arrivò sul mio addome dove baciò ogni centimetro della mia pelle, le sue mani risalirono lungo il mio torso, depositando dolci carezze al loro passaggio; le sue dita raggiunsero la mia bocca ed io non esitai un attimo ad accoglierle nella mia cavità orale, continuai fin quando il moro non le rimosse portandole davanti alla mia apertura.

E mentre le sue dita si fecero largo al mio interno, la sua bocca si posò sulla mia facendo scontrare le nostre labbra e le nostre lingue in una danza accesa; le sue dita lasciarono il mio interno e vennero sostituite da qualcosa di più grande -Ngh Eren- -Levi ah sei così perfetto-.

Iniziò a muoversi solo dopo aver ottenuto il mio consenso ed io cominciai ad ansimare e gemere leggermente -Oh sì Eren, lì- gemetti quando la punta del suo pene si scontrò con la mia prostata; la sua mano scese sul mio membro, che iniziò a pompare al ritmo delle sue stoccate, concentrandosi ogni tanto sulla punta premendola e coprendola con le sue dita.

-Eren, Eren- continuai a gemere e gridare il suo nome, mentre lui ansimava il mio; allacciai le mie gambe al suo bacino e le braccia al suo collo, il ragazzo si mise a sedere, trascinandomi con sè e riuscendo ad arrivare più in profondità.

Mossi i fianchi cercando di andargli incontro e di farlo affondare ancora di più dentro di me; senza smettere di muovere il bacino feci pressione sulle sue spalle facendolo stendere sul letto -Sì, fammi vedere come mi cavalchi ah-.

Feci dei movimenti circolari senza smettere di impulsarmi con le gambe per riuscire ad andare su e giù sul suo bacino, che si alzava cercando di entrare ancora più a fondo dentro di me.

Sentii le mie pareti stringersi sul suo membro e quest'ultimo allargarsi, Eren ribaltò le posizioni aumentando ancora di più la velocità -Ah Eren Eren ah- -Levi ah stare dentro di te è fantastico ah- continuò a spingere con più forza centrando in pieno la mia prostata.

Con un ultima poderosa spinta venimmo simultaneamente, io fra i nostri corpi e lui dentro di me; ci stendemmo entrambi esausti sul letto e dopo dieci minuti, quando regolarizzammo il respiro, Eren uscì da me e l'ultima cosa che sentii fu il suo sperma caldo colare fra le mie pareti e raggiungere le coscie.#

Lo guardai con tutta la dolcezza che avevo in corpo e gli diedi un tenero bacio -Mi credi adesso, ti giuro, se non fossi obbligato non lo farei, per favore, perdonami- una sola lacrima si permise di solcare il mio volto, che fu velocemente asciugata dal moro -Tranquillo, ti perdono e credo a ciò che mi hai detto-.

 <3 mesi dopo>

Eren's pov

-Levi... Levi per piacere apri gli occhi ti prego, i-io... io ho bisogno di te- il suo corpo giaceva steso a terra in una pozza di sangue, il suo respiro era ormai inesistente, lacrime si rincorrevano sul mio volto per poi infrangersi sopra al suo.

Lui era morto...

Lui era morto e non sarebbe più tornato da me; non avrei più sentito le sue carezze, i suoi baci, la sua pelle contro la mia, i suoi "Ti amo"; tutto ciò che avevamo vissuto sarebbe stato solo un ricordo lontano, destinato a non ritornare più indietro, destinato a dissolversi nell'ombra.

Lui era morto e la colpa era solo mia.

<Tre giorni prima

Levi era appena rientrato da quello che sarebbe dovuto essere l'ultimo furto, eravamo tutti presenti, Elijha compreso, il quale ero riuscito a convincere affinché collaborasse con noi; riunimmo tutte le penne e lasciammo che ognuna di esse macchiasse il foglio digitale con un'unica goccia, pian piano esse si spostarono fin a creare la mappa di un luogo al di fuori della città.

Restammo numerose ore ad elaborare un piano e quando finalmente finimmo Gea ricapitolò tutto per sicurezza -Agiremo tra tre giorni, ci infiltreremo nel luogo, tuttavia lo faremo supponendo che il rapitore sappia della nostra presenza e ci stia tendendo un'imboscata, perciò utilizzeremo le tute elaborate da Hanji per entrare senza essere visti; è probabile che il rapitore sia solo, ma dobbiamo presumere che sia un esperto nell'informatica. Elijha, Hanji, voi cercherete un modo per arrivargli alle spalle, mentre Levi ed Eren entreranno per la "porta principale", io seguirò tutto da fuori pronta ad usare il teletrasporto per aiutarvi. Una volta dentro procederemo a seconda della situazione, vi prego di non perdere la calma e soprattutto evitate colpi in testa, ognuno di voi sarà armato, usatele solo in caso di necessità è tutto-.>

Le mie mani stringevano il suo corpo, la mia mente, la mia anima, tutto il mio essere, si rifiutava di lasciarlo andare, si rifiutava di accettare che fosse morto; il suo ultimo bacio era ancora impresso sulle mie labbra, mentre il dolore mi consumava con la stessa velocità di un fulmine, lasciandomi vivere una tremenda agonia.

<-Qualsiasi cosa accada vedrai che andrà tutto bene, io ti proteggerò. Ti amo Eren- le sue labbra si poggiarono vogliose sulle mie e le nostre lingue si unirono in una danza lenta e disperata, piena di amore e di ardente desiderio di provarsi ancora, incapaci di staccarsi per dirsi quel addio, che tanto sperai fosse un arrivederci; nemmeno l'ossigeno riuscì a mettersi in mezzo e se non fosse stato per il nostro buon senso, probabilmente avremmo fatto l'amore in quel momento -Dobbiamo andare- e fu così che ci addentrammo in quella trappola orribile, piena di oscurità ed incognite, entrando in quel edificio: il piano era iniziato.>

-Ti prego... amore mio... apri gli occhi... io ho bisogno di te... non lasciarmi- la mia voce era rotta dal pianto, sentivo la gola ardermi, il respiro mancarmi, la mia vista era completamente annebbiata dalle lacrime, un immenso dolore si espanse all'altezza del petto, come se una lama stesse trapassando il mio cuore, per poi strapparmelo dal petto gettandolo a terra.

<Eravamo entrati in quell'edificio, completamente vuoto ed abbandonato, proseguimmo per i corridoi fino quando non udimmo dei flebili rumori, li seguimmo ed arrivammo in una stanza molto ampia, anch'essa vuota, con i muri sporchi, al centro potevamo osservare tre figure inginocchiate, con le mani legate e gli occhi bendati, sulla parete di fondo una sagoma si muoveva nella penombra -Alla fine il grande Levi Ackerman ce l'ha fatta- osservai Levi, il quale aveva sgranato gli occhi impercettibilmente, contraendo appena la mascella.

-Vedo che mi hai rimpiazzato facilmente per una cagna qualsiasi, ah, no, scusa, è un maschio- i miei occhi si spalancarono, mentre il sangue ribolliva nelle mie vene -Ellen, smettila con queste cazzate, tra di noi non c'è mai stato niente, tu ti eri dichiarata e non accettando un rifiuto mi hai minacciato, ma non ha funzionato. Ti è andata male una volta, ti andrà male anche questa- aveva ruggito il mio ragazzo con rabbia -Devo ammettere che non avevo previsto che il detective numero uno al mondo si innamorasse di te e ti accettasse nonostante fossi un ladro, però... vedi Levi, non mi piace condividere le mie cose, perciò uno dei due deve andarsene e puoi star certo che sarà lui- la pistola venne puntata dritta al mio cuore.

Sentii solo il rumore di due spari simultanei, ma il dolore causato dalla pallottola non arrivò mai a segno; sentii un corpo cadere a terra e poi un peso sopra il mio, aprii gli occhi per incontrare una scena che non avrei mai voluto vedere: il corpo di Levi sanguinante, con un foro all'altezza del cuore; un piccolo sorriso si dipinse sul suo volto mentre le sue labbra si posavano un'ultima volta sulle mie, si accasciò a terra -T-Ti ave-vo d-detto ch-che ti avre-i prot-tetto a co-costo del-la vit-a. Ti a-amo Eren- le parole gli erano uscite tremanti e i suoi occhi, quelle meravigliose lune grigio-argentate si chiusero per sempre.>

La mia presa sul suo corpo aumentò mentre quelle gocce salate continuavano a scendere dai miei occhi, il mio corpo si inclinò verso il suo e nascosi il mio viso nell'incavo del suo collo, importandomene ben poco di quel liquido color cremisi chiamato sangue.

La sua pelle era fredda al contatto, il suo viso era ancora più pallido del solito, i suoi occhi erano coperti dalle palpebre, i capelli corvini a coprire la fronte, sparsi per il suolo e nonostante in quel momento fosse così freddo, così lontano da me, non potei evitare di notare l'incredibile bellezza che mi si presentava davanti e le lacrime scesero con più violenza, mentre lentamente il mio cervello processava che lui non apparteneva più a questo mondo, non era più una persona.

Lui era morto.

Niente lo avrebbe riportato, non sarebbe tornato in vita, aveva lasciato questo mondo per proteggermi, ricevendo un colpo diretto a me, sparendo dalla Terra con un sorriso sulle labbra, abbandonandomi con un bacio e un semplice, eppure importantissimo, "Ti amo".

Lui era morto.

-Oi moccioso, potresti gentilmente smettere di bagnarmi con le tue lacrime e il tuo moccio, tks, che schifo- alzai lo sguardo incredulo, sicuramente era un'allucinazione provocata dalla mia mente, non c'erano altre spiegazioni.

Lui era morto.

-L-Levi?- -Chi altri pensi che sia? Il cane?- domandò sarcastico; dovevo ammettere che la mia mente elaborava perfette allucinazioni.

Lui era morto.

-N-No, b-basta, no-non s-ei reale, sme-smettila; lui è... lui è mo-mo-mort-o- ballbettai in mezzo ai singhiozzi.

Lui era morto.

Le sue mani afferrarono le mie guance portando il mio viso all'altezza del suo e facendo scontrare le nostre labbra in un bacio lento e disperato... Decisamente non era un sogno.

Lui era...

-Questo è abbastanza reale per te? Moccioso di merda- gli buttai le braccia al collo riprendendo a baciare le sue labbra.

Lui era vivo, Levi era vivo.

-Ma com'è possibile?- in quel momento sentii la voce di Gea provenire dagli auricolari che indossavamo -Ecco... Forse Hanji ed io abbiamo dimenticato di dirvi che le tute hanno una funzione di rianimazione e rigenerazione che funziona solo nei punti in cui è presente la tuta, ovvero tutti meno la testa... eh eh eh- se non fosse stato per la felicità che provavo in quel momento di sapere Levi vivo, probabilmente, avrei commesso un pluriomicidio.

Lui era vivo.

-Non farmi prendere mai più uno spavento del genere, intesi?- lo rimproverai stringendolo forte a me -Se fosse per salvarti la vita lo rifarei ancora mille volte, ma vedrò di stare più attento- aggiunse infine, vedendo la mia occhiattaccia.

-Ti amo Levi, troppo, non puoi neanche immaginare quanto- allacciai le braccia al suo collo e le gambe ai suoi fianchi, nascondendo la mia testa sotto al suo mento -Non ti libererai di me nè in questa vita nè in quelle a venire, io starò con te per sempre- il suo sussurro soffiato sul mio orecchio fu così dolce, insieme a quelle parole che sapevano di promessa e di speranza.

-Ricordati Levi, in questa vita o in un'altra, adesso e per sempre, io ti amerò, non importa quanto tempo ci metterò, ti troverò e ti catturerò, intrappolandoti nella mia rete-.

E fu così che per l'ultima volta tre penne d'oca bruciarono sotto le fiamme del fuoco, quella fu l'ultima volta che si sentì parlare di quella famosa banda di ladri, quella fu la volta in cui il mondo potè gridare:

addio "Penne di Fuoco".

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