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Qualsiasi vita di una persona finisce sempre allo stesso modo. Sono i dettagli della maniera in cui ha vissuto ed in cui è morto che distinguono un uomo dall'altro. Ernest Hemingway
-Sirio che succede?- Jake corse da me, inginocchiandosi per essere alla mia altezza, la voce preoccupata e come poteva essere altrimenti? Mi aveva trovata rannicchiata sul nostro divano, una coperta sulle gambe, il libro in mano in lacrime.
-Alexander mi ha spezzato il cuore...- risposi con un'alzata di spalle consapevole del fatto che mi avrebbe capita al volo. Infatti gli bastò solo uno sguardo al libro che stavo leggendo per addolcire lo sguardo, la tensione che spariva dalle sue spalle.
Erano i primi di dicembre e io avevo il giorno libero a lavoro. Ciò significava che ero a casa nostra, nel nostro appartamento, a rilassarmi e aspettarlo. Tra le lezioni, alcuni corsi extra che frequentavamo e il lavoro eravamo riusciti a stabilire una nostra routine e a sistemarci al meglio. Il mercoledì sera era il nostro appuntamento fisso. Lo avevamo deciso dopo le prime due settimane di lezioni, dopo aver capito che sarebbe stata più dura del previsto riuscire a stare insieme come prima, quindi quella era la soluzione migliore. Quel mercoledì sera saremmo andati a scegliere l'albero di Natale e poi avremmo addobbato tutta l'abitazione. Finalmente avrei potuto vedere Tini in concerto, il regalo che Jake mi aveva fatto tempo prima e, subito dopo, saremmo andati da Buenos Aires a Wilmington per passare la vigilia e Natale con le nostre famiglie. Poi saremmo tornati a Washington per l'ultimo dell'anno.
-Lascia che ti curi quel cuoricino spezzato prima di andare- la voce di Jake, maliziosa come il sorriso che mi rivolse, mi fece dimenticare il libro che accantonai sul tavolino del piccolo salotto prima che il mio uomo mi salisse sopra e mi sovrastasse con il suo peso schiacciandomi sempre di più nel sofà. Stavo leggendo la storia di Alexander e Tatiana, l'ultimo libro della trilogia di Paulina Simmons ed ero così assorta da piangere con tanto di singhiozzi per ciò che aveva fatto il protagonista.
Solo chi aveva la passione della lettura poteva capire ciò che avevo provato. Immedesimarsi nella protagonista al punto che ciò che capitava a lei capitava anche al lettore. Piangevi con i personaggi della storia e ridevi anche con loro. Ti arrabbiavi e li amavi.
Jake fu in grado di farmi dimenticare tutto quello con il tocco delle sue labbra sulle mie. Grazie ai suoi baci e al suo corpo schiacciato contro il mio, entrambi totalmente vestiti seppur nudi nell'anima l'uno difronte l'altra, mi fece dimenticare persino il mio nome. Con l'arrivo dell'inverno lo avevamo fatto molto più spesso sul divano e sul pavimento, davanti al camino scoppiettante che ci illuminava di traverso e ci riscaldava e poi lo avevamo fatto di nuovo a letto, scaldandoci a vicenda. Era la nostra routine e non sarebbe potta essere più bella.
Mi mancava casa? Non molto in realtà. Mi mancava più dormire schiacciata e sul bordo del letto a causa di Amy, ma quella nuova vita... La nostra nuova vita insieme era solo l'inizio di qualcosa più grande. L'eternità che tanto ci eravamo promessi, non perché volessimo vivere per sempre, ma perché anche in un'altra vita noi saremmo stati insieme.
Uscimmo di casa dopo un'ora, avevo le labbra gonfie a causa dei baci famelici del mio ragazzo e un sorriso da ebete stampato in faccia. Camminavamo mano nella mano in cerca di qualcuno che vendesse degli alberi. A casa mia avevamo sempre usato quelli finti così da poterlo usare anche per gli anni avvenire senza dover spendere altri soldi. E poi uccidere un albero, che ci dava l'ossigeno e un'aria più pulita di quanto meritassimo, per metterlo in casa un mese al massimo mi sembrava un'atrocità quindi anche noi optammo per un albero finto, ma non per quello ci precludemmo di girovagare tra quelli veri.
Indicavo ogni albero che vedevo, specialmente i più grossi, il che mi aveva fatto guadagnare una battutina sconcia da Jake.
-Ti ho viziata troppo non è così? Adesso sei ossessionata dalle cose grosse e dure- era scoppiato a ridere quando lo avevo colpito con il dorso della mano sul petto, ma non avevo replicato che mi erano sempre piaciute le cose più grandi che riuscissi a trovare oppure non l'avrebbe più smessa.
Dopo un po' di tempo passato tra gli abeti veri e aver assorbito lo spirito natalizio che c'era nell'aria, passammo a dare un'occhiata a quelli finti. Risuonavano canzoni di natale intorno a noi e io non riuscivo a smettere di sorridere perché quello era da sempre il mio periodo preferito dell'anno. Gli ultimi natali non erano stati come avrei voluto, a casa ero la sola con lo spirito natalizio, e avevo quasi creduto che fosse ormai finita tutta la magia per me, ora che non ero più una bambina. Invece mi sbagliavo, grazie a Dio se mi sbagliavo. Non sarei riuscita a sopportarlo probabilmente.
Rinunciare al Natale dei miei sogni. A tutto quello che comportava dicembre. Credevo ancora a Babbo Natale per quanto suonasse ridicolo. Ovvio che sapevo non fosse reale, ma ci credevo. Avevo fede. Rendeva il Natale più magico. Avevo addirittura intenzione di sposarmi la vigilia un giorno e di indossare un abito, dopo il matrimonio e il ristorante, di un rosso sgargiante e brillantino che avrei indossato tutti gli anni in occasione di quella festa e dell'anniversario mio e di mio marito. Mi piaceva avere un piano su tutto, anche se poi niente sarebbe andato come volevo, ma forse meglio o peggio, mi rassicurava avere almeno un'idea da cui partire. Significava che per me era importante, anche se le mie priorità erano cambiate.
Certo, sognavo ancora il matrimonio e percorrere la navata accompagnata da mio padre, ma col tempo avevo capito che non era necessario sposarsi perché un rapporto fosse solido e stabile. Matrimonio non significava amore. Mi sarebbe piaciuto sposare Jake? Ovvio che sì, ma non stravedevo all'idea di farlo nell'immediato futuro perché stavamo bene. Avevamo la vita avanti a noi e potevamo godercela insieme prima di sposarci e avere una famiglia.
Dopo aver scelto l'albero più grande che fossi riuscita a trovare lo portammo a casa. Be', Jake lo portò mentre io gli aprivo la porta di casa e gli indicavo dove metterlo. Accanto al camino, ma non abbastanza da prendere fuoco. Tirai fuori tutte le decorazioni che avevamo acquistato i giorni precedenti mettendoli sul tavolino dove giaceva ancora il mio libro.
-Mettiamoci al lavoro mia piccola Elfa- Jake mise delle canzoni di Natale dalla mia playlist, esatto ne avevo una tutto l'anno con le canzoni natalizie più belle di sempre, e mi tese la mano per poi metterci al lavoro. Addobbammo prima il caminetto appendendo due calze rosse con le nostre iniziali, S e J, poi mettemmo delle lucette lungo il corridoio che portava alla nostra camera da letto dove mettemmo delle ghirlande e un vischio sulla porta. O meglio, su tutte le porte di casa. Anche quella della camera per gli ospiti e del bagno di quella camera che non aprivamo quasi mai, tranne che per pulire.
-Così ho una scusa per baciarti quando voglio, anche di prima mattina- come se ne avesse avuto bisogno. Non gli avevo mai negato nulla e lui non aveva mai negato nulla a me.
Dopo aver finito con le stanze passammo, finalmente, all'albero. Appendemmo lucine e decorazioni con Baby Please Come Home di sottofondo. Ogni volta che il mio splendido e paziente fidanzato metteva due palline dello stesso colore e dimensione accanto mi bastava guardarlo per fargli capire che doveva toglierne una. Io mi stavo divertendo un mondo, lui probabilmente avrebbe voluto strozzarmi con le lucine per farmi smettere di essere una maniaca del controllo. Ma mi amava così com'ero e sapeva in cosa si sarebbe cacciato quando aveva deciso di fare l'albero con me. Mangiammo una pizza che avevamo ordinato al volo e poi continuammo fino a dopo mezzanotte.
-È il momento della punta- dissi infine quando l'unica cosa che mancava era la stella da mettere in cima all'albero più alto di me di quindici centimetri e più alto di Jake di cinque visto che era un metro e novanta.
-So che muori dalla voglia di farlo, coraggio. Ti sollevo se vuoi, nanerottola- mi passò a stella e mi scompigliò i capelli con una mano come se fossi una bambina di cinque anni. Lo spinsi via con un fianco ridendo, ma poi lo attirai di nuovo a me per stampargli un bacio all'angolo della bocca e sorridergli innocente.
-Facciamolo insieme, dai- proposi prima che lui mandasse tutto al diavolo e mi trascinasse prendendomi sulle spalle come un sacco di patate verso il letto. Non sarebbe stata di certo la prima volta.
Sollevandomi in punta di piedi, Jake dietro di me che teneva una mano sulla mia che a sua volta reggeva il puntale, lo mettemmo insieme in cima all'albero e poi indietreggiammo per ammirare il lavoro finito.
-È bellissimo- dissi senza smettere neppure per un secondo di sorridere. Le lucine e il camino accesi rendevano l'atmosfera più romantica, intima per questo avevo spento le luci. L'effetto era tutta un'altra cosa.
-Sì, lo è- la voce roca di Jake mi disse che non stava parlando dell'albero. Con la coda dell'occhio infatti vidi che stava guardando me, ancora alle mie spalle che mi stringeva contro di lui. lo faceva di continuo. Mi guardava in quel modo che mi faceva venire voglia di piangere a dirotto per quanto fosse intenso e mi facesse sentire amata.
-Balla per me...- fu solo un sussurro al mio orecchio, ma lo sentii chiaro come se avesse urlato. Me lo chiedeva ogni settimana così inscenavo uno spettacolo solo per lui che alla fine mi raggiungeva per ballare con me un lento. Avevamo degli amici lì, uscivamo, ci divertivamo, ma quando eravamo soli... Non riuscivo a spiegarlo. Era diverso da tutto il resto.
Spingendolo lentamente verso i divano mi misi avanti a lui, ancora imbarazzata dopo mesi che lo facevamo. Lui se ne stava stravaccato, le bambe divaricate e le braccia poggiate sullo schienale, gli occhi fissi su di me che catturavano ogni singolo mio movimento. E io ero ancora timida difronte a quello sguardo nonostante mi avesse vista in tutte le mie forme e condizioni peggiori e migliori.
Iniziai ad ancheggiare toccandomi i capelli sperando di apparire sensuale. Gli diedi le spalle per una visuale migliore, ma principalmente per non doverlo guardare negli occhi perché sapevo che, se lo avessi fatto, mi avrebbe messo in soggezione col suo sguardo carico di desiderio. Ero sicura che già fosse duro e pronto per me, ma io avevo altri programmi per quella sera.
Ballai e mi lasciai andare. Non sapevo ciò che stavo facendo ma mi stavo divertendo. Andai verso l'albero per nascondermi e comparire prima a destra e poi a sinistra facendo ridere entrambi. Dopo un po' lo chiamai allungando le braccia verso di lui. non esitò un secondo a raggiungermi e ballare un lento di natale con me. ci guardammo negli occhi poi appoggiai la testa e le mani sul suo petto. sul suo cuore. Sul suo tatuaggio che rappresentava noi. Avevo intenzione di farmene uno e lo avrei dedicato a lui. Erano le due passate e stavamo ancora ballando. L'indomani nessuno dei due avrebbe avuto lezione la mattina quindi potevamo fare tardi. Quando propose di continuare a ballare in camera scossi la testa e lo fermai. Metà del suo volto era nell'oscurità mentre l'altra metà era illuminata dal camino e dalle lucine che avevamo messo in tutta la casa. Il fuoco e la musica da sottofondo.
-Ho un paio di regali per te che volevo darti in privato- la voce mi uscì appena un sussurro come se fosse spaventata quando invece ero in pace. Non volevo allontanarmi da lui, ma dovevo per prendere i pacchetti che avevo nascosto in cucina quindi feci una corsa e li andai a recuperare poi tornai da lui e mi misi nella stessa posizione di prima. Le sue braccia lungo la mia vita, le dita delle mani che mi sfioravano il sedere, le mie braccia attorno al suo collo che lo strinsero un po' più forte quando lo baciai, prima di dargli il primo pacchetto. Quando lo scartò alzò un sopracciglio e subito dopo mi sorrise con quell'aria maliziosa che mi faceva tremare le ginocchia in qualsiasi momento.
-Questo lo proveremo più tardi- mi promise. Era un completino sexy che lui, un giorno in cui andammo al centro commerciale per una passeggiata, insistette per comprarmi, ma che rifiutai. Tornai il giorno dopo stesso pe prenderlo.
-Ecco perché non volevo dartelo davanti ai nostri genitori... Ora apri l'altro- ero così nervosa ed emozionata che non smisi di toccarlo neppure quando, a causa della mia presa su di lui, era chiaramente in difficoltà per aprire il pacchetto, ma alla fine ci riuscii e poi mi riportò contro di sé.
-Io ho già una stella col mio nome- alzai le spalle come se fosse una cosa da niente dare il suo nome ad una stella. Avevo una mano poggiata sul suo petto, all'altezza del tatuaggio, e l'altra che gli avvolgeva il collo, nemmeno cinquanta centimetri di distanza tra noi, mentre lui teneva gli occhi incollati sull'attestato che affermava che Jake Sunset aveva una stella col suo nome nel cielo, che avrebbe sempre vegliato su di me.
-Volevo che ne avessi una anche tu. La stella binaria di Sirio ora ha il tuo nome. Mi sembrava troppo presuntuoso che si chiamasse Sirio B- feci una piccola risatina. Aveva ancora gli occhi fissi su quel pezzo di carta e stava iniziando ad innervosirmi. Perché non mi guardava? Non gli piaceva forse?
-Quando alzerò lo sguardo ti ricorderò per sempre- gli spiegai e finalmente alzò lo sguardo per puntarlo nel mio. Ciò che vidi mi mozzò il fiato. Aveva gli occhi lucidi e mi guardava con così tanto amore che mi fece sentire amore. Come se lo fossi diventata in quel momento. Non aveva senso, lo sapevo, ma per me ce l'aveva ed era una sensazione magnifica.
-Ti amo Delia Harmonie Sirio Norton. Un giorno, stanne certa, ti sposerò sotto le stelle. Le stesse che ci hanno fatto incontrare due anni fa su quel pontile- mi baciò prima che potessi dire qualsiasi cosa. Mi baciò e mi tolse il fiato. Mi baciò facendomi arretrare verso la parete. Il completino e l'attestato ormai dimenticati accanto al mi libro sul tavolino.
-Ti amo Harmonie- era come preso da una passione cieca. Mi abbasso pantaloni e mutandine in un solo colpo prima di spingermi più su contro il muro e portandosi le mie gambe dietro al collo. Si inginocchiò per essere all'altezza giusta e poi la sua testa sprofondò tra le mie gambe con una tale veemenza che urlai. Urlali davvero. Cosa che lo fece solo infervorare di più. Cercai di aggrapparmi a qualcosa mentre lui mi divorava sempre più forte e velocemente, ma non c'era nulla che potessi afferrare così passai le dita tra i suoi capelli e strinsi ogni volta che ero al limiti e lui smetteva per un attimo con quella dolce tortura per poi riprendere più lentamente. Quando arrivammo in camera erano le quattro e mezzo.
Lo spogliai, strappandogli via la felpa che indossava, una delle mie preferite, e gli graffai il petto come un gatto, ma non m'importava. Volevo solo averlo dentro di me. che sprofondassi l'uno nell'altra fino a che non fosse sorto il sole e avessi potuto osservarlo, sfinito con i capelli sfatti e i graffi che sapevo gli avrei lasciato su tutto il petto liscio e la schiena muscolosa a cui mi aggrappai quando mi penetrò. Lo avrei guardato dormire con la testa sul mio seno e mi sarei assopita con lui, accarezzandolo e stringendolo a me perché non sarei mai stata pronta a lasciarlo andare. Per alcun motivo al mondo.
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