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Belgio 1853, qualche tempo prima.

Dopo qualche giorno venne organizzata una cena. Non era il ballo per annunciare il nostro fidanzamento, quello sarebbe stato organizzato a tempo debito, ma comunque erano stati invitati tutte le persone più influenti che si trovavano frequentemente a palazzo; anche le persone più care e vicine al principe e al re erano state invitate. Avevo passato tutta una vita ad essere sapientemente addestrata per questo tipo di eventi, ma provavo comunque un forte disagio e una forte ansia. Era come se dovessi soddisfare gli standard e le idee che tutti avevano di me, ma in cuor mio non sapevo se ci sarei mai riuscita. Angelique finì in tempo di preparami, ma in fondo speravo in un ritardo così da poter rimandare la mia entrata in scena a quello che sarebbe stato, ai miei occhi e poi di fatto, un calvario.
L'unica fortuna, in tutto quel trambusto di emozioni negative, era che avevo scelto personalmente l'abito da indossare. Non che avessi avuto tanta scelta, il livello da rispettare era comunque molto alto, ma avevo scelto l'abito più semplice senza che appesantire la mia immagine: aveva una gonna ampia, coperta di balze , e un corpetto finemente ricamato; il colore era di un tenero color carta da zucchero. Lo adoravo, anche se trovavo che nulla mi donasse pienamente.
-Suvvia, non fate quella faccia sofferente. Sarà una serata tranquilla. Vedrete anzi, che vi divertirete.-
Accennai un debole sorriso e rimasi, persa nei miei pensieri, fin quando non fu l'ora di recarmi alla cena.
Non parlai molto, preferì restare in disparte, ma comunque ricevetti fin troppe attenzioni per i miei gusti. Non risposi mai a muso duro o attivamente i miei interlocutori, di certo non si poteva dire che fossi una persona di compagnia. 
Mi sedetti vicino a Leopoldo, sembrava felice, non sapevo cosa avesse fatto quel giorno; sicuramente aveva visto la sua amante, non ero assolutamente io l'autrice di quella sua radiosità.
-Che avete fatto quest'oggi?- Cercai di intavolare una conversazione con lui, per quanto timida fossi, la sua presenza mi era molto gradita.
-Scartoffie, alcune visite di lavoro e impegni per la corona, nulla di interessante.- Annuii e rimasi in attesa che lui mi chiedesse come fosse andata la mia di giornata.Non rimasi delusa quando non mi chiese nulla, del resto ero abituata ad essere ignorata; soprattutto da lui, il quale non provava alcun tipo di sentimento per me se non simile a quel che si prova verso cucciolo smarrito in cerca di riparo.
Per tutto il tempo che fu richiesta la mia presenza rimasi come in una bolla personale, mi limitavo a scambiare qualche parola di tanto in tanto. Non ero veramente lì, non ero mai dove dovevo stare.
Presi parte a qualche gioco da carte che venne organizzato dopo la cena, ma perdendo quasi subito, rinunciai volentieri preferendo una comoda poltrona vicino al camino e la compagnia di un buon libro.
Di colpo sentii la porta della sala spalancarsi. Sobbalzai dallo spavento e per poco non feci cadere il libro, ci misi qualche istante per realizzare che la figura che aveva fatto la sua entrata era Jean. Dopo il nostro incontro in biblioteca non lo avevo più incontrato, era come se si fosse volatilizzato nel nulla.
-Re, principe dobbiamo parlare assolutamente. E' una questione della massima urgenza, deve venire anche la signorina Eugenie.- dalla sua voce trapelava una evidente preoccupazione misto a profondo turbamento.
-Assolutamente, arriviamo subito.- Mi alzai non appena il re proferì quelle parole e li seguii. Jean ci condusse nel suo ufficio e, in quel lasso di tempo che ci portò dalla sala alla nostra destinazione finale, provai un forte senso di disagio; avvertivo un brutto presentimento. Qualcosa stava per andare storto e ne eravamo tutti consapevoli. Non appena entrammo, le porte vennero chiuse alle nostre spalle dalla servitù. Vidi Jean buttare un pacco di carte sulla scrivania e  passarsi le mani fra i capelli e tirarli con forza, quasi come volesse strapparseli, per trattenere un istinto violento. Alzò il viso e sembrò cercare le parole giuste, ma poi esplose: sembrò mutare lui,  il viso divenne livido di rabbia non appena posò l'attenzione su di me. Il suo sguardo divenne cremisi, come le sue gote e le mani strette a pugni sembravano per implodere a causa della  forza  e della pressione. Puntò un dito contro di me.
-Lei...lei è la sorella di quel bastardo che ha causato la morte di mia sorella e di mio nipote.- Sbattei le palpebre, stentavo a credere alle sue parole.
-Come fate...io...- Come per magia, mi rivennero alla mente i ricordi sbiaditi del matrimonio di mio fratello. Ed ecco dove avevo già visto Jean, era più giovane e io decisamente più piccola, eppure potevo comunque scorgere i tratti che lo caratterizzarono. Portai le mani alla bocca mentre mi sembrava che la stanza stesse iniziando ad oscillarmi intorno.
-E non è finita qui! La sua famiglia non è affatto nobile! Era tutto falso, tutti certificati falsi, tutte conoscenze false. Le nostre indagini sono state troppo superficiali e le loro menzogne troppo ben architettate! Non sono nessuno! Una semplice famiglia di borghesotti francesi che hanno fatto fortuna, Dio solo sa come, in Inghilterra!-
Le sue parole mi trapassarono da parte a parte, non ero in grado di comprendere nulla. Era come se il mio cervello fosse andato completamente in fumo. Tutta la mia vita mi passò davanti, mio fratello, la carrozza, i cavalli imbizzarriti, i loro funerai, mia madre, lo scantinato... il buio.

Riaprii gli occhi ed ero nel mio letto, Angelique era al mio fianco. Portai una mano verso il viso per proteggermi dalla luce che filtrava  oltre la finestra.
-Oh...! Vi siete svegliata! Che gioia! Vado ad avvisare il dottore e il principe.- Non feci in tempo a replicare che uscì dalla mia stanza. Poco dopo entrò il medico, mi visitò con cura e concluse che fisicamente ero in piene forze ma che ero reduce da uno stress post traumatico. Quelle parole non avevano un senso nella mia testa. Che cos'era accaduto? Perché la mia vita era basata su una menzogna continua?
Non riuscii a dare voce ai miei pensieri. Il dottore si congedò per lasciare entrare Leopoldo; sulla sua fronte vi era una ruga causata dalla preoccupazione. Mi rattristava pensare che ero la fautrice di tutto ciò. Si accomodò vicino a me sul letto, lo guardai in attesa che dicesse qualcosa. Lo vidi esitare per poi fare un grande sospiro.
-Immagino che ricordiate cosa sia successo.-
Annuii.
-Sono successe un po' di cose da l'altra sera. Siete svenuta e avete dormito per due giorni interi. Il dottore vi ha anche somministrato dei tranquillanti perché eravate molto agitata nel sonno.-
-Oh, mi dispiace avervi causato tanto disturbo... quando volete potete mandarmi fuori da qui. Non vi sarò d'intralcio.-
Il suo visò sembrò farsi scuro. Sembrava invecchiato di parecchi anni.
-Non esiste, vi ho fatto una promessa e la manterrò. Ormai è quasi tutto pronto. Fortuna che non avevamo fatto ancora il ballo ufficiale di fidanzamento. Vi sposerò comunque ma ci saranno dei cambiamenti. In questi giorni abbiamo raggiunto un accordo con il nostro alleato: l'imperatore Giuseppe D'Austria. Dovete però accettare una condizione.-
Sentivo le mie tempie pulsare, era tutto così confuso e difficile.
-E quale sarebbe la condizione?-
Sospirò nuovamente e mi guardò con aria grave.
-Dovrete cambiare identità. Da oggi sarete Maria Enrichetta D'Austria, la figlia dell'imperatore d'Austria e Re d'Ungheria.-

In collaborazione con Figlia_dell_inverno

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