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Millennium

I caldi raggi del sole avevano appena iniziato a scaldare l'aria quando un araldo entrò a tutta velocità dalle porte della città. Millennium era costruita su più livelli, protetti da alte mura che la rendevano praticamente imprendibile. Ogni livello era messo in comunicazione con quello successivo attraverso un complicato sistema di porte che si aprivano tramite delle serrature idrauliche.

Le porte erano sempre aperte per permettere ai cittadini di muoversi da un livello all'altro senza problemi. Esse venivano chiuse soltanto in caso di attacco o quando era necessario isolare un livello dagli altri. Il pesante portone che dava accesso alla città era costruito con due pesanti blocchi di nyam intervallati ogni tanto da qualche decorazione in diamante, insomma era impossibile buttarlo giù. Almeno questo era quello che credevano tutti. Le torri di vedetta si ergevano aguzze contro il cielo azzurro come a voler sfidare gli dei.

Sul punto più alto della città sorgeva la cittadella fortificata dove risiedevano i membri del Consiglio Ristretto. Protetto da un labirinto fiorito vi era il tempio della Dea Fenice affiancato da quello del Dio Oceano, secondo la leggenda sposo della potentissima Dea. Ad ogni livello era presente un reggimento di guardie sempre pronte a intervenire in caso sorgessero problemi.

Vento stava ammirando le bancarelle, piene di ogni ben di Dio, del mercato presente sul secondo livello dove viveva da anni. Le voci dei mercanti risuonavano nella piazza come un gruppo di trombe stonate.

Non erano tuttavia gli inviti ad avvicinarsi alle varie bancarelle ad aver attirato il suo finissimo udito, infatti, le sue orecchie da mago avevano captato diversi discorsi interessanti, ma più di tutti era il fatto che il Ladro era apparso giusto la notte prima e aveva assaltato una diligenza.

-Udite! Udite!  Udite tutti!- un araldo si era fermato in centro alla piazza del mercato. Era un giovane uomo sui ventisei anni,  dai capelli blu notte e gli occhi dalla pupilla  verticale gialli. Era arrivato su un cavallo nero e teneva in mano un foglio. Un proclama probabilmente.

-Oggi si rende noto che il Ladro è riapparso. I nostri nobili consiglieri hanno deciso di aumentare la taglia sulla sua testa di ben duecentomila scudi. Chi lo catturerà avrà la sua ricompensa - detto questo l'araldo spronó il cavallo dirigendosi al terzo livello.

Vento scosse la testa. Era un ragazzo di  quindici anni, dai capelli castani e gli occhi verdi dalle ampie spalle, gambe lunghe, braccia forti.
Non erano però le sue caratteristiche fisiche a renderlo diverso dagli altri, ma i poteri che il ragazzo aveva dentro di sé. Vento era infatti un mago. L'ultimo esistente.

Vi era un tempo, dieci anni prima che questa storia iniziasse, in cui i maghi erano molti. Un'epoca in cui si poteva praticare la magia senza timore di essere scoperto o ucciso.

Vento non ricordava molto di quel periodo quando ancora c'era la monarchia. Sul trono d'oro del castello sedeva il re Aser della casa dei Malcir. Il suo regno non fu lungo, fu però prospero.

Una notte d'inverno il re venne ucciso mentre dormiva e Ekbor precipitò nel caos più totale. Scoppiò una guerra civile tra le due famiglie nobili più potenti che rivendicavano il titolo per sé.

Radunarono i loro eserciti e marciarono sulla capitale intenzionati a prendere il potere. Per quasi due anni Millennium venne messa a ferro e fuoco. I maghi al servizio della famiglia reale fecero del proprio meglio per tentare di mettere fine a quel conflitto che stava distruggendo l'intero regno, finché un giorno sette paladini, membri cioè della guardia reale, si ribellarono a tutto quello scempio.

Convinsero i loro compagni d'armi a seguirli in battaglia e sbaragliarono gli eserciti dei due nobili che erano troppo occupati a combattere tra di loro per accorgersi di non essere soli sul campo di battaglia.

Grazie all'effetto sorpresa i soldati della guardia reale decimarono gli eserciti e catturarono i due capi.

Il capitano della guardia reale, Bargund, dichiarò la guerra civile terminata e obbligó i due lord a firmare la resa senza condizioni. I titoli vennero tolti,  i terreni confiscati.

Bargund e i sei che lo avevano seguito instautarono un regime di oligarchia, e il loro primo atto di governo fu l'esecuzione di tutti i maghi presenti in città e di tutti coloro che furono considerati traditori i due lord compresi.

La magia venne bandita e ogni libro che trattasse di storia, magia  o qualunque altro argomento che non fosse d'accordo con le idee dei consiglieri vennero bruciati. In seguito abolirono ogni libertà personale, di espressione e venne reintrodotta la censura, abolita dal saggio re Aser.

La famiglia reale venne esiliata. Dopo che i sette consiglieri ebbero consolidato il loro potere volsero lo sguardo al resto di Ekbor. Marciarono sulla Rocca del Grifone, ultimo avamposto dei maghi che erano sfuggiti allo sterminio perpetrato nella capitale.

Dopo tre settimane di assedio la Rocca venne conquistata e distrutta, i suoi abitanti vennero trucidati senza pietà. Da lì si diressero nelle città portuali, ma non ci fu bisogno di combattere perché si arresero all'evidenza. Non potevano sperare di vincere contro un esercito così potente come quello del Consiglio.

A quel punto nessuno era abbastanza forte per opporsi e Bargund poté dichiarare che il regno di Ekbor era sotto il controllo del Consiglio. Vi erano tuttavia dei punti del regno in cui nemmeno loro potevano arrivare.

Il più impenetrabile era senza ombra di dubbio la foresta di Schinen dove vivevano tre stirpi degli elfi: Elfi della Notte, Elfi del Giorno ed Elfi del Crepuscolo. Sopra la foresta si ergeva un cratere che un tempo ospitava la capitale degli Elfi della Notte, ma che ora era praticamente disabitato. Almeno all'apparenza.

Gli elfi della Notte, erano esseri dai capelli o argento o blu scuro quasi nero. La pelle era diafana e gli occhi variavano dal nero al blu notte. Erano un popolo potente che praticava  incanti di attacco.

Dominavano la gran maggioranza degli elementi naturali, tranne l'aria e non riconoscevano altra autorità se non la propria. Non erano organizzati in un vero e proprio regno, ma in città -stato indipendenti che mai si sarebbero riunite sotto un'unica bandiera.

Tuttavia collaboravano con tutte le altre razze presenti nel regno e i matrimoni misti tra elfi della Notte e le altre razze  erano all'ordine del giorno.

Gli Elfi del Giorno erano creature dal carattere solare e allegro che amavano raccontare storie. Esperti nelle arti curative, dominavano l'aria e la luce.

Avevano i capelli d'oro zecchino e gli occhi chiari, indice dei loro cuori puri, non erano un popolo guerriero, tutto il contrario. Il loro ordinamento politico era la monarchia.

Gli elfi del Crepuscolo avevano i capelli rossi e gli occhi grigi, a differenza degli elfi del giorno e di quelli della notte, vivevano isolati dal resto del regno e non ammettevano stranieri nei loro domini.

Vento non conosceva molto del mondo fuori Millennium, quello che sapeva sulle altre razze lo aveva letto nei libri. Era cresciuto tra le mura della città, rischiando la vita. Per sua fortuna non aveva mai dato alle guardie il motivo di sospettare di lui.

Ma era comunque difficile perché la magia gli scorreva nelle vene, e qualche incantesimo lo faceva a volte.

-Ehi ciao Vento- lo salutò un giovane elfo dai capelli neri Erech. Non era raro che gli Elfi abitassero in città e svolgessero i più svariati lavori, come nel caso di quel ragazzo che era l'apprendista di un calzolaio.

Lo si poteva capire dalla gerla che portava sulla schiena da dove spuntavano alcune paia di stivali e scarpe.

-Ciao Erech, hai visto Freya? -

-Si, ma non posso dirti dov'è... Porta sfortuna lo sai- ridacchió l'elfo.

Vento scoppiò a ridere a sua volta per poi dare una piccola spinta all'amico che si rimise in marcia. Il giovane mago sapeva bene dove era andata la sua fidanzata.

Sicuramente era nell'atelier della sarta a scegliere l'abito da sposa. A Ekbor infatti i ragazzi si sposavano molto giovani.

Non era strano infatti che un ragazzo a vent'anni fosse già sposato da quattro anni e magari avesse anche dei figli. Anche per Vento era arrivato il momento di sposarsi, ma si riteneva fortunato perché lui amava davvero la donna alla quale era promesso.

Lei sapeva del suo segreto e questo gli faceva piacere tuttavia aveva un brutto presentimento. Ma sperava che fosse solo una sensazione.

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