18
Quando l'amore ti brucia fino alle fondamenta, non vergognarti del tuo dolore e nemmeno della tua follia o della tua amarezza. (Charles Bukowski)
Avevo passato gli ultimi tre giorni più a casa Sunset che nella mia. Era sorta una specie di convivenza tra me e Jake da quando i suoi genitori erano in Oklahoma per aiutare Violet a trovare lavoro e ad ambientarsi. Avevo alcuni dei miei trucchi in camera del mio ragazzo, dei vestiti che puntualmente quando arrivavo lì mi toglieva per poi coprirmi con i suoi di indumenti. Lui cucinava, io pulivo. Lui puliva, io scrivevo. Sapevo che la vera convivenza non era così, ma era un buon inizio no? Se ci fosse stato qualcosa di lui ad infastidirmi lo avrei notato, eppure non c'era nulla di tutto ciò. I miei genitori, stranamente, non avevano detto nulla del mio semi-trasferimento, purché la notte dormissi in camera mia. Come se non avessimo opportunità di fare sesso anche durante il giorno, ma mi andava bene comunque perché Jake mi raggiungeva a notte fonda per dormire abbracciati e poi sgattaiolava via prima che si svegliassero. Non vedevo l'ora di andare al college e vivere davvero con lui, sarebbe stato fantastico.
Avevo portato con me anche il microfono, quello che mi aveva regalato lui per il nostro anniversario, più una piccola sorpresa come anticipo per il suo regalo di compleanno che, finalmente, era pronto e avrei potuto dargli la sera stessa.
Non appena misi piede in casa sua iniziò a supplicarmi di fargli uno spettacolo privato, usando il microfono per fingere di cantare. Lui non lo sapeva, ma a volte, quando ero sola, me lo stringevo forte al petto chiudendo gli occhi e immaginavo di essere sul palco insieme a Tini e di essere una star internazionale. Avevo anche potuto abbandonare l'idea di quel sogno, ma non avrei mai potuto abbandonare il sogno in sé perché era parte di me. esattamente come il ragazzo che, seduto sul letto con le braccia aperte sui cuscini e le gambe appena divaricate, mi guardava con desiderio e adorazione mentre ondeggiavo a ritmo di musica, col microfono in mano.
Iniziai, lentamente, a togliermi prima le scarpe piegandomi, mettendomi di schiena, così da assicurarmi che avesse un'ottima visuale sul panorama. Sbirciando da sopra la spalla lo sorpresi a fissarmi il didietro, la mascella contratta, i pugni serrati ancora sui cuscini e gli occhi ridotti a due fessure che seguivano ogni mia mossa. Specialmente quando mi raddrizzai e, con estrema calma, mi sbottonai i pantaloncini per poi scacciarli via con le gambe rimanendo solo con le mutandine. Posando il microfono sulla scrivania, avanzai verso il letto con passo sensuale, felino, e mi ci arrampicai su fino a sedermi su di lui e la sua, perenne, erezione.
Risi.
Lui mi fulminò con lo sguardo.
E io risi ancora di più per poi abbassarmi fino a sfiorargli il viso con il mio, i capelli portati tutti su di un lato.
Nel momento in cui tentò di afferrarmi e baciarmi lo immobilizzai prendendolo per i polsi e strusciandomi ancora di più su di lui per punizione.
-Vietato toccare fin quando non te lo dico io- gli dissi con tanto di occhiolino e voce suadente all'orecchio.
Lasciai la presa sui suoi polsi che, saggiamente, tenne immobili nella stessa posizione. Mi spinsi un po' indietro, proprio sul suo membro provando una scarica di eccitazione che per poco non mi fece gemere di piacere, ma non ero io a dover emettere quel tipo di suoni al momento. Portandomi le braccia sugli orli della maglietta che indossavo, una delle sue che finora mi aveva coperto anche un po' le gambe, la sollevai con la velocità di una lumaca.
Jake sgranò gli occhi e socchiuse la bocca.
Ero senza reggiseno, perché lo avevo tolto quando mi aveva costretta ad indossare i suoi vestiti appena arrivata, come faceva di continuo. Avevo voluto fargli una sorpresa e, a quanto pare, fu gradita perché se ne infischiò del mio divieto e affondò le mani nei miei capelli avvicinandosi al mio collo per morderlo e succhiarlo. Con tutta la mia determinazione lo respinsi via e lo bloccai ancora una volta per i polsi, avvicinandomi a lui tanto da portare il mio seno ad un soffio dalle sue labbra, sentivo il suo respiro irregolare su di me e mi ritrovai a muovermi leggermente su di lui per evitare di cedere prima del previsto.
-Sei stato un bambino cattivo...- gli sussurrai all'orecchio dandogli ancora fiducia e lasciandolo andare per potergli togliere la maglietta e ammirare il tatuaggio che aveva fatto per me.
Lo accarezzai con la punta delle dita e mi chinai a baciarlo, punto dopo punto, linea dopo linea, mentre il mio petto era schiacciato contro il suo addome. Entrambi senza nessun ostacolo che si frapponesse tra di noi dopo essermi sbarazzata anche dei suoi pantaloni e dei suoi boxer. Sapevo di star giocando con un leone affamato, ma non resistetti e mi sfregai contro di lui in cerca di un po' di sollievo perché, cavoli, stavo andando a fuoco là sotto così come lui era sul punto di scoppiare. E non lo capii solo perché grugni, ma anche perché ribaltò le nostre posizioni facendomi finire sotto di lui.
-Ho bisogno di te mia dolce Sirio... Illuminami- era sul punto di baciarmi, ma io girai la testa all'ultimo secondo. Gli mordicchiai una spalla mentre il suo viso era ancora affondato nel mio collo, intento a baciarlo e morderlo. Tirandolo di più verso di me, facendo incontrare ancora una volta le nostre parti basse, gli morsi la clavicola, per poi baciarla, leccarla e infine succhiarla. Ancora e ancora e ancora. Non volevo che lui ne facesse a me perché non volevo doverlo spiegare ai miei genitori, ma io adoravo marchiare lui con i miei segni e anche lui impazziva per i miei morsi.
-Ho bisogno di te Harmonie... Solo di te- forse fu l'eccitazione del momento o il tono così dolce, vulnerabile, che usò, ma lo allontanai dal mio collo prendendogli il viso tra le mani e guardandolo in quei meravigliosi occhi in cui rispecchiavo me stessa.
-Anch'io... Voglio farlo- ne ero convinta. Non avrei aspettato oltre. Non aveva alcun senso ormai. Sapeva cose ben più imbarazzanti di me e non le aveva confidate a nessuno. Mi fidavo di lui più di chiunque altro al mondo e lo volevo.
-Ne sei sicura?- tenendosi sollevato sugli avambracci mi guardò in cerca di qualche segno che gli dicesse che non era vero, che mentivo e non ero pronta, ma non ne trovò alcuno. Annuii convinta, più convinta che mai.
-Anch'io ho bisogno di te. Ti voglio Jake... Ora- sfiorai il contorno delle sue labbra con la lingua mentre lui rifletteva e cercava di capire se fossi seria o meno. Ma lo ero. Così, mentre lui prendeva i preservativi dal cassetto del comodino, nonostante mi avesse comprato la pillola e la prendessi ormai già da un anno ma la prudenza non era mai troppa, io feci una corse in salotto sentendomi parecchio a disagio per la mia nudità e sperando che nessuno bussasse in quel momento e recuperai il regalo che avevo nascosto dietro al divano per poi tornare in camera e darglielo.
-Un proiettore di stelle?- la sua voce era così... E la sua espressione... Sembrava me quando mi aveva dato il microfono. Senza parole ed entusiasta.
-Buon compleanno mio Universo- gli sfiorai la guancia con le dita e gli diedi un rapido bacio, quello che gli avevo negato prima. Lo osservai settarlo, per niente a disagio come me dal fatto di essere completamente nudo, anche se lui non doveva vergognarsi di nulla visto il suo fisico e la sua attrezzatura. Lo posò sul comodino, rivolto verso l'alto e subito fummo immersi tra le stelle e dalla musica scelta da Jake che proveniva dal proiettore.
-Andrò piano. Non ti farò male, promesso- tornò di nuovo su di me, posizionandosi tra le mie gambe, dopo aver messo il preservativo. Io annuii soltanto perché sapevo che era sincero, mi fidavo e mi avrebbe protetta sempre, non solo in quel momento.
Finalmente ci baciammo, un bacio vero, come se non conoscessimo perfettamente la bocca e i gesti dell'altro. come se stessimo morendo e quel bacio fosse la vita. Gli diedi tutta me stessa e lui ricambiò. Mi baciò tra i seni per poi prenderne uno in bocca mentre pizzicava il capezzolo dell'altro con una mano, per poi invertirsi. Si stava concentrando esclusivamente su di me, quando anch'io avrei voluto occuparmi di lui, ma non me lo lasciava fare. Voleva che fosse speciale per me, ma io volevo che lo fosse anche per lui.
Mentre lui continuava imperterrito a tormentare il mio petto, io lo afferrai con la mano e lo strinsi facendolo ansimare e ringhiare, la voce arrochita. Amavo quel suono e ne volevo di più per questo strinsi ancora di più e iniziai a massaggiarlo mentre con l'altra mano gli scostavo i capelli dal viso e lo accarezzavo, la fronte pregna di sudore, ma col sorriso sulle labbra e negli occhi anche mentre mi baciava e toccava a sua volta.
-Ti amo- sussurrammo insieme. Eravamo collegati, sulla stessa lunghezza d'onda. Eravamo davvero stati destinati dalle stelle, come quelle che riempivano tutto il soffitto della stanza. Sembrava di essere nello spazio..
Jake mi fece lasciare la presa su di lui e, reggendosi sempre con gli avambracci per non schiacciarmi anche se avrei voluto tanto sentirlo premuto contro di me completamente, con una sola stoccata entrò in me, in tutti i sensi. Attese qualche attimo per farmi abituare alla sua presenza, al bruciore che avvertivo e poi, quando lo baciai con foga e lo pregai di muoversi, lo fece perché entrambi avevamo bisogno di più. Era lento, dolce, mi baciava di continuo e io mi sentivo libera, piena, felice, appagata, completa. Con lui dentro di me io ero completa finalmente.
Aumentò le spinte, il ritmo si fece più pressante e i nostri ansimi e gemiti, o nel suo caso ringhi bassi gutturali, non erano coperti neppure dalla musica che risuonava intorno a noi. Guardavo lui, tutto il tempo, fin quando non sprofondò ancora di più in me e mi fece quasi urlare di piacere, inarcare la schiena. Ma ero inerme sotto di lui, guardavo il suo viso, i nostri corpi uniti e poi le stelle ed era tuto magnifico. Mi sfuggì un altro gemito nel momento in cui lo sentii tremare sopra di me e aumentare ancora il ritmo. Ero vicina, lo sentivo. Mi aggrappai a lui con le gambe, affondai le unghie nella sua schiena e gli chiedevo di più, di più, di più, fin quando non mi diede tutto e venni scossa dai suoi stessi tremori. Sciolsi piano le gambe da intorno la sua vita, ma non tolsi le braccia ancora ancorate alle sue spalle. Lui sprofondò su di me quando lo tirai, volevo sentirlo in tutto e per tutto. Restò dentro di me finché entrambi non riprendemmo fiato. Rotolò via da me, sdraiandosi di schiena e portandomi contro il suo fianco, sul suo petto, su di lui. Guardammo entrambi le stelle cercando di riprenderci.
-È stato...- iniziai senza trovare la giusta parola che lo descrivesse.
-Già- rispose capendomi al volo. Lo trovai a guardarmi quando mi voltai verso di lui. Sorridemmo entrambi e ci avvicinammo all'unisono per un altro bacio. Più stanco stavolta, ma comunque pieno d'amore.
-Tu lo sei...- gli dissi mentre montavo su di lui a cavalcioni e lo baciavo ancora, e ancora, ovunque. Su ogni centimetro di pelle sudata e nuda e mia.
-Ancora?- domandò sconcertato, ma allo stesso tempo divertito. Mi limitai a scrollare le spalle con finta innocenza.
-Dobbiamo fare parecchia pratica per migliorare non credi? Anche se sarà difficile fare di meglio- ammiccai mentre gli portavo le braccia dietro la testa e prendevo un altro preservativo dal cassetto che, quella volta, gli misi io per il secondo round. E poi il terzo e il quarto fino ad arrivare in doccia insieme e poi sul bancone della loro cucina mentre lui preparava il pranzo e ancora sul divano in salotto, contro le pareti della casa e infine, quando era arrivato il momento per me di andare, contro la porta anche. Ci saremmo visti di lì a breve perché avevo in serbo un'altra sorpresa per lui. Quella reale e non vedevo l'ora di scoprire la sua reazione.
Jake venne a prendermi con dieci minuti d'anticipo, ma ero pronta. Per fortuna i miei genitori non mi chiesero di farlo entrare a salutare perché sapevano che dovevamo sbrigarci ad andare o sarebbe stato troppo tardi, perché avevo fatto davvero un gran succhiotto al mio ragazzo grosso quanto tutta la California e non volevo che lo vedessero. Cosa per cui Jake rise, un sacco, mentre lo costringevo a lasciarmi guidare la sua auto. Mi piaceva guidare, ma preferivo che fossero gli altri a farlo, specialmente lungo strade che non conoscevo molto bene, ma non volevo correre il rischio che Jake capisse dove lo stessi portando perché, guidando io, lui avrebbe potuto guardare me e non la strada. E lo sapevo perché non perdeva occasione per guardarmi quando io non potevo ricambiare le sue occhiate. Quando mi chiese per la decima volta cosa avessi in serbo per lui cercai di cambiare argomento una volta per tutte.
-Ti è piaciuta la sorpresa di oggi?- gli chiesi alludendo a ciò che avevamo fatto oltre che al proiettore, posando una mano sul suo interno coscia come faceva sempre lui con me, specialmente quando voleva distrarmi.
-Moltissimo- vidi di sfuggita che stava sorridendo. Mi prese la mano che avevo ancora su di lui e se la portò alle labbra per baciarla prima di intrecciare le nostre dita. Avrei preferito che le mie dita stringessero il volante, ma non volevo interrompere il contatto tra noi quindi non dissi nulla.
-Questa ti piacerà ancora di più. Fidati- sapevo che gli sarebbe piaciuta e che sarebbe impazzito di gioia solo, egoisticamente, speravo non gli piacesse davvero di più di ciò che avevamo fatto prima perché quella per me era senz'altro diventata la cosa migliore della mia vita. imbattibile.
-Impossibile. Lo sai che stare con te è il meglio per me- adulatore...
-È qualcosa che ami molto più di me- gli dissi, un pizzico di incertezza nella voce anche se lo capivo, sul serio. Lo spazio era il suo sogno, la sua passione, ma per quanto io amassi la musica, amavo lui ancora di più.
-Non c'è niente che io ami più di te Harmonie. Neppure l'universo può essere paragonato te. Credimi- ecco perché preferivo fosse lui a guidare. Se fosse stato così, in quel momento, avrei potuto baciarlo senza problemi invece non potevo neanche guardarlo o avrei rischiato di sbandare, ma avvertii comunque le sue labbra sulla mia mano, di nuovo, e poi sul braccio fino ad arrivare all'attaccatura del mio orecchio e baciare anche quella. Sorrisi. Sapeva bene come adularmi.
-Siamo arrivati- gli dissi parcheggiando nello spazio vuoto riservato apposta per me e spegnendo il motore.
Il mio ragazzo, che scoprii essere anche un ottimo cavaliere quando voleva, venne dal mio lato per aprirmi la portiera e poi mi porse il braccio, come se fossimo ancora negli anni '50, ma mi piaceva questo suo lato premuroso. Non disse nulla, ma sapevo che aveva notato l'insegna dell'edificio e il logo appiccicato ovunque ci girassimo.
Un signore, Tom, che avevo già conosciuto quando ero andata lì la prima volta, ci condusse verso il vero regalo che avevo preso al mio ragazzo. Ci lasciò soli senza spiegare nulla, come gli avevo chiesto di fare. Era pomeriggio inoltrato quindi non c'erano altri visitatori oltre noi e lo staff.
-Siamo in un centro operativo della NASA- gli dissi entrando per prima in quella che sembrava una vera navicella spaziale, ma che sapevo non essere reale.
-Quella NASA?- chiese raggiungendomi dopo neanche due secondi. Annuii schiacciando qualche tasto, ero stata preparata da Tom e da un trio di esperti per farlo, e feci partire la simulazione.
-Questo è il tuo regalo di compleanno vero è proprio. Probabilmente non potrò permettermi di uscire per i prossimi dieci anni, ma ne è valsa la pena. Benvenuto nello spazio...- indicai davanti a me, ovvero alle sue spalle, lo spazio che potevamo vedere attraverso la vetrata della navicella che gli astronauti usavano per esercitarsi. Solo che non ci saremmo schiantati o avuto altri problemi noi, visto che l'avevo programmata in quel modo.
-Mi hai regalato lo spazio?- non c'era bisogno che gli spiegassi fosse una simulazione, né tantomeno come funzionasse perché lui lo sapeva meglio di me. SI documentava di continuo sulla NASA ed ero certa sapesse anche di quell'esercitazione che noi stavamo sfruttando più come un'esplorazione che come avventura. Annuii alla sua domanda anche se lui non poteva vedermi perché troppo ipnotizzato dal panorama, con tutte le ragioni di questo mondo perché era davvero incredibile. Tom mi aveva spiegato un po' di cose e quello che stavamo vedendo era la nostra galassia, il tutto reso possibile dalle spedizioni dei nostri astronauti nelle Galassie.
-Sirio... TI presento Sirio- Jake mi mostrò la stella più luminosa che avessi mai visto. Quella da cui aveva preso ispirazione per il mio soprannome. Venne alle mie spalle e mi strinse da dietro, il mento sopra la mia testa e le braccia intorno a me che strinsi a mia volta.
-Sirio...- questa volta si ricolse alla stella.
-Questa è la mia Sirio- disse al mio orecchio per poi baciarmi la guancia. Mi protesi verso di lui, voltandomi appena, eravamo uno difronte l'altro con le stelle come sfondo. La stella più luminosa a farci da testimone, la stessa che ci aveva fatti incontrare, e ci baciammo come in uno dei film più romantici di sempre.
-Ti amo. Grazie per questo e per essere nella mia vita... Serendipity- sussurrò contro di me e per poco non mi vennero le lacrime agli occhi a causa del tono che usò, così vulnerabile... Ma mi limitai soltanto a baciarlo di nuovo, desiderando di non lasciarlo mai più andare.
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