Le fronde dei sussurri
Lo stropiccio degli abeti e dei faggi accompagnava i passi della figura che ondeggiava tra le salite e le discese tortuose della vallata, mentre le pietre ruzzolavano sulle fiancate dei dirupi.
L'essere calpestò le felci e le foglie che rivestivano il terreno. Alle sue spalle, a chilometri di distanza, c'erano le Tre Cime di Lavaredo. Saltò sulle rocce umide e si fermò su un grosso masso per poi accucciarsi. Fletté il capo riparato da una maschera di lupo e riconobbe un merlo acquaiolo, il quale era intento a cacciare qualche minuscola preda. Quando l'osservazione si concluse, la figura si rialzò e zompò dall'altra parte del torrente immergendo gli stivali di camoscio sull'erba, dove chiazze di pinguicole abbellivano il terreno umettato. Ondeggiò tra le conifere e ne lambì i tronchi, abbassò la testa per evitare che i rami di maggiociondolo lo ferissero. Di tanto in tanto la figura si sistemò il mantello di foglie e pelliccia di cervo. Alzò il capo e ascoltò il canto di una cincia, per poi riprendere il cammino e fermarsi a pochi metri di distanza dalla riva del Lago di Misurina. La confusione degli umani non lo infastidì né lo incuriosì. Gironzolò vicino al bordo del lago finché curvò nuovamente il capo, dove i lunghi capelli neri si mossero per un po' d'aria. Rendendosi conto che si era avvicinato troppo al confine tra natura e civiltà, ritornò indietro nella foresta. Sembrò inebriato dal canto degli uccelli e dai raggi del sole che filtravano fra i tronchi, tantoché non si accorse di alcuni passi che si dirigevano verso di lui.
«Ehi! Ciao!»
L'essere si girò quieto e fletté la testa. Guardò una bambina di otto anni con dei calzoncini e una maglietta rossa.
«Ti ho visto che passavi di qua. Come ti chiami? Io sono Mirta.»
La figura sghignazzò e posò una mano sul petto, esibì una riverenza.
«Onorato, Mirta. Io sono Lòvo. Il guardiano di questa foresta, non che sacerdote della dea Reizia.»
«Ah. Sei una specie di intrattenitore o come dice mia mamma, uno di quei esaltati che si legano agli alberi?»
Un'altra risata uscì da Lòvo, poi proferì: «No, no. Io sono colui che osserva, ascolta e assimila ogni sussurro della natura. Sono qui da molto tempo, prima ancora che i tuoi genitori nascessero.»
Lòvo adocchiò la bambina che sembrava confusa. Non gli importava dei capelli castani raccolti in due trecce e gli occhi verdi della piccola.
«Ma il nome Lòvo te l'ha dato tua mamma? È un nome bizzarro.»
«Assolutamente no. È stata la dea ha sceglierlo. Come posso dire, nella tua lingua il mio nome significa: lupo.»
Lòvo si voltò per dare le spalle alla bambina e addentrarsi nella natura, Mirta lo scortò.
«Perché hai quella maschera di legno?» esordì la piccola afferrando un ramoscello.
«Questa maschera cela ciò che sono. Un tempo i miei seguaci dal manto grigio e marrone erano i sovrani di questi monti. Ma ora la loro specie è a rischio.»
«Se sei il guardiano di questa foresta non puoi semplicemente fare, che ne so, una magia e salvarli?»
«Magia?» Lòvo ridacchiò, «Oh, capisco ciò che intendi, mia giovane amica.» esordì Lòvo e superò un masso. Scrutò al proprio fianco destro Mirta che era intenta a cogliere dell'erba trinità.
«Noi sacerdoti della dea Reizia non la chiamiamo magia, ma rito secolare. Un tempo queste valli, questi monti avevano dei padroni, gli spiriti delle Dołomiti.» sospirò l'uomo, «Ma il tempo, le tradizioni, la cultura di un popolo sottomesso da falsi dèi ha reso questo territorio fragile.»
«Ed è un male, Lòvo?»
«Per una parte sì. L'uomo ha sempre cercato di evolversi e la natura, sua madre, l'ha costantemente accompagnato.» lui sospirò e spannò un abete, «Ogni pezzo d'albero, ogni nocciolo e fiore ha portato l'uomo ha cercare sempre ciò che più desiderava. Ma noi guardiani non abbiamo mai dimenticato.»
«Capito. Anche mamma dice sempre che bisogna rispettare il paesaggio e gli animali.»
«E tu sei d'accordo con tua madre?»
Lòvo vide Mirta storcere le labbra come se quella domanda le provocasse un fastidio.
«Alcune volte no, ma se mamma dice che bisogna rispettare la natura, io l'ho faccio. E poi a me non piace vedere le persone che gettono le cartacce a terra.»
«Sei una bambina di buon intelletto, Mirta.» Lòvo si fermò vicino a dei larici e posò le mani bluastre sull'addome rivestito da una tonaca marrone, «Sai conoscevo una bambina che non era come te. Era capricciosa con il padre e non rispettava nemmeno la sacra Fata dello Specchio.»
«Come si chiamava la bambina?»
«Misurina.»
«Come il lago?» mormorò stranita Mirta e alzò un sopracciglio.
«Sì, come il lago. Il nome del lago proviene da lei. Suo padre, re Sorapis, le voleva tanto bene, ma come tutti gli uomini della sua epoca non si era mai accorto che figlia era egoista.» Lòvò posò le dita sul petto, «Pure io cercai di convincerlo di non recarsi dalla fata, ma come tutti gli umani, lui non ascoltò il lupo.»
«Ma nelle fiabe si dice sempre che...»
«Le fiabe, bambina, sono racconti popolani che stravolgono la realtà.» Lòvo si sfiorò la collana e strappò un pendente: un canino di lupo. «Si crede che il lupo sia aggressivo, ma è l'animale più schivo e timido della foresta.»
Lòvo vide Mirta afferrare la zanna, poi sussurrò: «Ora però, mia piccola amica, e tempo che torni dai tuoi cari.»
Negli occhi di Mirta Lòvo scorse ancora quell'interesse. Tuttavia i raggi del sole stavano sbiadendo per dar spazio al tramonto.
L'uomo batté l'indice su una spalla coperta dal mantello e fischiettò. Dalle fronde degli alberi si volò un picchio nero che si appollaiò sulla cappa.
«Accompagna Mirta all'accampamento degli umani. Sii garbato, mi raccomando.» Lòvo mormorò in al picchio. Poi parlò in italiano verso Mirta, «Il signor Picòt ti condurrà dai tuoi genitori, seguilo e non ti perderai.»
«Ma potrò venirti a trovare un altro giorno?»
«No, bambina. Quando uscirai di qui ti dimenticherai di me, ma non scorderai la bellezza della natura.»
Lòvo udì i sospiri di Mirta.
Il signor Picòt si arruffò il piumaggio e si librò. Mirta lo seguì per tornare dai genitori e salutò Lòvo.
Solo quando la piccola scomparve dietro ai tronchi degli alberi, Lòvo si incuneò nel cuore della foresta ammaliato dal canto degli allocchi e delle civette che avrebbero dominato quella notte.
Dea Reizia: dea madre della natura, della fecondità, della salute, degli animali, dell'uomo. Divinità che accompagna i morti. Divinità del folklore Veneto.
Dołomiti: Significa Dolomiti in lingua/dialetto Veneto.
Sorapis: Riferito al re della leggenda del Lago di Misurina. Lago esistente in Veneto.
Venetico: lingua antica del popolo Veneto. Il venetico aveva una versione primitiva di scrittura e un alfabeto (quasi simile alle rune nordiche).
Picòt: Picchio in Veneto/ Veneto dialetto (usato ancora oggi).
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