Penelope, donna virtuosa... ma non troppo
Il personaggio di Penelope è sinonimo di virtù e castità. Attende il marito Ulisse per ben vent'anni, resistendo al serrato corteggiamento dei Proci. Non è però tutto oro ciò che luccica, perché a ben vedere dei dubbi proprio sulla castità di Penelope ci sono. Partiamo dal principio.
Non tutti sanno che la bella Penelope ha un antenato molto famoso. È infatti discendente di Perseo, il mitico uccisore della Medusa. E ha una cugina decisamente discutibile: l'affascinante Elena. Con una parentela così, beh, possiamo ben dire che Penelope era destinata a grandi cose.
Il nome di Penelope è legato a una circostanza avvenuta poco dopo la nascita. La neonata era stata gettata dal padre Icario in acqua e solo l'intervento di alcune anatre l'avevano salvata (il nome Penelope significa proprio anatra). Se l'evento può sembrare orredo ai lettori moderni bisogna ricordare che i padri nell'antica Grecia avevano la facoltà di accettare o meno un figlio all'interno della famiglia (soprattutto se il figlio aveva un qualche problema fisico oppure era una femmina). Non era raro che i neonati venissero esposti, lasciati per una notte all'aperto. Se sopravvivevano il padre lo prendeva come un volere divino e li accettava in famiglia.
Analizzando il personaggio scopriamo che Penelope ha la metis, una virtù molto rara nelle donne omeriche. La metis è una sorta di astuzia concreta, ovvero un'astuzia che si applica a questioni concrete (per esempio la conquista di una città, Ulisse usa la metis per creare il cavallo di Troia). Non è tanto sviluppata da competere con il logos, ovvero la sua versione astratta. Il logos è solo maschile e lo troviamo alla sua massima potenza in Ulisse. Potrebbe quindi essere una sorta di accoppiamento? Penelope possiede la metis solo perché è la moglie di Ulisse? Perché poi, a ben vedere, la metis di Penelope non funziona molto. Il momento in cui la userebbe infatti è quando cerca di ritardare il proprio matrimonio con i Proci. Penelope promette di sposarsi una volta finito di tessere il sudario per il suocero Laerte. Di giorno lo fa, ma di notte lo disfa. L'idea del sudario è buona a prima vista, ma è qualcosa che deve per forza avere breve durata. E che può essere scoperta facilmente. A ben vedere questo piano può sottolineare ben due virtù di Penelope: la devozione filiale e l'abilità di tessitrice, entrambe virtù molto apprezzate all'epoca. Sarà un'ancella a svelare il piano della donna ai Proci. Forse la metis di Penelope fallisce proprio perché è donna, oppure esisteva un personaggio di Penelope più antico, con una metis che poteva competere con il logos maschile? Non lo sappiamo.
Penelope promette ai suoi corteggiatori, lei stessa a un certo punto chiede loro dei regali. Ha un comportamento ambivalente, se da una parte piange dall'altra è seduttiva. E poi c'è un'altra cosa. Quando Ulisse, travestito da mendicante, le dice che l'aquila apparsa indica il ritorno del marito lei si affretta a organizzare la gara con l'arco per determinare l'identità del suo futuro sposo. Insomma Penelope non ci sembra poi tanto fedele. Ma cos'altro sappiamo della nostra sposa apparentemente casta?
Di Penelope sappiamo che è bella, anzi, che è bellissima. Lo sottolineano tutti. In primis i suoi corteggiatori. Sembra che nonostante siano ben vent'anni che aspetta Ulisse il tempo non l'abbia sfiorata. Paradossalmente l'unico che paragona la bellezza di Penelope a quella di un'altra è lo stesso Ulisse, quando si congeda da Calipso e le dice, forse per un atto di gentilezza, che lei può ben competere con l'umana bellezza di sua moglie. Dopo poco però il nostro eroe attribuisce un aggettivo particolare a Penelope. La definisce saggia, termine che non usa mai per Calipso. Le donne all'epoca infatti non erano definite saggie. Quindi sappiamo che Penelope è sia bella, sia saggia (che con saggezza ci sia un richiamo alla metis?).
E poi ci sono i mille dubbi sulla paternità di Telemaco, figlio di Penelope e di Ulisse. La dea Atena stessa ha dubbi sul fatto che Telemaco sia davvero figlio di Ulisse. "Se invece non fossi figlio di lui e di Penelope, allora non spero che compirai quanto mediti" (Od., 2, 274-275) dice al giovane prima che questo parta.
Anche il vecchio Nestore nutre dei dubbi. "Tuo padre, egli dice a Telemaco, superava tutti negli inganni se davvero sei figlio di lui" (Od., 3, 122-123)
Telemaco stesso esprime l'incertezza. Beh, il padre non sarà mai certo, ma forse c'è troppa gente che dubita della fedeltà di Penelope. La cosa però non si ferma qua.
Nella Epitome della Biblioteca di Apollodoro (7, 38), ci viene detto che Ulisse, tornato a casa, ripudiò Penelope perché non gli era stata fedele. Secondo una tradizione riportata da Cicerone Penelope, unita a Ermes, avrebbe generato Pan. E le storie sulla sua condotta poco seria non finiscono qua. C'è chi parla del fatto che fu uccisa da Ulisse proprio per questo o che, da lui scacciata, vagò per la Grecia.
E poi c'è un'altra cosa. Ulisse rivela la propria identità a Penelope per ultima... perché delle donne, come gli ricorda Agamennone quando lo vede nell'Ade, è meglio non fidarsi. E riguardo a questo abbiamo di nuovo le parole della dea Atene, che si rivolge a Telemaco:
"Bada che [Penelope] non si porti via tuo malgrado qualche tesoro. Sai com'è il cuore nel petto di donna: vuol favorire la casa di colui che la sposa, e dei figli di prima e del caro marito morto non si ricorda più, né li cerca. Dunque, tornato a casa, affida di tua mano ogni cosa a quell'ancella che si mostra migliore, fino a che i numi t'insegnino una nobile sposa." (Od., 15, 19-26).
Telemaco è tanto spaventato che vuole partire nel cuore della notte, dimentico di tutte le regole dell'ospitalità e del congedo che dovrebbe dare a Menelao. Solo dietro molte insistenze decide di restare.
Forse la soluzione è proprio questa. Penelope, con tutte le sue virtù, è pur sempre una donna, quindi per l'uomo omerico è un'ingannatrice.
C'è ancora una domanda che ci si può fare. Perché tanti pretendenti aspirano alla sua mano? Convenzionalmente sono 108, ma cambiano in ogni versione. Unica certezza sono i dodici che vivono a Itaca, il cui numero resta invariato in quasi tutte le fonti. C'è una riflessione da fare al riguardo. Chi non vive a Itaca deve pensare al vitto e all'alloggio e a qualcuno che gestisca i loro regni mentre sono assenti. Un corteggiamento così lungo non ha molto senso, a meno che non ci sia la speranza di ottenere qualcosa. Magari che alla fine Penelope scelga proprio quel pretendente e che attraverso di lei diventerà il basileus (ovvero re) di Itaca. Dobbiamo pensare che Penelope gli incoraggi? Beh, se vogliamo credere ai Proci loro stessi dicono che Penelope li tenta, ma si sa, a loro è meglio non credere.
Mille domande restano senza risposta. Probabilmente non sapremo mai la risposta. Quello che ci resta è comunque un personaggio complesso, che si spinge oltre lo stereotipo di donna solamente fedele. E sinceramente il dubbio la rende ancora più interessante.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ne pensate della nostra Penelope?
A presto!
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